Arrivando a L'industria del complottismo di Matthieu Amiech (2024, Edizioni Malamente), l'articolo di Sara Gandini e Paolo Bartolini non mi aveva realmente dato un'idea di che libro avrei avuto per la mani. La prefazione di Elisa Lello all'edizione italiana è un vero e proprio saggio a sé di una trentina di pagine. C'è un passo che non posso evitare di riportare:
Eppure anche in un contesto come questo, quando mi capita di raccontare a colleghe/i i temi intorno a cui gravitano i miei studi durante questi anni- essenzialmente movimenti sociali e tecnoscienze, i rapporti tra politica e scienza, tra critica sociale e complottismo, tra epistemologia e complottismo,- quasi sempre mi imbatto in reazioni a cui sono fin troppo abituata. Dopo sorrisi e attestazioni di quanto tutto questo sia interessante, quella che mi si cerca (senza successo) di proporre è una complicità fondata sull'indignazione e sullo scherno, a partire da qualhe aneddoto che invariabilmente vorrebbe dimostrare quanto ci sia gente, là fuori - e, ça va sans dire, soprattutto tra chi ha orientamenti conservatori - così irrimediabilmente ignorante e anti-scientifica che ha completamente perso il lume della ragion, che crede in teorie strampalate, risibili e complottiste, e come possibile che costoro abbiano diritto di parola e, quel che è peggio, pure di voto. La mia perplessità, ma a volte è quasi scoramento, nasce non solo dal constatarela mancanza di qualunque cautela nel trattare del rapporto tra scienza, "ignoranza" e politica... Ma anche dal vedere come si tratti quasi sempre di ricercatrici/tori che si autodefiniscono militanti, di sinistra, che rivendicano un'attenzione estrema all'inclusività nelle pratiche e nel linguaggio...
(forse qualche lettore noterà una forte assonanza con alcuni leit motiv di questo blog e poi che dire, io sono antico, quindi essere di sinistra per me vuol dire in primis avere un'estrema attenzione alle dinamiche del potere e a quelle tra capitale e lavoro, stando dalla parte del lavoro - il resto segue).
Che dire? Si può parlare di group thinking, per esempio, ma di anche come il group thinking sia funzionale a mantenere rendite di posizione o più semplicemente a farsi la propria carriera accademica -alla voce "comunità scientifica", come questo video:
Il libro di Amiech è articolato e sfaccettato, ma credo che il titolo del primo capitolo possa dare un'idea generale dell'approccio: Il complottismo, miseria della contestazione sociale, spauracchio al servizio delle classi dirigenti.
Perché se è vero, come l'autore sostiene, che complottismo e anticomplottismo hanno monopolizzato il dibattito pubblico, sterilizzandolo, non sono sicuro che il complottismo in senso stretto sia un patrimonio delle classi popolari (o meglio dire subalterne?) e che debba essere distinto dalla loro crescente sfiducia nelle èlite. Il settarismo (virtuale, vedi prima parte) non può essere misurato sui social, una lente altamente deformante della realtà dove ogni proporzione risulta falsata. Se la sfiducia degli italiani nelle proprie istituzioni cresce di anno anno come il numero degli espatriati, non mi risulta che ci sia alcuna prova che dimostri che il complottismo sia patrimonio delle classi subalterne nel loro complesso (sempre che non si confonda complottismo con populismo, cosa che si tende a fare). Questa idea, semmai, alberga nel pensiero di quelle/quei ricercatrici/tori di cui parla Elisa Lello e in tutti quelli che subalterni non si sentono, pure essendolo. E' la tesi della comunicazione della scienza a stelle e strisce nonché di tutti i colpiti dalla sospensione di fondi e dai licenziamenti che Trump e Musk hanno pianificato: Trump è stato portato al potere dagli ignoranti complottisti e oggi fa la guerra alla scienza. Ma chi ci dice che Trump abbia vinto grazie a RFK jr e non nonostante lui? Niente, che io sappia. Guardando all'Italia e alla sua storia il dato isolato di liste al 100% complottiste è assolutamente chiaro: Italexit 2%, R2020 0,8% (politiche 2022). Se il complottismo è prevalente nella popolazione (dato che i ceti popolari sono prevalenti) non si traduce in nessun modo nel voto politico, a meno che non si interpreti il risultato delle elezioni politiche italiane 2022 come si interpreta oggi la vittoria alle presidenziali di Trump: sono stati i fasciocomplottisti a determinare il successo di FdI a quelle politiche. Il che tra l'altro vorrebbe dire che la popolazione è stupida, ignorante e complottista ma perfettamente capace di non disperdere il voto (mah...).
Sia l'autore che Elisa Lello citano Manifeste Cospirationniste (Anonimo, 2023) attribuito a Julien Coupat, dove si rivendica il complottismo in funzione antielite. Se la rivendicazione del complottismo può avere il fascino della provocazione intellettuale, nella pratica politica non so che senso abbia rivendicare qualcosa che, nelle parole stesse di Amiech, è un utile spauracchio al servizio delle classi dirigenti. Qua sopra due centesimi sono stati spesi per mettere in guardia la sinistra dal flirtare con il fronte del delirio e da allora non ho cambiato idea.
Nel suo complesso nel libro di Amieth potrete trovare molti temi comparsi su questo blog: fake news, fact checking, effetti distorsivi e alienanti dei social network, le "menzogne del potere" e via dicendo, il tutto in un'ottica squisitamente francese e con fitti riferimenti alla storia politica francese recente, il che farebbe pensare che negli ultimi anni su certi fronti Francia e Italia sono state quasi identiche.
Faccio mie alcune delle conclusioni del libro, ribadendo la necessità di prendere le distanze da un mondo social/digitale che ha pretese totalizzanti e ripeto con le parole dell'autore che:
E' urgente che le persone e i movimenti di protesta ripensino le loro dimensioni di autonomia, di vita comune e di decisioni collettive.
(To be continued)
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