mercoledì 6 novembre 2024

PERCHE' SI LASCIA

 

Ora io mi rendo conto che tutto questo ha un senso per chi ha un lavoro e pure qualificato. Dovessi dire qualcosa al riguardo è che il micromanaging è forse la parte peggiore, specie quando da un punto molto in alto si cerca di microgestire la base saltando tutti i gradi intermedi (il che significa che dei gradi intermedi non ti fidi, eppure li paghi fior di quattrini). E dato che più o meno tutte le cose elencate non si verificano quasi mai in modo isolato, il micromanagement è una delle pietre d'angolo dell'ambiente tossico. Nella mia esperienza i risultati sono stati sempre disastrosi, ma il micromanaging è una patologia ossessiva, e quindi non si risolve con argomenti razionali. Brutto da dirsi, ma l'unica è avere la totale fiducia di qualcuno più in alto di quello con l'ossessione del micromanaging e, semplicemente, convincerlo a ordinargli di smettere (ma questo sarebbe assai poco politico) o rimuoverlo mettendolo in altra posizione (e questo di solito funziona, specie se il destinatario del provvedimento non sa di preciso da dove è venuto). Ma non è facile averla vinta, mai, in queste situazioni. Una regola della vita è che se qualcuno fa annusare un filo di potere a una carogna quella ne abuserà e continuerà ad abusarne finché qualcuno non lo costringerà ad un hard stop - e dovrà essere duro quanto basta, altrimenti non verrà preso sul serio.

Negli anni mi è capitato di vedere gente (ok, erano donne, per la verità) uscire in lacrime da un colloquio con il boss, fosse nel suo ufficio o nel laboratorio dove l'interessata lavorava. In un caso ci fu un mio colloquio apertis verbis con il boss in questione a cui seguì una lettera di dimissioni (è sempre consigliabile lasciare con buona creanza, patte sulle spalle etc, ma quella volta non ce la feci) .

Nei miei ormai lunghi anni di carriera ne ho visti eccome di fuggi fuggi generali da un'azienda. Alle volte, e lo so perché me lo hanno detto i diretti interessati, la gente se ne andava anche senza alternative immediate. E la cosa notevole è che nessuno ai piani più alti lo riteneva un problema, finché le aspettative tornavano al rialzo e l'azienda non riusciva a evadere gli ordini, perdeva i clienti o addirittura la certificazione GMP. Questi eventi sono largamente il frutto ultimo di tutto l'insieme dei fattori citati nell'immagine. Ma quando la massa critica di un'azienda è raggiunta di solito non c'è il fallimento e la chiusura, bensì la vendita. E con la vendita tutti questi meccanismi tossici rimangono al loro posto, perché nessuno si vuole prendere davvero la briga di fare tabula rasa e ricostruire da zero un'ambiente migliore. Un 3 anni fa parlai con un vicepresidente di quello che stava arrivando da un altro sito. Lui mi disse che c'era una sola drastica soluzione: rimuovere il responsabile. Due anni dopo il vicepresidente era fuori mentre il responsabile in questione era ancora saldamente sulla sua poltrona. In Italia ci sono state aziende che hanno fatto da nave scuola per un certo tipo di dirigenti. Una volta sentii al telefono un ex collega e lui si lamentava del nuovo direttore: "E' un'incredibile testa di cazzo" mi disse. "Viene per caso da X?" chiesi "Sì, come hai fatto ha indovinare?". L'azienda X aveva una tradizione trentennale nel produrre soggetti del genere.

Ma la creazione di un ambiente tossico alle volte è una stategia (perché è noto che la gente scappa dagli ambienti tossici). E questa è una strategia in cui l'industria italiana è maestra. Mi ricordo un granduomo che veniva assunto proprio per quello, quando l'azienda aveva bisogno di una ricerca streamlined (tradotto: eliminare gente dalla ricerca e sviluppo). Arrivava lui con la sua rete di terzisti indiani e cinesi e la missione era compiuta in tempi ragionevoli. Alle volte i consigli di amministrazione sapevano bene, alle volte la proprietà recepiva solo streamlined e poi si accorgeva di aver così realizzato un ambiente di lavoro mefitico, insopportabile.


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