mercoledì 1 luglio 2020

REMDESIVIR - CHI FA SCORTE, CHI FA IDEOLOGIA



Mi sa che mi tocca precisare che non sono un fan di Trump. Ma, poco da fare, quanto a sviluppo di vaccini e terapie anti COVID alla fine l'amministrazione federale USA ha fatto più e meglio di qualsiasi altro governo E organizzazione sovranazionale, pubblica o privata che sia.
Questo perché indipendentemente dal POTUS in carica gli USA hanno da decenni una concezione strategica delle epidemie e degli agenti infettivi.
Mentre da questo lato dell'Atlantico le agenzie europee e nazionali, spiace dirlo, hanno gestito COVID con la burocrazia dell'ordinaria amministrazione, e in alcuni casi anche peggio (vedasi AIFA), negli USA le agenzie federali erano fin da gennaio attivamente coinvolte nell'individuazione di strumenti utili per contrastare la pandemia, con NIAID in testa.
Qua quando Fauci ha dichiarato remdesivir Standard Of Care per COVID, a metà aprile, abbiamo visto il direttore di AIFA esibirsi in quello che è probabilmente il peggior episodio di sempre della comunicazione col pubblico dell'agenzia (la storia del 3% , https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/05/il-direttore-aifa-remdesivir-il-3-e-la.html).

Il Guardian lamenta che Trump si è comprato la produzione Gilead di remdesivir dei prossimi tre mesi e affida la requisitoria a Andrew Hill, medico, research fellow all'Università di Liverpool (https://www.virology-education.com/andrew-hill-md/) nonché consulente della fondazione Gates. E infatti si dimostra imbevuto dell'ideologia di quell'area (accesso globale alle cure tramite farmaci a costi stracciati - e di qualità dubbia - negando i brevetti "scomodi"). E infatti cosa tira fuori? La licenza compulsoria che permetterebbe al governo britannico di acquistare da genericisti indiani o del Bangladesh, paesi che non hanno concesso il brevetto nazionale a Gilead.
Gilead ha un programma globale di licenze di produzione che ormai riguarda 127 nazioni (https://www.gilead.com/purpose/advancing-global-health/covid-19/voluntary-licensing-agreements-for-remdesivir e sono state trattate anche con aziende indiane, in realtà). Quindi la questione non è la disponibilità: in realtà, come sempre, la questione è il costo. Che già si è dimostrato ampiamente trattabile: 3.200 USD a trattamento negli USA per chi ha assicurazioni private (quindi è l'assicurazione che paga), 2.600 USD per unità per il mezzo milione di trattamenti comprati dall'amministrazione federale (a cui già era stato donato un milione e mezzo di dosi). L'egiziana Eva Pharmaceuticals, licenziataria, commercializza il trattamento a 186 USD.
Quanto a produzione chimico farmaceutica in UK c'è ancora qualcosa (e i resti di quella italiana sono molto più consistenti), quindi un problema di capacità produttiva in cGMP da loro non c'è (figuriamoci da noi).
In breve, volendosi garantire le scorte le opzioni c'erano e continuano ad esserci. Il resto, tanto per cambiare, è ideologia.
E poi UK è l'unico luogo in Europa dove ci si pone il problema. Sul continente nessuno è interessato a fare scorte di nessun genere, pare.

L'Huffington Post riprende il Guardian: ("Usa acquistano tutte le scorte di remdesivir, farmaco contro il Covid-19" https://www.huffingtonpost.it/entry/usa-acquistano-tutte-le-scorte-di-remdesivir-farmaco-contro-il-covid-19_it_5efc52bbc5b6ca97091719a5). Proprio loro, che il 30 aprile titolavano "Il remdesivir funziona contro il Covid? Fauci ottimista, ma Lancet boccia" (https://www.huffingtonpost.it/entry/il-remdesivir-funziona-contro-il-covid-fauci-ottimista-lancet-boccia_it_5eaacebfc5b6671e3e48f804).
In Europa sono tutti talmente ossessionati dal vantaggio geopolitico della nazione che per prima otterrà il vaccino da non preoccuparsi in nessun modo dell'egemonia sulla fornitura di remdesivir (egemonia evitabile, tra l'altro) se non quando si ritrovano all'improvviso davanti al fatto compiuto.
A volte tra intelligenza geopolitica e demenza strategica c'è un soffio.


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