Esiste una corrente di rigetto della chemioterapia che, a parer mio, trova origine nei fallimenti dell'oncologia clinica. E' un'area in cui il fallimento è da mettere in conto, ma se dal mio punto di vista penso a come eravamo messi venti anni fa da una parte mi stupisco che in molti pensino che siamo fermi agli antiblastici (che ho sempre chiamato citotossici), dall'altra concludo che se qualcuno lo pensa c'è qualcun altro che glielo fa pensare.
Quando ho cominciato a lavorare i tassani avevano già cambiato un panorama che fino a pochi anni prima era fatto principalmente di alchilanti (ciclofosfamide), antimetaboliti (5-FU) antracicline e complessi del platino. Il quadro era quello che ho descritto qua: https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/dalla-prospettiva-del-laboratorio-1-il.html .
In questo panorama i tassani avevano costituito una novità significativa (e si sperava che le camptotecine potessero costituirne un'altra, ma non è stato proprio così).
Comunque nella vulgata "chemio" è quella che provoca perdita di capelli e immunodepressione. I tassani avevano migliorato di poco il quadro, da questo punto di vista. Ma il paclitaxel fu il primo farmaco oncologico a vendere per più di un miliardo di USD all'anno (1,6 miliardi nel 2000), a dimostrazione che globalmente era stato un consistente passo avanti.
Ma dall'altra parte dell'oceano nella seconda metà dei 90 era in piena attività Sugen, azienda in cui si lavorò a far luce sull' "albero delle chinasi" molto più che in tanti laboratori accademici. Furono loro a tirar fuori i primi inibitori di chinasi sperimentali. Nel 99 Sugen fu comprata da Pharmacia, e più o meno tutto il lavoro continuò come prima. Ma nel 2003 Pfizer comprò Pharmacia, e chiuse tutte le ricerche dell'acquisito. Un mio contatto, e altri che conosco, si ritrovarono per strada. Pfizer si ritrovò proprietaria del Sutent (sunitinib), approvato nel 2006 per cancro colorettale.
Contemporaneamente a Sugen, più o meno, a Ciba Geigy si lavorava sulla leucemia cronica mieloide, e il lavoro proseguì quando la fusione con Sandoz portò a Novartis (1996). Il risultato di quel lavoro fu imatinib mesilato, meglio noto come Glivec, il primo inibitore di chinasi approvato (2001). Il primo dei cosiddetti farmaci targeted. Da allora ne sono venuti fuori diversi (e alcuni molto noti sono anticorpi come Avastin).
Gli inibitori di chinasi sono stati un gran passo avanti, ma in primo luogo funzionano solo su quel particolare genotipo di cellula tumorale che sovraesprime quella specifica proteina o recettore.
In secondo luogo le cellule tumorali che non sono di quel particolare genotipo restano vive, e quindi la storia può non finire lì. Gli inibitori di chinasi sono ormai alla terza o alla quarta generazione, a seconda di come si classifica. Gli inibitori covalenti di chinasi li metterei a parte e sono stati un ulteriore passo avanti (afatinib, per fare un'esempio, quanto a tumori del polmone, qui qualcosa in più https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/oncologia-dalla-prospettiva-del.html).
Poi ci sono stati inibitori di proteasoma (bortezomib, eribulina) recentemente inibitori di PARP per il carcinoma ovarico BRCA+. E altre cose di minor rilievo.
Molto, molto si è parlato di immunoterapia oncologica. Ma al di là dell'hype, continua ad essere una questione di target farmacologici: se ottimi risultati sono stati ottenuti con alcuni inibitori di PD-1 (pembrolizumab, nivolumab), con PD-L1 le cose sono andate meno bene e con IDO stanno andando male. Ma la novità c'è, eccome, e i risultati pure.
Tutto questo (anche l'"immunoterapia") è targeted.
E' inutile usare herceptin contro un tumore al seno HER- .E' inqualificabile non usarlo per un tumore HER+. Quindi il test sul genotipo del tumore dovrebbe essere un prerequisito per accedere ai vantaggi degli ultimi 20 anni di ricerca (industriale).
Solo che si continuano a vedere protocolli di prima linea che prevedono cisplatino e ciclofosfamide, e certi nuovi test per la determinazione del tipo di tumore, per quanto pubblicizzati e approvati anche in Italia, restano completamente a carico del paziente. E non sono economici.
Ma d'altra parte il tratto comune di tutte questi farmaci, di cui molti non sono più nuovi (imatinib generico è disponibile da un anno) è la costante polemica sui loro prezzi. Che sono alti, beninteso, ma che caratterizzano pressoché ogni prodotto rilevante delle aziende che continuano ad avere un modello industriale research based (sempre meno simpatico anche al settore finanziario, che però dei prezzi alti beneficia sotto forma di utile sull'investimento - per tacere dei corsi azionari).
"Albero" delle chinasi, da https://www.researchgate.net/figure/A-phylogenetic-tree-created-by-Kinome-Render-showing-protein-kinases-studied-by-Karaman_fig4_255791329 |
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