giovedì 24 giugno 2021

BASTEREBBE APRIRE UN LIBRO... O NO?

Questa pagina è seguita da diversi studenti di CTF sparsi per la penisola (sono stati regolarmente avvisati di non citarla per non compromettere il loro cursus studiorum, non vi preoccupate). E di solito inviano messaggi di natura molto concreta, inerenti il loro futuro dopo la laurea, o chiedono titoli di libri meritevoli inerenti i temi qua coperti nel tempo (chimica di processo, chimica medicinale etc).
Qualcuno più intraprendente degli altri fornisce anche contenuti, tipo questo.
Si tratta di un nuovo testo universitario di farmacologia, uscito nel 2020 (nella fattispecie l'acquisto è obbligatorio, per lo studente, e sono più di 100 euro).
E queste sono le due pagine che parlano di covid e antivirali. Remdesivir viene citato, ma sul libro sono rimasti alla sperimentazione clinica.
Poi Lopinavir/ritonavir, darunavir, favipiravir (!), clorochina (!) e tocilizumab.
Insomma, in bell'evidenza c'è l'asse portante del protocollo alla sperindio della primavera 2020. Infatti vengono esplicitamente citate come riferimento le linee guida della SIMIT, quelle che facevano proprio l'Hail Mary Protocol, con tanto di oseltamivir e tutto il resto (geniale pensare all'uso di un inibitore di neuraminidasi per un virus che una neuraminidasi non ce l'ha).
Quindi lo "stato dell'arte" (ironico) della primavera 2020 viene immortalato per essere trasmesso agli studenti tal quale, e non con un commento "Gli errori che abbiamo fatto".
Peccato che siamo nel 2021, pure la SIMIT quelle linee guida le ha archiviate da diversi mesi e di acqua sotto i ponti ne è passata un bel po': gli antiRetrovirali (Lopinavir/ritonavir, darunavir) sono stati accantonati da giugno scorso, favipiravir non pervenuto. Poi oltreoceano c'è stata l'approvazione definitiva di un farmaco, e nel frattempo c'è stata qualche autorizzazione di emergenza, sempre oltreoceano, di alcuni anticorpi monoclonali, per tacere dei recenti risultati di RECOVERY (https://www.facebook.com/guido.silvestri.9/posts/10224832922826430).
 
Ma non è semplicemente un discorso di testo non aggiornato: chiunque capisse qualcosa in materia sapeva fin da gennaio-febbraio 2020 che Lopinavir/ritonavir e darunavir con Sars-CoV-2 non potevano funzionare. In primo luogo "Le proteasi di HIV appartengono alla famiglia delle proteasi aspartiche , mentre le due proteasi dei coronavirus sono della famiglia delle proteasi cisteiniche. Inoltre gli inibitori di proteasi di HIV sono ottimizzati per adattarsi alla simmetria C2 nel sito catalitico del dimero della proteasi di HIV, ma questa "tasca" con simmetria C2 è assente nelle proteasi dei coronavirus."(https://www.nature.com/articles/d41573-020-00016-0). In pratica, voler far funzionare una chiave in una serratura che non è la sua. La cosa era confermata da dati sperimentali, EC50 dell'ordine della decina di micromoli su MERS-COV (https://www.nature.com/articles/s41467-019-13940-6). Nel giugno 2020 l'EC50 di lopinavir con SARS-CoV-2 (9,12 μm) veniva confermato essere del tutto inadeguato per un uso contro COVID, ma un mese prima un trial aveva piantato il primo chiodo sulla bara della presunta utilità clinica di questi farmaci (https://www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJMoa2001282...). Con ciò lopinavir è stato in assoluto il farmaco più usato negli ospedalizzati per COVID nella primavera 2020, in Italia, e il DG AIFA Magrini lo avrebbe voluto far somministrare dai medici di base.
Insomma, queste due paginette in un testo universitario potevano pure essere evitate, ma invece sono lì. 
Questo è un libro di cattedratici italiani a cui hanno collaborato molti altri cattedratici italiani.

 

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