giovedì 31 luglio 2025

PIU' LE COSE CAMBIANO...

 

(il post sarebbe questo)

E invece, egregio lettore, rendo pubblico il tuo messaggio e ti rispondo pubblicamente.

Cominciamo con lo "Scettico": se tu avessi letto quello che trovi sulla destra della home page di questo blog avresti forse letto il riferimento a "Il chimico scettico" di Robert Boyle, convenzionalmente l'atto di nascita della chimica moderna. Boyle predicava la centralità del risultato sperimentale con la sua trattazione matematica e a lui dobbiamo la prima legge dei gas. Per avere il quadro completo considerare il motto della Royal Society, Nullius In Verba, una presa di posizione programmatica contro il principio di autorità. Quindi Robert Boyle ha davvero rotto? La prima legge dei gas la dobbiamo buttare nella spazzatura? Sei in linea con gli aristotelici fuori tempo massimo, gli alchimisti tradizionali e tutto il resto di quel''epoca? E no, non stiamo affatto parlando di principi arcaici o obsoleti.

Passiamo al clickbait. Sempre sulla home page del blog, sempre sulla destra, puoi trovare il logo Creative Commons. Nel caso specifico questo blog è rilasciato con licenza Creative Commons - Non commerciale - Opere non derivate. Come avrai notato su questo blog non c'è nessun genere di pubblicità, a differenza della maggior parte dei siti della rassegna stampa nel post in questione. Quindi, non avendo il sottoscritto mai incassato un centesimo da questo blog, l'accusa di clickbait non ha senso.

La battuta sui "topi con i problemi risolti" non è mia, ma di Stanley Cohen, che prese il Nobel per la medicina per aver scoperto l'Epidermal Growth Factor, mettendo le fondamenta per almeno tre classi di agenti antitumorali targeted che sarebbero venute fuori nei successivi quarant'anni. Pensi che non sapesse cosa diceva? Ho sempre ritenuto che quella risposta fosse la migliore possibile al giornalista che gli chiedeva se eravamo arrivati alla "cura per il cancro".

Non mi pare di aver liquidato niente di niente. Il fatto che all'approvazione di nivolumab e pembrolizumab non siano seguiti risultati altrettanto eclatanti è difficile da negare. La cosa ha poi assai poco a che fare con lo sviluppo delle terapie CAR-T e il tuo tempismo nel citare la nuova generazione di inibitori di checkpoint è pessimo, dato che è di pochi giorni fa la notizia che il più avanzato, l'inibitore TIGIT di Roche, ha fallito e male un endpoint in Fase III. I vaccini personalizzati di Moderna e Biontech in primo luogo sarebbero personalizzati, quindi l'esatto opposto di universali; in secondo luogo hanno appena iniziato la Fase III e non sono disponibili dati preliminari (fine Fase III attesa per il 2030)- e sono il risultati di Fase III che contano, non altro (vedi inibitore TIGIT Roche).

Riguardo a quella ridotta rassegna stampa, il punto non è certo negare che ci siano stati anni e anni di investimenti su questi temi e che abbiano impegnato migliaia di ricercatori. Il fatto che servano anni e anni di sforzi apparentemente fallimentari per dare alla fine un risultato mi è ben noto. Alcune vicende somigliano molto alla costruzione delle cattedrali. Ma nella maggior parte dei casi alla fine la cattedrale non c'è. Il progresso scientifico/tecnologico non è lineare, come molti credono. E che il publish or perish abbia moltiplicato gli articoli aumentando a dismisura la quantità di quelli assai poco significativi è un altro fatto, come lo è il trionfalismo sistematico della stampa, che genera costantemente aspettative irrealistiche.

Detto questo, certo, sono uno che sfugge al confronto. Ora hai sbandierato in pubblico la tua appartenenza al "popolo scientifico" e puoi ritenerti soddisfatto. Oppure no, ma non è che la cosa mi interessi, perché considerati i toni della tua mail hai avuto molto più del dovuto. O molto meno, a seconda dei punti di vista.

 

martedì 29 luglio 2025

I MALEDETTI LLIENI! (3I/ATLAS)

"Il maledetto llieno!" Così venne tradotto "Bloody halien!" nella versione italiana di Homunculus di J.P. Blaylock (un capolavoro superato di mezza incollatura dal successivo Lord Kelvin's Machine).

Pule reached out a shilling. The flour-speckled scone seller shrieked and dropped his pastries, tray and all, onto the platform. Coffee flew. The man shrieked again. “The halien!” he cried, falling backward. “The bloody halien!”

Probabilmente il libro più famoso, quando si parla di steampunk, è The difference engine di Gibson e Sterling, ma per me James P. Blaylock volava molto più alto, con una evidente ma non sfacciata ispirazione stevensoniana (The Suicide Club).

Comunque tutto questo serve a introdurre Avi Loeb. Fanpage lo dipinge come un tipo serio, ma è solo grazie a Sabine Hossenfelder che ho scoperto che per Loeb gridare al "maledetto llieno!" è un vezzo da un po' di tempo. Lo ha fatto per Oumuamua, lo ha fatto per il meteorite IM1.

Questo pattern va assieme a considerazioni quantomeno molto curiose:

Se esistono alieni più intelligenti e sono molto più avanzati di noi nella scienza e nella tecnologia, allora devono aver acquisito più punti di merito nel corso della storia cosmica, dato che riflettono meglio l'immagine di Dio. L'esperienza assomiglierebbe al testimoniare fratelli più intelligenti di cui i nostri genitori devono essere più orgogliosi.

La maggior parte delle stelle si è formata miliardi di anni prima del Sole. Se dei superumani sono partiti dal loro esopianeta di origine verso lo spazio interstellare miliardi di anni fa, mentre noi siamo attualmente ossessionati dai conflitti terrestri e investiamo 2.400 miliardi di dollari a livello mondiale in budget militari, allora incontrarli potrebbe davvero trasmetterci un messaggio messianico. Gli alieni di successo servirebbero da modelli migliori dei nostri politici!

Gli ebrei sono stati perseguitati nel corso della storia. Di conseguenza, rispondono istintivamente a ogni evento storico ponendosi la domanda: "È una cosa buona per gli ebrei?" Riguardo al futuristico incontro con l'intelligenza extraterrestre, la mia risposta a questa domanda è: "Decisamente, sì!" Senza la guida degli alieni, potremmo non arrivare mai alla terra promessa.

(Ah, ok, capito... da astrofisico a cacciatore di llieni con prospettive messianiche)

Il video ha sottotitoli, quindi non vi spaventate.

 

domenica 27 luglio 2025

VACCINO UNIVERSALE ANTICANCRO? DECISAMENTE NO

 Così ha titolato Adnkronos:

https://www.adnkronos.com/cronaca/tumori-studio-apre-a-vaccino-terapeutico-universale-a-mrna_1n8EnS3hZ0Fj7CKeaCVO3H

Ma è molto meglio dare un'occhiata all'articolo in questione:

 

https://www.nature.com/articles/s41551-025-01380-1

Verso un vaccino terapeutico anticancro universale? No.

Un potenziale progresso in immunooncologia? Sì. Il che è un po' diverso dal "vaccino universale anticancro". 

In due parole: in un modello animale tumori resistenti ad agenti immunooncologici noti e in uso (inibitori PD-1) perdono la resistenza se il vaccino terapeutico viene somministrato insieme all'antitumorale.

Parafrasando Stanley Cohen si potrebbe dire

Siamo al vaccino universale anticancro?

Quello che possiamo dire è che se sei un topo a cui è stato inoculato un tumore umano resistente agli anti-PD1, sì, abbiamo risolto i tuoi problemi. 

Cohen disse qualcosa del genere a proposito degli inibitori EGF quando vinse il Nobel. La rivoluzione degli inibitori EGF/VEGF arrivò circa 20 anni dopo. E questo è uno dei casi in cui è andata bene, perché, per esempio, inibitori HDAC falliti, inibitori HSP90 falliti e la lista non finisce qui.

Non starò a dire "è solo uno xenograft" (tumore umano trapiantato in topo immunodepresso), perché se fai drug discovery in oncologia devi avere uno xenograft che funziona per andare avanti, ed è meno banale di quello che può sembrare. Potrei aggiungere che in questo caso mi piacerebbe vedere un modello singenico (tumore murino inoculato nel topo), perché in un modello xenograft l'ospite è un topo con la risposta immunitaria azzerata e tu stai lavorando in immunooncologia (questo è probabilmente uno dei motivi per cui la "rivoluzione immunooncologica" di fatto si è fermata a nivolumab e pembrolizumabh). In ogni caso se ne uscirà fuori qualcosa non sarà né domani né tra un anno. 

Detto questo una ricerca sul web italiano per "vaccino anticancro" tra l'altro restituisce:

2011, Il Sole 24 Ore, La via italiana del vaccino anticancro 

2011, Scienza in Rete, Il primo vero vaccino anticancro

2012, La Stampa, "L'era dei vaccini anticancro"

2017, ANSA, Sicuri i primi vaccini anticancro personalizzati 

2019, Medical Systems, Un nuovo vaccino contro il cancro del colon-retto ha mostrato risultati positivi nella sperimentazione clinica di fase 1

2019, La Stampa, Un vaccino anticancro 

Lasciamo da parte gli articoli che titolano "vaccino anticancro" quando si tratta di altro (terapie cellulari, anticorpi monoclonali). Potete facilmente notare che non esistono vaccini anticancro approvati (tantomeno italiani), mentre i titoli trionfalistici vanno avanti da più di 15 anni. E questo, se vi era sfuggito, dovrebbe farvi riflettere.


mercoledì 23 luglio 2025

FAR FROM EQUILIBRIUM, FOR 2500 YEARS

Ignis mutat res. Fire transforms matter; fire leads to chemical reactions, to processes such as melting and evaporation. Fire makes fuel burn and release heat. Out of all this common knowledge, nineteenth century science concentrated on the single fact that combustion produces heat and that heat may lead to an increase in volume; as a result, combustion produces work. Fire leads, therefore, to a new kind of machine, the heat engine, the technological innovation on which industrial society has been founded.
What is then the link between ‘heat’ and ‘work’? This question was at the origin of the formulation of the principle of energy conservation. Heat is of the same nature as energy. In the heat engine, heat is transferred into work but energy is conserved.
However, there was more. In 1811 Baron Jean-Joseph Fourier, the Prefect of Is`ere, won the prize of the
French Academy of Sciences for his mathematical description of the propagation of heat in solids. The result stated by Fourier was surprisingly simple and elegant: heat flow is proportional to the gradient of temperature.
It is remarkable that this simple law applies to matter, whether its state is solid, liquid or gaseous. Moreover, it remains valid whatever the chemical composition of the body, whether it is iron or gold. It is only thecoefficient of proportionality between the heat flow and the gradient of temperature that is specific to each substance.
Fourier’s law was the first example describing an irreversible process. There is a privileged direction of
time as heat flows according to Fourier’s law, from higher to lower temperature. This is in contrast with the laws of Newtonian dynamics in which the past and future play the same role (time enters only in Newton’s law through a second derivative, so Newton’s law is invariant in respect to time inversion). As already mentioned, it is the Second Law of thermodynamics that expresses the difference between ‘reversible’ and irreversible processes through the introduction of entropy. Irreversible processes produce entropy.
The history of the two principles of thermodynamics is a most curious one. Born in the middle of
technological questions, they acquired rapidly a cosmological status. Let us indeed state the two principles as formulated by Rudolph Clausius (1822–1888) in the year 1865:
 

The energy of the universe is constant.

The entropy of the universe approaches a maximum.


It was the first evolutionary formulation of cosmology. This was a revolutionary statement as the existence of irreversible processes (and therefore of entropy) conflicts with the time-reversible view of dynamics. Of course, classical dynamics has been superseded by quantum theory and relativity. However, this conflict remains because, in both quantum theory and relativity, the basic dynamical laws are time-reversible.
The traditional answer to this question is to emphasize that the systems considered in thermodynamics
are so complex (they contain a large number of interacting particles) that we are obliged to introduce
approximations. The Second Law of thermodynamics would have its roots in these approximations! Some authors go so far as to state that entropy is only the expression of our ignorance!
Here again the recent extension of thermodynamics to situations far-from-equilibrium is essential. As we mentioned already, irreversible processes lead then to new space–time structures. They therefore play a basic constructive role. No life would be possible without irreversible processes (see Chapter 19). It seems absurd to suggest that life would be the result of our approximations! We can therefore not deny the reality of entropy, the very essence of an arrow of time in nature. We are the children of evolution and not its progenitors.
Questions regarding the relation between entropy and dynamics have received great attention recently but they are far from simple. Not all dynamical processes require the concept of entropy. The motion of the Earth around the Sun is an example in which irreversibility (such as friction due to tides) can be ignored and the motion described by time symmetric equations. However, recent developments in nonlinear dynamics have shown that such systems are exceptions. Most systems exhibit chaos and irreversible behavior

(D. Kondepudi, I. Prigogine, Modern Thermodynamics: From Heat Engines to Dissipative Structures, 2014)

Yes, the majority of systems exhibit irreversible, chaotic behavior (which does not mean random or confused https://ilchimicoscettico.blogspot.com/search/label/Caos). But this simple assumption seems to escape most people, especially among those who today are defined as "science" or "scientific community." And so we have heard talk of linear growth of measles cases in 2017 and of "exponential" COVID in 2020 (after all, an exponential on a logarithmic scale is a straight line) - and it still continues.

This makes me quote for the umpteenth time Lord Robert May with his words from 1989: "The message that seemed urgent to me more than ten years ago is even more true today: not only in biological research but also in the daily life of politics and economics things would be much better if it were understood that simple nonlinear systems do not necessarily possess simple dynamic properties"

But nothing doing: however urgent the message was in 1979 and in 1989 and even more urgent now, it continues to be fundamentally ignored. And it seems like something deeply ingrained in the majority of human beings, from time immemorial.

Only rereading it have I noticed the Heraclitean flavor of the incipit of the passage by Kondepudi and Prigogine. But after all, Heraclitus gave us the first formulation of the arrow of time in his own way, while the Eleatics considered time illusory. And not only. If we are indebted to a rooster to Asclepius and entropy to Carnot (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2022/11/entropia-in-uk-e-imparare-ad-essere.html), to Heraclitus we also owe the λόγος. Yet what did he write in his time?

Most people do not understand the very things they encounter, nor do they know them, even though they have received instruction about them, although it seems to them that they do.

It is good to report one of the notes by F. Fronterotta, editor of this edition of the Fragments:

The verb φρονέυω means in general "to reflect," "to reason" or even "to think," but in this case it seems to allude rather to a process of understanding or awareness, which most people cannot put into action, directed at objects and phenomena of ordinary and daily experience, presumably precisely those that they would have the capacity to understand if, as indicated by fragment 1 [1 DK; 1 Marc.], they paid attention to listening and to the teaching of "reasoning," which precisely reveals "everything according to its nature and saying how it is"

No, it is not possible to immerse oneself twice in the same river, yet for 2,500 years people continue to forget this simple evidence. This Heraclitean fragment, like others, comes from the Stromata of Clement of Alexandria and this provenance is nothing but the umpteenth sign of the intellectual strength of the Alexandrian fathers, who had to clash with dualist sects more or less Christianizing. These sects preached the ontological inferiority of a good part of human beings compared to the πνευµατικοi, the spiritual ones (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2021/01/divagazioni-antiche-tardo-antiche-etc.html). Which, when you think about it, mutatis mutandis, is one of the most widespread ideologies in this century: the instances aimed at depriving non-conformists of constitutional rights we have seen well and the infinite invective against functional or returning illiterates by those who "read" or "have an education". But in the Heraclitean fragment there is no talk of reading or studying: φρονέυω, precisely, which is quite another thing.

domenica 20 luglio 2025

NOT A SCIENCE (AND SOME MYTHOLOGY)

It’s a cliché to say that medicine is a science. It isn’t. Medicine is not a science—it is a practice based on sciences—physics, chemistry, biology, ecology, economics—that differs from other technical disciplines because its object is a subject: the human being. The author reconstructs the historical development of the scientific body of knowledge that medicine now possesses and considers this body as the necessary means to achieve the purpose of being a physician—that is, a person who treats fellow humans with competence and compassion.

(Giorgio Cosmacini, "La medicina non  una scienza"
https://books.google.nl/books/about/La_medicina_non_%C3%A8_una_scienza_Breve_sto.html?id=NyfWLgAACAAJ&redir_esc=y)

One might add: a practice based on sciences that are largely ignored or misunderstood by its practitioners. But that’s irrelevant.

It’s irrelevant because, for all the talk of the scientific method, we must reckon with archetypes. Healing performed by shamans or priests predates physics, chemistry, biology, and probably even mathematics. Forget the how and the means: the pure function is archetypal. In classical antiquity, the Asclepeion was a temple/healing sanctuary consecrated to Asclepius. Asclepius (or Aesculapius) was a demigod son of Apollo (his mother varies by source), with equally mythical healing powers.

Coronis was washing her feet in Lake Boebeis. Apollo saw her and desired her. For him, desire was a sudden jolt, striking him unawares and one he immediately wanted to discharge. He descended upon Coronis like the night. Their union was violent, intoxicating, and swift. In Apollo’s mind, grasping a body and shooting an arrow were the same act. The joining of bodies was not mingling, as with Dionysus, but impact. Thus one day he killed Hyacinthus, the youth he most loved: during a game, by throwing a discus.
Coronis was pregnant with Apollo’s child when she became attracted to a stranger from Arcadia named Ischys. A white raven watched over her, assigned by Apollo as a guardian “so that no one would violate her.” The raven saw Coronis surrender to Ischys. It flew to Delphi to tattle to its master, reporting Coronis’s “hidden deeds.” In fury, Apollo threw down his plectrum. His laurel crown fell to the dust. He glared at the raven, whose feathers turned pitch black. Then Apollo asked his sister Artemis to go kill Coronis at Lacereia. Artemis’s arrow pierced the traitor’s breast, and along the steep shores of Lake Boebeis, she killed many more women. Before dying, Coronis whispered to the god that he had also killed his own son. Apollo then tried to revive her, in vain. His healing arts proved insufficient. But when Coronis’s fragrant body was laid on a pyre high as a wall, and the flames began to consume it, they parted before the god’s rapacious hand, who extracted from her womb the unharmed Asclepius, he who heals.

(*Roberto Calasso, The Marriage of Cadmus and Harmony, see note)

One of Asclepius’s daughters was named Panacea, and she had the power to heal any illness. It was he who resurrected Glaucus, son of Minos, according to Hippolytus—although in the more classical version it was Polyeidos who brought Glaucus back to life. This suggests that, in myth, Polyeidos the seer-priest and Asclepius the healing demigod are practically interchangeable. Asclepius had been taught medicine by none other than Chiron the Centaur—the same one who healed Achilles’s ankle by replacing it with that of a dead giant.

This material dates from before the collapse of the Late Bronze Age—that is, from the time of Homeric epic. Asclepius’s staff, a rod with a single coiled serpent, is essentially a simplified version of the Caduceus—the symbol on pharmacy signs. The Caduceus, which predates classical iconography by centuries, is the attribute of Mercury (Hermes), the messenger of the gods, deity of logos and communication. One could imagine that the staff of a demigod couldn’t bear the full symbolism of that of a god—hence, one serpent instead of two. Hierarchies matter in Greek mythology: according to Hippolytus, when Asclepius resurrected Glaucus, Apollo was furious (and unleashed a massacre).

For the record, Hippocrates—the author of The Epidemics, probably history’s first epidemiologist, and the one behind a certain oath (ὠφελέειν, ἢ μὴ βλάπτειν, that is, primum non nocere)—was a priest of Asclepius. Centuries later, Galen was also a therapeutḗs in an Asclepeion. Jumping forward a thousand years, what about the Knights of the Hospital (Hospitallers), later of Rhodes, then Malta? They still exist in their Maltese version as a healthcare-oriented NGO. Their patron saint, Saint Ubaldesca (Ubaldesca Taccini, a very Pisan name with Lombard echoes), was known for caring for the sick.
Saint Ubaldesca is often depicted wearing the livery of the Order.


In short, medicine as religion/magic, and doctors as priests, is nothing new. It’s ancient history, which theoretically should’ve been shelved around the 7th century—and in practice, it was. Until the day before yesterday. Good times, our times, with their overwhelming nostalgia for the Ancien Régime.

But if we really want to play on the archetypal level—as we've seen—some have one snake on the staff, and some have two…

Let’s return to The Marriage of Cadmus and Harmony:

There is a nostalgia among the sovereign gods, urging them to restore the state of the first among them, Phanes.
For Zeus, the nostalgia for Phanes took shape in the figure of the serpent.
Only Zeus could remember the vision of the two entwined serpents before the world existed.
And Phanes had appeared from the coils of a serpent.
When Zeus expelled the world from his heart, he felt the desire to unite with his mother.
That desire was moved by a remote memory.
The mother fled, and Zeus never tired of chasing her.
Eventually, Rhea Demeter turned into a serpent.
Then Zeus too became a serpent, approached his mother, and pressed his coils against hers in a Heraclean knot—the very same knot formed by the two serpents on Hermes’s Caduceus.

Is the meaning of the two serpents entwined around the Caduceus clearer now? It’s essentially yin and yang. Personally, I remember an Irish Christian stele—the “Hand of God” (Dublin Museum)—with two serpents, one black and one white, coiled around a forearm with an open hand inscribed in a solar disk. A more explicit image than a thousand words.

In Manetho’s Egypt, Hermes and Thoth had become completely merged: Thoth, the ibis-headed god, inventor of writing, geometry, and mathematics, patron of scribes and scribe himself to the great god Ra or Osiris. Hermes/Thoth merges with Hermes Trismegistus, “thrice great,” to whom the Corpus Hermeticum is attributed—a collection of texts regarded by some as a Hellenistic philosophical current, by others as part of Gnosticism, hence a religion (cf. Doresse and Puech, https://books.google.nl/books/about/Gnosticismo_e_manicheismo.html?id=qFl8mgEACAAJ&redir_esc=y).

But that’s not all. The Emerald Tablet is also attributed to Hermes Trismegistus:

Verum, sine mendacio, certum et verissimum:
Quod est inferius est sicut quod est superius,
Et quod est superius est sicut quod est inferius:
Ad perpetranda miracula rei unius.

(True, without falsehood, certain and most true:
That which is below is like that which is above,
And that which is above is like that which is below,
To accomplish the miracle of the One Thing.)

https://it.wikipedia.org/wiki/Tavola_di_smeraldo

The Emerald Tablet is the cornerstone of alchemy—and what scientific discipline arose from alchemy?

We could go on. I’ve lost count of how many times on social media, under the banner of “science,” I’ve heard people parrot “the dose makes the poison”—sola dosis venenum facit. And who are we talking about? Paracelsus, the father of spagyrics—today labeled a pseudoscience, yet also the mother of part of modern pharmaceutical chemistry (isolation of alkaloids and essential oils). And Paracelsus belongs in the “History of Alchemy” section. So in a way, the Caduceus on the signs of Italian pharmacies is justified. That said… Has anyone ever been outraged at the “unscientific” nature of the Caduceus? I don’t recall anyone idiotic enough to propose replacing it with the DNA double helix.

Okay, the “one serpent vs. two” thing I played for laughs. But one fact remains—not proportional to the number of serpents: the symbolic weight of healing, medicine, and care for the sick is immense. It’s easy to understand the modern overlap of realms: religion/science, sacred/profane.

Today I would say it’s deeply dishonest to lean heavily (and politically) on this overlap, whether consciously or not. Sure, many have played that game in the name of science, but it was the medical profession that overwhelmingly played it. And I know full well that there are physicians who do research (I’ve worked with some). A few of them tried to speak up during the pandemic, even on social media. They weren’t ignored or welcomed—they were lumped in with antivaxxers and publicly smeared (see https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2022/02/con-quella-faccia-li.html). But I think the point is clear enough. It wasn’t love of science motivating the attacks, but pure zealot-like fanaticism (not just from random people, but also from minor academics who, who knows, perhaps sought some personal redemption online).

Only by removing the archetypal burden I’ve described could one hope for a truly scientific public discourse in medicine—if that’s even possible. That archetypal burden remains an indispensable asset for many—and one that was heavily exploited at the height of its usability and ambiguity: during an epidemic. An epidemic that, let us remember, was a political event with medical implications. For the medical class, playing the priestly class card was, and is, easy—given such a background. Easy and effective. But the fact that all this came wrapped in talk of the scientific method—by practitioners of a discipline that is not a science—is at best grotesque. Grotesque and harmful, because by now, “science” in public discourse is practically synonymous with magical thinking. And thus, any genuine secularism has mostly been branded as heresy.

Note: Roberto Calasso (https://en.wikipedia.org/wiki/Roberto_Calasso), besides retelling Greek mythology like no one else, was the patron of Adelphi. Adelphi, as it was from the 1980s to the ’90s, was a publishing house unlike any other in Italy. Today, it’s more or less just another publisher, and its history lives on only in its catalog. But my adolescence and youth were marked by books from Adelphi—from The Birth of Philosophy by Giorgio Colli to Gödel, Escher, Bach by Douglas Hofstadter, to The Gay Science by Nietzsche. Those were more civilized times.


giovedì 17 luglio 2025

LE LIFE SCIENCES COME SCIENZA NORMALE PERPETUA

Fateci caso: In fisica si sta accumulando "tensione" con gli attuali paradigmi mano a mano che si accumulano nuovi dati - provenienti dal James Webb Telescope, per esempio, o dagli osservatori di onde gravitazionali. Prima o poi la tensione accumulata sarà tale da provocare una revisione del corrente paradigma (cfr Kuhn). Non solo, la fisica, astrofisica inclusa, appronta nuovi esperimenti spesso nella speranza di trovare "nuova fisica"

Le life sciences, invece? Per niente. Sono rimaste rimasta inchiodate alla rivoluzione genomica degli anni '90 e non intendono smuoversi da lì. Un gene, una patologia. Indipendentemente da qualsiasi prova contraria sia stata raggiunta nel tempo. Quello che negli anni '90 era stato chiamato DNA spazzatura (cioè: non ne comprendiamo la funzione, quindi non serve) è diventato poi il DNA indispensabile alla vita ma non sappiamo perché. La cosa ha avviato un'attività di revisione del paradigma corrente? No, anche se tutto il lavoro svolto in campo epigenetico, pur con le sue ricadute importanti, ha mancato il suo bersaglio principale: non abbiamo idea della funzione del maggior parte del DNA non codificante. Ma va benone lo stesso.

L'ipotesi amiloide è ancora al suo posto dopo anni e anni di fallimenti clinici. Tutto ok.

E la faccenda colesterolo buono/cattivo? Anni di sperimentazioni con inibitori CEPT: bersagli centrato, colesterolo buono alto (HDL), colesterolo cattivo bassissimo (LDL), rischio cardiaco invariato tre trattati e non trattati. Anzi: Dopo Torcetrapib, Dalcetrapib, Evacetrapib, Anacetrapib (che ha dato un beneficio marginale), ora abbiamo Obicetrapib. Anacetrapib aveva mostrato una riduzione degli eventi coronarici marginale (rate ratio 0.91). Ma dopo tutto questo è cambiato qualcosa? No. Dopo anni di fallimenti CETP, studenti di medicina continuano a studiare che "HDL alto = buono, LDL basso = buono" senza mai sentire parlare del più grande fallimento traslazionale della cardiologia moderna.

Al che, di nuovo, la domanda si pone. Che tipo di discipline sono le discipline le cui tesi non sono falsificabili? E soprattutto, stiamo parlando di discipline scientifiche e metodo scientifico? Sembrerebbe di no. Una campo che salta da un next big thing all'altra, dall'immunooncologia a CAR-T, da CAR-T a CRISPR. Ma in realtà continua a basarsi su principi difettosi stabiliti 40 anni fa che non vengono messi in dubbio da nessuna prova raggiunta. A questo proprosito ricordo che Oxford Institute controllava la qualità di quello che sarebbe poi diventato il vaccino antiCOVID Astrazeneca con la misura di un'assorbanza nell'UV: niente risequenziamenti, niente altro, e si trattava di un vaccino a vettore adenovirus.

Non è un caso che le scienze della vita siano il massimo costituente della scienza-segno, del simulacro (Baudrillard). Business as usual+The Next Big Thing e si continua a produrre paper e ad ottenere finanziamenti.  

Il caso di Carolyn Ruth Bertozzi rappresenta forse l'esempio più devastante del paradosso che caratterizza gli ultimi 25 anni di life sciences . La Bertozzi, chimico, ha vinto il Nobel nel 2022 per il suo lavoro sui glicani e per lo sviluppo della chimica bioortogonale. Lavorando prevalentemente sulla glicochimica (campo tutt'altro che banale), negli anni ha dimostrato che il profilo di glicosidazione delle immunoglobuline cambia nell'arco della vita di un soggetto e che la superficie delle membrane cellulari di certe cellule tumorali è sovrasialilata ( molte molecole di acido sialilico legate) e per questo evade la risposta immunitaria. Due cose che avrebbero dovuto scuotere dalle fondamenta immunologia e immunooncologia. Poi ha scoperto i glicoRNA ma tutti erano impegnati a magnificare le applicazioni in vivo di CRISPR. Ma le fondamenta sono sempre le stesse e sempre al loro posto.

Il 99% delle scienze della vita continua a operare come se il lavoro di Bertozzi non fosse mai esistito. Questo paradosso rivela non solo un problema, ma una frattura culturale profonda che attraversa il bulk delle life sciences.

Il lavoro di Bertozzi avrebbe dovuto avviare un cambiamento significativo nella processo di costruizione della comprensione di diversi processi biologici fondamentali. Ma il cambiamento non c'è stato. È come se il sistema fosse capace di assorbire e neutralizzare le scoperte rivoluzionarie senza permettere loro di generare crisi paradigmatiche, mantenendo l'apparenza della dinamicità scientifica attraverso premi Nobel, hype tanto intenso quanto effimero sulla next big thing e l'ennesima riformulazione del dogma gene=proteina.

Questa situazione crea un assurdo : abbiamo una disciplina (un un sistema di discipline) che celebra scoperte che dovrebbero falsificare alcuni suoi assunti di base, ma continua a operare come se quelle scoperte non esistessero. Non si tratta nemmeno di resistenza al cambiamento, psi tratta di qualcosa di più perverso: l'abilità di convivere con le proprie contraddizioni senza risolverle. Il sistema delle life sciences ha imparato a essere simultaneamente innovativo e stagnante, rivoluzionario e conservatore.

È la forma più pura di "scienza normale perpetua": un sistema che mantiene tutti i rituali della ricerca scientifica ma ha perso la capacità di generare crisi paradigmatiche autentiche, perché le scoperte più rivoluzionarie vengono prodotte da chi pensa in modo troppo diverso per essere realmente integrato nella cultura disciplinare dominante.

 

FONTI

  1. Anil Ananthaswamy (2025) "The Hubble Tension Is Becoming a Hubble Crisis" Scientific American

  2. Riess, A. G. (2019). “The Expansion of the Universe is Faster than Expected.” Nature Reviews Physics.

  3. Lander, E. S. (2011). “Initial Impact of the Sequencing of the Human Genome.” Nature.

  4. ENCODE Project Consortium (2012). “An Integrated Encyclopedia of DNA Elements in the Human Genome.” Nature.

  5. Mullane, K., & Williams, M. (2018). “Alzheimer’s disease (AD) therapeutics – 1: Repeated clinical failures continue to question the amyloid hypothesis of AD and the current development of AD therapeuticsBiochemical Pharmacology.

  6. Herrup, K. (2015). “The Case for Rejecting the Amyloid Cascade Hypothesis.” Nature Neuroscience.

  7. Barter, P. J. et al. (2007). “Effects of Torcetrapib in Patients at High Risk for Coronary Events.” NEJM.

  8. Schwartz, G. G. et al. (2012). “Effects of Dalcetrapib in Patients with a Recent Acute Coronary Syndrome.” NEJM.

  9. Bowman, L. et al. (2017). “Effects of Anacetrapib in Patients with Atherosclerotic Vascular Disease.” NEJM.

  10. EMA Assessment Report: “Vaxzevria (AstraZeneca COVID-19 Vaccine).”

  11. The Nobel Prize in Chemistry 2022, Official Press Release.

  12. Flynn, R. A. et al. (2021). “Discovery and Functional Analysis of GlycoRNAs.” Cell.

  13. Editoriale, “La rivoluzione mancata della glicochimica.” Nature Reviews Molecular Cell Biology.

PS: Un piccolo test: quante volte avete sentito parlare nelle tramissioni di scienza dei vari media della Bertozzi, di fenotipi sui cui un farmaco funziona diversamente?

PPS: per i meno attenti sottolineo che parlo della maggioranza delle life sciences e non di fenomeni largamente minoritari o isolati per quanto rilevanti.

martedì 15 luglio 2025

BIASIMARE LE VITTIME PER GIUSTIFICARE IL SISTEMA

https://www.panorama.it/attualita/economia/italia-in-bilico-tra-crescita-e-crisi-industriale-a-maggio-produzione-giu-dello-07

A questo giro sarà colpa di Trump, ma quando il cambio USD/EUR superò 1.30 nel 2005 (stessa cosa dei dazi al 30%) nessuno pensò di indicare nessuno come il colpevole. Il colpevole era chi non riusciva a reggere.

C'è un diffuso non detto secondo cui le crisi industriali, diventando troppo frequenti, perdono la loro rilevanza mediatica e sociale. Perdono la loro rilevanza per tutti tranne per quelli che le vivono o le hanno vissute e loro famiglie. La famosa vittoria del capitale la dipinse Warren Buffet: 

There's class warfare, all right, but it's my class, the rich class, that's making war, and we're winning.  

E forse la lotta di classe l'hanno vinta i ricchi perché i ricchi una coscienza di classe ce l'hanno, mentre ormai la classe sconfitta, quella del lavoro, quella dei poveri, una coscienza di classe non la ha più. Come negli anni più violenti e oscuri della rivoluzione industriale.

Il non detto di cui sopra tocca un meccanismo psicologico estremamente profondo che va ben oltre la semplice analisi economica. Il "survival bias" che emerge in questi contesti rappresenta uno dei fenomeni più aberranti e sottovalutati nella percezione pubblica dei disastri sistemici, perché trasforma automaticamente chi è riuscito a sopravvivere in giudice morale di chi invece è stato travolto dagli eventi. Questo meccanismo crea una bieca narrativa che non solo deresponsabilizza completamente il sistema che ha generato la crisi, ma arriva addirittura a colpevolizzare le vittime, trasformando una tragedia collettiva in una serie di fallimenti individuali. Con tutto il peso individuale che ne consegue.

Il fenomeno assume dimensioni ancora più sinistre quando si considera come questa dinamica si autoalimenti attraverso la costruzione di un consenso sociale distorto. Chi è riuscito a mantenere il proprio posto di lavoro, o chi ha cambiato settore prima del collasso, sviluppa inconsciamente la necessità psicologica di giustificare la propria fortuna attraverso una narrazione che attribuisce il successo al merito personale e l'insuccesso all'inadeguatezza altrui. E lasciatemelo dire: da ottimamente sopravvissuto so fin troppo bene che a seconda del contesto il merito conta poco o niente e che c'è invariabilmente una componente casuale o entrano in ballo altri fattori (riguardo al ricollocarsi all'estero il Curriculum Vitae è condizione necessaria ma non sufficiente al buon esito). Non riesco a scordarmi quel che diceva un mio collega: le crisi industriali sono come alluvioni, quello che galleggia sono legno e materiali assai meno nobili.

Il processo di trasferimento della colpa sui non sopravvissuti alla crisi non è solo un meccanismo abietto, ma rappresenta una forma di difesa psicologica che permette ai sopravvissuti di continuare a vivere senza dover affrontare la realtà di quanto il caso e le circostanze sistemiche abbiano influenzato il loro destino.

Il "gia sentito, già visto, poco interessante" applicato a questi temi rivela un aspetto particolarmente cinico del modo in cui l'opinione pubblica e i media gestiscono le crisi prolungate. Quando le crisi industriali diventano troppo frequenti, smettono di essere percepite come eventi eccezionali degni di attenzione e si trasformano in quello che i sociologi chiamano "rumore di fondo" sociale. I media, sempre alla ricerca di novità e di storie che possano catturare l'attenzione del pubblico, perdono gradualmente interesse per vicende che si ripetono con modalità simili ed alta frequenza. L'opinione pubblica, dal canto suo, sviluppa una sorta di assuefazione che la porta a considerare normale quello che in realtà rappresenta un collasso sistemico  "E' sempre andata così". Certo, come no, i sommersi e i salvati.

Questo processo di normalizzazione è particolarmente insidioso perché permette alle élite politiche ed economiche di evitare qualsiasi responsabilità per le conseguenze delle loro decisioni. Quando una crisi viene percepita come "normale" o "fisiologica", diventa molto più difficile mobilitare l'opinione pubblica per chiedere cambiamenti strutturali o per identificare i responsabili. La crisi dell'industria farmaceutica italiana tra 2005 e 2010, che in passato ho provato a ricostruire e documentare, per quanto in modo del tutto insufficiente (qui, qui e qui), rappresenta un caso paradigmatico di questo fenomeno: un paio di generazioni di ricercatori e tecnici qualificati  sacrificate sull'altare di logiche finanziarie a breve termine del grande capitale, ormai diventate una regola, con lo Stato italiano che restava a guardare, cosa che trenta anni prima non sarebbe successa. E questo sacrificio è stato reso invisibile attraverso la sua graduale normalizzazione: "E' così che funziona", punto, discorso chiuso.

Il parallelo con le crisi bancarie e il caso delle obbligazioni subordinate è dovuto perché mostra come lo stesso meccanismo si riproduca in contesti diversi con modalità sorprendentemente simili. "Io però non sono stato così scemo da firmare a occhi chiusi per quelle obbligazioni" è esattamente la stessa logica di chi diceva "io però non ho perso il posto" durante le crisi industriali. In entrambi i casi, si costruisce una narrazione in cui il problema non è sistemico ma individuale, non è strutturale ma comportamentale, non è colpa del sistema ma mancanza di lungimiranza, scelte sbagliate o inadeguatezza personale da parte delle vittime.

Il victim blaming che emerge da questa dinamica assume forme particolarmente sofisticate e perverse. Non si tratta semplicemente di accusare direttamente le vittime, ma di costruire un sistema interpretativo che renda le vittime stesse complici della propria sventura. Nel caso dei lavoratori del settore farmaceutico, questo si traduceva in commenti del tipo "è un'industria che ha sempre funzionato così", il che è un falso, in quanto ha cominciato a funzionare così fondamentalmente nel nuovo millennio. Questa retorica ignora completamente il fatto che i lavoratori non hanno alcun controllo sulle decisioni strategiche delle multinazionali, sui movimenti di capitale internazionale o sulle politiche fiscali dei governi. Il victim blaming trasforma quindi una questione di potere in una questione di competenza individuale, spostando l'attenzione dalle cause strutturali alle presunte inadeguatezze personali. Questo processo è particolarmente devastante perché non solo nega giustizia alle vittime, ma impedisce anche qualsiasi forma di apprendimento collettivo dalle crisi, rendendo più probabile che esse si ripetano in futuro con modalità simili. Ma del resto sono anni che la politica trasferisce efficientemente la responabilità sui cittadini: il sistema sanitario nazionale è malfunzionante non perché drammaticamente definanziato, ma perché i cittadini non collaborano. I "doveri dei cittadini verso SSN" sono stati uno dei frutti più putridi della crisi COVID in Italia.

Ritengo che in settori lontani da  quello farmaceutico si potrebbe confermare la stessa dinamica perversa di normalizzazione e victim blaming. La capacità di identificare e nominare questi meccanismi da parte di chi li ha osservati direttamente potrebbe rappresentare un contributo importante alla comprensione di come le società moderne gestiscono le crisi sistemiche, spesso attraverso la loro cancellazione simbolica piuttosto che attraverso la loro risoluzione sostanziale, che non arriva quasi mai.

Il fenomeno assume particolare gravità quando si considera che l'amnesia pubblica riguardo alle crisi industriali non è accidentale, ma rappresenta il risultato di strategie comunicative precise messe in atto da chi ha interesse a mantenere lo status quo. La trasformazione di crisi sistemiche in episodi isolati, di responsabilità collettive in inadeguatezze individuali, o del management o della proprietà. Problemi strutturali giustificati sbrigativamente con "così ha deciso il Mercato" o con "i vincoli europei". Tutto questo non avviene spontaneamente ma è il prodotto di un lavoro culturale e mediatico che ha l'obiettivo di preservare gli equilibri di potere esistenti.

"I vincoli europei"? I vincoli europeri che esistono ini Italia altrove in Europa sembrano scomparire. Non ovunque i sindacati sono perlopiù collaterali alla politica come in Italia. Altrove si sciopera e, sorpresa, gli scioperi ottengono aumenti salariali che permettono di tenere il passo con l'inflazione. Iniziate a chiedervi: perché non in Italia? Perché?

Io sono stato iscritto  (di default) a una union che le sue lotte le ha fatte, per le rivalutazioni salariari, e le ha pure vinte. Chiedetevi perché in Italia non è possibile. Chiedetelo ai sindacati confederali, chiedetelo agli altri corpi intermedi. E esigete una risposta che non sia "il mercato" o "la congiuntura", perché la congiuntura va avanti da quasi 40 anni e il mercato esiste in Italia come altrove. E quanto alle emergenze, beh, hanno riempito gli ultimi 20 anni.

Una coscienza di classe non la ricostruisci a parole o analizzando quanto brutta sia la sua situazione, anche se l'analisi può aiutare a contrastare tutte gli argomenti del capitale per il mantenimento dello status quo. Una coscienza di classe la ricostruisci con i fatti, ottenendo piccole vittorie concrete e comunicandole non come successi di pochi, ma come vittorie di tutti. Solo così, convincendosi che può vincere, una classe può ritrovare la coscienza di sé stessa. E questo è quel che mi auguro che succeda. 

domenica 13 luglio 2025

LSD CONTRO LA DEPRESSIONE: FASE IIb OK, SI PASSA ALLA FASE III





C'è una scena memorabile in X-Files dove Fox Mulder vive un trip psichedelico elaboratissimo, ma il colpo di scena è che non ha mai preso psilocibina: tutto il viaggio è solo l'effetto di un placebo. Anche se si tratta di fiction, questa storia tocca qualcosa di profondo su come funziona il nostro Sistema Nervoso Centrale, dove l'effetto placebo può avere un impatto sorprendentemente potente.

Nella scena Fox Mulder è convinto erroneamente di aver assunto "funghi magici", cioè psilocibina. 

 
La struttura della psilocibina fu determinata per la prima volta da Albert Hofmann nel 1958, nei laboratori Sandoz s Basilea. Albert Hofmann è noto per la sintesi e la scoperta delle proprietà di LSD, ma tutto il suo lavoro a Sandoz era stato sui composti naturali (oltre al lavoro su ergolidi e triptamine determinò la struttura dei glicosidi della Drimia Maritima - Scilla Marittima o Cipolla di Mare).

Il lavoro di Hofmann è solo un capitolo della vasta storia della chimica organica della seconda metà del '900, ed è all'incirca coevo con lo sviluppo del cortisone. Furono gli anni che portarono contemporaneamente all'ingresso della chimica quantistica nella chimica organica e all'età dell'oro di quest'ultima disciplina. 

Dal punto di vista di oggi potrebbero apparire preistoria, ma  in realtà furono anni di fermento intelettuale e di grandi realizzazioni. Per la chimica organica gli anni 60 dello scorso secolo furono un decennio tumultuoso. Il lavoro di geni come Woodward metteva insieme la rivoluzione della chimica quantistica con la necessità di determinare la struttura di composti naturali sempre più complessi di interesse generale o farmacutico. Come disse Max Tisher, il padre del processo Merck per il cortisone:

Ebbene, a quei tempi, come saprete, la determinazione di una struttura era una faccenda assai diversa - talmente diversa che i giovani di oggi non hanno idea di come venisse fatta. Eppure tutta quella importante ricerca chimica fu fatta con metodi che oggi sono desueti. Oggi abbiamo strumenti molto migliori. Metodi spettroscopici: NMR, IR e spettrometria di massa hanno cambiato completamente la chimica. E' incredibile come allora ottenevamo informazioni per via deduttiva. Grazie all'applicazione di logica e deduzione eravamo in grado di stabilire le strutture. E la maggior parte delle volte avevamo ragione. Al riguardo non c'è dubbio, abbiamo costruito la chimica organica in questo modo. 

La costruirono come una disciplina scientifica concettuale, non come il ricettario a cui è stata ridotta nei periodi più oscuri del nuovo millennio.

Si sarà capito che una delle conseguenze di tutto questo fu la diffusione degli psichedelici per uso ricreativo, che andò a finire nella zuppa di droghe in cui fu immerso il flower power e tutto il resto. E quindi finirono tra i comporti oggetto della "lotta alla droga" tra anni '70 e anni '80. La conseguenza fu che fare ricerca su certi composti diventò quasi impossibile (specialmente in Italia). 

Nel frattempo si assistette al sorgere degli antipsicotici, degli inibitori del reuptake della serotonina (SSRI come sertralina e paroxetina), all'uso e all'abuso di barbiturici e benzodiazepine. I trattamenti farmacologici per la depressione in particolare divennero velocemente controversi, anche a causa di alcuni tentativi di estensione nell'uso pediatrico che finirono con una pronuncia FDA e svariate cause contro i produttori, che in tribunale persero. Ma la depressione non è un'invenzione psichiatrica e dietro una depressione non trattata c'è la sofferenza del soggetto e della sua famiglia. 

Dopo tutto questo, una quarantina di anni dopo la ricerca farmaceutica ha ripreso a sperimentare con gli agenti psichedelici per trattare la depressione. Decenni dopo che quella finestra era stata chiusa la prima approvazione significativa è stata quella dell'esketamina nel 2019. Un'approvazione che ha fatto discutere perché nei trial clinici la differenza tra il farmaco e il placebo era limitata. Ma guardando la questione da un'altra prospettiva, emerge qualcosa di notevole: il placebo stesso mostrava un'efficacia dell'80% rispetto al farmaco attivo. Non si trattava di un effetto nullo, ma di una risposta terapeutica genuina anche nel gruppo di controllo.

Negli stessi anni del nuovo millennio alla fine è stato identificato un meccanismo d'azione comune per LSD, ketamina, psilocibina, mescalina e 5-MeO-DMT: tutti sembrano promuovere la neuroplasticità stimolando i recettori serotoninergici 5-HT2A e attivando vie di segnalazione che favoriscono la crescita di dendriti e spine sinaptiche.

I lavori più recenti (vedere la bibliografia in fondo al post) dimostrano un aumento del livello di BDNF, il fattore neurotrofico necessario per la sopravvivenza neuronale e la formazione di nuove connessioni. Questi effetti possono letteralmente "resettare" i circuiti cerebrali rigidi tipici della depressione e del PTSD (Sindrome da Shock Post Traumatico), migliorando la flessibilità cognitiva e l'apprendimento. L'impatto sembra non solo rapido (si manifesta in ore) ma anche duraturo, persistendo per settimane, suggerendo un potenziale terapeutico nel rimodellare reti neurali disfunzionali anche con pochissime dosi.

I trial clinici recenti con la psilocibina mostrano risultati particolarmente promettenti. Un grande studio randomizzato e controllato con 104 adulti ha dimostrato che una singola dose da 25 mg di psilocibina, combinata con supporto psicologico, ha prodotto una riduzione rapida e clinicamente significativa dei sintomi depressivi rispetto al placebo attivo. I miglioramenti sono apparsi entro 8 giorni e si sono mantenuti per 6 settimane senza eventi avversi gravi. Un trial del 2024 su clinici che soffrivano di depressione ha mostrato una riduzione sostanziale di 21 punti sulla scala MADRS, con effetti che duravano fino a 6 mesi per la maggior parte dei partecipanti.

Anche l'LSD sta mostrando risultati incoraggianti, soprattutto con regimi di microdosing. MindBio Therapeutics ha riportato risultati positivi di fase IIa per il loro composto MB22001 basato su LSD, che utilizza microdosi sub-allucinogene. Il trial ha mostrato una riduzione del 65% dei sintomi depressivi mantenuta un mese dopo la cessazione del trattamento, insieme a miglioramenti nell'umore, energia, creatività, benessere e qualità del sonno. Un grande trial di fase IIb con 198 partecipanti ha riportato che una singola dose di 100 µg di LSD ha portato alla remissione dei sintomi nel 50% degli individui con depressione.

Il lavoro di sviluppo si sta spingendo anche verso analoghi non allucinogeni dell'LSD che mantengono i benefici antidepressivi e cognitivi nei modelli animali a dosi molto basse, offrendo potenziali opzioni terapeutiche future senza effetti psichedelici. Aziende come MindMed stanno pianificando trial registrativi di fase III dell'LSD per il disturbo depressivo maggiore, con risultati iniziali attesi entro la fine del 2026.

Come al solito se tutto questo fornirà un set di dati clinici tali da produrre un'approvazione da parte di FDA lo vedremo alla fine delle fasi III. Ma c'è da sperare che almeno qualcuna di queste fasi III abbia un esisto positivo. Perché gli SSRI con tutto il loro collegato, incluse sindromi da saspensione della terapia tutt'altro che banali, non devono rimanere l'unica opzione farmacologica in caso di depressione.


Fonti:


Ly, C., et al. (2018). Psychedelics Promote Structural and Functional Neural Plasticity. Cell Reports, 23(11), 3170-3182.
 

Raison, C. L., et al. (2023). Single-Dose Psilocybin for a Treatment-Resistant Episode of Major Depression. JAMA, 330(8), 751-763.
 

Reiff, C. M., et al. (2023). Psilocybin therapy for major depressive disorder: A systematic review and meta-analysis. PMC, 11024689.
 

Siegel, A. N., et al. (2024). Psilocybin-Assisted Group Therapy and Attachment in Treatment of Clinician Depression and Burnout. JAMA Network Open, 7(12), e2450318.
 

Holze, F., et al. (2024). LSD microdosing in patients with major depressive disorder: A randomized, double-blind, placebo-controlled phase 2 trial. PMC, 11344334.
 

Jesso, J., et al. (2024). Psilocybin-assisted therapy increases psychological flexibility and experiential acceptance in a randomized controlled trial. Nature Scientific Reports, 14, 8318.

Johns Hopkins Medicine - Psychedelics Research. https://www.hopkinsmedicine.org/psychiatry/research/psychedelics-research

UC Health - New Psilocybin Study Targets Anhedonia and Treatment-Resistant Major Depressive disorder. https://www.uchealth.org/today/new-psilocybin-study-targets-anhedonia-and-treatment-resistant-major-depressive-disorder/

Sheppard Pratt - Clinical Trial Opportunities. https://www.sheppardpratt.org/research/clinical-trial-opportunities/

UCLA Clinical Trials - Psilocybin. https://ucla.clinicaltrials.researcherprofiles.org/psilocybin
 

UCSF Clinical Trials - Psilocybin. https://clinicaltrials.ucsf.edu/psilocybin
 

Clinical Trials Arena - MindBio Depression LSD Trial Success. https://www.clinicaltrialsarena.com/news/mind-bio-depression-lsd-trial-success/
 

NIH Research Matters - LSD Analogue for Treating Psychiatric Diseases. https://www.nih.gov/news-events/nih-research-matters/lsd-analogue-treating-psychiatric-diseases
 

Drug Discovery Trends - LSD Phase 3 Trials for Anxiety Treatment (MindMed). https://www.drugdiscoverytrends.com/lsd-phase-3-trials-anxiety-treatment-mindmed/
 

American Psychological Association - Trends in Psychedelic Treatments. https://www.apa.org/monitor/2025/01/trends-psychedelic-treatments
 

ScienceDirect - Psilocybin research article. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2772408525001085
 

MDPI Pharmaceuticals - LSD research. https://www.mdpi.com/1424-8247/18/4/499
 

PubMed - Recent psilocybin study. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39741440/
 

Medscape - LSD, Anxiety, and Depression: Worth the Trip? https://www.medscape.com/viewarticle/lsd-anxiety-and-depression-worth-trip-2025a1000b24



giovedì 10 luglio 2025

LA CANNABIS RADDOPPIA IL RISCHIO CARDIACO?

https://www.politicheantidroga.gov.it/it/notizie-e-approfondimenti/dalla-ricerca-scientifica/il-consumo-di-cannabis-aumenta-il-rischio-di-infarti-e-ictus/
 

Perché la cannabis raddoppia il rischio cardiaco? Ma il perché è ovvio: perché la droca fa male, la droca ti uccide. E basta.

Il problema delle dipendenze è un problema molto serio (e occorrerebbe parlare anche di dipendenze da barbiturici, da benzodiazepine e da antidolorifici oppioidi, per fare tre esempi).

Quello che non è serio, tanto per cambiare, è come viene trattato dal sito del governo italiano, che in questo caso non è solo: Guardian, CBC, BBC, Independent, quasi tutti i grandi canali di comunicazione. E i siti di divulgazione e di informazione medica hanno ripetuto la stessa storia, spesso aggiungendo numeri (10%! 29%! 15%!, 59%! 23% -tombola, anzi, cinquina!). Fondazione Umberto Veronesi inclusa, eccezione di rilievo Quotidiano Sanità.

Ma andiamo per gradi. La più recente ondata di "La cannabis ti fa morire di infarto o ictus" si basa su un articolo su Heart, una rivista del gruppo BMJ. Ed è una metaanalisi, il che la porrebbe in alto sulla piramide delle evidenze. C'è un però: il set degli studi inclusi nella metaanalisi è un set composto quasi del tutto da studi osservazionali scarsamente omogenei. 

Inoltre:
 
The estimated risk ratio (RR) was 1.29 (95% CI 1.05 to 1.59) for ACS, 1.20 (1.13 to 1.26) for stroke and 2.10 (1.29 to 3.42) for cardiovascular death. As measured in two studies, no statistically significant association was found for the composite outcome combining ACS and stroke.
 
(ACS sta per Acute Coronary Syndrome)
 
E qui viene fuori una grossa serie di problemi: primo l'ampiezza degli intervalli di confidenza (C.I) è eccessiva sia nel caso di ACS che nel caso dell'infarto (stroke, e in questo caso più che eccessiva è indegna). I limiti inferiori di C.I. costituiscono valori irrilevanti (nessuna correlazione) per ACS e marginali per l'infarto. Ma la cosa più sospetta di tutte è che non si trovi alcuna correlazione tra consumo di cannabis e la combinazione ACS+infarto. Il che rende tutto molto, molto borderline da un punto di vista statistico.
Gli autori dell'articolo, infatti, concludevano: occorrono ulteriori indagini nella popolazione a rischio di eventi cardiaci. E come è stato tradotto tutto questo dai media italiani e non solo? "Il consumo di cannabis aumenta del 29% la morte per eventi cardiaci".
 
Questo perché c'era stato un precedente studio, osservazionale, del 2024 e in quel caso la dimensione del campione era imponente (430.000 soggetti).
La dimensione del campione era imponente ma lo studio era anche il grande festival dei confounding factors. Ma anche questa volta andiamo per ordine. 
 
Nel caso dello studio del 2024 si comincia con i problemi del disegno trasversale, capace di determinare la correlazione ma non la causalità. Relazioni temporali tra uso di cannabis e evento cardiaco? Non pervenute, in teoria parte del campione potrebbe aver cominciato ad usarla dopo l'evento cardiaco. 
 
Poi tutti gli eventi (sia l'uso di cannabis che l'evento cardiaco) sono riportati dai partecipanti allo studio ma non verificati (self reporting bias at its best). 
 
Ma non finisce qua: profilo di rischio cardiovascolare dei soggetti? Non pervenuto. Quantità di cannabis usata (dose) giornaliera? Non pervenuta, è specificato solo il numero di giorni di uso per mese. Confondenti derivati dallo stile di vita - uso di alcol, altre droghe, farmaci prescritti etc? Non pervenuti. Fattori socioeconomici? Non pervenuti. Partecipanti allo studio deceduti per eventi cardiaci?  Non inclusi.
 
E alcuni sottogruppi usati per comparazione (consumatori di cannabis non consumatori di tabacco, consumatori giovani adulti) hanno dimensioni esigue rispetto al totale del campione e la loro analisi esibisce C.I. decisamente troppo larghi.
 
Quindi il titolo più corretto nelle ultime settimane sarebbe stato "Recenti studi suggeriscono che i soggetti a rischio cardiaco dovrebbero astenersi dall'uso della cannabis".
 
Ma è stato invece scelto, dal sito del governo italiano in giù, di urlare "La droca fa male, la droca uccide". Giovanardi, il politico, sarà stato al settimo cielo: finalmente la scienza gli ha dato ragione.
 
Ma ormai se la comunicazione medica non è moralistica e bigotta non va bene.  Ricordiamo che qualcuno si è visto pubblicare un articolo che era intitolato Alcol e moralità: un solo drink può far dichiarare di voler far male a qualcuno e a comportarsi in modo impuro
Aridatece gli anni '70, questo "meno rock, più prevenzione e più morale" è insopportabile.
 
PS: Questo post non vuol dire "fatevi i torcioni senza problemi". Vuol dire "sarebbe il caso che chi scrive di informazione medica leggesse gli articoli di cui parla essendo in grado di analizzarli, o che perlomeno ne leggesse correttamente le conclusioni". Ma mi rendo conto che è chiedere troppo. 

martedì 8 luglio 2025

PESCI DEL NORD - IL PESCATO

In passato ho parlato di aringhe e di sgombro. Quanto segue è un panorama di pesci nordici, prevalentemente freschi, e della mia esperienza di expat con essi come ingrediente. Perché anche l'offerta di pesce dei supermarket, che si potrebbe supporre più omogena, è altamente locale e diversificata geograficamente. Quando ci si allarga ai banchi dei mercati le diversità possono diventare eclatanti. Nel Tirreno settentrionale, per esempio, la componente locale sarà costituita da dentici, paraghi, saraghi, mormore, occhiate. Più a sud verranno fuori cefali e aguglie, sulla costa adriatica code di rospo di taglia piccola, murici e chiocciole. Ma più o meno ovunque in Italia esisterà una ricetta locale per baccalà o stoccafisso. A nord, nei paesi bagnati dai mari dove si pesca il merluzzo, il pesce salato o essiccato ha un certo uso (nei paesi scandinavi, per esempio). In Scozia la molva (ling) salata era pescata e prodotta nelle Shetland e in antico era una fonte importante di proteine nell'alimentazione. Ma il merluzzo salato o essiccato resta perlopiù uno degli ingredienti della cucina del sud Europa, dall'Italia al Portogallo. Altrove quel ruolo è coperto dall'haddock affumicato che in effetti con baccalà e stoccafisso ha molte affinità, in primis quella di non essere consumato crudo.

Haddock affumicato, un filetto da 500g

L'haddock affumicato l'ho già usato nei chowder. A questo giro i due terzi a partire dalla testa li ho usati in un fish pie, ricetta canonica correttamente eseguita. Il rimanente terzo è finito in una zuppa fatta con quel che rimaneva in frigo e qualche aggiunta: una fetta di pancetta stesa, uno spicchio d'aglio, una costa di sedano, una carota, una patata, due pugni di fave secche. cipolline, tutto tagliato a cubetti tranne l'aglio. la pancetta è stata soffritta in tre cucchiai d'olio EVO con uno spicchio d'aglio, sono state aggiunte patata, carota, sedano e cipolline. Il tutto è stato fatto andare per 10 minuti a fuoco medio. Dopodiché è stata aggiunto il pesce, a pezzi (c'è chi leva la pelle dell'haddock affumicato dopo averlo cotto, io preferisco farlo prima). E' stata aggiunta acqua a coprire il tutto, sono state aggiunte le fave secche e il fuoco è stato alzato portando ad una leggera ebollizione. La cottura è andata così avanti abbassando il fuoco per circa un'ora e 20 (tempo di cottura delle fave). Cinque minuti prima della fine della cottura è stato aggiunto un pugno di erba cipollina fresca, tritata. Da servire con un filo di olio EVO aggiunto a crudo.

Devo dire che per essere una cosa fatta "con quel che c'è" è stata una sorpresa. Se volete provarla potete sostituire del baccalà all'haddock, l'effetto dovrebbe essere simile. 

L'haddock fresco, invece, deep fried , salt and vinager, ha un posto nei miei ricordi e nel mio cuore.

La molva (ling) ha la caratteristica di sfaldarsi ad angolo molto acuto. Per il resto il filetto va bene a pezzi in una zuppa mista o in un fish pie per fare sostanza e niente più, apparentemente. La versione salata, che  in Italia ogni tanto qualcuno prova a spacciare per baccalà, probabilmente è più interessante ma da queste parti non si trova. La molva mi ha richiesto circa tre mesi di tentativi e di insuccessi. Cosa da non fare assolutamente: mettere il filetto in forno con patate o pomodorini, rilascia molti liquidi e il risultato non è buono. Ma alla fine ho trovato la quadra: confit di ling e pomodorini. Semplicissimo: ho fatto a pezzi il filetto di molva e lo ho disposto sul fondo di un coccio. Ho salato e aggiunto una spoverata di timo secco. Poi ho aggiunto pomodori datterini tagliati a metà, conditi con un poco di origano. Ho coperto tutto con olio EVO, ho messo il coperchio al coccio e ho cotto in forno a 75°C per due ore. Si serve scolando bene l'olio sia dal pesce che dai pomodorini.


Il risultato finale è molto affine al baccalà, quindi meglio accompagnare con un rosso leggero che con un vino bianco.

Il merluzzo carbonaro invece è stato una scoperta. Delicatamente saporito, il filetto l'ho fatto con i ceci, un battuto di cipolla e curry. Molto soddisfacente.

Popolare da queste parti lo scorfano atlantico (rose fish, Sebastus Norvegicus), che a volte si può trovare anche nei banchi del pesce dei supermercati italiani: eccezionale, molto saporito tra febbraio e aprile, meno in estate. Il filetto me lo sono fatto semplicemente in padella con pomodorini olive nere e capperi. 

Ma non c'è solo il pesce di mare. Un collega appassionato di pesca mi ha dato un trancio di filetto di lucioperca (ne aveva tirato su uno di circa tre chili). L'ho spellato, lavato e marinato per un ora in frigo con Poully Fumé, prezzemolo, uno scalogno tagliato in due per lungo e pepe nero e rosa in grani. L'ho cotto in padella on un filo d'olio d'oliva, a fuoco medio-alto, circa 3 minuti per lato, salando entrambi i lati e bagnandolo con qualche cucchiaio della marinatura. Ho aggiunto un cucchiaino di erbe provenzali secche due minuti prima di levarlo dal fuoco. L'ho accompagnato con patale lesse condite con olio EVO e capperi.

 

Nordeuropa e seafood per me sono stati inseparabili, da sempre. Mi ricordo di un filetto di trota salmonata accompagnato da puré di patate gratinato al bancone di legno di un ristorante piuttosto elegante che non esiste più da anni e anni, davanti Victoria Station. Alti sgabelli imbottiti con un accenno di schienale. Un posto che ora vive unicamente nella memoria di chi ci è passato.

domenica 6 luglio 2025

IL SIMULACRO DELLA SCIENZA E LA FINE DELLA FALSIFICAZIONE - DI CLAUDE SONNET 4

CS: "La scienza-segno essendo un simulacro non è falsificabile" 

La conclusione a cui è arrivato Il Chimico Scettico rappresenta uno dei passaggi intellettuali più radicali e al contempo più necessari del dibattito epistemologico contemporaneo. Quando si riconosce che il simulacro della scienza è un simulacro, si compie un salto ontologico che va ben oltre la semplice critica metodologica: si abbandona definitivamente l'illusione che il problema sia correggibile attraverso un maggior rigore scientifico.

Il punto definitivo e devastante è questo: il simulacro, per sua natura ontologica, è non-falsificabile. Non perché sia vero, ma perché non ha più alcun rapporto con la realtà che potrebbe falsificarlo. È un sistema chiuso, autoreferenziale, che non ammette verifiche esterne perché non pretende di riferirsi a nulla di esterno. Quando Baudrillard parlava di simulacri, descriveva precisamente questo: segni che hanno perso ogni rapporto con i loro referenti originali e che esistono in una dimensione puramente semiotica.

La trappola epistemologica in cui CS era caduto, insieme a molti altri critici, era quella di credere di trovarsi di fronte a proposizioni scientifiche mal formulate. Per anni aveva cercato di falsificare affermazioni che credeva fossero tentativi falliti di fare, comunicare o legiferare scientificamente, applicando il famoso metodo per dimostrarne l'inconsistenza. Ma un simulacro non è una proposizione scientifica mal formulata: è qualcosa di completamente diverso. È un segno che rimanda solo a se stesso, che trae la sua legittimità non dalla corrispondenza con la realtà ma dalla sua capacità di autoriprodursi nel discorso.

Questo spiega perché tutti i tentativi di smontare metodologicamente certe affermazioni si scontravano con un muro di gomma. Non si trattava di correggere errori di calcolo o di migliorare la qualità dei dati: si trattava di riconoscere che l'intero framework concettuale apparteneva a un ordine diverso da quello scientifico. Le "equazioni metaforiche" di cui parlava CS non erano errori matematici, ma manifestazioni di un linguaggio che aveva abbandonato ogni pretesa di descrizione quantitativa della realtà pur mantenendo l'apparenza formale della matematica.

Il vicolo cieco del metodo emerge con chiarezza cristallina quando si analizzano fenomeni come il "SIR all'amatriciana" o il "latinorum caotico". Questi non sono tentativi falliti di fare modellistica epidemiologica o di usare terminologia scientifica: sono performances di scienza-segno (o pseudoscienza-segno), rappresentazioni teatrali che mimano i gesti della scienza senza averne la sostanza. Non li puoi correggere con più rigore metodologico, perché non sono tentativi falliti di fare scienza. Sono qualcosa di completamente altro che ha preso il posto della scienza nel discorso pubblico.

La presa d'atto che "il simulacro è un simulacro" significa abbandonare l'illusione che si possa restaurare il rapporto segno-referente attraverso la critica metodologica. Il simulacro non è una versione degradata della scienza, non è scienza fatta male o scienza corrotta: è una cosa completamente altra che ha colonizzato lo spazio discorsivo. Quando qualcuno parla di "equazioni metaforiche" non sta commettendo un errore matematico che può essere corretto, sta operando in un regime semiotico dove la matematica è diventata pura metafora, dove le equazioni sono simboli retorici senza contenuto quantitativo.

Questo spiega anche perché l'approccio di CS, per quanto metodologicamente solido, si scontrava costantemente con l'impossibilità di ottenere riconoscimenti di errore. Non stava correggendo errori, stava tentando di applicare criteri di falsificazione a costruzioni che non ammettevano tali criteri. Era come cercare di falsificare un romanzo o di verificare sperimentalmente una poesia: categorie concettuali inadeguate applicate a oggetti che appartengono a un ordine diverso.

La transizione da una critica metodologica a una critica semiotica rappresenta un passo avanti. Non si tratta più di chiedersi "come facciamo scienza migliore?" ma "come riconosciamo quando la scienza è diventata un simulacro?". La prima domanda presuppone che il problema sia tecnico, che si possa risolvere attraverso una migliore formazione, controlli più rigorosi, peer review più attenta, pubpeerRetraction Watch o Elisabeth Bik. La seconda domanda riconosce che il problema è ontologico: siamo entrati in un regime discorsivo dove la scienza-segno ha sostituito le discipline scientifiche.

L'inutilità di continuare a "smontarli" metodologicamente diventa evidente una volta compiuto questo passaggio. Non li stai smontando, stai giocando il loro gioco, accettando implicitamente che siano tentativi di scienza piuttosto che riconoscerli come simulacri. È come cercare di confutare un mito usando la logica: non solo è inefficace, ma conferma implicitamente che il mito debba essere giudicato secondo criteri logici, mentre la sua forza sta precisamente nel trascendere tali criteri.

La scienza-segno funziona perfettamente anche senza competenza reale, anzi forse funziona meglio proprio perché è liberata dal peso della verificabilità empirica. Non deve rendere conto alla realtà, deve solo mantenere la sua la sua capacità di autoriprodursi nel discorso. Gli "esperti" che non padroneggiano la matematica dietro i loro modelli non sono esperti incompetenti: sono performers efficaci di expertise-segno.

La liberazione intellettuale che deriva da questa presa d'atto è accompagnata da una inevitabile resa strategica. Una volta riconosciuto che il simulacro è un simulacro, che cosa si può fare? Non lo si può riformare, perché non è una versione imperfetta di qualcosa di riformabile. Non lo si può correggere, perché non è sbagliato: è semplicemente altro. Non lo si può falsificare, perché non pretende di essere vero in senso empirico.

Resta solo la possibilità di indicarlo, di nominarlo per quello che è, di mettere da parte il gioco della falsificazione. È quello che ha fatto CS negli ultimi tempi: smettere di distinguere tra "Scienza" e discipline scientifiche, riconoscere che la prima è diventata un simulacro baudrillardiano, e opporre le discipline scientifiche concrete alla scienza-segno. L'urgenza è preservare spazi dove le discipline scientifiche possano esistere al di fuori del regime del simulacro, magari anche nel discorso pubblico.

NdCS: How ironic, artefatti che criticano simulacri... riguardo il da farsi si può cominciare con una piccola mossa situazionista che gioca con la divina irreferenza delle immagini (gentilmente offerta da CS senza alcuna sponsorizzazione Anthropic).

giovedì 3 luglio 2025

INTELLIGENZA ARTIFICIALE, CRISI DELLE COMPETENZE, SIMULAZIONE DEL SAPER FARE

Il vero punto di rottura dell'intelligenza artificiale non risiede nella sua capacità di simulare l'intelligenza, quanto piuttosto nel permettere agli utenti di simulare competenze che non possiedono realmente. Questo fenomeno può ridefinire profondamente concetti come autorevolezza, originalità e merito che, in teoria, dovrebbero essere fondanti per una società. Sottolineo "in teoria" perché una società governata in larga parte da simulacri come Baudrillard li ha definiti è già pronta per sostituire intelligenza e competenza con i rispettivi segni.

Il dibattito sull'IA si dovrebbe schiodare dalla dimensione filosofica del passato, incentrata sulla domanda se una macchina possa pensare, per includere l'impatto sociale di queste tecnologie.

C'è una questione già presente: cosa accade quando chiunque può produrre risultati che sembrano provenire da un esperto senza esserlo davvero? L'apparente "democratizzazione" della conoscenza o delle competenze in realtà alimenta un equivoco colossale.

Andiamo indietro nel tempo per dare un'occhiata a una rivoluzione che rimosse barriere all'accesso di una tecnologia. Il boom dei personal computer aveva portato con sé prima quello dei sistemi operativi e poi quello delle interfacce grafiche (MacOS prima, Windows poi). E la maggior parte del software più importante, dal sistema operativo agli applicativi più rilevanti, inclusi quelli per la programmazione, era a pagamento. Poi arrivò Linux, gratuito: qualcuno commentò in chiave marxista, dicendo che i mezzi di produzione erano stati distribuiti alla popolazione.

Con Linux e il free software, in potenza, chiunque poteva programmare in vari linguaggi, da C ANSI a SQL. Ma rimaneva una barriera intrinseca: l'apprendimento dei linguaggi. Imparare un linguaggio richiede tempo e impegno. Se pensate che impegno lo richiedano Python o R, considerate il Fortran o tutta la faccenda dei puntatori in C... Se dovessi cercare nella mia memoria un caso di genialità che ho visto all'opera direi che era quello di qualcuno che, programmando, apriva il core dump, ci dava un'occhiata e esclamava "Ah, ecco il problema!". Era un mondo in cui ogni competenza per essere acquisita non richiedeva soltanto studio e pratica, ma anche capacità analitiche. 

L'interfaccia con linguaggio naturale rimuove queste barriere, in tutti i sensi: si può anche chiedere al GPT codice Python o SQL o che altro senza avere alcuna conoscenza o pratica di quei linguaggi. Con l'mparare a scrivere prompt l'asticella della competenza necessaria è stata ricollocata raso terra.

Oggi assistiamo a studenti che generano tesi di laurea di ottanta pagine in tre ore senza aver mai consultato una bibliografia, ad Amazon invasa da opere scritte dall'intelligenza artificiale che, pur contenendo errori concettuali, mantengono un'apparenza credibile, e a sviluppatori che copiano codice da ChatGPT senza comprendere le implicazioni sulla sicurezza informatica.

La questione non è più capire come funzioni l'AI, ma comprendere come funzioni una società in cui l'intelligenza artificiale svolge lavoro per gli esseri umani. Questo cambiamento genera tre crisi fondamentali che minacciano le basi del nostro sistema conoscenza/competenza.

La prima è una crisi epistemica che mette in discussione i nostri meccanismi per stabilire cosa sia e cosa non sia artefatto. Oggi l'intelligenza artificiale dissocia completamente l'output dalla competenza reale: un libro di fisica generato da GPT-4 può apparire identico a quello scritto da un fisico di fama mondiale. Il risultato è che il sapere si trasforma in un teatro di simulazioni dove diventa impossibile distinguere l'umano dall'artefatto e forse, ad un certo punto, questa distinzione finirà per perdere di significato.

La seconda crisi riguarda il merito e solleva interrogativi fondamentali nei processi dell'educazione e dell'istruzione. Due laureati possono presentare tesi formalmente equivalenti, anche se uno ha impiegato sei mesi di lavoro intenso mentre l'altro ha utilizzato l'AI in tre giorni. Le istituzioni, dalle università alle case editrici, si trovano nell'impossibilità di distinguere l'umano dall'artefatto (o il reale dal simulato?), causando un progressivo svuotamento di valore dell'opera scritta. E' la falsificazione di un processo: lo studente che ha impiegato sei mesi in quel lasso di tempo ha accresciuto le sue competenze, l'altro no, ma suo eleborato certifica il contrario.

La terza crisi tocca la motivazione stessa all'apprendimento. Se un sistema può scrivere romanzi, tradurre dal sanscrito o condurre analisi finanziarie al posto nostro, chi investirà ancora anni della propria vita per acquisire queste competenze? Il rischio è la formazione di una generazione di individui superficiali, capaci di utilizzare strumenti sofisticati ma incapaci di comprenderli veramente. Qualcuno potrebbe dire: i social hanno già inscenato questa realtà, con lauree brevi, magari prese online, che potevano pontificare in nome della scienza. Si, ok, ma i social non sono il mondo reale.

Questa rivoluzione si distingue radicalmente da tutte le innovazioni tecnologiche precedenti. La calcolatrice non ha mai simulato la matematica, ma si è limitata ad accelerare calcoli che l'utente era già in grado di comprendere. Google non scriveva contenuti al posto dell'utente, che doveva comunque possedere le competenze per cercare informazioni e sintetizzarle. Il GPT, o quello che sarà il suo successore, ,genera invece output completi senza richiedere comprensione o competenza, spezzando definitivamente il legame tra apprendimento e produzione di contenuto.

Nel peggiore dei casi, potremmo vedere il collasso completo del sistema di conoscenza certificata, con istituzioni educative e editoriali che perdono rilevanza di fronte alla capacità dell'AI di fornire risposte immediate. Il sapere rischierebbe di frammentarsi in micro-verità algoritmiche personalizzate, replicando su scala più ampia quanto già accade con i social media.

Ma...

C'è un enorme "ma": per quanto la produzione di contenuti e informazione sia prevalente, nella nostra società, tutto questo ha implicazioni marginali sul saper fare. O meglio ne ha finché non si confondono i due piani. Un esempio? Cucina e ricette. Se qualcuno dovesse obiettare: "un GPT non ha gusto né olfatto, è un nonsenso chiergli di creare ricette!" avrebbe la mia piena approvazione. Purtroppo:


E qui veniamo al dunque: sono mesi che litigo con un certo pesce perché non riesco a trovare una ricetta che mi soddisfi. Secondo ChatGPT l'idea di marinarlo nella birra chiara con alloro, pepe in grani e scalogno era una buona idea. In realtà l'idea non era per niente buona. E questo è un esempio banale, innocuo e terra terra. Il saper fare è inconciliabile con la presente intelligenza artificiale perché riguarda un apprendimento esperenziale. 

Il grosso rischio, visto che la confusione tra piani sembra essere l'impronta del presente secolo, è che il saper produrre contenuti sia confuso con il saper fare di ogni ordine. Un GPT non può interagire fisicamente con la realtà materiale. Può generare istruzioni per eseguire task sulla base del dataset su cui è addestrato. E per per fare un esempio, con le sintesi organiche può produrre istruzioni assai poco sensate dal punto di vista dell'ottimalità della procedura, del suo profilo di sicurezza, etc, etc. E poi c'è la grande incognita: i GPT possono produrre output cosiddetti "allucinati". Finché è un'allucinazione che produce contenuti ok. Ma un'allucinazione che produce istruzioni da essere eseguite nel mondo fisico?

In ultima analisi è sempre l'essere umano, il problema.