mercoledì 20 febbraio 2019

UNO PIU' UNO

(gennaio 2018)
By Starbuck

"Uno più uno fa sempre due: lo dice la matematica". "Ehh…." Faccio una smorfia, tiro il fiato, strabuzzo gli occhi e mi guardo in giro come una gallina ubriaca “eheh…no, non è detto. Dipende dall’algebra, da come la definisci. In un'algebra booleana non fa mica 2, ad esempio" Ecco l’ho fatto ancora, l’ho vomitato fuori. E’ più forte di me, sono un ingegnere chimico sfigato, senza l’apostrofo rosa tra le parole "un" ed "ingegnere". D’altro canto, l’intelligenza è asessuata. Anzi, meglio, l’intelligenza è anfotera. Sì, perché basta rompere i coglioni con queste "scienze perfette", basta riempirsi la bocca di certezze di cui non si comprende emerita fava. Basta, basta, basta. Che cazzo ne sai tu, che non riuscivi a scomporre neanche un binomio, di matematica (eppure una laurea in CTF te l’hanno data) ? Me la sai fare un topologia T4 non T3? No, perché io quando vedevo la gente che ci riusciva credevo di stare ad assistere ad un miracolo. Ed allora dai, avanti, che aspetti? Mostrami una T4 non T3, tanto tu di scienza, di matematica, di statistica, ne sai! O no? E adesso tu, tu che hai preso la laurea‐in‐qualcosa‐di scientifico ai saldi estivi, col 3 fisso in matematica-fisica‐chimica, tu, pluribocciato, che dopo un 36 stirato al liceo, hai passato l’esame di ammissione a medicina in via parentale, senza magari aver mai quagliato una beata fava, adesso tu ti riempi la bocca di concetti esatti? Ed io dovrei prostrarmi, defilarmi, subire e tacere? Anche oggi ho aperto Research Gate, dovevo cercare un nome tra i miei followers attuali, che sono comunque più di quelli che ho su fb. La tab degli score mi informa che il mio H‐index è 12 e che sono migliore del 70% della comunità di Research Gate, dove la comunità di Reasearch Gate non è costituita da semplici panettieri, ma bensì da gente che fa (o che si suppone faccia) una cosa chiamata Ricerca Scientifica. Qualcuno potrebbe esserne deluso, altri galvanizzati, a secondo dell’età ed elle energie investite nella "carriera accademica". Il mio sentimento invece oscilla tra lo sconforto e lo scoramento. Ed è così ogni volta che mi confronto con le "grandi realtà internazionali" che improvvisamente pendono dale mie labbra o aspettano un mio input: inevitabilmente mi cadono le palle a vedere come stan messi male gli altri che si affidano a me (a me, cazzo!). No, perché diciamocelo chiaro, non son cretina, ma da qui ad essere il genio della lampada ne corre, e ne corre parecchio. Ma se tutti gli altri riescono a fare anche peggio di me? Se riescono a scordarsi coefficenti moltiplicatori nelle tabelle dati dell’importantissimo report, se riescono a sbagliare la caratterizzazione dello standard stra‐certificato (!!!) che producono, se fanno le misure giuste montando la colonna sbagliata, se io che non sono mai riuscita a fare una T4 non T3 sono il top, se siamo messi così, tutta sta Scienza ‘ndo sta? E poi negli anni, a destra e a manca, ne ho viste di cose inimmaginabili per chiunque dotato di un briciolo di dignità, non necessariamente intellettuale: dati abilmente nascosti sotto il tappeto della statistica senza colpo ferire, e fuori con un altro paper; gente cazziata e congelata in grado per aver pubblicato misure che non piacevano alla gerarchia; dati presi da un articolo con un metodo, da un altro con un altro metodo e dieci anni di differenza, e buttati in pasto ad un modello black box e giù a pubblicare senza l’ombra di un dubbio; ed altre mirabolanti avventure. Poi la settimana scorsa incontro L. in giro nel mio edificio e gli offro un caffè facendogli i complimenti su un suo articolo che, voce di corridoio, ha fatto incazzare parecchio, tirando su un ginepraio. L. lo conosco da parecchio, 20 anni e so che lavora bene e difatti ha sempre trovato lungo. “Miiii taci" è all'incirca la sua risposta "se si sono incazzati! Ma noi abbiamo solo misurato, non abbiam mica detto niente. E che adesso non si può neanche più misurare?". La risposta? Allora, chiediamocelo, diciamolo, gridiamolo al mondo: 1+1, quanto fa? Ovvio che DEVE far due. Ma non per me e non per L. Non ancora. E se anche così fosse, non per tutti e non per sempre. Butto un occhio alla pila di articoli scientifici e non accumulati da giugno a questa parte in un angolo della scrivania. L’argomento è lontano dal quello su cui lavoro ma terribilmente vicino alla mia vita quotidiana. Talmente vicino che temo di ragionarci più di cuore che di testa, ed allora lo lascio lì a sedimentare ancora un po’. Di tutto quello che ho letto, però, un pezzo mi continua a tornare a galla. L’ha scritto uno che, se non erro, qualcosina di statistica ne dovrebbe capire. Me lo ripeto mentre passo una mano sui banconi del laboratorio di chimica analitica, mentre preparo gli strumenti alla pausa natalizia. “Ora la domanda fattela tu: qual è il premio per il rischio di un esavalente? E qual è, soprattutto, il valore a rischio? Cosa senti, quando prima di addormentarsi i suoi occhietti si perdono nei tuoi? Dubbi o certezze?” Buona pausa invernale, Chimico Scettico e grazie per la tua pagina, riaccende in me la Speranza. (NdCS : intelligenti pauca - gli altri, su questo specifico post, si regolino, o saranno regolati. E' un mio impegno preciso.)

Addendum 2019: Questo, che non era destinato ad essere un contributo, è stata la prima cosa di Starbuck che ho insistito per pubblicare, su fb. Giusto per inquadrare la cosa.


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