giovedì 28 gennaio 2021

THE ENDLESS SEARCH FOR THE 50 CENTS SOLUTION



Ah, la colchicina. Nota a chi soffre di gotta, il più lo ha dato nella ricerca in campo oncologico: è servita ad individuare "il sito della colchicina", uno dei bersagli più importanti per i destabilizzatori di microtubulo - tra i più noti gli alcaloidi della Vinca, vinblastina e vincristina, che proprio si legano al sito della colchicina (il vero passo in avanti fu fatto con il tassolo negli anni 90, che anch'esso mira al microtubulo ma con un meccanismo diverso). Ah, come la colchicina tutti composti naturali, ma per niente "gentili".
L'effetto antitumorale è visibile in vitro ad alte concentrazioni, e data la forte citotossicità del composto non è stato possibile trovare un'uso in questa area terapeutica.
Ma il suo effetto antiinfiammatorio è principalmente collegato alla destabilizzazione del microtubulo nei leucociti (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4656054/). Poi chiaramente una serie di altri effetti tramite altri meccanismi (in breve, polifarmarcologia).
E ora arriva un preprint (https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.01.26.21250494v1) che in un amen rimbalza su tutti i media: riduzione del 25% dell'ospedalizzazione, del 50% del bisogno di ventilazione meccanica, del 44% della mortalità. Il trial, su pazienti non ospedalizzati, è randomizzato e in doppio cieco (colchicina vs placebo) e di dimensione adeguata (4488 soggetti).
Alcune note sul preprint:
1) Gli arruolati pazienti non ospedalizzati con COVID-19 diagnosticato via PCR O TRAMITE CRITERI CLINICI (prima fonte di errore)
2) gli intervalli di confidenza sono abbastanza larghi, ma per le ospedalizzazioni sono larghissimi: OR 0.50 (95% CI, 0.23 to 1.07)
3) Ovviamente la diarrea è doppia nel gruppo colchicina rispetto al gruppo placebo, e questo è il dato statisticamente più solido.
4) la colchicina costa poco (fuori dagli USA), attorno ai 10 cent a compressa: e se questa non è la motivazione principale di questo studio...

Quindi per ora è un po' un "mah, vediamo". Perché? Perché antiinfiammatorii/immunosoppressori che funzionano all'incirca tanto quanto e con un razionale più solido (azione anti IL-6) esistono e sono già in uso: deidrocortisoni, con il desametasone in prima fila.
Il problema sull'uso di questo tipo di composti nei pazienti diagnosticati e non ospedalizzati: nella fase iniziale dell'infezione nella maggior parte dei casi il sistema immunitario del paziente basta a far fuori il virus, è quando la reazione immunitaria va fuori controllo che serve l'antiinfiammatorio/immunosoppressore, che nel caso precedente farebbe soltanto danni.
 
PS: come già detto mesi mesi fa il confine tra azione antiinfiammatoria e immunosoppressione è abbastanza labile. Per dire, antagonismo IL-6, inibizione JAK e inibizione COX-1/COX-2 hanno tutti effetto inibitorio su NFkB, che ormai da 25 anni è sinonimo di "infiammazione", ma antagonismo IL-6 e inibizione JAK starebbero più nel campo "immunosoppressione".
Qua sopra riguardo a trattamenti per COVID-19 si è parlato di antiinfiammatorii steroidei e assimilabili. Gli inibitori COX-1/COX2, cioè gli antiinfiammatorii non steroidei (aspirina, ibuprofene e simili) non hanno effetto immunosoppressore. Sono quelli indicati come antipiretici nel COVID-19 mild e chiaramente a loro non si applica il discorso fatto sopra.
 


 

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