giovedì 25 novembre 2021

DEVELOPING CHEMISTRY AND PEOPLE



E questo sarebbe uno dei rari post in cui parlo di fatti miei (che però mi inducono riflessioni di più largo respiro).
Developing chemistry and people: anche di questo si parlava nella descrizione della posizione che ormai da qualche tempo ricopro, e questo sto facendo. Developing people significa coaching, cioè "tirare su" gli juniores, professionalmente parlando - cosa che il più delle volte mi è venuta facile, come "costruire la squadra", quando il materiale umano era appena decente.
Si tratta di qualcosa che viene chiesto spesso ed esplicitamente, ormai, nell'anglosfera. Perché, avendo avuto un periodo di deindustrializzazione, e specialmente in campo chimico e chimico farmaceutico, da qualche anno hanno cominciato a ricostruire e continuano a farlo - mi è capitato più volte di dire che a chiudere un centro ricerche basta qualche mese, ma per ricostruirlo servono anni e anni. E chi decide di ricostruire non può pensare che i seniores licenziati al tempo della chiusura dopo una decina di anni siano ancora lì ad aspettare di essere riassunti: i più sono ormai pensionati, hanno cambiato carriera, hanno nuova posizione che non intendono lasciare e/o su quell'azienda ci hanno fatto una croce (per esempio non so di alcuno pfired che abbia mai fatto i salti mortali per rientrarci).
In breve in un certo ambiente industriale il fatto che il know how cammini sulle gambe di donne e uomini è del tutto scontato e in più al know how si dà valore.
In certi altri ambienti industriali invece gli over 40 non sono valore, ma un costo (questo in Italia non so se sia un assioma delle risorse umane o uno dei grandi Amministratori Delegati che le risorse umane pongono in essere, ma alla fine il prodotto non cambia).
Per arrivare al dunque "tirerò su" britannici (inglesi e gallesi) e indiani. La seconda categoria nel tempo andrà a rivendersi tutto ciò a casa sua, e i britannici, beh, non credo se la giocheranno mai lontano dalle proprie isole. Il che mi ha fatto pensare che sono soltanto uno dei vari pezzi di una sistematica esportazione di know how italiano all'estero. Da cui ovviamente l'Italia non ricava nulla (visto che le mie tasse vanno perlopiù a un differente paese che mi ospita di buon grado).
Quello che individualmente mi consola è il sapere bene che alla mia nazione di origine di perdere know how non è mai fregato niente, tanto in un modo o nell'altro si regge anche oggi, nonostante tutto. Con meno mezzi e risorse rispetto a ieri, e domani si reggerà ancora un po' meno, con ancora meno risorse e mezzi, ma per arrivare a domani c'è tempo.

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