venerdì 31 agosto 2018

LA FINE DELLE CERTEZZE (2)


Ilya Prigogine fu insignito del premio Nobel nel 1977 "per aver esteso la termodinamica ai sistemi lontani dall'equilibrio".
Nessun accenno alla "freccia del tempo", nessun accenno alla rimozione della simmetria temporale dalle equazioni della meccanica classica (statistica) e quantistica.
Il fatto è che il brussellatore (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/ordine-entropia-caos-la-lezione-di-un.html) non esiste: è un modello teorico, una specie di prototipo ideale di reazione oscillante, ma non ha esatti corrispondenti nella realtà. Per fortuna di Prigogine, mentre lui svolgeva la propria attività teorica, c'era qualcun altro che trafficava in laboratorio. Nella fattispecie Belousov, che si era messo in testa di produrre in laboratorio un analogo del ciclo di Krebs, ma l'accademia sovietica non ne volle assolutamente sapere di una reazione che andava avanti e indietro, in palese violazione (secondo loro) del II principio della termodinamica. Solo che qualche anno più tardi venne assegnato a Zhabotinsky l'incarico di rimetterci mano, et voilà: arriva la reazione di Belousov-Zhabotinsky (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/i-colori-del-caos.html). E guarda caso Prigogine aveva previsto comportamenti del genere per reazioni simili. Ovvero aveva elaborato un rigoroso quadro concettuale che inquadrava anche il comportamento di un analogo chimico del ciclo di Krebs, ciclo che infatti venne discusso in questa chiave per esempio dalla fisiologia botanica (questo per i vari critici che dicono che non esiste un sistema che rispecchi i modelli di Prigogine - notevole che la maggioranza di questi critici siano fisici o matematici).
Ma questi risultati, alla fine, sono un sottoprodotto del quadro teorico complessivo che Prigogine andava elaborando. Il tutto è ben rappresentato nella sua Nobel Lecture che è sì centrata sulla termodinamica dei processi irreversibili ma parla fin dall'inizio di freccia del tempo ed entropia, per poi dilungarsi su funzioni di Lyapunov, operatori di Liouville, estensioni della dinamica classica e della meccanica quantistica. Praticamente il pacchetto completo.

Nonostante le motivazioni per il suo Nobel, il suo libro più famoso non è stato "Termodinamica: dalle macchine termiche alle strutture dissipative" (2002), un corposo volume di chimica fisica esteso alla materia per cui ha avuto il Nobel. No, il suo saggio più famoso è "La fine delle certezze" (1996), dove quei temi occupano un unico capitolo e neanche particolarmente esteso. Il resto riguarda il motivo conduttore di tutta la sua attività, ovvero l'espansione della dinamica (con un occhio alla meccanica stastistica) e della meccanica quantistica per giungere all'inclusione di termini "diffusivi" che generino intrinsecamente "nuvole di soluzioni" negli spazi delle fasi. E l'approccio è quello del teorico.
Quando Prigogine parla di una legge del moto descritta dall'applicazione di Bernoulli (https://it.wikipedia.org/wiki/Processo_di_Bernoulli) parla in astratto - non esiste alcun moto naturale che segua quella dinamica - anche se ha in mente il moto browniano (https://it.wikipedia.org/wiki/Moto_browniano). Ma la cosa gli serve per introdurre gli strumenti matematici che userà poi, per presentare un prototipo semplice di un modello che lui definirà come generalizzabile, un modello di aleatorietà intrinseca dei "sistemi non integrabili". Un processo analogo viene riservato all'espansione della meccanica quantistica (e su questo punto servirà un post a parte, tornando di nuovo sulla sua Nobel lecture, visto che è estremamente rilevante riguardo al supposto "indeterminismo quantistico": forse avrete capito che Prigogine trovava la teoria un poco stretta per la sua concezione, dato che dal suo punto di vista in buona parte si limitava a sostituire traiettorie con probabilità ben definite).
Al di là del fatto che a differenza della termodinamica del non equilibrio queste ridefinizioni della meccanica razionale e della meccanica quantistica non hanno avuto fortuna, ovvero non sono stati scoperti fenomeni rilevanti che ne richiedessero l'impiego come modello, ma sono rimaste confinate alle simulazioni al computer, per un lettore sufficientemente rodato dal punto di vista matematico la lettura è comunque affascinante. Certo, in questo saggio Prigogine pecca a parer mio di eccesso di estensione dei suoi principi (che finisce per spingere fino a considerazioni di carattere cosmologico).
Comunque avrete capito (se non avete letto il libro) che non si tratta di un'opera precisamente divulgativa, ma di un saggio in buona parte di difficile lettura.
Il che rende ancora più sorprendente la sua fortuna, che però c'è stata. Fortuna in larga parte legata allo spirito dei tempi in cui il saggio uscì. Nella prima metà degli anni 90 le teorie del caos erano diventate un tema della cultura di massa (http://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/dinosauri-e-biforcazioni-le-strade-per.html). Il titolo del saggio di Prigogine era evocativo, e i suoi contenuti vennero banalizzati come un semplice inno all'indeterminismo (nihil sub sole novum):
"Il lavoro del professor Prigogine è l'ispirazione per il campo trendy del caos, che si occupa di fenomeni così incasinati e complicati che resistono all'analisi scientifica convenzionale. Sottolineando che i fenomeni caotici sono non predicibili per definizione, il professor Prigogine ha dichiarato che abbiamo raggiunto "La fine delle certezze". La scienza in futuro sarà sempre più probabilistica e speculativa"
Così scriveva John Horgan sul New York Times, preoccupato di una "scienza liberata dalla verità". Se leggete tutto l'articolo molti dei suoi temi vi appariranno incredibilmente familiari ed attuali (le preoccupazioni che Horgan esprimeva 22 anni fa le trovate continuamente espresse oggi dal "partito dei competenti" e dai suoi sostenitori).

Si capirà dunque, al di là del significato scientifico del lavoro di Prigogine, che il saggio prova a spiegare. la valenza culturale che i suoi temi hanno assunto all'epoca: sono diventati la summa, i portabandiera delle teorie del caos. E' curioso e significativo che anche in ecologia delle popolazioni qualcuno si sia spinto a precisare che i modelli delle teorie del caos non hanno avuto una grande diffusione a causa della loro scarsa capacità di descrivere fenomeni reali (ovviamente falso). Potremmo concludere che le ragioni delle dinamiche non lineari complesse trovano da sempre una solida, sorda opposizione. Il riduzionismo linearizzante e la "verità scientifica" sono oggetti comodi da maneggiare (e politicamente convenienti, come abbiamo avuto occasione di vedere pressoché ogni giorno da un paio d'anni a questa parte).

Ovviamente dall'altro lato fin da allora ci sono stati quelli che, sempre banalizzando, hanno inteso "Tutto è caos, niente è predicibile", e lo hanno inteso in senso "positivo" di critica generale dei risultati ottenibili dalle scienze galileiane, scordando che quando si parla di teorie del caos si parla di caos deterministico (di solito questa concezione va a braccetto con l'indeterminismo della quantomeccanica).
Ma l'ultimo capitolo del saggio di Prigogine si intitola "Una stretta via", e contiene queste parole:
"Quella che noi abbiamo cercato di costruire è una stretta via tra queste due concezioni, che conducono entrambe all'alienazione: quella di un mondo governato da leggi che non lasciano posto alla novità e quella di un mondo assurdo, acausale, in cui non si può prevedere o descrivere nulla in termini generali".
Due concezioni che conducono entrambe all'alienazione... ricorda niente?

https://www.nytimes.com/1996/07/16/opinion/science-set-free-from-truth.html

giovedì 30 agosto 2018

LA FINE DELLE CERTEZZE (1)

(L'argomento non è triviale e cercherò di parlarne in modo non triviale cercando di essere comprensibile - ovviamente come tutti gli argomenti del genere è stato banalizzato in modo becero che più becero non si può).

Cosa c'è di meglio di una pausa marina in agosto per rileggersi a più di 20 anni di distanza "La fine delle certezze" di Progogine?
Ho dedicato a Ilya Prigogine più di un post (potrei dire che è uno dei numi tutelari della pagina), ma sono stati post "duri". Cercherò in questo e nel successivo di esporre il tema (che resta estremamente concettoso) in modo più accessibile. Ma prima di entrare in medias res serve una premessa.
Prigogine è stato un teorico nel senso più puro della parola. In campo termodinamico e chimico fisico non c'è niente di strano in questo: Gibbs, il grande "nemico ideale" di Prigogine, fu un teorico, Gilbert Lewis idem (per citare due nomi che da soli hanno messo insieme tipo un quarto di tutta l'impalcatura della chimica - notare che nessuno dei due ebbe un Nobel, Prigogine invece sì, questo per dire che il criterio Nobel o no può dare un'idea molto distorta dell'importanza del lavoro di uno scienziato).
Ma la chimica non è una scienza teorica, anzi è forse la scienza sperimentale per eccellenza. Eppure il peso delle teorie, in chimica, per lunghi anni è stato enorme, praticamente quanto in fisica. Perché le elaborazioni dei grandi teorici non solo hanno fornito le basi per l'organizzazione concettuale delle evidenze sperimentali, ma costituito lo stimolo per nuove ricerche e per nuovi approcci disciplinari (si pensi alla visione nattiana della chimica industriale come termodinamica e cinetica applicata).
Detto ciò poi nella realtà un chimico teorico non indossa camice guanti e occhiali e non è un animale da laboratorio. I chimici teorici che ho conosciuto io lavoravano esclusivamente al computer, una vita per le funzioni d'onda.
Il punto è che tutto questo macchinario teorico acquista pieno significato quando trova riscontri nella realtà sperimentale. Sui rapporti tra quest'ultima e i modelli matematici due worked examples li trovate qua: http://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/duro-o-morbido-dove-non-si-parla-di.html . Ma basta pensare al peso dei modelli della meccanica quantistica, dalla struttura atomica al legame chimico (combinazioni lineari di funzioni d'onda per avere gli orbitali ibridati) fino a tutta la teoria delle spettroscopie molecolari.
Prigogine era ab initio affascinato e interessato, secondo il suo racconto, ad un unico tema: il tempo orientato, essenziale al secondo principio della termodinamica e base di ogni processo creatore che in quanto tale è irreversibile (e non di ogni processo irreversibile che in quanto tale è creatore, argomento molto gettonato dai suoi critici). Lui stesso attribuisce la nascita di questo suo interesse nell'immenso amore che aveva avuto fin da bambino per la musica (non esiste creazione musicale senza un tempo orientato). Il problema per lui era costituito dal fatto che termodinamica dell'equilibrio, meccanica statistica e meccanica quantistica non trattavano il tempo come un oggetto orientato: le loro equazioni erano reversibili rispetto al tempo, e prevedevano indifferentemente il passato come il futuro di un oggetto. E elaborare soluzioni asimmetriche ha occupato buona parte della sua vita.

mercoledì 29 agosto 2018

QUANDO LA COMMISSIONE EUROPEA PARLAVA DI AUTO ORGANIZZAZIONE

(Dopo le chiacchere sulla caciara agostana, paulo maiora canamus... ).

Questa review veniva commissionata dal Directorate General XII della Commissione Europea, e veniva pubblicata nel 1995
Da queste 128 pagine prendo questo brano:

"Il mantenimento dell'organizzazione nella natura non è - e non può essere - realizzato da una gestione centralizzata. L'ordine non può essere mantenuto che da un'auto organizzazione.I sistemi auto-organizzati sono capaci di adattarsi alle cirostanze ambientali. Per esempio reagiscono a modificazioni dell'ambiente grazie ad una risposta termodinamica che li rende straordinariuamente flessibili e robusti rispetto alle sollecitazioni esterne. Noi vogliamo sottolineare la capacità dei sistemi auto organizzati rispetto alla tecnologia umana abituale, la quale evita accuratamente la complessità e gestisce in modo centralizzato la grande maggioranza dei processi tecnici."

Significativo come pochi anni bastino a spazzare via una visione dal panorama culturale, specie se la visione non è conforme agli scopi che ci si prefigge. Comunque è un'ulteriore documento che mostra quanto fosse trendy questo tema a metà anni 90.
Questo brano è citato da Ilya Prigogine in "La fine delle certezze", e del saggio più famoso di questo Nobel per la chimica proveremo ad occuparci nei prossimi post.

https://publications.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/0e47b7d7-22dd-4e61-be78-b87bb9d9da88/language-en

martedì 28 agosto 2018

E LA MANO DESTRA NON SAPEVA QUELLO CHE FACEVA LA SINISTRA (ANZI, PROPRIO NON VOLEVA SAPERNE)

Lo ripeto, trovo l'argomento glifosato estremamente noioso. La sentenza, il giardiniere etc... Beh, ne ha parlato Matteo Miceli qua https://chimicamilitante.wordpress.com/2018/08/15/di-glifosato-cancro-e-sentenze-giuridiche/ , e fondamentalmente ero lì, più o meno da quelle parti (beh, sulla faccenda Reuters parlare di inchiesta è decisamente eccessivo, era lobbying professionale https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2054376584781218&id=1971621999723344). Ho detto "ero", prima di trovare questo lavoro: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29042088.

Non partite con impacr factor e simili per favore, staccate la reazione pavloviana e attivate la modalità analitica. Prima cosa da notare, è l'affiliazione di uno degli autori: Commissione Europea.
Seconda cosa da notare è la data di pubblicazione: aprile 2018, circa in contemporanea con il parere di EFSA, che ricordiamo è un'agenzia europea (http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/istituzioni/2018/05/17/glifosato-efsa-non-ce-rischio-per-la-salute-delluomo_cbbddb33-7e20-44ca-afb8-276c4613d451.html) e con il prolungamente di 5 anni dell'autorizzazione.
Terza cosa da notare: il lavoro del link, evidentemente proveniente da strutture della Commissione, non è stato citato né da EFSA né da altri.
Io ero rimasto al fatto che il glifosato fosse rapidamente degradato nel suolo, ma da questo studio risulta che le cose sono un poco diverse:
"L'emivita del glifosato e dell'AMPA (suo metabolita, NdCS), anch'esso importante riguardo le quantità rilevate nel suolo, sono molto variabili, da pochi giorni (e io ero rimasto qua, NdCS) a uno o due anni (Argh! NdCS) , a seconda delle condizioni edafiche e ambientali, principalmente temperatura e umidità del suolo".
Ops. E inoltre:
"Le proprietà tossiche, l'esposizione potenziale e i rischi del principale metabolita del glifosato , l'acido amminometilfosfonico (AMPA) non sono state per niente considerate nello studio ECHA".
Ouch.
Quindi uno studio a cui partecipa una struttura della Commissione bacchetta ECHA.
Però alla fine si fa come dicono le due agenzie, e EFSA a un'annetto di distanza si limita a rivedere i residui consentiti di glifosato, ma su AMPA non c'è mezza parola.

https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/180517

lunedì 20 agosto 2018

HARD SCIENCE, HARD LIFE


(by Starbuck)

“Ha mai pubblicato su Nature?” l’interlocutore incalza il CS su twitter.
E ci risiamo, mi dico , qualcuno che scende nell’arena e tira un po’ di sabbia negli occhi all’avversario, per guadagnare un fugace plauso del pubblico sulle gradinate.
Già, il De rerum Nature (no, non ho scritto male) e le richieste di titoli. Nature è il ritrovato testo sacro e le lettere dei novelli Apostoli della Scienza alla rivista stessa, vengono lette e citate dagli abili Officianti a beneficio dei nuovi Fedeli. Con l’inevitabile conclusione, qualche post più in là, che la ratio sia assurta a religio, con buona pace di Lucrezio.
Sì, avete visto bene, ho un attacco di epididimo ciclosi e se trovate troppa durezza in questo commento, perdonatemi, ma vengo da una laurea (ingegneria chimica) in quelle definite scienze applicate ed una carriera ventennale (supportata da un certo numero di pubblicazioni) nelle cosidette scienze pure. Vengo, come il CS, dalle hard sciences, insomma, e si sa: hard science, hard life. Ed a me vederla citata sempre così a sproposito, la scienza, o meglio, “stuprata” , come ebbe a dire Elisa Nichelli in un suo post di inizio anno sul rapporto politica-scienza (1), comincia ad infastidire parecchio. E comincia a disturbare anche l’assurzione della medicina a scienza sopra le scienze, laddove in realtà medicina starebbe tra le scienze applicate e neanche tra le pure. Questo senza togliere dignità a nessuno, ma giusto per dare un po’ di ordine alle cose. Perché forse non lo sapete, ma c’è un ordine, o meglio, una gerarchia anche nelle scienze (anche se in realtà basterebbe un po’ di sano rispetto per le competeze reciproche). Se pensate che da Miscredente (qual sono) stia peccando di presunzione vi invito alla lettura di un articolo di sociologia del 2000 ad opera di Laurence Smith (2), in cui si parla di una gerarchia tra le varie scienze. Se l’articolo e’ ostico, limitatevi al grafico (2, pg 78), e noterete che in termini di hardness, la medicina è  più in basso di chimica (ed aggiungerei, scusatemi tanto, se per una volta mi trovo al top della catena alimentare). Cosa significa questo? Significa che se un medico arriva balbettando di Avogadro e dintorni, mi arrogo un sacrosanto diritto di replica e l’altro magari ascolta. E, sempre magari, se è sufficientemente intelligente, si accontenta delle mie argomentazioni, secondo il criterio che “competenza riconosce competenza”, senza affannarsi a chiedermi un CV (3), ma valutando i contenuti.
Quello che sta accadendo invece - soprattuto attorno al can can vaccini -  è tutto un altro film ed a mio modesto avviso, tante cose dell’attuale caciara (perché è caciara) attorno alla Scienza andrebbero urgentemente ridimensionate. Che tutto il discorso sta prendendo una piega tristemente distorta. Che la termodinamica al pari della fisica quantistica, non può essere ridotta ad una frase carina né’ in una battuta ad effetto dal primo di passaggio. Che la cancellazione mediatica del dubbio, che è una delle driving forces delle hard sciences, è decisamente preoccupante. Che l’assenza o la sminuizione del contributo delle soft sciences, quali ad es. filosofia della scienza e sociologia, all’attuale dibattito non giova: sarebbero fondamentali per riportare la discussione dentro i giusti confini (che non sono quelli del “lei non sa chi sono io” o delle repliche a furia di slogan e sagaci battute).
E sempre a proposito del de rerum Nature,  andrebbero ridimensionati anche i novelli Apostoli della Scienza…  anche perché, mi è capitato di frequentare gente che ha pubblicato (pubblicato, non scritto la letterina natalizia) su Nature, e non mi e’ sembrato che galleggiassero a mezz’aria, ma che camminassero come tutti gli altri, e che facessero anche occasionalmente la spesa al mio stesso supermercato. E no, non gli ho chiesto l’autografo, né ho pensato di concedere loro alcuno ius prime noctis… In compenso in passato, quando ero solo “un neolaureato” (non proprio come tanti, ma comunque neolaureato…), qualcuno me lo diede un articolo (peer review) con dedica. Una figura del mio passato accademico, una di quelle che… han lasciato qualcosa. Un ricercatore di matematica con tre lauree al suo attivo: ingegneria, matematica e filosofia. Forse le migliori chiacchierate di sempre alla macchinetta del caffè, nonostante 40 anni di differenza. E mentre mi dava del tu e mi chiamava col soprannome affibbiatomi dei compagni di corso, non credo che abbia mai avuto la necessità di ricordarmi chi fosse lui e chi ero io.
 Al collega che mi ripete che “la scienza non è democratica” rispondo con un libro, o meglio una lecture (4) e poi ne parliamo, e ne parliamo davvero.  Sarebbe credo ora di cominciare a parlarne (civilmente) anche altrove.
___________________________
(1) “vedo i partiti politici tentare di sedurre la scienza. stuprarla ripetutamente. poi farla truccare e vestire carina per portarla in giro e vantarsi con gli amici.”
(2)  Scientific Graphs and the Hierarchy of the Sciences: A Latourian Survey of Inscription Practices Laurence D. Smith, Lisa A. Best, D. Alan Stubbs, John Johnston and Andrea Bastiani. Archibald Social Studies of Science, Vol. 30, No. 1 (Feb., 2000), pp. 73-94
(3) “Scrivere un curriculum”, W. Szymborska (http://www.sagarana.net/rivista/numero35/poesia3.html)
(4) “Liberta’ ed i suoi vincoli”, Giulio Giorello, 2017, Castelvecchi editore ( cit. “se per democrazia si intende la dittatura della maggioranza allora la scienza non e’ democratica […].” “La scienza […] non ammette la dittatura di un solo paradigma; al contrario lascia sempre spazio al dissenso.”)

(P.S by CS: Ci sarà almeno un idiota che prenderà questo post per una requisitoria contro la medicina, e non lo è. Se lo fosse sarebbe idiota, ma gli idioti tendono a vedere il mondo e gli altri a loro propria immagine. Quanto all'interlocutore su twitter a cui si riferisce Starbuck, alla fine si è rivelato solo un altro post-postdoc col canovaccio in testa e poca dimestichezza con matematica e statistica - tipologia umana già vista più di una volta, qua sopra)

sabato 11 agosto 2018

ORDINE, ENTROPIA,CAOS: LA LEZIONE DI UN NOBEL (1)

Il problema del tempo in fisica e chimica è strettamente correlato alla formulazione della seconda legge della termodinamica.
Quindi un altro possibile titolo di questa lezione avrebbe potuto essere: "Aspetti macroscopici e microscopici della seconda legge della termidinamica".
E' un fatto notevole che la seconda legge della termodinamica abbia giocato nella storia della scienza un ruolo ben al di là del suo scopo originario.
Basti menzionare il lavoro di Boltzmann sulla teoria cinetica, la scoperta di Planck della teoria quantistica o la teoria di Einstein sulle emissioni spontanee, che erano basate sul secondo principio della termodinamica.
La tesi principale di questa lezione è che siamo solo all'inizio di un nuovo sviluppo della chimica teorica e della fisica in cui i concetti termodinamici giocheranno un ruolo ancor più fondamentale.
A causa della complessità dei temi ci limiteremo qua principalmente ai problemi concettuali. I problemi concettuali hanno aspetti sia macroscopici che  microscopici. Per esempio da un punto di vista macroscopico la termodinamica classica ha abbondantemente chiarito il concetto di strutture di equilibrio come i cristalli.
L'equilibrio termodinamico può essere caratterizzato dal minimo dell'energia libera di Helmholtz, solitamente definito da

F=E-TS

(dove F= energia libera di Helmoltz, E= energia interna, T= temperatura, S=entropia  NdCS)

La maggior parte delle strutture organizzate attorno a noi sono di questa natura?
Basta porre la domanda per capire che la risposta è negativa. Ovviamente in una città, in un sistema vivente, abbiamo tipi di un ordine funzionale assai diverso.per ottenere un teoria termodinamica per questo genere di strutture dobbiamo dimostrare che il non-equilibrio può essere fonte di ordine, che i processi irreversibili possano portare a stati dinamici della materia che ho chiamato "strutture dissipative"
(Ilya Prigogine, Nobel Lecture 1977)

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