Intendiamoci, il fatto è positivo. Ma se si legge bene l'articolo si vede che si parla di farmaci confezionati. Cioè si parla dell'insieme di attività che trasforma il principio attivo farmaceutico (API) nella confezione che è venduta in farmacia: la produzione della pasticca o della capsula o della fiala e/o il suo confezionamento. Rispetto alla produzione di API e allo sviluppo del farmaco richiede investimenti largamente inferiori a cui corrispondono valori aggiunti altrettanto ribassati.
Se la farmaceutica (formulati e confezioni) va avanti, l'industria chimico-farmaceutica italiana è ridotta al lumicino: nel 2005 il solo distretto laziale era arrivato a 7 miliardi di fatturato, nel 2023 le aziende afferenti a Aschimfarma fatturavano complessivamente 2,79 miliardi. Il processo che ha condotto a questa trasormazione è stato lungo, per molti versi tragico e ha segnato profondamente la vita di molti che ci lavoravano. Quindi ok, celebriamo il boom dei farmaci confezionati, anche se somiglia molto alla celebrazione di una medaglia d'oro alle paraolimpiadi dopo aver perso una gamba. Ma per celebrarlo non dimentichiamoci del resto: l'anno scorso, a Verona, Aptuit (cioè quel che resta dell'ex centro ricerche GSK) ha licenziato altri 31 lavoratori...
La vera sfida non sarebbe solo consolidare il ruolo dell’Italia come hub del confezionamento: ci sarebbe da ricostruire una filiera chimico-farmaceutica integrata. Ma immagino che si ritenga l'argomento definitivamente liquidato 15 anni fa e che una specializzazione "al ribasso" nel downstream della catena del valore farmaceutico vada benone ai più.
Ho parlato spesso delle ragioni per cui si espatria (qui, qui e qui per esempio). E ho parlato più di una volta del perché non si ritorna o, perlomeno, del perché non ho intenzione di tornare fino all'età pensionabile. Mi è sembrato il caso di sistematizzare la principale ragione mettendo giù qualche numero. Il problema non riguarda solo l'Italia, ma in generale l'Europa meridionale. Il gap è tale che, quando un cacciatore di teste che cerca candidati per una posizione nel sud Europa mi chiede quale sia il mio salario attuale,h annuisce e poi non si fa più sentire. Il seguente confronto è stato elaborato con l'uso di GPT (Grok, Deepseek, Perplexity e Claude AI).
Il capitalismo nei suoi anni avanzati è come una scatola di cioccolatini: gusti diversi, però sempre di cioccolato si tratta. Ma, beati loro (sarcasmo), in tanti continuano a prenderlo alla Forrest Gump:
Sarebbe a dire che se e quando riescono a sfangarla in un modo o nell'altro allora tutto bene, tutto regolare. E quando si è insediata la nuova amministrazione americana magari hanno parlato del sorgere di un potere brutale senza alcun rispetto per l'uomo, come se fino al giorno prima il potere USA e il sistema capitalistico che lo sostiene non fossero brutali ma avessero il massimo ripetto per l'umanità nel suo insieme. Bah...
Elon Musk, già idolo dei fan della scienza per
SpaceX e degli ambientalisti per la Tesla, quando si comprò un Twitter
in crisi licenziò l´80% del personale. Meccanismi standard del
capitalismo finanziarizzato, dove non si sa mai dove finisce l´industria e
dove comincia la finanza - sarebbe a dire che da decenni decisioni
industriali suicide per la finanza sono perfettamente sensate, tranne
poi lamentarsi dello stato delle cose alcuni anni dopo (questo nel caso dell'industria che vende prodotti materiali, riguardo al mercato dei prodotti immateriali digitali mi dichiaro incompetente). La stessa SpaceX di Musk esiste grazie al definanziamento della NASA: lo stato arretra, il libero mercato avanza e ho perso il conto di quelli che applaudivano fino a spellarsi le mani ogni volta che succedeva. Le grandi
ristrutturazioni (cioè taglio delle spese più licenziamenti) quando si
verificano nel privato non fanno notizia. L'industria farmaceutica occidentale è regolarmente soggetta a queste ristrutturazioni dalla fine degli anni '90 e al volgere del primo decennio del nuovo secolo le posizioni perse nella ricerca e sviluppo industriale furono migliaia e migliaia. Quasi mai questi fatti sono stati coperti dai media generalisti, mai sentito la "scienza" dire mezza parola al riguardo, specie in Italia. Quando oggi la stessa ricetta viene applicata
al settore pubblico statunitense ci si straccia le vesti, urlando
all´"attacco contro la scienza". Che dire?
Prima di ogni crisi (e quella in USA è una crisi) ci sono categorie di persone che si ritengono al sicuro, protette. Così si sentivano quelli che lavoravano nelle banche di investimenti di Wall Street prima del crack di Bear Sterns che avviò la crisi dei subprime, di sicuro. L'improvviso cambio di paradigma spesso fa saltare le posizioni di chi si credeva completamente al riparo e a questo giro accade a dipendenti delle agenzie federali. Welcome to my world, guys.
Bisogna aver vissuto o visto molto da vicino
una ristrutturazione industriale, con la sua dose massiccia di
licenziamenti e taglio dei costi, per riconoscerne le dinamiche. Nel
gran polverone della brutale spending review dell´amministrazione Trump
non ci sono ancora molti numeri certi e fatti verificati. Avrei voluto limitarmi a quello che sta succedendo a FDA: licenziamento sulla base di una performance review negativa, uguale per tutti, dei dipendenti ancora in periodo di prova. Il licenziamento durante la probation che, per i maligni, a me non è mai capitato, nel privato è una cosa insindacabile e quando l'ho visto succedere le ragioni erano più che ottime. Qui il caso è diverso, i dipendenti in probation sono i soggetti più deboli, contrattualmente, e visto che il licenziamento prevede una performance review negativa se ne inventa una. Facile immaginare che si proseguirà nel più classico dei modi, non rinnovando i contratti a termine, e poi si passerà al resto. Nel frattempo si punta su una vastissima offerta di "scivoli" e quale sarà l'esatto quadro a giugno, quando la polvere si sarà posata, è difficile da prevedere.
Dicevo che avrei voluto limitarmi, poi sono capitato su un articolo di Al Jazeera che effettua un confronto tra i licenziamenti di dipendenti federali di Clinton negli anni '90 e quelli attuali di Trump. Trump e Musk stanno trattando i dipendenti federali nel moderno stile corporate
yankee. Un collega tempo fa mi raccontò di un suo amico che
lavora a Apple negli USA: una mattina era arrivato al lavoro e tutti i
dipendenti erano fuori dai cancelli chiusi - i badge non funzionavano.
Il primo pensiero di tutti i presenti fu: "Oddio, ci hanno licenziato e
chiudono il sito!". Invece si trattava di un malfunzionamento del
sistema, ma l'episodio dovrebbe dare una vivida idea di come funzionano
le cose oltreoceano nel privato tecnocapitalista.
Riassumo in soldoni per come la vedo io: Clinton operò costruendo un consenso del congresso, la coppia Trump/Musk non si è posta il problema. Al che, come si dice, una domanda sorge spontanea: a un lavoratore che perde il posto che differenza fa se sul fatto c'è consenso politico?
Riguardo a USAID la chiusura dell'agenzia è una calamità per molti, che si ritrovano a secco di fondi, e su tutti i media italiani, ma per qualcuno no:
E cito il presidente della Colombia, Gustavo Pedro: "Riportatevi a casa i vostri soldi, sono veleno". Ma non è certo una novità: Costa Gavras denunciava la natura del "soft power" yankee già nel 1972 con L'amerikano - da una parte i programmi di aiuti, dall'altra addestramento alla controinsurrezione e alla tortura.
Il giorno del mio ritorno a nord dopo le vacanze di Natale era freddo e limpido, molto limpido. Da fuori dell'aeroporto il profilo dei monti era estremamente nitido. Mi sono ricordato di quando, in moto, salivo fino alla cima, in estate. Mi sono ricordato di quanto l'aria diventava fresca quando arrivavo al livello dei castagneti. Più in alto mi fermavo a guardare, da nord a sud: le Apuane, il lago di Massaciuccoli, la piana e più a sud le gru del porto di Livorno. Al largo, sul mare, Capraia, Gorgona, la Corsica e nelle giornate giuste anche, in lontananza a sud, l'Elba. E mi ricordo che guardando il panorama pensavo: "Il mondo della mia vita".
Beh, il mondo della mia vita si è dilatato non poco ed è un mondo diverso, più di trent'anni dopo, Non avrei mai potuto immaginarlo, ma mi sono mosso verso l'aeroporto dalla stessa fermata del bus dove arrivai, più di trenta anni fa, zaino in spalla, di ritorno da quello che fu il mio ultimo Interrail. Di quel viaggio tra l'altro mi ricordo Kirkwall, il suo porto con il mercato del pesce e velieri che erano arrivati lì da tutto il nord, incluso uno che veniva da Nantucket, Massachusetts: si erano fatti a vela il nord Atlantico.
Il porto di Kirkwall, Isole Orcadi, 1991
Fu l'occasione in cui incontrai per la prima volta l'Highland Park, fatto usando torba di erica (la torba di Hobbister Hill). A quei tempi non era un marchio ma il prodotto di una distilleria locale che aveva ancora solo piccole quote di esportazione. Veniva venduto negli spacci locali in bottigliette piatte da mezzo litro, cask strenght (56-60°, la quota da esportazione era in pezzi da 750 cc di solito con una più moderata gradazione di 40°), e il modo in cui andava giù liscio era piuttosto pericoloso. La sua versione attuale più vicina al prodotto di allora secondo me è la 10 y.o. Ambassador's Choice.
The snotgreen sea. The scrotumtightening sea. Epi oinopa ponton. Ah, Dedalus, the Greeks! I must teach you. You must read them in the original. Thalatta! Thalatta! She is our great sweet mother. Come and look.
E su un mare non color del vino ma del piombo traghettammo di ritorno verso Thurso...
Al di là di vecchie familiarità con il nord Europa, al di là di un inevitabile attaccamento alle mie radici, c'è tutto il resto, cioè la banale realtà del fatti.
Nel movimento di giovani persone tra i Paesi europei l’Italia partecipa
da grande fornitrice di persone ed è quindi fuori dalla circolazione di
talenti perché è ultima per attrattività. È pericoloso continuare a
cullarsi nella favola bella che facciamo parte di quella circolazione,
perché vuol dire fingere che la bassa attrattività non esista.
L’emigrazione dei giovani italiani non solo rende più difficile per le
imprese la ricerca di persone da assumere ma accentua enormemente il
mis-match tra domanda e offerta di competenze
That's it, e che in Italia si sia maestri nel distruggere valore non è certo una novità, ormai. L'articolo evidentemente attinge a voci e fonti assai diverse tra loro, infatti a un certo punto si scrive: "L’Italia affronta una forte carenza di profili tecnici. Eppure, il 58,2%
di chi è andato a lavorare all’estero svolge ruoli che nel nostro Paese
le aziende faticano a ricoprire: professioni qualificate nei servizi,
operai specializzati e semi-specializzati, personale senza qualifica."
E' del tutto chiaro che il punto è esattamente questo: è il ritratto di un sistema, quello italiano, che oggi ha bisogno di low skilled workers (un bisogno facile da soddisfare, se si offrissero stipendi dignitosi e se l'Italia non fosse il campione occidentale di stagnazione salariale). E a questo punto si è arrivati con un apparentemente irrefrenabile declino industriale. Intendiamoxi, esistono (o esistevano) in Europa esempi di grandi importatori di lavoratori low skilled: lo era il Regno Unito in era pre Brexit, continua ad esserlo la Germania, almeno fino all'altroieri. La capacità di attrazione di lavoratori low skilled è/era strettamente correlata all'offerta salariale: quale addetto alle pulizie in Italia può contare su un contrattto a tempo indeterminato e 1.700 eur di stipendio? Per quanto riguarda la Germania non dovrebbe essere dimenticata la "genialata" del nazismo di importare lavoratori low skilled ridotti in condizioni di schiavitù, non semplicemente un episodio di un periodo orribile del XX secolo ma anche un indizio significativo sulla natura profonda di un sistema al di là delle sue vicende politiche. Perché la Germania è grande, produce(va) laureati sufficenti al suo fabbisogno di lavoro high skilled, quindi si è sempre potuta permettere di importare solo lavoratori altamente qualificati che rispondevano al suo requisito primario: tedesco almeno B2 (una classica attitudine imperiale non estranea anche alla Francia). Nel settore farmaceutico se c'è l'esempio di Biontech a sparigliare le carte, Bayer, in tempi remoti all'avanguardia, fornisce un caso tipico: unica statina revocata dal mercato per effetti collaterali, cosviluppa con Onyx Sorafenib (il farmaco antitumorale targeted con il peggior profilo di effetti collaterali della sua classe) e alla fine compra da Pfizer Monsanto, giusto in tempo per perdere una causa miliardaria negli USA a carico del suo nuovo acquisto. In generale poi resta il problema di dove vada la lealtà dei lavoratori low skilled importati: quando non molto tempo fa il governo tedesco presentò l'opzione per la cittadinanza buona parte dei 3.5 milioni di turchi in Germania scelse passaporto e cittadinanza turca (per quel che mi riguarda per la determinazione della mia lealtà nei confronti dell'attuale stato italiano, indipendentemente da chi governi, serve uno strumento capace di apprezzare 10-4).
Tornando all'Italia i vari piani per il "rientro dei cervelli" non mi hanno mai interessato per il più terra terra dei motivi: non mi convenivano. Le condizioni che hanno determinato il mio espatrio (alcuni dei miei cari dicono che avrei dovuto espatriare almeno dieci anni prima e non hanno torto) sono ancora tutte lì, niente si vede che prometta un'inversione di tendenza. Parlando da non giovane, quel che mi ha consentito di ricollocarmi all'estero non è stata pure fortuna (ma anche la fortuna serve): è stato il mio curriculum, o meglio la parte del mio curriculum che ho accumulato in Italia. Ovvero: in Italia esisteva un contesto che permetteva di costruire curriculum del genere, semplicemente quel contesto è stato quasi in buona parte cancellato, non dal destino cinico e baro ma da scelte (o non scelte) politiche. Quel che andrebbe recuperato è quel 30% di produzione industriale nel segmento a tecnologia medio alta, quello perso una quindicina di anni fa, quando al governo arrivò il garzone di bottega mandato dal droghiere a incassare i debiti sospesi. E pensare che qualche servo dei servi dei servi acclamò quel garzone di bottega come "salvatore della patria"...
Mi ricordo un periodo assurdo, una quindicina di anni fa, quando la sintesi organica per qualche motivo diventò grunt work. Essendo grunt work chiunque poteva essere addestrato (poco) per la funzione indipendentemente dalla difficoltà o dal rischio - e meno costoso era, meglio era. Alla fine ci scappò il morto e fu una ragazza: una morte che lasciò un segno.
Questa è una storia vecchia, ormai, che dimostra come nell'ambiente accademico USA ai tempi anche l'addestramento, oltre che la sicurezza, fosse percepito come un costo. Reazione con 60 ml di t-butil litio? Il bel sogno luccicante di una carriera STEM finì con un incidente stupido, stupido, stupido, una fiammata, giorni di agonia e la morte.
(Inizio dettaglio tecnico)
Cominciamo dando un poco di contesto, come si dice:
Questo dovrebbe essere abbastanza chiaro. L'atmosfera nel sistema di reazione (il pallone con condesatore e imbuto gocciolatore) e nella bottiglia è inerte: la vetreria è stata essicata per eliminare l'umidità adsorbita dalla superficie del vetro, l'aria è stata sostituita da azoto puro (o argon). La bottiglia contiene il reagente piroforico o sensibile all'aria che deve essere trasferito. Il suo tappo ha un setto autosigillante. L'ago che non pesca nel liquido, collegato alla linea dell'azoto, fornisce una leggera sovrapressione nella bottiglia. L'ago della cannula pesca nel liquido, e quindi il liquido in questo modo viene spinto attraverso la cannula nell'imbuto gocciolatore del set di reazione. Quando si è trasferita la quantità desiderata si solleva l'ago della cannula in modo che non peschi più nel liquido della bottiglia, in modo di far scorrere azoto nella cannula svuotandola della maggior parte del liquido residuo quindi si chiude la valvola dell'azoto in entrata.
Quando si parla di quantità superiori ai 50 ml di solito non si usa una cannula. Per evitare tempi di trasferimento che non finiscono più si usa qualcosa capace di maggiori portate, tipo questo:
E ora veniamo al t-butil litio. Il t-butil litio, soluzione in esani, eptano o pentano (!) è uno dei materiali più piroforici che ci siano. Scordatevi sodio o potassio metallici, sodio idruro al 99%, litio boroidruro in polvere, trimetilfosfina. L'unica cosa peggiore del t-butil litio nella mia esperienza è il trimetil alluminio. Per dare un'idea per piccole quantità il t-butil litio soluzione viene commercializzato comunque in bottiglie, il trimetil alluminio soluzione in toluene invece viene commercializzato in bombolette di acciaio.
Ai tempi dei tempi lavoravo con setup di reazione uguale a quello della figura 2 e se ben ricordo il pallone era un 6 litri a tre colli Ace Glass, coni laterali 24/40, cono centrale 45/50, agitazione meccanica. Lavoravo con t-butil litio e una linea di trasferimento Chemflex come quella della seconda immagine. Quando avevo finito di trasferire il volume richiesto, dopo le operazioni descritte più sopra, dovevo sfilare l'estremità della linea di trasferimento dal setto alla sommità dell'imbuto gocciolatore. Tenevo fissato poco sopra il gocciolatore un imbuto collegato alla linea dell'azoto. Perché appena sfilavo l'ago della linea di trasferimento dal setto, beh, quello diventava una specie di becco Bunsen: immediatamente dall'estremità dell'ago veniva fuori una fiamma. La soluzione al problema era spostare velocemente l'estremità dell'ago sotto il getto di azoto proveniente dall'imbuto per spengere immediatamente la fiamma.
Detto questo pensate di dover lavorare non con una cannula ma con una siringa. Avete lo stesso ago collegato all'azoto infilato nel setto della bottiglia. Ma siccome la vostra siringa è di plastica e con un ago corto dovete inclinare a mano la bottiglia per pescare la soluzione. Date un poco più di pressione di azoto per accelerare l'operazione, la pressione spinge il liquido tanto da far uscire il pistone della siringa dalla propria sede. E voi venite investiti prima dalla fiamma, poi da un getto continuo di liquido piroforico in fiamme, perché la pressione di azoto è sempre lì, nessuno ha chiuso la valvola. Questa fu più o meno la dinamica dell'incidente di Sheri Shangji.
(Fine dettaglio tecnico)
Mi è capitato, girando per lo youtube italiano, di incappare in questo video.
Tutto molto bello, vero? Fare arrivare "la scienza" alle bambine e alle ragazzine, e farlo nello stesso modo in cui parleresti di un manga, di un videogioco, di una serie. Cioè di cose che non richiedono alcuno sforzo all'individuo. Il piccolo particolare è che una laurea STEM richiede non solo studio ma anche impegno e capacità di comprendere concetti che al primo contatto possono sembrare completamente astrusi. Serve capacità di analisi e astrazione e se non si possiede occorre lavorare per costruirsela. E questo nel pacchettino pop dell'advocacy e della divulgazione non può e non deve passare perché guasterebbe il flusso dell'intrattenimento.
Fermatevi un attimo a riflettere: in Italia e indipendemente dalla qualifica una donna ha un più difficile accesso al lavoro e quindi alla fine si ritrova pagata meno dei colleghi maschi. E questa è la situazione attuale. Al di là delle belle questioni di principio quindi proviamo un attimo a immaginare il perché di questa enfasi. Rebus sic stantibus cosa significa "servono più lauree STEM alle donne"? Semplicemente significa che servono più laureati (in senso neutro, mi rifiuto di usare la schwa) con minori aspettative salariali.
Ipotesi di lavoro: eliminare le disparità salariali tra donne e uomini e verificare poi se l'hype "più lauree STEM alle donne" mantiene la stessa intensità.
Poi ci sarebbe da interrogarsi sul perché di questa enfasi proprio ora. Per caso la faccenda potrebbe avere a che fare con il nuovo quadro geopolitico in cui le aziende a più alta tecnologia sono impegnatissime in un reshoring a tappe forzate (riportare in occidente funzioni date conto terzi in Asia venti anni fa)?
Può essere che si chiedano oggi in Italia più lauree STEM per le donne come si predicava il tecnologo cinese nel 2005? E che la benzina dell'insistenza mediatica sia sempre la stessa, cioè il più basso costo del lavoro?
In realtà l'Italia produce già ora più laureati STEM di quanto il mercato italiano, malridotto com'è, ne possa assorbire. E questo è una delle prime cause del fenomeno dell'espatrio, mai così consistente negli ultimi 40 anni.
In un contesto di questo genere pensare che dietro ai reiterati appelli per più laureate STEM ci sia una presa di coscienza o una rivendicazione paritaria è quantomeno ingenuo, dando una rapida occhiata ai dati e a quale sia ad oggi il quadro delle politiche per facilitare le donne che lavorano - avete presente quanto costa un asilo nido?. Sempre che non si ritenga che una donna che lavora debba semplicemente rinunciare ad avere una famiglia, il che è anche una scelta perfettamente legittima che però non dovrebbe essere obbligata dalle circostanze.
PS. Prima o poi si arriverà alla parificazione, sì, al ribasso, abbassando gli sipendi degli uomini al livello di quelli delle donne, e sono straconvinto che quando succederà qualcuno festeggerà per lo storico risultato (perché stupidità, vanità, ideologia e conformismo, per quanto con sfumature differenti, sono parimenti distribuite tra i sessi).
Ho notato che nelle prime pagine dei giornali italiani venerdì scorso tutti parlavano di 8 marzo. Non così altrove e viene da pensare che la lingua batta dove il dente duole. Per fare un esempio altrove, e senza parlare di quote rosa o simili, le aziende si preoccupano che nella dirigenza ci sia un certo gender balance e io stesso negli ultimi tempi ho avuto a che fare forse con più dirigenti donne che altro. Ma se notate nell'articolo del Sole dietro la tinta "8 marzo" c'è un tema annoso: "non abbiamo abbastanza laureati STEM", declinato secondo l'hype del momento (intelligenza artificiale, etc). Solo che alla fin fine i talenti STEM che produci poi non riesci a tenerteli, specie se donne, per il semplice fatto che il tasso di occupazione femminile in Italia è di 14 punti sotto la media europea. E guarda caso se si parla di disagio occupazionale le donne sono al primo posto. Se ci si fa belli con il calo della disocuppazione (attestatasi sull'8%), la disoccupazione sostanziale fa paura. Nel 2023 donne 18,6%, uomini 16%. 2,7 milioni di working poor, in Italia, e il 51,2% sono donne. Quindi prima di chiedere più lauree STEM per le donne sarebbe bene porsi
il problema generale, che invece nella liturgia italiana dell'8 marzo è
stato accuratamente evitato. L'Italia non è un paese per giovani, e
neanche per donne.
Al riguardo di donne e lauree STEM questa è una storia esemplare, anche se ne ho personalmente presenti di simili in UK, Danimarca, Svezia:
E' chiaro che non pensi a tornare: nonostante tutte le leggi e leggine sul "ritorno dei cervelli" se tornasse si ritroverebbe con uno stipendio inferiore (del 33%, probabilmente) e non destinato ad aumenti per tenere il passo con l'inflazione, scarse prospettive di carriera etc: lo stagno di cui parla.
Occorre dire che nel nord Europa sul lavoro per una donna le cose possono essere comunque difficili. Qualche tempo fa raccolsi lo sfogo di una validissima collega sulle battutine sgradevoli che le capitava di ricevere da alcuni senior manager maschi. Ma in Italia avrebbe probabilmente avuto di peggio e con uno stipendio assai più basso. E questa è forse la cifra più significativa della disparità di genere italiana: quella economica. Perché da noi il soggetto debole per eccellenza è quello economicamente debole (e, come diceva Daniele Luttazzi, non è democrazia se non te la puoi permettere). E quindi in Italia l'urgenza sarebbe quella di un "working class feminism", Purtroppo invece la questione è materia prima per la vuota industria dei media e per effimere esibizioni di colpa o dichiarazioni di intenti sulla carta stampata. Un teatrino usa e getta che è andato in scena mentre la crudissima realtà dei numeri rimane quella che è e se ne parla mezza volta l'anno in quinta pagina. Eppure un tempo le vicende infami in cui il padrone faceva firmare la lettera di dimissioni con la data in bianco, a sua disposizione in caso di gravidanza della dipendente, trovavano spazio negli approfondimenti televisivi. Un tempo Bread and Roses di Ken Loach lasciò un segno. Un tempo Chiedo la parola di Domitila Barrios de Chungara non era un testo dimenticato.
Ci si dovrebbe invece ricordare che l'8 marzo nasce per commemorare lo sciopero delle camiciaie di New York del 1908. In Italia come altrove è esistita una coscienza operaia al femminile. Prima e più importante cosa: Sciur padrun da li beli braghi bianchi, fora li palanchi, fora li palanchi.
Qualcuno si ricorda l'allarme sulle sorti dei lavoratori non britannici minacciati da Brexit?
Inutile ripetere che il problema ci fu solo per i low skilled workers. Il cameriere o il lavapiatti italiano che lavorava a Londra fu sì colpito, come tutti i non skilled o low skilled workers. Tutti soggetti che potevano facilmente ricollocarsi in Germania, che da sempre incamera low skilled workers stranieri senza batter ciglio. Ma per gli skilled workers non ci sono stati problemi, e la barriera all'ingresso per lavoro era piuttosto bassa (contratto da almeno 25.600 GBP lorde l'anno, che corrispondono al contratto tipico per un chimico neolaureato).
Una decina di anni fa ricordo colleghi esodati, in mobilità etc etc, in una situazione del mercato italiano per cui erano, figuratamente, buoni solo per essere collocati in discarica. Eppure, al di fuori dei confini tricolori, chiunque li avrebbe classificati come highly skilled (e buoni per una quantità di posizioni per cui le agenzie di reclutamento cercavano candidati). Il problema è che l'Italia è una consumatrice di extremely low skilled workers pagati niente (raccolta pomodori e assimilabili) ma con i lavoratori skilled e highly skilled ha qualche problema, da un bel po' di anni. In primo luogo perché costano, e questo è un peccato originale inemendabile: quando l'imprenditore pinco prova a cercare l'ingegnere a 600 euro al mese diventa virale sui social, ma il candidato non lo trova. Poi la media e grande azienda italiana per certe posizioni ha di solito preferito le candidature interne, affidandosi all'acquisizione di consulenze, piuttosto, per coprire le proprie necessità. Anni di stagnazione economica più qualche crisi non hanno migliorato il quadro. Però la nazione continua a produrre laureati, cioè skilled workers (SE trovano un lavoro attinente alla propria formazione universitaria, chiaro, se finiscono alle Poste non vale https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2022/11/ilricercatore-lignoranza.html ). Quindi l'Italia produce risorse che o non utilizza o esporta senza niente ricavarne. E per produrle, ovviamente, spende. Parlando di esportatori di manodopera qualificata, il Ghana almeno se le fa pagare, le infermiere (https://www.anews.com.tr/world/2022/12/07/ghana-says-it-will-send-nurses-to-uk-for-cash?utm_source=ahaber_web_dunya_haber&utm_medium=ahaber_web_dunya_haber&utm_campaign=ahaber_web_dunya_haber).
Non è una faccenda di opinioni, i numeri sono impietosi:
I laureati italiani hanno meno prospettive occupazionali rispetto al resto agli altri paesi europei. Nel 2021, il tasso di occupazione dei 30-34enni laureati è pari all’81,1% contro un valore medio Ue27 dell’87,9%; la differenza è di circa sette punti che si riducono a quattro per i laureati della fascia di età compresa tra i 25 e i 64 anni... Il mercato del lavoro italiano sembra assorbire con difficoltà e lentezza il capitale umano, anche quello rappresentato dai giovani adulti in possesso di una qualifica o un diploma secondario superiore. (https://www.istat.it/it/files/2022/10/Livelli-di-istruzione-e-ritorni-occupazionali-anno-2021.pdf)
Ovviamente ISTAT rileva il dato medio. Mi piacerebbe conoscere i numeri per specifiche lauree o settori, ma non credo che nessuno sia interessato a produrli (né le associazioni industriali né altri).
Non credo che negli ultimi due anni le cose siano migliorate, ma è solo una mia impressione. E se sei immerso nel contesto italiano le opportunità che un highly skilled worker ha all'estero quanto a posizioni, retribuzioni e dinamica del salario sembrano semplicemente fantascienza.
Nel caso italiano la timidezza e l'inefficacia delle iniziative finora mirate al famigerato "rientro del cervelli" è nei dati. E per me è un mistero il motivo per cui qualcuno dovrebbe tornare essendo pagato meno (molto meno, di solito) e tassato di più . Il rientro dei cervelli 2022 sembrava mimare iniziative in opera in alcuni paesi nordeuropei, con il suo periodo di pesante detassazione salariale, ma... in primis, c'è l'italianata "se vuoi accedere prima paga":
La legge di bilancio 2021 ha esteso a chi ha
trasferito la residenza in Italia prima del 30 aprile 2020 e, al 31
dicembre 2019, beneficia del regime per i “lavoratori impatriati”, la
possibilità di fruire dell’allungamento temporale per cinque periodi
d’imposta del trattamento agevolato (abbattimento del 50% dei redditi di
lavoro dipendente e autonomo prodotti), previo versamento di un importo
pari al 10% o al 5% - a seconda dei requisiti posseduti - dei redditi
agevolati relativi all’annualità precedente a quella di esercizio
dell’opzione. La misura non si applica agli sportivi professionisti.
Poi per l'ennesima volta, l'accento è sui mitologici "docenti, ricecatori e ricercatrici": come se ci fosse abbondanza di posizioni per loro. Il resto fa riferimento ai suddetti "lavoratori impatriati", e il lavoratore impatriato non è meglio caratterizzato: semplicemente uno che ha lavorato all'estero per almeno due anni. Quindi con la faccenda skilled workers non c'entra niente. La buona (?) volontà del legislatore finisce nel vuoto perché impatta sulla stagnazione economica, su una produzione industriale menomata etc etc. Banalmente, lo skilled worker funziona come motore dell'economia se l'economia c'è: aziende ad alto contenuto tecnico scientifico che vanno avanti e crescono, e che quindi hanno i soldi per pagarlo quanto basta. Poi si può sempre chiedere di rinunciare allo stipendio alto e tornare in Italia per amor di patria, ma non è così difficile immaginare quali saranno le risposte (che potrebbero includere le virtù delle genitrici etc).
Detto ciò, avrete capito che sul mercato internazionale occidentale ci sono curriculum che si piazzano facilmente e altri che non si piazzano affatto. E vorrei proprio vedere quanto risulterebbero attraenti quelli della maggioranza dei soggetti che "comunicano scienza" su isocial italiani (per tacere di quelli secondo cui andamenti di borsa e corsi epidemici stessa cosa, tanto chechevvò e quelli che visto che i dati sono dati a qualsiasi cosa si riferiscano... alla voce prevenire cazzate in rete è meglio di curare, anzi no).
Mi ricordo di aver in passato promesso ad alcuni giovani di stilare un piccolo vademecum su come trovare lavoro (lasciando perdere annunci diretti delle aziende, career fair etc), una promessa fino ad ora rimasta in sospeso. La mantengo ora, aggiungendo qualche considerazione di carattere generale.
In primo luogo in un mercato dove la domanda (di lavoro) è alta e l'offerta scarsa succede che
1) Chi offre lavoro ha il coltello dalla parte del manico
2) Gli intermediatori (le agenzie di reclutamento) si possono permettere di tutto, tra cui ricavare le loro entrate da chi il lavoro lo cerca quanto dalle aziende che a loro si rivolgono per selezionare candidati.
E' esattamente il caso italiano. Non farò i nomi delle più note agenzie e piattaforme, ma prima vi chiedono soldi per l'iscrizione, poi vendono i vostri dati (e la vostra casella postale si riempirà di spam pubblicitario). Se proprio non potete fare a meno di rivolgervi a loro mi spiace per voi. E' il mercato degli avvoltoi, motivato dall'agganciarvi perché alla fin fine forse guadagnano sui numeri: poche le aziende che assumono, una moltitudine chi cerca lavoro.
C'è linkedin, ovviamente, e l'account base è gratis. Efficacia: bassina, specie se siete agli inizi. E se vi limitate allo stagno italiano al 90% la musica è sempre la solita, e vi ritroverete a cliccare su posizioni magari accattivanti ma... gestite dall'agenzia che vi chiede i soldi dell'iscrizione. Questa cosa non è lì da 5 o 10 anni. Ha radici più lontane nel tempo. Mi ricordo, negli anni 90, un collega più anziano che si era affidato a degli italici cacciatori di teste, aprendo il portafoglio (e alla fine andò bene).
Inutile ripeterlo, per questa, come per tante altre cose, tutto il mondo non è paese, ma manco per niente. Tre anni fa ricevevo una telefonata al giorno o giù di lì da headhunters anglosassoni, e non avevo cacciato un euro, o una sterlina. E si fecero vivi pure quelli svizzeri.
Ma veniamo ai lettori più interessati al tema, che non hanno un CV pesante perché si sono appena laureati, o sono in procinto di farlo, o hanno finito il master o il PhD, o sono in procinto di farlo. A costo di essere noioso, la panoramica sarà per anglofoni (inglese almeno B2). Mi spiace, ma non parlando tedesco del vasto mercato germanofono posso dire ben poco (tranne che i non germanofoni lì hanno possibilità inferiori agli altri).
In primo luogo limate bene il vostro CV in inglese: ho avuto un giovane collega britannico che avendo il parente da una vita nelle Human Resources ha avuto una consulenza gratuita e qualificata. A volte non si riesce a mettere insieme al meglio i CV più pesanti, con quelli leggeri, di chi è agli inizi, il formato e i il modo di esporre i contenuti del CV, ahimé, sono anche più importanti. Se non avete a portata di mano un aiuto qualificato gratuito fate da soli o, per questo specifico scopo, pagate qualcuno (i servizi del genere sono numerosi e disponibili online). La triste verità è che il vostro CV dovrà catturare l'attenzione di un HR officer, che di solito della vostra specializzazione scientifica non capisce niente. Il vostro CV deve parlare a lui, in primo luogo. Perché se lui non da l'ok difficilmente potrà passare ad altri per una seconda valutazione tecnico-scientifica (e vi garantisco che l'uomo delle HR può girare ad altri per la seconda valutazione orrori inconsistenti, che però avevano saputo scrivere bene il proprio CV).
Dopodiché iniziamo a parlare di risorse web.
1) Giornali. Tra tutti, consiglio la bacheca di New Scientist, che sotto questo profilo almeno non è decaduto nei decenni (https://jobs.newscientist.com/en-gb/). Anche Nature ha una bacheca di offerte di lavoro, ma per il mio settore e da questo lato dell'Atlantico è del tutto irrilevante.
2) Pharmiweb (https://www.pharmiweb.com/). Principalmente orientato sulla ricerca clinica e medica, ma c'è anche altro.
3) Totaljobs (https://www.totaljobs.com/). Poco da dire, se guardare verso UK questa dovrebbe essere la vostra prima scelta. Anche perché il servizio ha due lati, quello che interessa voi, che cercate lavoro, e quello per le aziende che offrono. E, ve lo posso dire per esperienza, le Risorse Umane delle aziende lo usano, eccome.
4) Linkedin, ma dovete impostare bene i vostri criteri di ricerca. Se restringete allo stagno italiano potreste finire scoraggiati dal deserto. Guardate fuori, EMEA, Regno Unito.
5) Cvlibrary (https://www.cv-library.co.uk/), un po' come Totaljobs. Offrono a pagamento un servizio di revisione del CV.
6) Checkmark Recruitment (https://checkmark.nl/en/) copre il mercato olandese. Che ha caratteristiche proprie, ma è un mercato non da poco per candidati con un inglese almeno B2. I reclutatori dutch preferiscono candidati che già risiedono nei Paesi Bassi, per esempio per studio.