venerdì 25 febbraio 2022

LA MEMORIA RISCRITTA

Chi controlla il passato controlla il futuro
Chi controlla il presente controlla il passato

Ormai ho smesso di stupirmi quando quello che passa per "sinistra" oggi converge sulle posizioni contro cui la sinistra storica, quella della lotta di classe, combatteva.
Ho smesso di stupirmi, ma non di incazzarmi.
Per cui di quando in quando mi scappa un contributo all'alfabetizzazione degli analfabeti politici (https://www.facebook.com/chimicoscettico.blogspot/posts/3129505613934971).
E a questo giro, nella stessa chiave, rilancio questo pezzo di Francesca Capelli sulla questione "camionisti".

Fenomenologia del camionista
Di Francesca Capelli, sociologa, ricercatrice, giornalista e scrittrice 
 
Davanti alla protesta dei camionisti canadesi, che si stava estendendo anche ad altri paesi, alcune anime pure hanno immediatamente storto il naso, evocando un’altra protesta, quella dei camionisti cileni nei mesi precedenti al golpe di Augusto Pinochet contro Salvador Allende.
Dal momento che le dittature sudamericane sono da circa 10 anni il mio oggetto di studio, mi sento di intervenire nella discussione con un contributo.
Durante il governo socialista di Allende, presidente eletto democraticamente, il Cile attraversò un periodo di forti cambiamenti sociali. Vennero fatti programmi a favore delle classi popolari: casa, scuola, sanità, tutele sul lavoro, sussidi alle famiglie. Venne avviato un programma di borse di studio per accogliere nelle scuole d’élite quote di studenti provenienti da quartieri poveri (splendido il film “Machuca”, si trova anche su Netflix). Vennero nazionalizzate le miniere di rame (riforma che Pinochet si guardò bene dall’annullare). Venne attuata la riforma agraria, sebbene timidamente. I lavoratori occupavano le fabbriche.
Questa rivoluzione sociale causò forti tensioni politiche: gli Stati Uniti, che già mal tolleravano il peronismo argentino, temevano che il Cile avrebbe fatto da apripista per fare entrare il comunismo in Sud America. Nell’ottobre del 1972, quasi un anno prima del golpe (11 settembre 1973) i camionisti cileni iniziarono uno sciopero, fomentato dalle associazioni di industriali e dai commercianti. L’obiettivo era impedire il rifornimento di cibo e beni essenziali: fu introdotta la tessera per fare la spesa, le organizzazioni di base ispezionavano i quartieri per cercare magazzini clandestini dove le provviste venivano nascoste perché non arrivassero ai negozi, la classe media poteva permettersi il mercato nero.
Il 9 ottobre 1972, 165 società di autotrasporto fermarono oltre 50mila camion, per un totale di 40mila autisti che smisero di lavorare. Alla serrata, durata un mese, aderirono taxisti, sindacati di estrema destra e gruppi paramilitari. I mancati introiti furono compensati con fondi provenienti dalla Cia (altro consiglio cinematografico, “La batalla de Chile” – in tre episodi – del regista Patricio Guzmán).
Eppure, il termine “camionista” sembra diventato un ipersignificante. Il significante vuoto (o flottante) è un concetto linguistico in cui la parola non ha un preciso significato di riferimento, non ha corrispondenza con un oggetto preciso. Per esempio, il “cambiamento” in politica. Cambiare che cosa per che cosa? Per il meglio? Per il peggio? Per il passato? Per il futuro?
Così, definisco ipersignificante il fatto che i camionisti canadesi siano assimilabili ai cileni in quanto camionisti, mentre Trudeau non è assimilabile a Pinochet in quanto Trudeau.
Ne deriva che lo sciopero dei camionisti è per forza “quella cosa lì”, fa comodo che lo sia.
Anche se i camionisti canadesi finora sono stati pacifici e cantano “We are the world”, tenendosi per mano. Anche se non hanno nessuna intenzione di fare cadere un governo, ma chiedono solo di non essere obbligati a un trattamento sanitario. Non difendono il capitale, ma solo l'autodeterminazione sul proprio corpo. El habeas corpus, base della democrazia dai tempi della Magna Charta inglese. E tutto questo, mentre il governo congela il tuo conto bancario, cioè ti priva del diritto alla proprietà privata di un bene, senza una sentenza passata in giudicato, ma perché applica la legge marziale. Il messaggio dello Stato è che la proprietà privata non è più un diritto, men che meno quella del tuo corpo.
Da mesi si ripete che ogni paragone storico con dittature e totalitarismi del passato è fuori luogo. Eppure il paragone con i camionisti cileni sembra vada benissimo. Allo stesso modo, allora, reclamo il mio diritto di paragonare i metodi di Justin Trudeau (malgrado il ciuffo sbarazzino e discorso gay friendly) ai metodi di Pinochet e Videla. Altrimenti, come definiremmo l’introduzione della legge marziale in Canada? La minaccia di arrestare chiunque porti carburante e viveri ai camionisti? Non si criminalizza la protesta, ma pure la solidarietà alla protesta. E il congelamento dei conti bancari dei manifestanti? E la polizia a cavallo che passa tra la folla e pesticcia civili disarmati e pacifici? E la minaccia di requisire, in caso di arresto, gli animali domestici e considerarli abbandonati dopo 8 giorni? A quando la sospensione della patria potestà e l’affidamento dei figli a famiglie filovaccino per rieducarli?
Cosa deve succedere ancora per convincerci a dire no, vaccinati e non?
Dove sono quelli che cantavano Bella Ciao, inneggiavano alla disobbedienza di Mimmo Lucano e della capitana Carola, inorridivano per i mojitos in spiaggia di Matteo Salvini? Dove sono?
 
Il gioco è sempre lo stesso: la critica alle politiche di contenimento della pandemia è "fascista". Consumati esperti del gioco delle tre carte, che mentre piazzano l'etichetta "fasci" ai camionisti canadesi solidarizzano con chi ha svastiche sulle bandiere e Stepan Bandera sulle mostrine (per i differentemente comprendenti, questo non è un giudizio sulla situazione in Ucraina, ma sulla politica italiana).
Questi esperti del gioco di prestigio ideologico da che parte sarebbero stati in Uruguay nel 1970? Secondo me dalla parte del "consulente americano", che in fondo sempre un cooperatore internazionale era (l'immagine è presa da "L'Amerikano" di Costa Gavras, che fu girato proprio in Cile nel 1972, prima del colpo di stato).
 

 

 

LA GIUSTA CAUSA


Perché quando si sa cosa è giusto comunicare, il resto segue...

E' facile rilevare come dall'area del "comunicare la scienza" sia venuto fuori in due anni un comportamento assolutamente omogeneo. Nel "pacchetto base" neanche una sfumatura leggermente diversa. Sono un discreto numero, ma trasmettono e hanno trasmesso un messaggio assolutamente identico , che evidentemente hanno imparato "essere quello giusto in caso di pandemia" (quindi se qualcuno ha percepito di quando in quando del paternalismo ha percepito bene): rilanciare gli scenari peggiori, tenere alto il livello emergenziale, parlare di farmaci compromette la campagna vaccinale. Dietro a tutti i discorsi sulla difficile comunicazione dell'incertezza c'erano queste certezze assolute.
In un'ottica del genere qualsiasi voce, per quanto legittima, che esca dal solco è vista con profonda avversione perché al pubblico non deve arrivare un messaggio diverso (per quanto, da un punto di vista tecnico scientifico su una buona quantità di temi il famoso "consenso" sia tutt'altro che unanime).
La giusta preoccupazione sull'infodemia induce una reazione compatta, per cui tutto quello che è diverso da "quel che è giusto dire" diventa immediatamente parte dell'infodemia stessa.
In pratica la pandemia ha trasformato quelli dell'inclusione, dell'engagement e dell'empowerment nell'ennessimo gruppo con la Verità in mano, la Verità su quello che va detto perché è giusto dirlo, non perché sia vero o meno. Tutto ciò in tempi normali si chiama "propaganda".
In questo modo si può spiegare tanto, da "il problema e' il razzismo" del febbraio 2020 in poi.

martedì 22 febbraio 2022

COVID, FARMACI, RICERCA: PAXLOVID, IRONIA E EFFICIENZA

 

Long story short:
nel settembre 2020 il gruppo di Lin pubblicava un preprint, lavoro tutto in vitro. Un anno e qualcosa dopo sono a pubblicare di nuovo. Altri invece hanno finito il preclinico, presentato l'INDA, svolto i trial, ottenuto l'autorizzazione. Il professor Lin di Stanford oggi parla di inefficienza dell'industria. E ora i dettagli...
 
"Ironic that Pfizer would prefer to claim they had to make and test 800 compounds because they didn't read the literature. In academics that kind of approach would earn you a grant denial. But the public ends up paying for industry inefficiency anyway in the form of drug prices"
twittava Michael Lin, professore associato di neurobiologia e bioingegneria a Stanford. Perché il suo gruppo nel settembre 2020 aveva pubblicato un preprint (https://www.biorxiv.org/.../2020.09.15.275891v2.full.pdf) in cui descriveva in funzione anti SARS-COV-2 analoghi di boceprevir (inibitore di proteasi di HCV non più in commercio). Ovviamente tutto lavoro in vitro, largamente svolto su cellule di epitelio intestinale infettate con il virus (CACO-2 https://en.wikipedia.org/wiki/Caco-2). Come dire, due piccioni con una fava: attività antivirale e un indice indiretto di capacità di passare dall'intestino al flusso sanguigno.
(Spiegazione rapida: l'uptake è la quantità di composto assorbito dalla cellula. Se hai uptake in CACO-2 hai un'indice della capacità del tuo composto di attraversare la barriera intestinale. Se vedi attività antivirale in CACO-2 infettate, hai uptake - perché le proteasi virali lavorano dentro le cellule infettate.)
Per quasi due anni la compressa anti-COVID è stata il sacro graal della ricerca, e il problema era appunto trasformare composti attivi per somministrazione endovenosa in altri attivi se assunti per os. A Pfizer avevano un inibitore di 3CL venuto fuori ai tempi di SARS 2003, da somministrare per endovena. Dafydd Owen, chimico medicinale, una vita in Pfizer, viene designato Project Leader per questa ricerca, e ha raccontato la storia (https://cen.acs.org/.../How-Pfizer-scientists.../100/i3...): una faccenda di legami a idrogeno: eliminare quelli che in PF-07321332 inibivano l'assorbimento nell'intestino.
"Ma rimuovere i legami a idrogeno comportava un costo - la squadra perse il contatto con una glutamina nel sito attivo della proteasi. Cercando di ripristinare l'interazione con quell'amminoacido, i chimici provarono molti diversi gruppi al posto dell'indolo di PF-00835231 - provando una metansolfonamide, un'acetamide e una trifluoroacetamide. Le tre molecole sembravano simili e ci si aspettava che si comportassero in modo simile. Ma non era affatto così. La trifluoroacetamide era molto migliore per la sua capacità di permeare la barriera intestinale."
Owen e la sua squadra sono incappati nel preprint del gruppo di Lin, durante il lavoro? Forse sì forse no. Se leggete l'articolo l'acido 6,6-dimetil-3-azabiciclo[3.1.0]-2-esanoico (la prolina modificata che nirmatrelvir ha in comune con boceprevir e con i composti del gruppo di Lin) non conta più di quanto conti aver una trifluoroacetamide invece che un'urea come in borceprivir. Mi dispiace per il prof. Lin, ma le discussioni sui me-too in questi casi non hanno senso. Ricorderei la vicenda degli inibitori ciclici di NS3/4A (HCV https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../epatite-c-lo...): i primi che ne hanno concepito uno sono rimasti al palo. Glecaprevir (Mavyret) può essere definito un me-too di ciluprevir, ed è stato uno dei farmaci che hanno rivoluzionato il trattamento dell'epatite C, ciluprevir non ha mai visto l'approvazione.
Capisco lo stato d'animo del professore (e magari la sua voglia di trovare qualcuno che si compri il suo lavoro per svilupparlo), ma mentre il suo gruppo era alla ricerca di nuovi grant qualcun altro produceva i batch clinici di nirmatrelvir e conduceva i trial, e oggi abbiamo paxlovid. Niente male, dal punto di vista dell'inefficienza. How ironic.

domenica 20 febbraio 2022

CON QUELLA FACCIA LI'

Negare, sempre, a qualunque costo. Molta gente è stata a sentire e ha dato credito a chi diceva "laggiú solo smartworking, laggiú restrizioni come le nostre, laggiú la strage etc etc".
Da mesi vado al lavoro (niente smartworking), non vedo cadaveri per strada, salgo su un bus, e non mi serve un certificato vaccinale per salirci, scendo dal bus e entro al lavoro, e non devo presentare un QR code per entrare. Certo, le restrizioni qua sono o erano come in Italia, o anche peggio, come no... (e poi hanno appunto quella faccia li', quella con cui strepitano "fake news!"). Invece di riempirci la bocca di "Stringency index" vogliamo darci un' occhiata? In occidente l'Italia (76) sarebbe seconda solo alla Germania (84). Buona parte del nord Europa sta fra 50 e 60 (https://ourworldindata.org/grapher/covid-stringency-index... e faccio notare che l'indice riguarda le norme varate, non la loro applicazione, cosa abbastanza diversa).
Ma è la narrazione, baby, e deve essere questa per... salvare vite? Sono convinto che ci siano teste, pronte ad essere riempite dell'altrui pensiero per poi andare in tv e ripeterlo, che davvero ne sono convinte. Questo le giustifica? Non credo, neanche fosse così che si portano la pagnotta a casa.
Ma per salvare la narrazione, questo e altro. Compreso l'appoggiare un clima disteso e rilassato, quello che caratterizza lo scontro sulle misure antipademiche.
In un tale contesto è chiaro che se qualcuno si prende migliaia di like, è seguito da centinaia di migliaia di persone ma non marcia esattamente a quel passo suonando esattamente la stessa musica riceve reazioni ostili di ogni genere ( https://www.facebook.com/guido.silvestri.9/posts/10226202757231434 e basta molto meno per riceverle, in realtà). Estrapolo il commento di Sara Gandini:
"Ne so qualcosa pure io con il gruppo che segue il blog e la pagina gocciaagoccia.net Continuiamo così a testa alta. Solidarietà anche da parte mia. Questo clima terribile non fa il bene della scienza e della società nel suo complesso. Quello che siamo e che facciamo è chiaro a chiunque si muova con onestà intellettuale e rispetto per la metodologia scientifica, che non ha bisogno di vendere verità assolute e porsi come una religione, che non ha bisogno di palchi, di strumentalizzare le paure, di fare giochi di potere... riporto le ultime parole di un intervento di ioannidis che abbiamo tradotto "Molti scienziati eccellenti hanno dovuto tacere per loro scelta in questo caos. La loro autocensura è stata una grave perdita per le indagini scientifiche e lo sforzo per la salute pubblica. I miei eroi sono i molti scienziati ben intenzionati che sono stati maltrattati, diffamati e minacciati durante la pandemia. Li rispetto tutti e soffro per quello che hanno passato, indipendentemente dal fatto che le loro posizioni scientifiche siano in accordo o in disaccordo con le mie. Soffro e apprezzo ancora di più coloro le cui posizioni erano in disaccordo con le mie.
Non c'era assolutamente nessuna cospirazione o pianificazione dietro questa evoluzione col turbo. Semplicemente, in tempi di crisi, i potenti prosperano e i deboli diventano più svantaggiati. In mezzo alla confusione pandemica, i potenti e i combattenti sono diventati più potenti e più conflittuali, mentre milioni di persone svantaggiate sono morte e miliardi hanno sofferto.
Temo che la scienza e le sue norme non abbiano condiviso il destino degli svantaggiati. È un peccato, perché la scienza può ancora aiutare tutti. La scienza rimane la cosa migliore che possa capitare agli esseri umani, a condizione che possa essere sia tollerante che tollerata."
Quando il dibattito si tramuta in scontro le cose vanno così, sarebbe bene prenderne atto. Mi spiace, ma è tempo di smettere di parlare di scienze, o di credere che sia importante farlo. E'del tutto inutile, dal punto di vista che ha più importanza, che è quello politico. Le scienze possono produrre vaccini più o meno buoni e antivirali più o meno buoni: l'uso e il non uso che se ne fa poi è interamente politico, in Italia, e se qualcuno in due anni e rotti di pandemia non se ne è accorto, beh, rimanga pure attaccato ai propri paraocchi. Sul serio qualcuno pensa che sia utile discutere paper su paper con chi, avendo lottato per il non uso di questo o quel farmaco approvato o autorizzato, accusa gli altri di avere sulla coscienza decine di migliaia di morti? Davvero?
E' ora di trattare la cosa secondo la sua natura, quella dello scontro politico. E non esiste terreno di mediazione, né può esistere, rebus sic stantibus. Qualcuno prima deve perdere la guerra, e a fargliela perdere non saranno le scienze o i discorsi sui social, ma la somma tra i fatti e l'esasperazione di una moltitudine sfiancata non tanto dal virus quanto dalle politiche di contenimento della pandemia praticate in Italia che qualcuno insiste a travestire da "Scienza".
E in questa prospettiva, francamente, per quanto comprenda lo sfogo di Silvestri (been there, done that), io ormai avrei lasciato perdere: il mondo è assai più vasto dei social, and they don't worth the powder.
 
 
 

 

venerdì 18 febbraio 2022

LA FINE DELLA PANDEMIA LA DECIDIAMO NOI, QUINDI ...

https://www.washingtonpost.com/.../end-pandemic-wont.../



... quindi, come vedremo, serve "narrazione" e più di prima, se la tua linea è  mantenere l'emergenza.
Peter Doshi e David Robertson su Washington Post si producono nell'esame di un secolo di epidemie di virus respiratori, e ci fanno notare che la storia dice che non è il virus a decidere, ma noi.
"La chiave della fine della pandemia, quindi, non è biologica, è sociale. Oggi il pubblico è profondamente diviso su cosa fare, con alcuni da tempo a favore dell'entrata in uno stato post pandemico, mentre altri hanno recentemente ripreso con la scuola a distanza e un rafforzamento dell' obbligo di mascherina in risposta alla variante omicron. Ma uno stato di emergenza non può durare per sempre, soprattutto con interventi che hanno diviso le famiglie e danneggiato giovani e bambini, per cui il coronavirus presenta il rischio più basso.
E per quanti scelgono metodi di mitigazione più stringenti è cruciale capire che non sarà definibile chiaramente un punto di fine della pandemia. La pandemia finirà solo quando integreranno il rischio covid nelle proprie vite e riprenderanno interazioni sociali normali. Per quanto sperino in una fine della pandemia chiara e netta, la storia ci dice che una cosa del genere non esiste.
Alla fine non è il virus a determinare la timeline - siamo noi. La pandemia finirà quando diremo che è finita."

Visto che la faccenda è  sempre stata politica (un'epidemia è  una faccenda politica con risvolti sanitari, come diceva Rudolph Virchow https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=90593), e che il mondo è  ormai molto piccolo, se qualche nazione sceglie approcci diversi dai tuoi hai due possibilità: o sostenere che non è vero che hanno restrizioni più di te, o sostenere che sono dei pazzi criminali (cfr Svezia), o sostenere che mentono sui dati. 
Negli ultimi giorni sui social sono rimbalzate varie uscite stile "C'è  del marcio in Danimarca". A parte le regolari smentite delle autorità danesi, il maggior esperto galattico di sanità pubblica a provato a metterci su un carico... peccato che non si accettino caramelle dagli sconosciuti o numeri da Ricciardi, fin da tempi non sospetti (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../dichiarazioni...)
 

 

 

giovedì 17 febbraio 2022

THE SWEDE

 



Uno dei primi crucci dell'expat italiano (specie in nord europa) è: come/cosa mangio. Certo, ormai la pasta italiana si trova ovunque (magari in pochi formati), e l'olio extravergine di oliva pure - ritenuto una classica fissazione italiana. Ma farsi una carbonara, per esempio, può diventare una cosa complicata. In breve si rischia di celebrare un completo divorzio dalla cucina mediterranea, che diventa eclatante quando si parla di vegetali: nel nord Europa niente cardi, carciofi, asparagi, melanzane, basilico. Certo, le cose sono parecchio cambiate da quando Elisabeth David dopo un lungo periodo nel mediterraneo tornando in Inghilterra rimase costernata dalla cucina della sua patria (e scrisse "A Book of Mediterranean Food"). Mi ricordo l'odore greve del grasso animale (chissà quale) in cui ancora si friggevano le uova del breakfast in Scozia, trenta anni fa (e non è che più a sud le cose andassero tanto meglio). Oggi è tutto cambiato, il grasso prevalente è olio di soia - non certo il massimo, ma sempre meglio, e comunque, spostandoci al di là della manica, se contestate a un bretone la zuppa della nonna con i crostini fritti nel grasso di bue lui potrebbe aversene a male.
Personalmente mi sono sempre adattato in qualche modo al clima alimentare locale. Il che vuol dire guardarsi in giro cercando ingredienti da integrare nella propria cucina, perché nel lungo termine non è che si possa campare (bene) di soli breakfast, fish and chips, pesci affumicati, insalate e cornish pasty. Non conoscete il cornish pasty? Peggio per voi. Comunque lo swede è uno dei suoi ingredienti tradizionali, assieme a manzo, patata e cipolla (https://it.wikipedia.org/wiki/Cornish_pasty).
Provenendo da una regione italiana dove neanche la rapa è comunemente usata, vedere sui banchi di un mercato nordico questa sorta di rape giganti mi ha incuriosito. E quindi ho deciso di sperimentare.
Ma partiamo dall'inizio: lo swede (contrazione di swede turnip, rapa svedese) ho scoperto che è in realtà la rutabaga, detta anche navone o cavolo navone (e ignoravo pure che avesse un nome anche in italiano). E guardando in giro nella websfera italiana viene proposta per purè e insalate o al forno. Questo l'ho scoperto dopo.
Quando l'ho vista esposta sul banco ho pensato immediatamente "stufato". E stufato è stato.
Avendo trovato un bel filetto di maiale e dei tagli di capocollo molto più magri della nostra scamerita, il design dell'esperimento era del tutto chiaro.
Quindi prima sono stati preparati gli starting materials:
 
Navone
1 cipolla bianca
Filetto di maiale
Capocollo di maiale
1/2 decilitro di olio extravergine d'oliva (italiano)
1/2 pinta di lager
1 foglia di alloro (italiano)
 
Il navone (una metà del navone, perché pesava più di un chilo) è stato sbucciato e tagliato a dadi di circa due centimetri di spigolo.
Filetto e capocollo sono stati tagliati anch'essi a dadi di circa due centimetri.
La cipolla è stata tritata.
In una casseruola è stato scaldato l'olio, ed è stata aggiunta la cipolla tritata. Quando la cipolla ha iniziato a imbiondire, è stata aggiunta la carne di maiale, che è stata fatta rosolare con cura.
Quindi sono stati aggiunti lager e alloro, e si è cotto a fuoco medio/basso per circa 1 ora.
Poi è stato aggiunto il navone a cubetti, e acqua quanto basta a coprirne la superficie.
Sono stati aggiunti sale e pepe nero in grani.
La cottura è stata continuata per circa un'altra ora, fino a che quasi tutto il liquido non è evaporato.
 
Discussion 
 
Ho giudicato l'esperimento riuscito, ma nessun altro ad ora lo ha replicato.
Una sua versione light, con carne di manzo, ha dato anch'essa buoni risultati (ma la versione maiale è assai più soddisfacente, per i miei gusti).
Quanto a novelty l'esperimento vale molto poco. Per quanto navone e rapa siano ben diversi, sono comunque parenti stretti, e rapa e stufati hanno una storia ben consolidata a nord delle Alpi - si può ripetere la procedura con le rape, che però reggono meno la cottura e dovranno essere aggiunte a circa tre quarti del procedimento.
Perché il capocollo di maiale? Perché il solo filetto è relativamente povero di tessuto connettivo e grassi, che sono quelle cose che conferiscono allo stufato "morbidezza". Non ci crederete, ma il tema "stufato" per la parte proteine è stato abbastanza recentemente trattato sul Journal Of Physical Chemistry (https://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/acs.jpcb.9b05467#). Comunque il concetto base è sempre stato denaturare proteine in presenza di un qualche "lubrificante" (altrimenti ottenete un bollito). Ci sono ricette francesi di stufato di maiale o montone che cominciano facendo sciogliere nel grasso di base (che parlando di Francia di solito è burro), o anche in sua assenza (!) il grasso delle spuntature o delle costolette. E l'aggiunta finale di burro è un altro tratto tipico in molte zone geografiche (Francia, ma anche nord Italia). Il collagene, caratteristico del tessuto connettivo, è un altro elemento che produce "lubrificante", in quanto con acqua e calore gelifica (si trasforma in gelatina). Il capocollo di maiale contiene una buona quantità sia di grassi che di tessuto connettivo, e ha fornito un contributo decisivo alla riuscita dell'esperimento. 
 
Nota: se googlate rutabaga troverete che è ipocalorica, e che contiene fibre, vitamina C, vitamine del gruppo B, betacarotene, sali minerali. Se è stata stufata con il maiale capirete che il ridotto apporto calorico non era tra gli obiettivi dell'esperimento. E con la lunga cottura potete dire addio a buona parte del contenuto in vitamine B, C e betacarotene. Fibre e sali minerali restano.

lunedì 14 febbraio 2022

IL PENSIERO ISTITUZIONALE ESISTE...



... e la comunicazione della scienza lotta assieme a lui.
Questa storia di dosi ennesime e ADE (Antibody-Dependent Enhancement https://it.wikipedia.org/.../Potenziamento_anticorpo...) ha fatto cadere sul prof. Broccolo un po' di tutto (https://www.startmag.it/.../luniversita-milano-bicocca.../). E' un'ipotesi improbabile? Ok.
Ma la reazione è quella di un monoteismo vaccinale che, come il Green Pass all'italiana, è diventato religione di stato ("Fake news", si urla dal ministero, e i "giusti" ripetono "Fake news!").
Non solo religione di stato, religione di stato e religione intollerante.
Che con un tasso di copertura vaccinale anticovid tra i più alti di Europa in Italia si continui su questa via è indicativo, ed è indicativo che, anche sotto le apparenze più rassicuranti, la "giusta comunicazione" in contesto pandemico sia solo quella che tratta i cittadini come funghi (leave them in the dark and feed them shit).
Se si finisce in ospedale e in intensiva anche con tre dosi pare che l'unica soluzione pensabile sia una quarta dose (e poi una quinta, e poi una vaccinazione annuale etc). Poi se a qualcuno viene il dubbio che la parola d'ordine (e la prassi) sia "prevenire, NON curare" , pazienza. E infatti, arriva in Italia il tanto annunciato paxlovid e... pare un film già visto.

Fermo restando il fatto che non si vede per quale ragione si debba usare molnupiravir quando è disponibile plaxovid (almeno che la ragione non sia "ormai lo abbiamo comprato!"), ecco che pare che la principale preoccupazione del ministero sia che i farmaci antivirali (coperti da brevetto) non siano prescritti o somministrati senza ragione.
Ma questo in genere, fin da qualche anno fa, quando i malati di epatite C erano spesso costretti a ändare all'estero e a pagare di tasca loro per avere sofosbuvir. E poi, di recente, il registro veklury, che contingentava le somministrazioni di remdesivir negli ospedali.
Insomma, la pandemia è un emergenza che sarebbe sanitaria, certo, ma anche in emergenza sanitaria, o forse a maggior ragione, c'è da controllare la distribuzione dei farmaci, ma solo di quelli che costano, eh... Nessuno, e sottolineo nessuno, si è mosso quando le farmacie davano via idrossiclorochina come fosse pane, o zitromax, o corticosteroidi. Anche nell' emergenza qualcuno lo dovrà pur controllare il Satana della spesa farmaceutica. Perché ci sono vite da salvare, sì, però solo a prezzi modici.
«Ci vogliono circa due giorni prima che il paziente abbia la risposta dal tampone, dopodiché deve rivolgersi al medico di base e questo a sua volta deve mettersi in contatto con il reparto di malattie infettive dell'ospedale, dove il farmaco può essere prescritto e somministrato».
Il rischio, osserva il professore, è «perdere tempo e non riuscire a somministrare la terapia. Ed è anche un sistema discriminatorio, se pensiamo alle periferie e a tutti i centri delocalizzati che non possono accedere in tempi rapidi a un reparto ospedaliero di malattie infettive».
Lo dice Anelli, Fnomceo ( https://www.dagospia.com/.../cosa-aspetta-39-aifa...). Pensate un po'.

 

sabato 12 febbraio 2022

SCEMENZARIO D'INVERNO

 1) LA BARBA



Dato che il livello era basso, in assenza di altre opzioni qualcuno ha cominciato a scavare con entusiasmo. Tutto molto bello.

2) LE COMUNITA' SCIENTIFICHE: TASCABILI, PRET A PORTER, USA E GETTA, MINISTERIALI
 
 
 
Roba inflazionata, la comunità scientifica. Pare che una ce l'abbia sempre più gente. Ma del resto vuoi mettere quanto è comoda, una comunità scientifica tutta tua.
'La quarta dose, esclusivamente per gli immunocompromessi, è oggetto di valutazione da parte della nostra comunità scientifica. Solo dopo il pronunciamento di AIFA potrà eventualmente essere autorizzata"
Il ministero ha una comunità scientifica. Non un'Agenzia, proprio una comunità scientifica.
Anvedi.
E comunque è bene non disperderle nell'ambiente, le comunità scientifiche, dopo l'uso, perché finiscono dappertutto.
"Cameriere! C'è una comunità scientifica nel mio consomme'!"
(Qualcuno se lo ricorda quel ceffone di Nanni Moretti, "Le parole sono importanti!" ? https://www.youtube.com/watch?v=qtP3FWRo6Ow)
 
3) VENERDI' PESCE

 


Premettendo che parlare di un ciclo di endovene (remdesivir) in funzione preventiva dell'ospedalizzazione non ha senso, io l'anno scorso avevo la settimana piena, da lunedì a mercoledì Gilead, giovedì Pfizer, venerdì pesce, sabato Merck...

(Ci ho scherzato e continuo a scherzarci, ma il livello quello era: quello della maldicenza, e non crediate che la cosa sia girata solo sui social)


giovedì 10 febbraio 2022

LA PANDEMIA E GLI INTELLETTUALI: OGNUNO CI VEDE IL SUO

 



Con un imperdonabile ritardo di tre mesi segnalo il saggio di Martino Rossi Monti pubblicato su Lares (https://lares.cfs.unipi.it/.../lares-2020-3-rossi-monti...). E' un'accurata disamina sull'atteggiamento e le reazioni degli intellettuali nei confronti della pandemia (intellettuali,non scienziati). Da decrescisti, antispecisti e profeti dell'apocalisse climatica a antimodernisti, anticapitalisti e reazionari, ognuno ci ha proiettato sopra la propria visione del mondo. Il testo è lunghetto (è un saggio su una rivista di settore, non un post fb) ma merita di essere letto. Traduco due brevi estratti significativi. E mi guarderò bene dal commentarli.
"In alcuni casi non sono specifici peccati o vizi che vengono biasimati, ma il puro fatto della nostra esistenza come specie, che appare essere un disturbo all'altrimenti supposto idilliaco dominio della natura. In un pezzo dal titolo rivelatorio, A cosa serviamo esattamente?, lo scrittore e giornalista Michele Serra non riesce a nascondere il suo giubilo davanti a un mondo finalmente riportato alla sua gloria originaria: i cieli sono blu, le acque trasparenti e i pianeti finalmente brillano. Scrive:
La ritirata dell'uomo, assieme al suo sontuoso residuo di deiezioni, rinvigorisce la natura; sono bastate poche settimane (in termini cosmici, meno che un istante) a Gea per celebrare la nostra stasi, la nostra malattia. Impressionanti sono l'immediatezza e il candore con cui il mondo ci mostra che può fare a meno di noi."
"Giorgio Agamben ha espresso il suo orrore per ciò che descrive come una società che non crede ad altro che alla "sopravvivenza" biologica e alla "nuda vita", una vita che "deve essere salvata a qualsiasi costo". Accusa i suoi compatrioti - una massa "rarefatta e passiva"- di aver prontamente sacrificato tutte le loro libertà in nome della paura della morte. Facendo così, comunque, hanno recitato nelle mani di un'alleanza biopolitica tra i poteri al governo e l'establishment medico, che hanno "inventato" una epidemia per imporre misure di controllo senza precedenti sulla popolazione, creando uno stato di eccezione permanente".

mercoledì 9 febbraio 2022

IL VETRAIO, IL REATTORE

Chimica e vetro borosilicato (noto anche come Pyrex, brand ormai secolare della Corning): una storia che dura da più di cent'anni.
C'è stato un tempo in cui ogni istituto di chimica aveva il suo vetraio. Poi nell'attività e nella ricerca accademica si è cominciato a lavorare su scale sempre più piccole, il bisogno di vetreria scientifica "custom" è calato e ormai queste figure hanno iniziato a scomparire (in Italia più velocemente che altrove).
Orma la produzione di vetreria scientifica è concentrata in relativamente poche aziende (Schott-Duran e Lenz in Europa, Ace Glass negli USA, per esempio). Perché il bisogno che la chimica ha di vetreria è comunque sempre lì e il vetro ha comunque una caratteristica: si può rompere, e la vetreria rotta, se non può essere riparata da un vetraio, va sostituita.
Il reattore da laboratorio è qualcosa che trova il suo impiego principalmente nell'industria, dove si usa prevalentemente per testare processi destinati ad essere riprodotti in reattori più grandi. Per esempio il processo produttivo per un principio attivo farmaceutico è stato probabilmente testato per la prima volta con un sistema molto simile a quello che vedete nell'immagine.
L'oggetto apparirà perlopiù ignoto e esotico a chi ha avuto pratica della chimica solo in contesti accademici, ma il suo funzionamento dovrebbe essere abbastanza ovvio. Nella camicia viene fatto circolare un fluido termostatato, che serve a scaldare o raffreddare il contenuto del reattore. Nell'immagine vedete un condensatore, che serve appunto a condensare i vapori provenienti dal reattore, e a far ricadere il liquido nella massa agitata.
Nel video vedete come viene costruito un reattore in vetro (un procedimento non privo di fascino). E con quasi lo stesso procedimento ne vengono costruiti fino ad un volume di 50 litri o 100 (ma ho sempre guardato con sospetto reattori in vetro di capacità superiore ai 50 l).

 

lunedì 7 febbraio 2022

FACTCHECK THIS, SIRS

 



Ma ve la ricordate l'informale commisione debunking presso la presidenza della camera ai tempi della Boldrini? Roba da sganasciarsi dalle risate, e viene da chiedersi come abbia fatto a restarci dentro Quattrociocchi (senza ridere, dico).
Ma ormai siamo al next level, anche se non a livello paraistituzionale (o paraqualcosaltro): Open e Pagella Politica fact checking providers per fb (https://www.engage.it/.../open-partner-di-facebook-in...).
Wow.
Il fact checking è come il debunking, ha bisogno di sciroccati per esistere. Gli sciroccati, entusiasti, hanno sempre collaborato.
Ma gratta gratta, sotto la vernice debunkista c'è sempre la stessa storia: i criteri con cui chi di dovere determina cosa è fonte e cosa no sono sempre gli stessi (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../linformazione...), cioè quelli che fanno comodo ai vassalli e valvassori di turno - avete mai letto o sentito un debunker o fact checker dare addosso a una delle tante "balle a fin di bene"? Io no. E se vi guardate attorno potete facilmente notare come dalle balle a fin di bene agli insulti a fin di bene e poi all'odio a fin di bene siano solo piccoli passi.
Quindi sottoponete a fact checking questo post, egregi, e buon pro vi faccia. Enjoy!

E un paio di commenti mi ha aiutato a definire meglio certe cose

Commento1: Però bello/a/ə (dice che vogliono inserire questa lettera nella nostra lingua, bastonata dall'Accademia della crusca, a ragione) mio/a/ə ci sono cose che si leggono in giro da far accaponare la pelle e che vengono condivise come fossero vere. Poi c'è sempre un limite alle cose e quindi non si può debunkare tutto (si dice così) e come al solito si eccede, ma è un duro lavoro e qualcuno lo deve pur fare con i suoi limiti, anzi senza...

CS:Quelle cose me le ricordo dai tempi dei newsgroup usenet... e hai voglia di ripetere quanto siano cazzate, c'è gente che ha bisogno di crederci a cui nessun debunking farà cambiare idea. E allora è solo un "X contro Y" - e bada bene, non dico "noi contro loro" in primis perché al "noi" non sono iscritto e neanche ho mai chiesto la tessera del club. E ho abbastanza esperienza qua sopra per parlare con cognizione di causa. Semmai ci sarebbe da chiedersi perché certi talebani "proscienza" quando parlano di questa pagina siano indistinguibili da fedeli della nanochiesa o dai corvelvisti o dal presidente dell'Ordine dei Biologi quando lo facevano. Domanda brutta davvero, lo so, per cui nessuno se la fa. E dirò di più, nessuno si chiede perché alla "crema" della "comunicazione della scienza" gli scappi un like su quella roba. Chissà.

Commento2: I debunker c'erano gia' , pensiamo al sito Butac; poco conosciuti perche' magari si occupavano di scemenze alla diete miracolose per campare 120 anni ,tipo tale panzirone che ha creato un piccolo impero economico sugli allocchi italici . D'altronde Wanna Marchi ha insegnato a tutti il mestiere . Poi e' arrivato il Covid , la situazione si e' complicata all'ennesima potenza. I vari debunker hanno fatto un lavoro da elogiare per aiutare la persona di media cultura (che potrei essere io o Voi) a capire che se mi facevo i "fumenti" non sarei guarito dal Covid al massimo dal raffreddore; vi giuro che c'erano video sul Tubo di dottori (non giornalisti panzironi et simili) che dicevano alla gente che il covid si curava cosi'. Insomma un mare di ca-CENSURA-te . Tuttavia , come ogni strumento , ha avuto i suoi momenti di deriva. Momenti che definirei "sottili" per il modo in cui qualche cosa e' stato omesso; e li il gioco si e' fatto duro. D'altronde quando si arriva a certi livelli di analisi del problema ,( non parliamo di diete panzironiane o integratori di farmacisti montanari) l'uomo della strada come me come fa a capire se lo studio di partenza X e' piu' corretto di quello di Y? Il Chimico aiuta.

CS: Più che aiutare io, chi voleva s'è aiutato da sé. Il punto è chi non vuole proprio aiutarsi perché quella roba è un motivo identitario forte e lui o lei ha bisogno di motivi identitari forti. Da cui plasmisti, idrossiclorochinisti, ivermectinisti, e Montagnier, e Scoglio, e il Dott. Favabollita. Il fenomeno è quello che è.

domenica 6 febbraio 2022

COVID, OMICRON, LINFOCITI T (ANCORA)


I ricordi della gente sono estremamente volatili, e quindi quasi nessuno rammenta che nel 2017 si parlava continuamente di memoria immunitaria e linfociti T.
Da due anni a questa parte tutto sparito. Perché?
Forse la cosa è cominciata quando nel 2020 si iniziò a parlare di COVID e immunità di gregge: era un continuo tirare in ballo reinfezioni (senza mai un numero) ma quel che doveva passare era : non c' è immunità naturale dalla malattia (e chi parlava di "materia oscura immunitaria" veniva dileggiato).
Poi con l'inizio delle campagne di vaccinazione di massa si è cominciato unicamente a parlare di titolo anticorpale - e di come gli anticorpi non funzionassero più all'arrivo della variante di turno. Fosse stata solo la giostra della "comunicazione della scienza" non sarebbe stato un problema, il problema è stato che queste sono diventate le basi indiscutibili delle disposizioni anticovid, specialmente in Italia.
Ma veniamo alla "unsung story".
In un nuovo articolo su Nature si ritorna sul tema:
"La variante SARS-CoV-2 Omicron esibisce mutazioni multiple della proteina spike che contribuiscono ad evadere la neutralizzazione anticorpale e riducono la protezione nei confronti dell'infezione conferita dai vaccini"
Ma "Abbiamo rilevato che il 70-80% della risposta cellulare CD4+ e CD8+ contro spike veniva conservata... Quindi,nonostante le estese mutazioni di Omicron, e la sua ridotta suscettibilità nei confronti degli anticorpi neutralizzanti, la maggior parte della risposta cellulare T, indotta da vaccinazione o infezione, riconosce la variante" (https://www.nature.com/articles/s41586-022-04460-3)
E questo è quanto.