martedì 17 aprile 2018

DURO O MORBIDO? DOVE NON SI PARLA DI TORRONE, MA DI MODELLI


(Post ostico e con trattazione matematica, che piacerà ai soliti e molto meno a tutti gli altri, ma contiene elementi concettuali importanti)

Prendiamo una classica reazione con cinetica del primo ordine:

N2O5(g) ⇄ N2O4(g) + ½ O2(g)

Per praticità chiamiamo A la concentrazione (in realtà una pressione parziale) di N2O5(g) . La velocità di reazione (la velocità di scomparsa di A) può essere scritta come -dA/dt, dove t è il tempo, e sarà:

-dA/dt=kA

Dove k è la costante cinetica per questa reazione. k incorpora la dipendenza della velocità di reazione dalla temperatura. E' una costante  a temperatura costante, ma della temperatura è funzione: k=Ae^(-Ea/RT), e notare bene che qui A è il fattore preesponenziale, e non ha a che fare con la concentrazione A che abbiamo usato nell'equazione cinetica. Ea è l'energia di attivazione, R la costante dei gas, T la temperatura. Ma noi lavoriamo sull'equazione cinetica a temperatura costante, quindi esplicitare k non serve.
Integrando l'equazione differenziale avrò A=A°e^(-kt), dove A° è la concentrazione iniziale di N2O5(g). Se andrò a misurare la concentrazione di N2O5 nel tempo, troverò valori che staranno sul grafico di questa curva esponenziale negativa.
Quindi, se per una qualche reazione chimica ipotizzo correttamente una cinetica di primo ordine (o pseudo primo ordine) potrò "fittare" i miei dati con un'esponenziale, anzi, per farla più facile posso passare ai logaritmi naturali e fittarli con una retta, ovvero trovare un valore di k per cui la distanza tra i punti sperimentali e la retta è minima (perché i punti non stanno esattamente sulla retta? A causa dell'errore sperimentale).
 In generale se prendiamo i nostri punti sperimentali possiamo verificare secondo alcuni criteri l'ordine della cinetica di reazione, e quindi con quale tipo di funzione fittare i punti.
E questo è un modello "hard", ovvero io "impongo" questo modello sui dati sulla base delle mie conoscenze sul fenomeno.

Nella sintesi chimica i modelli hard hanno una caratteristica: funzionano bene per sistemi relativamente semplici, ma possono essere una perdita di tempo per sistemi molto complicati. E ci sono moltissimi casi in cui sappiamo quali possano essere le variabili che giocano nel comportamento del processo, ma non abbiamo nessuna idea di quale sia il loro peso, di come e quanto contribuiscano. E allora che si fa? Si passa ai modelli soft. Visto che non ho un modello funzionale da "imporre" ai miei dati, lascio che sia l'analisi dei dati stessi a suggerire un qualsiasi modello.
Facciamo un esempio abbastanza standard. A+B danno C+D, la reazione è catalizzata da un acido ed essendo la reazione esotermica (ovvero sviluppa calore), viene effettuata in semicontinuo, cioè aggiungendo ad una certa velocità B ad A. Non ci interessa individuare con esattezza quali sono i meccanismi coinvolti, ci interessa massimizzare la resa in C. Che si fa? L'approccio classico è cominciare a variare una grandezza alla volta per ricavare quale influenza ha sui risultati. Abbastanza lungo, macchinoso, assolutamente non pratico, dato che le variabili sono quantità totali di A e B, quantità del solvente, dell'acido, temperatura, velocità di aggiunta di B.
Ma d'altra parte è ragionevole pensare che la mia resa in C, che chiamerò y, sia una funzione di un qualche tipo di tutte le variabili elencate (che chiameremo xi con i che va da 1 a n):

y=f(x1, x2, .... xn) + e             (dove e è un parametro).

Questa funzione può essere espressa da una serie di Taylor (https://it.wikipedia.org/wiki/Serie_di_Taylor), e verrà fuori:

y= β°+ β1 x1+ β2 x2+...+ β1,2 x1x2+...+  β1,1 x1^2+... + βn,n xn^2+...+ R(x)+e

(i termini β corrispondono a derivate)

Visto che per la maggior parte delle applicazioni chimiche basta arrivare ai termini quadratici della serie, si può eliminare R(x) in quanto trascurabile e senza avere nessun tipo di idea su come i vari meccanismi del processo contribuiscono a y abbiamo comunque un "attrezzo generico" da utilizzare per trattare i nostri dati sperimentali. Vi risparmio l'algebra matriciale, ma in questo modo è possibile un approccio multivariato: invece che cambiare il valore di una variabile alla volta, posso cambiare più variabili contemporaneamente in una sequenza di combinazioni che mi rende possibile con un numero limitato di esperimenti ottenere i valori di βn.  Verrà fuori che di tutti i termini della serie alcuni avranno  β trascurabile, e quindi saranno ininfluenti, mentre altri costituiranno contributi più o meno importanti a y (ovviamente otterrò valori di β validi entro gli estremi dei dati sperimentali, non estendibili al di fuori di questo spazio). In questo modo posso capire quali sono le variabili che veramente giocano nel processo, perché quelle xn sono quantità iniziali, velocità di aggunta, etc.
Non ho "proiettato" nessuna teoria sui dati, mi sono limitato a osservarne e ad analizzarne il comportamento. Questo è l'approccio del Design Of Experiments, e se dovessimo applicarlo alla prima reazione di questo post, otterremmo risultati coerenti con una cinetica del primo ordine.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...