mercoledì 22 gennaio 2020

ANTIVIRALI CONTRO I CORONAVIRUS, COME SIAMO MESSI? MALE, MOLTO MALE




Lo stato dell'arte della ricerca su antivirali contro i coronavirus è avvilente.
Ho come l'impressione che la maggior parte delle strutture nell'articolo venga da ricerca accademica, perché è un po' difficile che al di fuori di quell'ambito qualcuno possa prendere sul serio inibitori di un enzima con ki dell'ordine di micromoli, decine di micromoli o centinaia di micromoli. Sarebbero in buona parte scartati anche come hit, punto di partenza su cui lavorare.
Fondamentalmente sono stati individuati inibitori di proteasi, inibitori di elicasi e entry inhibitors.
Quanto individuato finora delle ultime due categorie di base è da lasciar pardere. E per quel che riguarda la prima ci sono problemi abbastanza seri: siti altamente reattivi, composti metabolicamente labili (trifluometilchetoni, esteri di N-idrossiammine), complessi di zinco che a un primo sguardo dicono pessima farmacocinetica.
C'è un unico inibitore di proteasi che potrebbe avere un futuro, C.
Quel che risulta abbastanza chiaro è che sul tema non sono stati profusi sforzi significativi ( e parlo di risorse, fondi, soldi).
Due possibili direzioni dell'azione.
 
La prima la strada di WHO, dei consorzi pubblico-privati tipo quello per la TBC, delle ONG etc: e tra una ventina d'anni, forse, avremo qualcosa che più o meno funziona, magari malino, ma meglio che niente.
 
La seconda strada: che il pubblico metta soldi veri come hanno fatto gli USA con peramivir: e con fast track e tutto il resto magari in cinque anni verrà fuori qualcosa di decente.

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