lunedì 17 febbraio 2020

LA POSTA DI STARBUCK






Asili obbligatori... Obbligo... sembra la parola preferita, da 2 anni a questa parte Mi sento ottimista come Starbuck (A proposito, dille che mi manca leggere i suoi post).

Francesca Pisolo

Cara Francesca,

Il tuo saluto mi sorprende in un sabato pomeriggio passato ad intagliare bastoni con un coltellino svizzero: mentre giro, ruoto e passo tra le mani il manufatto, invento storie per chi mi cammina intorno nel bosco. E stasera riaccendo il computer ed un po' che non lo faccio.
Chi di solito la mattina mi fa la rassegna stampa mentre sbadiglio dietro la colazione, mi gironzola attorno e mi interroga su come secondo me sia meglio usare una statistica (sta giocando con AI e riconoscimento facciale): alle mie blande proteste sul fatto che sia sabato sera, risponde che "ci siamo conosciuti parlando di sistemi di raffeddamento liquido per computer". Sorrido. Ma 2 anni fa a quest'ora ci si poteva tranquillamente trovare a parlare di legge Lorenzin e di scuole parentali e di spostarci a vivere in un indefinito "allestero".
2 anni fa. Il PC ce lo avevo acceso con una certa frequenza la sera. Il 4 marzo ci sarebbero state le elezioni e nelle chat, nei gruppi contrari all'obbligo (quello vaccinale) tentavano di spartirsi i voti. I risultati del taglio della torta si sarebbero visti di li a pochi mesi, con l'aborto dell'emendamento di Arrigoni al milleproroghe settembrino ed il concomitante concepimento del DDL 770.
Mi sfogavo scrivendo. Era una miscela di due frustrazioni. La prima derivava dall'impotenza: impotenza nel non riuscire a cambiare niente, del non riuscire a remare compatti verso un obiettivo ragionevole e comune. Si continuava a confondere politica e diritti con altro. La seconda invece derivava dalla summa delle stronzate passate - in maniera per lo più dogmatica - per scienza, e questo da molteplici fonti.
Non ho mai creduto che facesse la differenza quello che scrivevo e la maggioranza dei post che si son visti pubblicati sulla pagina de "il chimico scettico" sono nati né più né meno che come mail, o fogli word, indirizzati ad una persona più che ad un pubblico.... perché non sono decisamente tipo da pubblico e tantomeno da social. Sono un "da dietro le quinte". Faccio cose, mi piace fare cose, farle funzionare, provare a mandarle per il verso giusto. Che ci sia la faccia, il nome, la firma, sempre fregato molto poco.
Per cui, mi stupisce un po' che qualcuno senta la mia mancanza, o meglio, la mancanza dei miei post, ma se mi mettessi a scrivere oggi probabilemte parlerei di cose poco interessanti ai più.
Sui social imperversa la lotta degli influencers della medicina sul coronavirus. Vedere il Chiara Ferragni con Cattedra al San Raffaele che, dopo due-quasi-tre (fottuti) anni di "la scienza non è democratica ed il vaccino non è un opinione", asserisce "siamo in un paese libero ed io scrivo quello che credo", puo' farmi solo sorridere. Sorridere di fronte ad una ipocrisia che capiranno comunque in pochi, mentre i più continueranno a cliccare sul like. Questo volare di stracci tra influencers de noantri... che non hanno probabilmente mai fatto ricerca (al massimo messo il nome alla fine di un articolo scritto da altri) o difeso una propria tesi in una conferenza serrata con ricercatori preparati...che tra qualche mese si tirerà pacche sulla spalle "so amici e tra parenti nun se fanno complimenti"...a beneficio "de quer popolo cojone risparmiato dal cannone"? Mentre dall'altra parte i complottari del 7 giorno, sfruttano "al meglio" la situazione con in prima fila i soliti noti in cerca di un po' di ribalta? Qual' è la novità in tutto questo? Cosa si può credere che si lasci dietro, alla fine? Qualche sacchetto di pop-corn vuoto per il pubblico che ha assistito. Ma vale davvero la pena che ne parli anche io?
Se volessi scrivere qualcosa, a me in questi giorni verrebbe di parlare, in termini generali, di ragionevolezza, di risposte che non sempre si hanno, perché nella ricerca è anche così. Che io tutte queste certezze, sui dati, sui numeri non è che sempre sempre ce le ho o ce le posso avere. Mi verrebbe di spiegarlo che, come diceva il mio collega, gli esperti sono spesso 4 persone pescate tra chi c’era e messe lì a decidere un numero, un valore, un metodo, non necessariamente quello giusto, non necessariamente quelle giuste (le persone), ma serviva qualcuno che lo facesse, serviva un numero, un metodo, un valore. Vorrei mettermi a raccontare dei meeting a cui partecipo, con gente con 42 titoli nella firma e che tira delle castronerie allucinanti, non solo nelle presentazioni, ma anche nelle domande che fa agli altri: gente con una spocchia che si fatica ad immaginare. Ma non tralascerei di colleghi che ci mettono la giusta dose di umilta' e mi viene in mente l’ultimo d’oltralpe, che ha lasciato sconsolato il mio ufficio dicendo “anche a noi servirebbe un chimico”. Vorrei nel mezzo anche spiegare la tristezza che mi assale ad ondate regolari, quando mi rendo conto del baratro di competenze che si sta aprendo non solo dietro ma anche davanti a me, ora che la generazione precedente se ne va in pensione, ma quello che segue non e’ allo stesso livello. Vorrei.... e sì, partirei dalla esperienza nel mio settore di ricerca (ed onestamente non credo che negli altri possa andare troppo differentemente)… ma non fregherebbe a nessuno, se non ai soliti 4 gatti. Perché parlerei di "scienza e dintorni", mentre quello che si vede in giro spacciata per tale è comunicazione, influencers, politica: un'altra materia insomma.
E, bon, non lo escludo che ogni tanto non mi prendano i cinque minuti ispirati e scriva di nuovo.
Però diciamo che al momento, non è che creda di poter fare molto per il... "dibattito".
Se non stare a guardare.
Con i pop corn in mano.

un caro saluto,
Starbuck

NdCS: questa non è una rubrica, né intende diventarla.

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