venerdì 14 settembre 2018
L'EQUIVOCO CULTURALE "SCIENZA", CHIMICA, MEDICINA
Da anni si va dicendo che la chimica è una disciplina "matura", ovvero che gli è rimasto poco da dare.
Basta dare un'occhiata ai nobel per la chimica:
2006: a biologi
2007: un chimico
2008: un chimico e due biologi
2009: un chimico, due biologi
2010: tre chimici (e panico nelle redazioni scientifiche della grande stampa per capire cosa fosse questo "coupling C-C catalizzato da palladio")
2011: a un fisico
2012: un medico, un chimico, un biologo
2013: un fisico, un chimico, un biologo
2014: chimico, biologo, biologo
2015: biologo, biologo, chimico
2016: chimico, chimico, chimico (le nanomacchine, e qui la stampa mainstream a dire "La so!")
2017: biologo, biologo, biologo.
Questa lista dice qualcosa, anzi più di qualcosa, sulla percezione di "scienza" nella cultura mainstream: ci sono la fisica (il bosone di Higgs!) la matematica (quel matematico pazzo di quel film, quell'altro matematico napoletano di quell'altro film, quello di quella serie, "Numbers"), e una zona indistinta di "scienza" (della vita) che comprende tutto quel che va da medicina a chimica via biologia e farmacologia, una cosa indistinta. I "chimici chimici" fanno droga (breaking bad), o sono personaggi invisibili, incomprensibili, senza caratterizzazione propria. I chimici diventano rilevanti solo quando si occupano di life sciences, o nanotech (che non sono nanocose).
Fin dai tempi di Paracelso venivano individuate discipline di confine tra chimica (ai tempi di Paracelso alchimia) e medicina. Queste aree di confine sono cresciute nei secoli fino ad acquisire identità propria (farmacologia). Non le vedete nella lista dei nobel perché... perché vengono percepite come medicina! Il premio nobel per la medicina 2015 è stato assegnato tra l'altro a una farmacista, Tu Youyou (artemisinina contro la malaria), e a un chimico farmaceutico, Satoshi Omura (avermectina).
In una situazione in cui biologi e medici prendono il Nobel per la chimica, e chimici e farmacisti quello per la medicina "l'uomo comune" fa fatica ad orientarsi.
Eppure, e lo dice la "geografia" delle facoltà universitarie, non solo quella dei corsi di laurea, la chimica e la farmacologia esistono, hanno identità proprie, e non sono né province né frazioni della medicina (è allucinante che ci sia il bisogno di precisarlo!). E a differenza della medicina, la chimica è una scienza hard. E la chimica medicinale è un'area della chimica popolata ugualmente da chimici e farmacologi, strettamente interfacciata con i biologi (e in modo più labile con i medici della ricerca clinica). In tempi ormai lontani per i laboratori di chimica il centro ricerche GSK di Verona preferiva assumere chimici organici, e nel colloquio tecnico veniva proposta l'analisi retrosintetica di una molecola; una volta inseriti gli veniva dato da studiare un testo di chimica medicinale.
Questo significa che se un medico pensa che qua si sia parlato di medicina, non sa, non ha capito, non ha il senso dei limiti della propria disciplina e dell'estensione di quelle altrui. Mai scritto di chirurgia toracica o fisiologia clinica, e mai mi verrebbe in mente di farlo. Di modelli sì, perché i modelli sono il patrimonio comune delle scienze galileiane, e anche se per tirarne fuori uno buono è indispensabile una conoscenza del fenomeno che si vuol descrivere, per individuarne uno sballato non serve affatto.
Altri aspetti della cosa sono roba vecchia, avete presente il latinorum di manzoniana memoria? Io ho sempre trovato ridicolo chi si buttava in citazioni latine storpiate per darsi un tono, ma se uno il latino non lo conosceva magari restava ammirato. Quanti, quanti ce ne sono in giro, ormai, che usano "Scienza" sbilenca invece che latinorum sballato?
Sarebbe carino che un medico, prima di sparare la qualunque in materia di tossicologia, chimica, farmacologia, aprisse un libro, invece che cercare su google.
https://en.wikipedia.org/wiki/Medicinal_chemistry
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