mercoledì 17 ottobre 2018

LE CONSIDERAZIONI DI UNA PEDIATRA "VACCINISTA" DELLA VECCHIA SCUOLA

Sono Pediatra esperta, non fosse altro che per motivi anagrafici.
Ho frequentato molto a lungo sia la clinica universitaria ( sono neonatologo), sia la realtà della pediatria di famiglia e negli anni ho visto cambiare radicalmente l’approccio al bambino. Ho assistito all’avvicendarsi di differenti “mode” ( non saprei come altro definirle) nel trattare malattie infantili più o meno gravi e frequenti o banalmente nella “cura” dei più piccoli ( penso alle posture nel sonno e allo svezzamento per esempio) supportate da revisioni della letteratura e metaanalisi e a volte per fortuna, dal riappropriarsi del semplice “buon senso” e dalla interpretazione guidata dall’arte medica di dati già sotto gli occhi di tutti ed ignorati per misteriosi motivi.
Da quando frequento Twitter ( cioè pochi mesi) il mio interesse per i vaccini, che già affrontavo quotidianamente per lavoro, si è enormemente amplificato.
Sono favorevole alla pratica vaccinale da sempre e favorevole all’obbligo per una parte delle vaccinazioni attualmente in calendario e una forte raccomandazione per alcune altre.
Giudico invece superfluo l’obbligo, se non addirittura inutile la vaccinazione stessa, per alcune altre.
Sono anche possibilista sul fatto di ampliare la finestra temporale in cui vaccinare, ricalcando in qualche modo le disposizioni precedenti la legge Lorenzin. Questo recluterebbe molti più genitori che hanno la percezione di effettuare troppi vaccini in un tempo esiguo.
Non cambierebbe il risultato vaccinale ma rasserenerebbe gli animi di molti che si definiscono “free-vax”.
Come la maggior parte dei miei colleghi pediatri, non sono in grado di criticare e valutare con competenza i grafici e gli studi statisti ed epidemiologici per mancanza di preparazione specifica ( l’esame complementare di statistica medica era ai miei tempi assolutamente insufficiente e non credo sia cambiato di molto).
I chiarimenti di professionisti del settore rigorosi ed attenti si è rivelato fondamentale nella comprensione di alcuni lavori di epidemiologia altrimenti letti in maniera acritica per mancanza di strumenti.
Ho dunque rivisto alcuni studi di questi lavori per rispolverare le conoscenze di base di infettivologia che mi permettessero di rispondere con competenza alle domande incalzanti dei genitori e di potermi confrontare sull’argomento con i colleghi.
Dalla entrata in vigore della legge 119/31.7.2017 sull’obbligo vaccinale, le domande e i dubbi delle famiglie sono enormemente aumentati.
Già dal 2016 noi pediatri siamo stati invitati dai nostri referenti, molto più che in precedenza, ad aggiornarci sula importanza della pratica vaccinale con congressi dedicati e vere e proprie istruzioni per l’uso, probabilmente anche per rispondere alla crescente richiesta di contraddittorio da parte dei sostenitori “ no-vax”. (http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/pdf/LeDomandeDifficili.pdf).
Le malattie esantematiche ed infantili non sono mai ( dico mai) state percepite come un problema dai pediatri della mia generazione e di quelle subito successive. Eccetto Difterite, Tetano, Polio e Meningite.
Nessuno di noi temeva di incontrarle o diagnosticarle ed eccezion fatta per quelle summenzionate, tutti noi le avevamo contratte da piccoli senza danni. Non conosco nessuno ( familiari, amici, compagni di scuola, loro parenti o pazienti di cui sia venuta a conoscenza) danneggiato dalla malattia selvaggia. Probabilmente ho avuto molta fortuna e i miei contatti sono ininfluenti statisticamente).
Nella mia regione la pratica vaccinale è sempre stata effettuata senza difficoltà e la quota di copertura ( cioè i vaccinati) del 95% grosso modo rispettata da molto prima che la legge Lorenzin venisse redatta.
Le famiglie contrarie al vaccino erano una quota minima generalmente legata alla paura che i preparati contenessero sostanze estranee che potessero danneggiate i piccolini.
Con l’approvazione della 119/2017 i dubbiosi sono aumentati perché ai primi si sono uniti genitori che temono il numero ragguardevole di antigeni e la frequenza delle sedute.
Ad ogni modo “l’emergenza” morbillo, ancorché prevedibile per l’andamento epidemico naturale di questo virus, ha comportato un enorme aumento di interesse verso i vaccini da parte di tutti: famiglie, media, pediatri, politici.
La scelta dell’Italia come capofila mondiale nelle pratiche vaccinali (http://www.aifa.gov.it/content/italia-capofila-le-strategie-vaccinali-livello-mondiale) ha probabilmente influenzato il battage relativo a tutto ciò che attorno ai vaccini ruota.
Le questioni nelle quali mi sono imbattuta sono state disparate: principalmente scientifiche poi politiche e finanche morali (più ancora che etiche).
Per prima cosa, non essendomi chiaro il motivo per il quale le comuni malattie dei bambini fossero improvvisamente diventate un problema così preoccupante nel mondo occidentale e che le coperture vaccinali dovessero raggiungere per ciascuna il 95%, sono andata a rivedere alcune dinamiche epidemiologiche.
Ho potuto rivedere così che ogni malattia infettiva ha una sua R° cioè una sua capacità di diffusione. A seconda di questa capacità naturale di diffusione la “immunità di gregge” viene raggiunta a soglie diverse di immunizzazione della popolazione.
Per questo motivo una soglia di copertura del 95% sarebbe appropriata per morbillo e pertosse,
non per le altre ( vedi foto).
Le epidemie di morbillo degli ultimi anni per esempio, sono spiegabili al di fuori del calo della copertura vaccinale, squisitamente come già detto, per la storia naturale ( epidemiologica) del virus.
Allo stesso modo si comportano le epidemie influenzali.
Recentemente in paesi ad altissima copertura vaccinale si sono ugualmente verificate epidemie “
inaspettate “ di morbillo e viceversa il morbillo “cade” anche con coperture più basse (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/09/il-calo-della-morbilita-per-il-morbillo.html?m=1)
e della epidemia di morbillo in Mongolia malgrado coperture del 100% ( V. Report Istituto Superiore Sanità).
Ricordo anche che “ copertura” vaccinale significa “ sottoposto a vaccinazione, non necessariamente “ sieroconversione” che invece è il valore invocato per la HI , cioè la immunizzazione.
Ma in quale proporzione allora, i bambini vaccinati producono anticorpi protettivi?
Gli studi relativi alla reale efficacia dei vaccini in Italia e negli ultimi anni sono molto pochi.
Che io sappia ( ho chiesto aiuto a colleghi immunologi che non hanno al momento fornito dati) non ce ne sono che non siano report delle stesse ditte produttrici o lavori di colleghi che comunque abbiano ricevuto sponsorizzazioni o siano consulenti ( tutto legale per carità!) dalle suddette farmaceutiche Qui un bel lavoro ( va letto tutto!) cui ha partecipato pure l’indimenticato
Prof. Bartolozzi, riferimento per decenni della infettivologia pediatrica :https://www.siaip.it/upload/riap/327_I%20correlati%20immunologici%20di%20protezione%20indotti%20dalle%20vaccinazioni.pdf

Merita conseguentemente anche un brevissimo cenno, lo spinoso capitolo della metodica per la determinazione degli anticorpi circolanti: non tutti i metodi sono ugualmente sensibili e metodi e range variano da laboratorio a laboratorio. I dosaggi ELISA e le metodiche immuno-chimiche possono avere limiti anche notevoli per le caratteristiche intrinseche dei reagenti.
Qui metodiche e range di positività dei titoli anticorpali considerati protettivi per le malattie infettive nel PPV ( piano prevenzione vaccinale) tratte da
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2897268/
Il ripasso sui vaccini, invece di confermare la irrinunciabilità della legge Lorenzin intesa come obbligo a vaccinare con decine di antigeni in un brevissimo lasso di tempo, ha prodotto in me, di fatto, l’effetto opposto.
Da Pediatra “vaccinista” non riesco a trovare una giustificazione medica o etica del perché una legge obblighi ad un atto medico in modo tanto restrittivo migliaia di persone (si tratta di fatto di una specie di TSO) in assenza di motivazioni di sanità pubblica tanto gravi che ne giustifichino inequivocabilmente la necessità, soprattutto all’indirizzo di bambini che devono poter andare a scuola.
La libertà di cura o di rifiuto della cura da parte delle persone, se non appunto per trattamento di legge ( art 32 costituzionehttp://www.dottnet.it/articolo/25357/il-medico-non-ha-il-diritto-dicurare/?tag=10608812115&tkg=1&cnt=5) cozza appunto contro il diritto allo studio ( Legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, comma 622) , tanto più che non sono esattamente note le quote di sieroconversione vaccinale nella popolazione (pediatrica) italiana da campioni numerosi e random reclutati in tutta la penisola con la garanzia che non ci siano conflitti di interesse.
Una delle leve per giustificare appunto tale coercizione è che la HI ( che non sarà mai attuabile stante la situazione nazionale di flussi migratori con emersione di nuovi ceppi, il target vaccinale e le caratteristiche stesse della relazione antigene/ ospite ), è che protegga gli immunodepressi.
Ma chi sono gli “ immunodepressi”?
Se ci riferiamo alle persone sottoposte a chemioterapia per trattamenti tumorali, queste debbono obbligatoriamente frequentare i luoghi pubblici con mascherina ( o non frequentarli affatto).
Bambini compresi.
L’HI fosse mai realmente raggiunta in quella classe per una data malattia infettiva, non li proteggerà completamente comunque.
Pur diminuendo la circolazione della malattia, il bambino vaccinato potrà comunque trasportarla per un periodo e trasmetterla. Perché il vaccinato può essere infettato e per breve tempo contagioso e contemporaneamente immune.
Inoltre purtroppo il bambino ( il paziente) immunodepresso potrà ammalarsi gravemente per una
qualsiasi altra infezione, ancorché banale veicolata da chiunque gli stia accanto.
Penso alla tbc, il micoplasma, la clamidia e ancor più semplicemente lo streptococco beta emolitico gruppo A frequentissimo nei nostri bambini.
Se invece per “ immunodepresso “ si intende un paziente con deficit immunologico congenito,
allora il rischio di ammalarsi sarà variabile con il variare del difetto stesso.
Ma nel complesso la questione è analoga.

Questo schema riassume esattamente la questione : il vaccino protegge chi lo fa I cosiddetti “no-vax” hanno spesso sollevato perplessità su qualità dei vaccini ed effetti avversi e tutta la questione relativa alla presenza di metalli o impurità nelle fiale è molto dibattuta.
Non ho le competenze necessarie a prendere una posizione in merito.
Devo dire che in tanti anni di professione non ho avuto esperienze dirette o indirette di danni da vaccino. Un paio di episodi attribuibili al vaccino ( lipotimia in neonato e shuddering in una lattante) si sono completamente risolti senza sequele.
Non ho avuto casi di regressioni cognitive o patologie neurologiche o psichiatriche insorte dopo vaccino nei miei assistiti e non attribuibili eventualmente a patologie concomitanti di base.
Esiste comunque un cospicuo gruppo di pratiche al ministero per presunti danni vaccinali e sarebbe importante che noi medici fossimo formati in merito.
Il ministero ha fornito una guida per riconoscere le malattie che controindicano o limitano a vaccinare.
(http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2759)
Dal punto di vista meramente pratico indipendentemente dai detrattori, bisognerebbe avere garanzie assolute sulla bontà dei vaccini inoculati e sulla loro sicurezza.
È possibile che alcuni degli affetti avversi segnalati siano imputabili a scarsa qualità dei lotti o ad inadeguata conservazione come è recentemente accaduto in Cina (https://www.assinews.it/08/2018/la-cina-richiama-vaccini-difettosi-esportati-oltre-oceano/660055106/ ) ed è mandatorio il rispetto rigido delle normative a riguardo (https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/
Download.aspx?name=1935_AllegatoA_334537.pdf&type=9&storico=False).
La produzione dovrebbe essere sempre rigorosamente controllata , ad ogni vaccino l’etichetta
della fiala ( lotto) incollata al libretto vaccinale in modo che qualsiasi problema relativo sia immediatamente identificabile.
Una seria breve anamnesi condotta prima di ogni inoculo e la possibilità di segnalare (online o fisicamente ) effetti avversi anche oltre le 36 ore, con schede “ aperte” che possano cioè venire aggiornate nel tempo dovrebbero essere garantite.
Solo in questo modo ci potrà essere una raccolta dati puntuale e realistica.
Attualmente la segnalazione è possibile (http://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioniavverse) ma la flow chart è rigida e non sempre prevede l’inserimento di stati clinici dubbi, di gravità intermedia o in evoluzione.
A fronte dell’obbligo vaccinale dovremmo ( noi medici e lo Stato) inequivocabilmente poter dimostrare la immunogenicità (ottenibile solo dosando i titoli anticorpali) e la sicurezza dei vaccini garantendo controlli continui sul prodotto in modo da migliorarne la qualità.
Se le farmaceutiche fossero aziende statali ci si metterebbe pure al coperto da critiche più o meno “ gridate” su eventuali sottesi (ed enormi) interessi economici.
Purtroppo duri recenti colpi alla credibilità del sistema ( http://www.notiziariochimicofarmaceutico.it/2018/09/19/espulsioni-dimissioni-e-polemiche-allacochrane-
collaboration/) e in particolare delle farmaceutiche che producono vaccini ( https://www.bmj.com/search/advanced/Pandemrix%20) peggiorano la percezione della integrità della sanità e dei medici.
Per questi motivi medici ed epidemiologici, l’obbligo vaccinale per come inteso dalla Legge 119 non è a mio avviso sostenibile e andrebbe ridiscusso nelle sedi opportune da tecnici esperti medici immunologi infettivologi e giuristi totalmente scevro da conflitti di interesse e contatti con aziende collegate alla produzione di vaccini e spero che ciò accada presto.

(L'autrice e contattabile su twitter,  @Angela88586834 )

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