lunedì 16 aprile 2018

IL SERPENTE E LA TETRODOTOSSINA

(Visto che l'argomento "naturali" interessa, rielaborazione e restyling di uno dei primi post della pagina)

Mi ricordo di un direttore scientifico con due lauree che si era messo a cercare antibatterici tra le piante di uso tradizionale cinese e ne era venuto fuori con un estratto di cui solo avverse vicende industriali hanno impedito lo sviluppo.
Questo per dire che le medicine tradizionali (e l'etnomedicina) sono state un serbatoio importante a cui attingere, per la farmacologia moderna. Sono state, passato prossimo.
La popolarità dell'etnobotanica e dell'etnomedicina ha avuto varie fasi.
Senz'altro si interseca con la cultura del boom psichedelico dei 60, l'esplorazione degli enteogeni tradizionali: mescalina, atropina e scopolamina (mescal e erba del diavolo, Castaneda) psilocibina (funghi, Maria Sabina), ibogaina (Naranjo, "The Healing Journey"). E vi garantisco che fino a una decina di anni fa, in ambito Sistema Nervoso Centrale, si continuava a lavorare su fenetilammine e triptamine.
Ma la popolarità di queste discipline ha forse avuto il suo apice negli anni 80. "Stati di Allucinazione" (1980) di Ken Russel riprendeva il filo dell' "espansione della coscienza" della psichedelia di 15 anni prima, e lo faceva raccontando le vicende di un gruppo di ricercatori universitari che partono da una vecchia vasca di isolamento e poi iniziano un viaggio a caccia di enteogeni sciamanici. Si continua ad esplorare il tema con il best seller "The serpent and the rainbow", di Wade Davis (1985) (https://en.wikipedia.org/wiki/Wade_Davis_(anthropologist) ). Dal libro Wes Craven tirò fuori l'omonimo film, dove il protagonista va a caccia della ricetta della pozione che ad Haiti viene usata per creare gli zombi e viene fuori la tetrodotossina, una neurotossina che poi sarebbe il famoso veleno del pesce palla, quello che ha mantenuto costante nel tempo fino a qualche decennio fa il numero dei decessi dei giapponesi che consumano fugu. La tetrodotossina (come altre svariate tossine di origine marina) non scherza: LD50 intraperitoneale nel topo 8 microgrammi/Kg (25 nanomoli!), a quanto dice il Merck Index.
La storia del film che ne include un possibile sviluppo farmaceutico non è pura fantasia, in quanto ne è stato investigato l'uso per la teriapia del dolore in oncologia. Ma strada facendo si è scoperto che la pozione degli zombi di tetrodotossina non ne contiene. Conclusione di questa ideale carrellata, in "Medicine Man" (Mato Grosso, 1992), Sean Connery è un medico avanti negli anni che si è isolato nella giungla amazzonica, dove ha trovato un'antitumorale che lui pensa sia contenuto in un fiore.

Questo per dire che l'intreccio tra etnomedicina e ricerca farmaceutica aveva un suo fascino, che includeva l'isolamento, la caratterizzazione e la sintesi totale dei composti naturali, forse il ramo storicamente più avvincente della sintesi organica. Avvincente e difficile.
Dagli antimalarici agli antitumorali, questa frontiera ha dato molto.
Poi ha cessato di essere attraente. Difficoltà significa risorse, e costi. E come forse avrete orecchiato, se siete approdati su questa pagina da un po', il costi della ricerca farmaceutica sono da anni un problema che è stato affrontato con tagli, consistenti e costanti.
L'ultimo gruppo di ricerca (serio) sui naturali sopravvissuto nell'industria credo sia quello di Eisai, che si è vista approvare nel 2010 da FDA l'eribulina (antitumorale), ricavata da studi sulla struttura dell'alicondrina B. L'alicondrina B fu isolata per la prima volta nel 1986 dalla spugna Halichondria Okadai ad opera di Hirata e Uemura (composti di origine marina e Giappone, una lunga storia, come avrete capito).


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