venerdì 12 febbraio 2021

RASSEGNARSI? MA RASSEGNATEVI VOI (UNA NOTA POLITICA)

(Perché politica? Perché è inutile parlare di NEJM o Lancet quando prima di ogni altra cosa contano gli indirizzi di politica sanitaria - il funerale del "dibattito scientifico" è stato celebrato verso la fine di agosto, in forma privata)
Sono passati più di sei mesi quando qua sopra, per quel che potesse valere, scrissi che nel clima del momento e non solo Pillole di Ottimismo era un'iniziativa che ritenevo opportuna, anzi, benvenuta (e la cosa non fu senza conseguenze).
Perché benvenuta? Perché la "nuova normalità" puzzava, e si sentiva da lontano: puzzava di rassegnazione. E di qualcos'altro: sarà un caso, ma i nuovonormalisti parlavano di crescita esponenziale in agosto (mentre cominciò ad ottobre) e di "recinto chiuso a buoi scappati" con i nuovi lockdown autunnali (e i casi iniziarono a scendere).
Insomma la "nuova normalità" quando sbaglia, sbaglia sempre nella stessa direzione, e chi vorrebbe comunicare la complessità con la complessità pare avere un pessimo rapporto.
Per l'ennesima volta lo ripeto: mai prima, nella storia, c'è stata una risposta così veloce in termini di nuovi strumenti per affrontare una pandemia. Mai, e non temo smentite (se non da gente con la lingua di svariati ordini di grandezza più estesa della propria capacità o onestà intellettuale). Non solo i vaccini mRNA: utili strumenti per trattare gli ospedalizzati sono stati individuati da subito, o quasi. Grazie a una concezione strategica dei rischi pandemici fin da gennaio 2020 NIAID (Fauci) in USA collaborava con Gilead su remdesivir e a ruota BARDA con Emory su molnupiravir. A marzo veniva individuato l'asse IL-6/JAK come più promettente per il trattamento dei casi COVID gravi (separatamente i tentativi con tocilizumab, ruxolitinib e baricitinb convergevano su questo punto, desametasone e i deidrocortisoni sono venuti fuori un po' per caso). In capo a qualche mese sarebbero arrivati i primi anticorpi monoclonali (in primis quelli Regeneron). Impensabile, e non nel 1918, ma neanche con la SARS del 2003.
Quanto a farmaci le soluzioni potenziali per la riduzione del danno c'erano, e in emergenza erano da usare. Oppure no.
Questa è stata la prima e più determinante divergenza di orientamenti sugli indirizzi di politica sanitaria. In USA si è deciso per il sì, in Europa per il "ni", in Italia per il "vediamo,no, forse, domani".
Chi ha pensato che fossero da usare partiva dal razionale farmacologico (ma il razionale farmacologico pare che per molti sia qualcosa di completamente esoterico, invece https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../il-foyes-e-i...), gli altri partivano da... boh. Evidence Based Medicine, dicevano, perché anche in emergenza c'è tempo, tutto quello che serve e anche di più. E lo dicevano per esempio nel CTS AIFA mentre sotto i loro occhi venivano somministrati fiumi di lopinavir (razionale nullo e, guarda caso, effetto nullo. ma ricordo che il DG Magrini lo voleva prescrivibile dai medici di base). E poi sì a idrossiclorochina (con varie giravolte), alla sperimentazione di avigan e alla valutazione di colchicina e ivermectina (al cui confronto avigan ha un razionale solido, per capirsi), sempre sotto gli occhi del CTS di AIFA e con il placet del suo DG, perché la serietà è una cosa seria per davvero.
Con queste premesse era impossibile che la recente inversione di marcia sugli anticorpi monoclonali non finisse in gazzarra mediatica. E specialmente perché la cosa è associata a Guido Silvestri (bersaglio da mesi di una polemica costante per la faccenda di Pillole d'Ottimismo).
Non in nome dell'ottimismo, ma contro la rassegnazione, ritengo la sua iniziativa sugli anticorpi monoclonali importante e meritoria, perché ha ottenuto un un cambio di indirizzo politico, scompaginando un pessimo governo della politica farmaceutica italiana. E non perché sicuramente i mAB funzioneranno (alcuni sì, magari, alcuni no, vedremo), o perché cambieranno il corso dell'epidemia (figuriamoci).
In primo luogo perché di fatto si fanno proprie tre EUA di FDA ed è la prima volta che succede: quando nello scorso giugno, sulla scia di FDA, EMA concesse una CMA a remdesivir, AIFA di fatto fece finta di niente.
L'iniziativa di Silvestri è benvenuta perché rompe il muro di gomma dei fautori del new normal, per cui quanto a innovazioni in materia di farmaci è sempre la stessa storia: quando c'è di mezzo qualcosa di ancora sotto brevetto anche questa volta facciamo un'altra volta. Ma sempre sottolineando il numero di morti per COVID ogni settimana.
 

 
 
 

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