giovedì 30 agosto 2018

LA FINE DELLE CERTEZZE (1)

(L'argomento non è triviale e cercherò di parlarne in modo non triviale cercando di essere comprensibile - ovviamente come tutti gli argomenti del genere è stato banalizzato in modo becero che più becero non si può).

Cosa c'è di meglio di una pausa marina in agosto per rileggersi a più di 20 anni di distanza "La fine delle certezze" di Progogine?
Ho dedicato a Ilya Prigogine più di un post (potrei dire che è uno dei numi tutelari della pagina), ma sono stati post "duri". Cercherò in questo e nel successivo di esporre il tema (che resta estremamente concettoso) in modo più accessibile. Ma prima di entrare in medias res serve una premessa.
Prigogine è stato un teorico nel senso più puro della parola. In campo termodinamico e chimico fisico non c'è niente di strano in questo: Gibbs, il grande "nemico ideale" di Prigogine, fu un teorico, Gilbert Lewis idem (per citare due nomi che da soli hanno messo insieme tipo un quarto di tutta l'impalcatura della chimica - notare che nessuno dei due ebbe un Nobel, Prigogine invece sì, questo per dire che il criterio Nobel o no può dare un'idea molto distorta dell'importanza del lavoro di uno scienziato).
Ma la chimica non è una scienza teorica, anzi è forse la scienza sperimentale per eccellenza. Eppure il peso delle teorie, in chimica, per lunghi anni è stato enorme, praticamente quanto in fisica. Perché le elaborazioni dei grandi teorici non solo hanno fornito le basi per l'organizzazione concettuale delle evidenze sperimentali, ma costituito lo stimolo per nuove ricerche e per nuovi approcci disciplinari (si pensi alla visione nattiana della chimica industriale come termodinamica e cinetica applicata).
Detto ciò poi nella realtà un chimico teorico non indossa camice guanti e occhiali e non è un animale da laboratorio. I chimici teorici che ho conosciuto io lavoravano esclusivamente al computer, una vita per le funzioni d'onda.
Il punto è che tutto questo macchinario teorico acquista pieno significato quando trova riscontri nella realtà sperimentale. Sui rapporti tra quest'ultima e i modelli matematici due worked examples li trovate qua: http://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/duro-o-morbido-dove-non-si-parla-di.html . Ma basta pensare al peso dei modelli della meccanica quantistica, dalla struttura atomica al legame chimico (combinazioni lineari di funzioni d'onda per avere gli orbitali ibridati) fino a tutta la teoria delle spettroscopie molecolari.
Prigogine era ab initio affascinato e interessato, secondo il suo racconto, ad un unico tema: il tempo orientato, essenziale al secondo principio della termodinamica e base di ogni processo creatore che in quanto tale è irreversibile (e non di ogni processo irreversibile che in quanto tale è creatore, argomento molto gettonato dai suoi critici). Lui stesso attribuisce la nascita di questo suo interesse nell'immenso amore che aveva avuto fin da bambino per la musica (non esiste creazione musicale senza un tempo orientato). Il problema per lui era costituito dal fatto che termodinamica dell'equilibrio, meccanica statistica e meccanica quantistica non trattavano il tempo come un oggetto orientato: le loro equazioni erano reversibili rispetto al tempo, e prevedevano indifferentemente il passato come il futuro di un oggetto. E elaborare soluzioni asimmetriche ha occupato buona parte della sua vita.

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