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giovedì 23 gennaio 2025

IL PATENT CLIFF, MERCK E LA STORIA DI PEMBROZULIMAB

La J.P. Morgan Healthcare Conference ha compiuto 25 anni. Il che fa pensare.

Fa pensare perché ricorda che c'è stato un tempo in cui il settore farmaceutico non era particolarmente attraente, per la finanza. Poi tra la fine degli '80 e l'inizio dei '90 qualcuno si accorse che le farmaceutiche più grandi stavano viaggiando con profitti netti che arrivavano anche oltre il 20%, non come i noiosissimi colossi dell'agrochimica che facevano fatica a restare sopra il 5%. Il processo di finanziarizzazione totale dell'industria farmaceutica richiese una decina di anni. Non che la storia dell'industria pre 2000 mancasse di fusioni, acquisizioni e simili, ma il cambio di passo fu sensibile e devastante. L'acquisizione di Warner-Lambert da parte di Pfizer nel 2000 fu probabilmente il primo caso su grande scala di "compra e licenzia" nel settore. Nello stesso anno avvenne la fusione tra Glaxo Wellcome e Smithkline Beecham (anche quella con un saldo occupazionale negativo). Furono eventi che in un modo o nell'altro si verificarono all'inizio di quello che per i nomi coinvolti e altri grandi fu chiamato "il decennio perduto". La pipeline di uno sviluppatore di farmaci è l'insieme dei farmaci in sviluppo con il loro stato di avanzamento:  quella di GSK nel 2010 offriva uno spettacolo penoso.  Idealmente quel ciclo si può considerare esaurito con l'acquisizione di Wyeth da parte di Pfizer (2009), 67 miliardi di dollari ricavati da Pfizer principalmente tramite prestito obbligazionario. Per il settore farmaceutico italiano quell'acquisizione fu un Extinction Level Event. Tutto questo si verificò durante  la crisi dei subprime seguita in Europa dalla crisi dei debiti sovrani (inutile dilungarsi sulle loro conseguenze globali). Degno finale di un decennio che, archiviato l'incubo del millennium bug, era partito con molte promesse e molte speranze.

A causa di tutto ciò in quel periodo attorno al 2010, appunto, si verificò una mostruosa ristrutturazione globale che portò alla perdita di decine di migliaia di posizioni nel settore. Dimostrazione che tutti i discorsi fatti al volgere del millennio sull'economia di scala, gran beneficio di fusioni e acquisizioni, erano leggermente infondati. Ma le dinamiche della farmaceutica finanziarizzata (1) garantiscono gli investitori o meglio così si continua a dire. La parte non detta è che il processo avviene a scapito dei lavoratori - cosa che non sentirete mai chiamare con il suo nome (licenziamenti, layoffs) da un amministratore delegato, che parlerà solo di taglio dei costi, downsizing, ottimizzazione, ristrutturazione. Ho passato i 4/5 della mia vita professionale in questo contesto e la frazione è la fregatura: perché grazie a quel quinto di vita lavorativa spesa nella fase precedente mi ricordo bene cosa era e come era prima.

J.P Morgan Healthcare Conference quindi è diventato l'evento in cui sia grandi multinazionali che piccole biotech si incontrano per fare fondamentalmente una cosa: parlare agli investitori e al mondo finanziario. E a questo giro non poteva mancare la questione del patent cliff prossimo venturo. Secondo i cronisti chi ne esce peggio è Merck (MSD)

https://www.fiercepharma.com/pharma/jpm25-bms-pfizer-and-merck-ceos-address-key-patent-cliffs-and-plans-backfill-sales

 

Il maggior problema di Merck è la scadenza del brevetto sul pembrolizumab (Keytruda), che l'azienda si ritrovò per le mani per caso e nonostante il proprio management. Pembrolizumab ha costituito circa il 50% della cosiddetta "rivoluzione immunooncologica" e la sua è una storia interamente industriale. Non solo, è uno dei rarissimi farmaci degli ultimi 30 anni la cui invenzione sia ricollegabile ad un singolo individuo. Questa storia cominciò a Organon.


 

https://www.forbes.com/sites/davidshaywitz/2017/07/26/the-startling-history-behind-mercks-new-cancer-blockbuster/

Organon fu fondata nel 1923 come società tra un endocrinologo dell'Università di Amsterdam, il Prof. Ernst Laqueur, e Saal van Zwanenberg, proprietario di un macello a Oss (Brabante Settentrionale, Paesi Bassi). Il primo prodotto dell'azienda arrivò nel 1923: insulina, Nel decennio successivo  l'azienda inizia a produrre estrogeni, in particolare l'estrone, commercializzato con il nome Menformon. Tra fine anni '40 e inizio '50 Organon sale tempestivamente sul carro del cortisone, avviandone la produzione nel 1953 in una struttura acquisita in Scozia. Nel 1962, Organon acquista le azioni di Nederlandsche Cocaïnefabriek e la nuova creatura prende il nome di Koninklijke Zwanenberg-Organon (KZO).  Nel 1969, si fonde con il produttore di fibre AKU per diventare AKZO, in seguito Akzo Nobel. Organon divenne l'unità di business farmaceutica di Akzo Nobel. Oltreoceano Organon aveva sede a West Orange, New Jersey. Ed è lì che Greg Carven venne assunto.

Carven è un chimico che fin dalla sua tesi di laurea si era occupato di biochimica e immunologia. Quando viene assunto a Organon inizia a lavorare a un progetto in linea con la sua esperienza di ricerca: cerca anticorpi agonisti di PD1, che si pensa possano essere utili nel trattamento di patologie autoimmuni. La cosa andò male: il progetto non fornì agonisti con una buona attività. Invece vennero ottenuti antagonisti molto potenti, per cui si immaginò subito un possibile impiego in oncologia. Nel 2007 Carven e associati stavano iniziando ad umanizzare l'anticorpo  quando bang! Schoering Plugh si compra Organon. Il progetto riesce a sopravvivere nel nuovo contesto aziendale ma due anni dopo, di nuovo, bang! Merck si compra Schoering Plugh. A Merck è il periodo del funesto regno di Peter Kim raccontato come "tratta i ricercatori come funghi, lasciali all'oscuro e dagli merda da mangiare". Nella nuova situazione pembrolizumab viene esaminato, pesato e retrocesso: lavori fermi, farmaco nella lista degli asset da vendere se qualcuno lo vuole. E Kim (o meglio, i suoi uomini) stavano per darlo via per un pugno di dollari quando arrivò un contrordine. BMS stava ottenendo buoni risultati con il proprio anticorpo anti PD1 (che diventerà nivolumab). La faccenda andava riconsiderata. E alla fine pembrolizumab con la sua ventina di miliardi di fatturato rese Merck leader nel campo immunooncologico così, un po' per fortuna, un po' per scienza, un po' per caso (https://www.forbes.com/sites/davidshaywitz/2017/07/26/the-startling-history-behind-mercks-new-cancer-blockbuster/#4428044948d8). Oggi Merck è in procinto di perdere l'esclusiva per pembrozulimab e non ha alcun vero backup o piano B.

Nota (1): Quando scrissi il post "Dinamiche della farmaceutica finanziarizzata" veramente Astra era alla canna del gas e c'erano voci insistenti secondo cui sarebbe stata mangiata da Pfizer in breve tempo. Poi con una vicenda di quelle improbabili e quasi miracolose in questo gioco, si ritrovò con il primo inibitore PARP approvato da FDA. E questo cambiò tutto.

martedì 25 giugno 2024

IL FARMACO, LA FIRMA, I MEDIA (ITALIANI)

Nella vulgata mediatica l'accento è sempre stato su "scoperto il gene della malattia X, cura in tre anni" (immensa bestialità). Stanley Cohen divise il Nobel con la Montalcini e la differenza tra i due è che fu il lavoro di Cohen ad aprire la strada agli antitumorali targeted mentre quello di Montalcini ha avuto ricadute assai meno rilevanti che offrono un quadro in chiaro/scuro: se nel 2018 è stato approvato Cenergemin, la Montalcini è stata anche la madrina del Cronassial, con la sua brutta storia. Notare che in Italia Cohen è un emerito sconosciuto mentre Montalcini è stata vista come la personificazione della scienza.

Comunque tornando a Stanley Cohen si narra che un gionalista ai tempi del Nobel gli chiese: "Professore, siamo arrivati alla cura per il cancro?". Lui rispose "Beh, al momento diciamo che se sei un topo immunodeficiente a cui è stato impiantato un tumore umano hai buone speranze". Questa è tra quel che mi ricordo la miglior raffigurazione possibile di come i media si pongono davanti certe scoperte (e come se le immaginano), mentre dall'altra parte c'è la dura realtà della ricerca e dello sviluppo farmaceutico. Notare bene: l'attitudine di Stanley Cohen pare sia del tutto estinta, oggi.

Sì, perché puoi aver scoperto "la molecola" più figa del mondo in vitro ma deve anche rispondere a tutti i criteri di un candidato clinico (si va dalla solubilità alla farmacocinetica fino ad un modello animale in cui il lead candidate è efficace), deve superare i test tossicologici ufficiali, due e su due specie di taglia diversa (e diversi lead candidate non li superano). Arrivare a superare i test tossicologici ovviamente non basta, servono i trial clinici di fase I, II, III. Piccolo particolare: per svolgere i trial clinici c'è bisogno del farmaco con cui svolgerli. A questo riguardo c'è un passo chiave: il primo batch GMP.

Per arrivare al primo batch GMP di principio attivo occorre avere, banalmente, un processo industriale per la sua produzione. E qua casca l'asino, perché no, la sintesi di laboratorio con cui il composto è stato ottenuto di solito non è direttamente industrializzabile . Il lavoro per rendere la sintesi industrializzabile è quello del chimico di processo, che viene svolto in parallelo a quello dello sviluppo analitico - perché di solito per le analisi vale quello che vale per la prima sintesi e difficilmente i primi metodi analitici possiederanno i requisiti richiesti dal GMP riguardo a Limit Of Detection, Limit Of Quantification, range di linearità e tutto il resto. Alla fine tutto il lavoro viene riassunto nel Master Batch Record e nei metodi di analisi in esso citati. Il Master Batch Record, usualmente edito da un responsabile dello sviluppo chimico (di solito quello che ha guidato il lavoro dei chimici di processo), viene rilasciato dopo revisione dal "regolatorio" (perlopiù indicato come Quality Assurance). Il Master Batch Record contiene l'insieme dettagliato delle istruzioni per la produzione, ed è un documento fisso. Poi sarà il responsabile dello sviluppo chimico a chiedere la stampa di una sua copia controllata, firmando la sua emissione e tutti i dati da lui inseriti. Dopo di che consegnerà la copia controllata compilata all'impianto pilota e ne seguirà l'esecuzione (perlomeno in linea di principio). La firma (datata) è un pezzo irrinunciabile della Good Documentation Practice (attribuibilità del dato). Ma in pratica il responsabile dello sviluppo mette la sua firma, letteralmente, sul primo batch GMP.  

Tutto questo lavoro dura mesi, il più delle volte. Mesi anche quando c'è semplicemente da replicare un processo perché il primo batch GMP c'è già stato. Mi ricordo che in tempi di pandemia, 2020, un medico su twitter mi chiese quanto tempo sarebbe servito per cominciare a produrre remdesivir in Italia. Io gli dissi che nella migliore delle ipotesi sarebbero serviti 3-4 mesi, avendo a disposizione l'impianto cGMP, le materie prime, tutta la documentazione tecnica e porte spalancate da parte di AIFA.  Il medico rimase allibito.

Ci sono da considerare tre aspetti molto rilevanti. In primo luogo la maggior parte delle volte tutto il lavoro che ho descritto finirà nel nulla. o  marginalmente su un articolo, per esempio su Organic Process Research and Development. In secondo luogo, di solito, tra il primo batch GMP e i trial di fase III passa qualche anno (lo sviluppo di Paxlovid in tempi di COVID è stato un caso più unico che raro). Terzo e ultimo si tratta comunque di un lavoro di gruppo, anzi di gruppi coordinati tra loro (e poi c'è tutta la ricerca clinica, i trial, la parte più costosa di tutte). Tutto questo è quel che fa la differenza tra avere un farmaco approvato e non averlo, che a naso non mi sembra una differenza da poco (pun intended).

Quindi, per ritornare all'inizio di questo post, in fin dei conti anche "il farmaco della Montalcini" (come fu chiamato Cenergemin) è stata un'altra  distorsione. Perché Montalcini scoprì e studiò NGF (la scoperta che gli fatto vincere il Nobel), ma non gli è mai saltato in mente che una sua versione potesse essere usata per trattare la cheratite neurotrofica, negli anni seguenti (diventò invece la madrina del Cronassial). Quindi dalla scoperta della Montalcini (1956)  ad avere nel 2018 un recombinant human Nerve Growth Factor capace di passare tutta la trafila di cui ho parlato più sopra per quella indicazione un po' ce ne corre e infatti il farmaco risulta sviluppato da Anabasis Pharma, Dompé e Ospadale San Raffaele. Inoltre cenergimin è l'unico farmaco della sua classe, mentre a fare un elenco degli inibitori EGFR/VEGFR approvati (Cohen/Napoleone Ferrara) si fa notte.

Ma nel 2018 l'unica versione in Italia era quella data dai quotidiani.

https://www.repubblica.it/salute/medicina/2018/01/26/news/via_libera_al_farmaco_di_rita_levi_montalcini_una_cura_per_una_malattia_rara_degli_occhi-187327644/


Ma non solo... nell'imbarazzante discorso elettorale che Margrethe Vestager, commissario europeo alla concorrenza (uscente), venne a fare in Italia (2019), l'oratrice parlò di ruolo fondamentale di Rita Levi Montalcini nella ricerca contro il cancro (!). Probabilmente il discorso glielo aveva scritto un italiano che forse per ignoranza, forse per volere esercitare una captatio benevolentiae sopra le righe, decise di attribuire alla Montalcini i meriti del suo colaureato Nobel (Cohen). Questa "particolare inclinazione" dei media italiani è ancora lì (segnalazione di Marilena Falcone, "C'è un nuovo divulgatore in città!") : un ex operaio nella vigna dell' Oxford University (uno dei tanti postdoc) nei media italiani è diventato "L'immunologo del vaccino AntiCOVID": un libro pubblicato da Piemme, ripetuti giri d'onore mediatici, costante presenza social. Il pacchetto completo, in breve. Eppure non è che ci sia da andare così fieri di avere avuto una parte in quel vaccino, che tanto per cambiare fu ripetutamente battezzato "vaccino italiano" perché a IRBM vennero prodotti i primi batch clinici - una storia allucinante. Inutile dire che secondo la BBC "il nuovo divulgatore in città" nel quadro complessivo di quel discutibilissimo vaccino (eufemismo) era invisibile e la protagonista era una donna. Nazione che vai, propaganda che trovi, ma la cialtroneria dei media e dei giornali italiani in materia costituisce un benchmark negativo senza concorrenti.

E fin qui le "leggere esagerazioni". Parlando di realtà invece chi guidò lo sviluppo di Isentress, il primo inibitore di integrasi di HIV approvato da FDA, resta un emerito sconosciuto, anche se italiano. Se negli ultimi 15 anni c'è stato un farmaco molto importante ad avere davvero un' "autore" principale è stato pembrozulimab (Keytruda). Eppure Greg Carven resta un signor nessuno, almeno in Italia e su tutta wikipedia. Ma del resto in Italia (e altrove) chi al tempo si aspettava le acclamazioni fu trattato come un farabutto profittatore. Non da ultimo non il Nobel alla Kariko, ma come è stato raccontato: nella vicenda dei vaccini mRNA sono stati i lipidi cationici a fare la differenza. E' inutile girarci attorno. Per questo C&EN titolava così:

https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/10/nobel-al-mrna-una-serie-di-fortunati.html
 

Nel frattempo dal fantastico mondo de lascienzaquellavera, della comunitàscientificainternazionale, mi arriva un messaggio: "Congresso con italiani che si presentano in pessimo inglese". Poi magari si fanno i selfie e li postano su un social per far vedere quanto sono internescional. And that's all, folks.

giovedì 11 aprile 2024

SISTEMI SANITARI E MORTALITA'

 

https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/06/aumenta-la-mortalita-giovane-in-usa-dove-vince-il-profitto-la-salute-perde-terreno/

Consiglio la lettura del pezzo di Gandini e Bartolini, e condivido in toto l'analisi finale:


Durante la pandemia in Italia abbiamo avuto un record di mortalità perché eravamo già in precedenza in una crisi strutturale, e ora siamo gli ultimi tra i Paesi del G7 e tra gli ultimi Paesi dell’Ocse per finanziamento sanitario pro capite: meno di 3.000 euro l’anno a fronte dei 7.300 euro della Germania e dei 6.115 della Francia (fonte Kff Health System Tracker). Inoltre, se da una parte la pandemia ha contribuito ad aumentare la povertà assoluta (9.7% di italiani nel 2022 in crescita dal 9.1% in un anno), per il 2024 l’Italia decide di spendere in armi ben 29 miliardi, mentre basterebbe un finanziamento di 5 miliardi l’anno per 5 anni per riportare il nostro Ssn alle performance pre pandemia.

Sembra evidente che noi europei, stritolati da propaganda ed economia di guerra, dobbiamo urgentemente chiederci quale modello di sanità vogliamo seguire e come ripensare alla radice la nostra subalternità ideologica agli input d’oltreoceano.


Figuratevi non ho contezza delle dinamiche della grande farmaceutica multinazionale: le ho sperimentate direttamente sulla mia buccia. C'è però un particolare: l'inflazione medica di cui si parla di fatto nell'articolo è il primo motore della crescita del prezzo dei nuovi farmaci: E' il meccanismo per cui i costi di sperimentazione clinica in venti anni sono cresciuti da alcune centiaia di milioni di dollari a circa due miliardi. Quanto a costi ricordiamo che quel che è costo per uno è introito per altri, ed è un costo che continua a crescere più dell'inflazione:


Ho navigato per quasi quattro anni nella retorica del salvare vite garantendo l'accesso ai trial per nuovi farmaci destinati a unmet medical needs. Una retorica che alza i suoi toni quanto più il flusso si denaro dimuinuisce (chissà perché). Però...

... però il punto resta: se i costi per tutto il resto sono andati avanti con la normale inflazione, a parte il fatto che l'ultimo che paga è il solito (cioè il paziente), chi, a differenza di Big Pharma, guadagna su ogni farmaco sperimentale, anche quando fallisce nei trial clinici? La risposta è facile: il sistema medico, specialmente quello privato. Perché Big Pharma guadagna sui i farmaci approvati, sui farmaci sperimentali falliti perde. E il rapporto tra farmaci sperimentali falliti e approvati rimane 10/1 (nelle valutazioni ottimistiche). Ma le strutture mediche che hanno realizzato la sperimentazione clinica guadagnano sui 10, mentre la farmaceutica guadagna su 1. Curioso? Niente affatto. E, considerati i costi complessivi della sperimentazione di un farmaco , tutto quello che è preclinico e chimica pesa per alcune decine di milioni, mentre i costi della sperimentazione clinica sono di centinaia di milioni, fino a un miliardo. Quindi dovrebbe essere abbastanza facile, nel caso di un farmaco sperimentale fallito, chi è ingrassato di più. E aggiungerei che c'è chi ingrassa sempre e chi viene ristrutturato ogni volta che tocca (i ricercatori dello sviluppo farmaceutico).

Poi voglio capovolgere il punto di vista, passando alla fiction americana. Quali sono i settori più critici , malfunzioanti e disastrati, negli USA? Cure mediche, forze di mantenimento dell'ordine pubblico (polizie), sistema legale. E guarda caso da anni siamo seppelliti da serie americane poliziesche, mediche e legali. In cui l'industria farmaceutica è ogni tanto il cattivo di turno.

lunedì 12 giugno 2023

RIDINOSAURI (CONSIDERAZIONI ROMANZESCHE E NON SUL PHARMA BUSINESS E ALTRO)

 

Ripetevo  alla prole, entusiasta per il ciclo infinito Jurassic Qualcosa che il romanzo originario di Crichton è assai migliore. Ma siccome dai tempi in cui lessi Jurassic Park era passato qualche anno, avevo deciso di rinfrescarmi la memoria. Ed ero capitato su questo passo che non ricordavo: "Supponi di realizzare un farmaco miracoloso contro il cancro o le malattie cardiache - come ha fatto Genentech. Supponi di farti pagare mille o duemila dollari a dose. Puoi immaginare che sia un tuo privilegio. Dopo tutto, hai inventato il farmaco, hai pagato per svilupparlo e testarlo. Dovresti essere in grado di fare il prezzo che vuoi. Ma davvero pensi che il governo te lo lasci fare? No, Henry, non lo farà. I malati non pagheranno migliaia di dollari per una dose di un farmaco di cui hanno bisogno - non saranno grati, si sentiranno oltraggiati. La Croce Blu non pagherà per questo. Grideranno alla rapina. Allora accadrà qualcosa. Il tuo brevetto verrà rifiutato. I tuoi permessi saranno ritardati. Qualcosa ti forzerà ad essere ragionevole - e a vendere il farmaco a prezzo ribassato. Da un punto di vista del business, aiutare l'umanità è un affare molto rischioso. Personalmente, mai aiuterei l'umanità." Meglio clonare dinosauri.

Certi argomenti sono vecchi di decenni. Me li ricordo su New Scientist verso la fine degli 80 - e verrebbe da dire: vecchi quanto i discorsi sul software miracoloso che ridurrà del 99% i fallimenti dei farmaci in via di sperimentazione nei trial clinici. Al riguardo delle meraviglie informatiche le ultime notizie sono queste:  https://endpts.com/benevolentai-lays-off-around-180-staffers-cuts-pipeline-programs-in-reorg/ BenevolentAI è l'ultima incarnazione di un hype che va verso il mezzo secolo di età, ed era declinata in versione intelligenza artificiale. E ora licenzia perché purtroppissimo il suo candidato di punta ha fallito nei trial clinici.Al che o l'intelligenza artificiale non è migliore di chi l'ha programmata, e quindi quel rapporto successi/fallimenti di 1/99 è sempre lì, oppure come sempre è questione di sfiga: con l'AI il rapporto è diventato 99/1 ma a loro è toccato di essere nell'1%.

Tornando a Jurassic Park, per fortuna, e sottolineo per fortuna, nel 2020 le cose non sono andate come scriveva Crichton. Ci fu Operation Warp Speed, e l'industria a tempo di record produsse risultati ed ebbe le approvazioni - "Volute da Trump!", scanagliava il buffone tricolore sugli antivirali mentre era muto come una tomba sui vaccini ugualmente sviluppati e approvati. E ovviamente i dem si producevano in roba del genere. 

https://www.reuters.com/article/health-coronavirus-usa-antitrust/warren-ocasio-cortez-want-to-stop-many-company-mergers-during-coronavirus-pandemic-idINL2N2CG1F1


Perché essendo dem un'industria pubblica (la premessa di quello che vorrebbero) non riescono proprio a concepirla e quanto a drug development no profit e open source... beh, un track record della madonna, vero? (l'ho detto un paio di volte che la quadratura del problema sarebbe industria pubblica appoggiata a banche pubbliche, ma anche in Italia suona come una bestemmia). Comunque fidatevi: con un industria farmaceutica privata costretta a sviluppare e produrre senza margine alla fine il risultato è 0. Per avere il risultato alla svelta l'amministrazione Trump ha messo sul piatto una grande montagna di dollari e il risultato lo ha avuto. E per questo è stato biasimato da chi beneficiava dei frutti dell'investimento a stelle e strisce. Quanto al risultato economico, investimento pubblico, profitti privati. Ma ancora quanto a industria pubblica per risolvere il problema niente da fare.

Tutto questo con le allegate polemiche succedeva mentre in Italia si sperticavano in difesa di una roba dal percorso di sviluppo assai più che discutibile (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/12/dilettanti-allo-sbaraglio.html). Sottolineo che questa fu una cosa che dove si lavora in GMP avrebbe fatto rizzare i capelli alla maggioranza dei QA officers in circolazione. E notare bene, si parlava di qualcosa con la prospettiva di essere somministrata a decine di milioni di persone. Poi il fatto che FDA non ha mai approvato quel vaccino, protagonista di infausti Open Days in Italia, fu bollato nello stivale come una faccenda politica. Dopo un po' anche EMA ritirava l'autorizzazione al vaccino, e chi lo aveva difeso era impegnatissimo a propagandare la terza e la quarta dose con Pfizer. Essere una banderuola è per sempre, ma la cosa più sconfortante fu il pubblico delle banderuole, banderuole anche essi, pronti a credere all'ultima velina che arriva dall'alto, senza curarsi delle contraddizioni. E si ritengono migliori degli svalvolati dei sieri genici, che si comportano esattamente nello stesso modo, preciso sputato.

Quindi che dire? Oὐκ ἔστιν πᾶν πρόσφατον ὑπὸ τὸν ἥλιον

E tutto questo è inserito in quadro molto più generale. Il problema è che la fine della storia (balla di proporzioni cosmiche) non si è verificata ma è finita per avallare l'annullamento della memoria, e l'onnipresente mantra "ma oggi è diverso", quanto tutti i dati economici italiani dicono che non  diverso per niente: semplicemente nella dialettica capitale-lavoro i ceti produttivi in Italia (e altrove) hanno perso. Ma del resto essendo la storia finita la lotta di classe è un reperto archeologico. Per questo quasi sempre quel che è stato della politica del XX secolo si è ridotto in Italia a due o tre riflessi pavloviani su cui viene innestata la neoideologia del momento, mentre sia che al governo ci sia il centrocentrodestra (cioè la "sinistra" parlamentare) o il centrodestra tutto va avanti nello stesso modo su tutte le agende che contano sul serio, mentre le curve dei tifosi si scannano su schwa e sostituzione etnica. L'ultima scelta del partito sedicente democratico quanto a segretari è stata perfettamente funzionale a questo andazzo. Perché quanto a "contenuti"...

https://www.youtube.com/results?search_query=schlein+come+fosse+antani

In breve, ricavare dalle dichiarazioni del segretario l'indirizzo politoco del Partito (non troppo) Democratico oggi è impossibile, perché tali dichiarazioni sono indecifrabili. Ma questo è secondario, molto più importante parlare del'orientamento sessuale del segretario (affarracci suoi), di quanto paga tizio o caio per fare questo o quello (sarebbero affari suoi anche questi, ma è un po' uno sputo in faccia alle classi lavoratrici di cui la signora in questione non ha alcuna cognizione fondata o esperienza diretta). Ma in fondo è un segretario che rimane perfettamente funzionale anche così: il partito che dirige è come tanti altri, un rumoroso vaso vuoto pronto ad essere riempito da quel che serve ogni volta che serve - e ovviamente a garantire il potere grande o piccolo che sia dei suoi notabili grandi e piccolini. E ho visto gente stendersi come uno zerbino e piegare le ginocchia all'inverosimile, per entrare nei loro sistemi di potere grandi o piccoli che fossero.

"Guarda l'uccellino", si diceva, e ormai nello stivale fin troppi lo hanno scelto come stile di vita, e come stile di vita identitario, Che diavolo, le un tempo "annacquate" socialdemocrazie nordeuropee e l'UK hanno una dinamica capitale-lavoro infinitamente più vitale di quella italiana, dove l'unica posizione concessa al lavoro è quella a 90 gradi - con il placet dei sindacati e ottenendo una stagnazione salariale record in Europa. Ma è meglio parlare del nulla che viene scritto sulle riviste patinate. La storia la scrive chi vince, e le classi lavoratrici hanno perso, in Italia. Quindi non hanno alcun vero diritto di parola o peso politico.

 

venerdì 10 marzo 2023

DALL' UNIVERSITA' ALL'INNOVAZIONE, VIA "LEGGERE IMPRECISIONI"


Le riforme universitarie italiane dai primi 90 all'inizio del nuovo secolo sono riuscite a aumentarne la capacità di generare gente che non vorresti non solo nel tuo team, ma in tutta l'azienda. Ma forse no, e perché no? Perché ci sono aziende che pensano che se anche il progetto stia nella melma più alta la cosa più importante sia stordire il committente di parole facendo credere che no, il livello della fogna è bassissmo e abbiamo un quadro chiaro di come trovare la strada per il sole del successo della tua idea (idea che morirà nel fango). Ci sono aziende che campano (quando ci riescono) anche o sopratutto su questi progetti, spesso improbabili:  è l'ecosistema delle startup e delle biotech. Da una parte c'è quella che può essere definita l'offerta di innovazione. Dall'altra c'è la gestione di capitali che cerca rendimenti più alti. Il trait d'union tra offerta di innovazione e capitale sono Venture Capitalist e Business Angels, soggetti che di solito sanno benissimo che il tasso di successo nella ricerca farmaceutica è sempre lo stesso: un 10% scarso. Ma... VC e BA non sono lì per far arrivare un farmaco all'approvazione. Sono lì per far crescere di valore i propri assett per poi venderli al momento opportuno, o quotarli in borsa.

Eh già, i dati del mondo reale sono quelli che sono: multi vocati sunt, pauci electi. Di spinoff universitarie e startup con l'idea geniale ce ne sono a bizzeffe. Ma di idee che funzionano ce ne sono molto poche.

E' un processo, ed un processo che genera utili in più di un modo. Perché l'idea, buona o apparentemente buona, ha bisogno di essere testata. E visto che di solito chi ha generato l'idea buona o apparentemente tale non ha le strutture per produrre quel che deve essere testato, con i soldi degli investitori pagherai service provider per la biologia, la sperimentazione animale, la chimica e tutto il resto (e i service provider ringraziano, quando il committente è in grado di pagare alla fine - e non sempre è il caso).

Essendo stato nello specifico ramo ricordo bene. Ricordo bene la differenza tra i dilettanti finanziati dagli ignari e i professionisti, quelli seri. Questa è la conseguenza di un mutamento sistemico verificatosi una ventina di anni fa, quando le grandi farmaceutiche, che di know how ne avevano a pacchi, hanno cominciato a dilapidarlo con le ristrutturazioni e i conseguenti licenziamenti. Per poi iniziare a vagliare quel che veniva fuori dal settore start up e biotech, vedendo se c'era qualcosa che meritasse di essere sviluppato. e magari alla fine della fase II, o all'inizio della fase III. E' in quell'epoca "magica" che si sono verificati episodi emblematici (tra tutti https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/06/fior-di-giglio-intascare-700-milioni.html). L'hype driven stuff è un bel giocattolino da soldi, per i mercati finanziari (storia vecchia ormai https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/06/scienze-innovazione-e-hype.html ).

Valutando tutto il meccanismo nel modo più freddo di questo mondo: 

1) Il meccanismo produce, alla fine, innovazione? Sì.

2) Questo meccanismo è efficiente? No. Ma...

3)... Ero ancora un ragazzino quando leggevo dell'inefficienza della ricerca delle grandi farmaceutiche, e da professionista più avanti negli anni continuavo a leggere le stesse cose. Poi...

4) ... c'è una quantità di soggetti che ci guadagnano in ogni caso. E non sto parlando solo di capitale finanziario. Ehi, è roba che paga stipendi, comunque, alla fine, oggi ai tempi delle CRO come ieri ai tempi delle farmaceutiche grandi per davvero (come headcount, non solo come fatturato).

Qualche anima bella ha pensato che la soluzione al problema sia il delinking (vedasi queste "leggere imprecisioni" https://lavoce.info/archives/49192/piu-premi-meno-brevetti-sui-farmaci-innovativi/ ). Ma tutti i discorsi sul delinking che ho sentito nel tempo glissano con eleganza sui due elefanti nella stanza. Elefante numero uno: che l'accademia e la ricerca pubblica da sole possano essere più efficienti nel processo rispetto all'attuale sistema è tutto da dimostrare. Diciamo che ad ora le prove di efficienza di sistemi alternativi non hanno fatto gridare al miracolo, anzi. Si guardi a TB Alliance (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2019/09/il-primo-anti-tbc-sviluppato-da-ong.html ): un miliardo di dollari in 20 anni per avere un farmaco approvato, e con un profilo peggiore di quanto uscito dal privato - il farmaco no profit costa meno, ma è stato usato in primo luogo per far abbassare al privato il prezzo del suo farmaco (migliore). No, a naso non direi che sia una gran prova di efficienza.

Elefante numero due: i budget. Chi parla di decine di milioni come budget adeguato per lo sviluppo di un farmaco o è del tutto incompetente o è in perfetta malafede. Si parla in realtà di centinaia di milioni, ed il grosso del costo è costituito dai trial clinici. Ma si ritiene comunemente di ovviare comunque al prezzo dei farmaci con il produttore asiatico e questo è un mantra ideologico, perché al di là dei costi di produzione ci sono sempre quelle centinaia di milioni per i trial clinici. Qualcuno dei soliti genii ha pensato che la soluzione al problema possa essere il porsi al di fuori della regolazione farmaceutica occidentale. Che in prospettiva sarebbe più o meno: 80 anni per liberarsi dall'incubo Elixir Sulfanilamide ( https://en.wikipedia.org/wiki/Elixir_sulfanilamide ), 20 per tornare al punto di partenza. Scordandosi talidomide e bambini focomelici, tra l'altro.

C'è infine da considerare un altro fattore: al momento il presente meccanismo inefficiente paga stipendi a un platea un po' più larga (e spesso più competente)  di quella accademia-ricerca pubblica. Ma guarda caso questo è un aspetto che per i più è assai poco interessante.

Un riassuntino spiegato facile? Uno stato che taglia la sanità ma aumenta la spesa militare non solo non vuole  pagarvi il farmaco innovativo ma, se pure avesse il know how che non ha, neanche sarebbe disposto a spendere quei miliardi che servono ad avere una pipeline che va avanti e farmaci approvati. As simple as this. Quanto alla farmacologia medica italiana meglio lasciar perdere (ricordatevi il lopinavir in funzione anti COVID grave: è una pietra tombale fin troppo pesante per la bisogna - chi ha sostenuto che sia stato un errore giustificabile ha una malafede pari alla sua ignoranza).


mercoledì 28 dicembre 2022

LENACAPAVIR

 

La struttura di GS-CA1 (https://commons.wikimedia.org/wiki/File:GS-CA1.png) fu resa pubblica cinque anni fa, quando ben pochi credevano nella possibilità di riuscita di uno stabilizzatore del capside di HIV. E gli skilled in the art, aiutati dal fatto che lo stesso originatore, Gilead, lo definisse un "tool compound", pensarono che la fase di sviluppo del primo stabilizzatore di capside di HIV fosse ancora in alto mare. La struttura di GS-CA1 riempiva gli occhi, per così dire: una complessità degna di un composto naturale. Ma, sorpresa, a qualcuno veniva l'idea di sostituire una ciclopropilsolfonammide con una metansolfonammide e tac: con poco o niente si passava da tool compound a Investigational New Drug con lenacapavir. La struttura cambiava di poco. Pretty impressive structure, e non invidio chi ha dovuto provvedere allo sviluppo della chimica scalabile e robusta necessaria a produrre i batch per la fase III e la produzione commerciale dell'Active Pharmaceutical Ingredient (API). Ma ci sono riusciti, quindi tanto di cappello: complimenti.

Non so come sia lavorare a Gilead o per Gilead (nonostante le "leggere imprecisioni" che sono state scritte a questo proposito su isocial negli ultimi due anni). L' azienda è ben nota a chi lotta contro l'HIV ed è diventata estremente nota in tempi di COVID19 (remdesivir). Cresciuta tramite acquisizioni di altre realtà piccole e parimenti basate sulla ricerca, iniziatrice del lavoro sugli oligonucleotidi antisense, poi mollati e ceduti a Isis Pharmaceuticals, il Tamiflu è nato a casa loro e poi è stato venduto a Roche - in anni non lontani sul Tamiflu sono venute fuori controversie riguardo la sua reale utilità, frettolosamente estese a tutti gli inibitori di neuraminidasi. Competenza "core" di Gilead, gli antivirali. Nel mirino di ogni politico del globo per i prezzi alti dei suoi farmaci di punta (ma hanno una politica di prezzi estremamente diversi tra paesi occidentali e Low Income Countries), Gilead si distingue per ora da altre aziende dalla storia simile (per esempio Vertex) perché ancora non è inciampata in crisi con le conseguenti ristrutturazioni e licenziamenti. I loro contractors sembrano contenti, i loro dipendenti un po' meno, si parla di un turnover elevato, dell'ordine del 25%.  Gli stipendi da ricercatore a Gilead non sono particolarmente alti, 155.000 $ (and change) di base più 33,575 $ di extra all'anno, il che è comunque il doppio di quanto incassa oltreoceano la media degli accademici con tenure track (https://www.glassdoor.com/Salary/Gilead-Sciences-Research-Scientist-I-Salaries-E2016_D_KO16,36.htm). Ah, per chi non lo sapesse gli USA sono un po' come la Svizzera: considerare il doppio di uno stipendio europeo è un buon metro di paragone.

Tenere strutture "a casa" è cosa inconsueta, per chi ha attraversato tutta l'epoca delle stripped down biotechs, che compravano il grosso della chimica e buona parte della biologia da service providers, perlopiù offshore, Gilead mantiene varie unità nella Bay Area, chimica di processo e produzione comprese. E ora concedetemi uno scivolone professionale: tenofovir a parte, quando guardo un antivirale Gilead continuo a vedere "state of the art medicinal chemistry", quella che i più hanno mollato, e che pare indispensabile nell'area degli antivirali. E' stata mollata perché richiede competenza, fatica, tempo e costi, è quella che non puoi dare da fare a un contractor asiatico, a regola. Certo, Tamiflu a fine 90 è stata al momento l'unica volta in cui hanno lavorato ad un "primo della sua classe", ma nel caso dell'epatite C con gli inibitori NS5A il passaggio dal daclatasvir di BMS al ledipasvir Gilead è eclatante (e non è un caso che sia stata questa molecola, assieme a sofosbuvir - ottenuto con l'acquisizione di Pharmasset - a proiettarla nella lista delle blockbuster drugs). Quindi, stranamente, nonostante un evidente e forte legame con la finanza (inevitabile se si nasce biotech), resta una compagnia "research based", e nel 2022 ottiene la storica approvazione del primo stabilizzatore di capside di HIV: prima di Natale l'ultima e più importante, quella di FDA (https://www.fiercepharma.com/pharma/gileads-lenacapivir-approved-first-class-long-acting-hiv-injectable).

Perché lenacapavir è importante? Perché offre una soluzione ai pazienti sieropositivi con virus resistenti agli altri antiretrovirali. La lotta alle resistenze richiede ricerca continuativa: farmaci a meccanismo già noto basati su scaffold (strutture di base) differenti o alternativi a quelli dei composti per cui si sono sviluppate resistenze. Un farmaco che agisce con un meccanismo nuovo è qualcosa di raro e importante: l'ultima volta successe con il primo inibitore dell'integrasi di HIV (che fu sviluppato a IRBM, Pomezia).

mercoledì 26 gennaio 2022

COVID, ANTIVIRALI, PAXLOVID: PROCESS CHEMISTRY, AGAIN




Forse qualcuno si ricorderà come nella primavera 2020 venne fuori il problema della disponibilità di remdesivir, in buona parte collegato al fatto che quel principio attivo (API, Active Pharmaceutical Ingredient) veniva prodotto con una sintesi poco ottimizzata.
Qualche problema potrebbe porsi di nuovo con paxlovid, perché come fa notare Chris McKay 360 tonnellate di principio attivo significano migliaia di tonnellate di solventi. E ipotizza il processo in continuo, in cui allo scale up (aumentare la dimensione del reattore usato) si sostituisce il numbering up (aumentare il numero di microreattori impiegati), che è quello che e' stato fatto per un passaggio chiave della produzione dei vaccini mRNA, il microincapsulamento in lipidi.
In realtà nella primavera del 2020 remdesivir ad occhio veniva prodotto ancora su impianto pilota, mentre per nilmatrevir (https://en.wikipedia.org/wiki/Nirmatrelvir) nel tardo autunno 2021 erano stati già prodotti batch commerciali per un totale di oltre 300 kg (shorturl.at/mwLZ1). Quindi siamo un bel pezzo avanti, quanto a lavoro svolto.
 

 
 
Per quanto l'idea di McKay sia attraente, è un po' difficile sovrapporla alla sintesi nota (https://www.science.org/doi/10.1126/science.abl4784 , la trovate nei supplementary materials, nel paragrafo "Synthesis of PF-07321332 (Compound 6)"). Si tratta della sintesi della chimica medicinale, che sappiamo ormai superata da quella della chimica di processo. Pare che Codexis, la specialista delle fermentazioni e degli enzimi, sia coinvolta, probabilmente nel produrre uno dei due amminoacidi non naturali di partenza, per esempio. E che altri aspetti critici siano stati risolti. Ad esempio alla scarsa disponibilità globale di di-t-butildicarbonato, necessario a produrre il materiale di partenza nella sintesi originaria, si è probabilmente ovviato cambiando il composto di partenza (utilizzando un amminoacido diversamente protetto (https://www.science.org/content/blog-post/making-paxlovid).
Tutto questo richiede know how, profonda conoscenza delle supply chain globali, e un network di collaborazioni specialistiche con produttori di intermedi e fornitori di tecnologia. Ma alla radice di tutto ciò resta la chimica di processo: prendere una sintesi di laboratorio e trasformarla in modo da renderla adatta ad una produzione industriale.

 

domenica 6 giugno 2021

ASTRAZENECA: LA RINASCITA COME POWERHOUSE ONCOLOGICA

C'era una volta ICI, che stava per Imperial Chemical Industries. Uno di quegli immensi conglomerati chimici che andavano dalle commodities alla chimica farmaceutica. Molta chimica, nel senso di know how, fu prodotta sotto quella sigla. Certo, finalizzata alle produzioni industriali, ma comunque di grande livello. Poi arrivarono gli anni 90 e si procedette al più classico degli spezzatini. La farmaceutica e chimica farmaceutica e l'agrochimica con i vari annessi finirono nella nuova scatola Zeneca, che alla fine dei novanta si fuse con gli svedesi di Astra, e da allora Astrazeneca fu. Chimici AZ che erano dentro fin dai tempi di ICI scrissero "Process Development: Fine Chemicals from Grams to Kilograms", uno dei migliori libri degli Oxford Chemistry Primers, uno dei pochi validissimi testi di introduzione allo sviluppo chimico in contesto farmaceutico. Quando gente del loro Large Scale Laboratory di Macclesfield pubblicava un articolo su Organic Process Research And Development era un piacere leggerlo e un piacere lavorarci sopra. AZ negli ultimi vent'anni è stata soggetta a una serie di violenti alti e bassi. 

Nel 2016 scadeva il brevetto più rilevante tra quelli che coprivano la loro statina, la rosuvastatina. E non c'era niente che potesse supplire alla perdita di cash flow, ma AZ riuscì comunque a resistere a una scalata da parte di Pfizer (che aveva ingenti quantità di cash fuori dagli USA, e cercava modi per non rimpatriarli - avrebbero pagato un capitale in tasse - quindi perché non comprarsi un concorrente inglese, anzi, anglosvedese). Nel 2017 il loro CEO Pascal Soriot, che avete imparato a conoscere di recente per le sue dichiarazioni sul vaccino AZ,  diceva che il futuro dell'azienda era legato ai risultati di un nuovo trial sul loro anticorpo anti PD-L1, e comunque la vedeva male (http://www.biospace.com/News/astrazeneca-plc-ceo-warns-of-more-setbacks-admits/459586). Il trial MYSTIC sul durvalumab si concludeva in un fallimento. Fortunatamente verso fine anno arrivavano i risultati di PACIFIC, ed erano positivi. Ma mentre le vicende di durvalumab andavano per le lunghe, le vere basi dell'inversione di tendenza arrivarono con l'approvazione per tumori del seno BRCA+ di olaparib da parte di FDA. E si trattava alla fine di un colpo di fortuna all'interno della surreale vicenda degli inibitori PARP.

Inibitori PARP: nel 2013 Sanofi comunicò che iniparib non funzionava e ne fermò lo sviluppo (in realtà era pure venuto fuori che iniparib NON inibiva PARP - una gran bella figura, per Sanofi). Astrazeneca concludeva nel 2014 il primo round di sviluppo clinico di olaparib, che aveva rilevato da Kudos, e incassava una vittoria di Pirro: FDA approvò olaparib come monoterapia in pazienti con carcinoma ovarico avanzato con mutazione BRCA che avessero ricevuto in precedenza tre o più chemioterapie.

Questa combinazione di eventi fece sì che quasi tutti quelli che avevano inibitori PARP in casa cercarono di venderli (o svenderli) per limitare le perdite (un comportamento del tutto analogo a una serie di stop loss su operazioni di borsa). Merck diede via il suo a una piccola azienda di nome Tesaro. Pfizer cedette il suo a Clovis, e probabilmente altrove altri programmi furono scaricati o messi on hold a tempo indeterminato.
Poi la sorpresa. Tesaro annunciò che Niraparib stava andando bene in tutti i trial che aveva messo su e arriva la prima autorizzazione FDA (marzo 2017 http://www.notiziariochimicofarmaceutico.it/2017/04/10/niraparib-per-il-carcinoma-ovarico/ - nel 2018 arriva GSK che si compra Tesaro).

E quelli che avevano stracciato, sospeso, svenduto si ritrovarono tutti a recuperare gli asset di cui si erano frettolosamente liberati tre anni prima. In questo turbine di svendite e riacquisti Astrazeneca non solo si era tenuta olaparib, ma ne aveva continuato lo sviluppo clinico, e con successo. Sulla base dei nuovi dati di olaparib nel 2017 arriva Merck (rimasta senza inibitori PARP dopo aver ceduto Niraparib) che firma un'accordo di partnership che prevede un bell'esborso upfront (1,6 miliardi https://www.astrazeneca.com/media-centre/press-releases/2017/astrazeneca-and-merck-establish-strategic-oncology-collaboration-27072017.html#). Nel 2018 olaparib viene approvato da FDA per quello che fino ad allora era stato il meno trattabile dei tumori del seno, quello HER2- BRCA+, e Astrazeneca esce definitivamente dalla propria crisi. Oggi, al di là delle vicende inerenti il suo vaccino, il portafoglio oncologico di AZ vale più del 20% del suo fatturato (https://www.fiercepharma.com/special-report/top-20-pharma-companies-by-2020-revenue-astrazeneca), con il solo osimertib (inibitore covalente di EGFR, tumori NSCLC) che vende per 4,33 miliardi, olaparib che ne fa 1,78 e durvalumab che ne fa due.

L'ultimo capitolo in ordine di tempo per olaparib è questo:

https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2105215

Un anno di terapia adiuvante con olaparib, dopo remissione in seguito a Standard Of Care, estende la sopravvivenza senza reinsorgenza della patologia nelle pazienti trattate per tumore del seno HER2- BRCA1/2+. E ricordiamo che si tratta di quel tipo di tumore fino a qualche anno fa intrattabile, per cui Angelina Jolie, memore della sorte della madre, della nonna e della zia, si era sottoposta ad un'estensiva chirurgia preventiva (mastectomia, ovariectomia).


mercoledì 2 giugno 2021

QUASI INCREDIBILE

 

https://www.fiercepharma.com/pharma/amgen-s-lumakras-becomes-first-fda-approved-kras-inhibitor-for-lung-cancer-patients

KRAS è stata per anni e anni considerata un undruggable target (hardly druggable, in realtà). E per un motivo molto semplice: la proteina è soggetta a cambi conformazionali e non, e con una frequenza del tutto insolita. In breve per tipo vent'anni ha sgusciato come un'anguilla dalle mani di chi voleva "prenderla" (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../oncologia-fine...).

Ma meno di due anni fa si concludeva la caccia a questa Primula Rossa dei target oncologici, i primi inibitori KRAS (per una specifica mutazione della proteina, G12C) iniziavano i trial clinici, e i  risultati erano incoraggianti (https://cen.acs.org/.../Notorious-KRAS-Taking-down.../97/i37). 
Oggi FDA approva Lumakras (sotorasib) per tumori dei polmoni non-small cell (NSCLC) KRAS G12C positivi.
Nei NSCLC i casi con mutazioni KRAS sono circa il 30%, e di questa quota circa la metà possiede la mutazione KRAS G12C (https://clincancerres.aacrjournals.org/content/27/8/2209), quindi non parliamo di una mutazione frequente, ma neanche di una rara.
Ora la porta degli inibitori di KRAS è definitivamente aperta e la strada indicata, va solo percorsa per aggiungere ulteriori strumenti ai disponibili inibitori EGFR, VEGFR, ALK già in uso per questi tumori.
 

Sotorasib, sviluppato da Amgen, non è esattamente il classico inibitore covalente di chinasi (https://en.wikipedia.org/wiki/Sotorasib). Esibisce atropisomeria, parola più ostica del fenomeno che vuole descrivere. Enantiomeri e diastereoisomeri sono molecole che non si distinguono per l'ordine di concatenazione dei loro atomi. L'esempio più classico usato da sempre per spiegare gli enantiomeri sono le nostre mani: sono uguali, ma non sovrapponibili. Appoggiatele nella stessa posizione su un tavolo e noterete che sono simmetriche rispetto ad un piano. Stessa cosa per una coppia di enantiomeri (una molecola è l'immagine speculare dell'altra). Abbiamo coppie di enantiomeri ogni volta che una molecola ha un carbonio asimmetrico, ovvero a cui sono legati quattro gruppi diversi. La presenza di più carboni asimmetrici crea coppie di diastereoisomeri (due carboni asimmetrici producono due coppie di diastereoisomeri).
Nell'atropisomeria invece la "non sovrapponibilità" non è collegata all'orientamento nello spazio di legami chimici, ma all'impossibilità di un gruppo di ruotare liberamente attorno a un legame, per cui avremo una molecola in cui il gruppo può ruotare tra 0 e 180° e un'altra in cui può ruotare tra 180 e 360°.
Ecco, nel caso di sotorasib uno dei due atropisomeri è più attivo dell'altro...

 

 

domenica 16 maggio 2021

PERCHE' E' DIFFICILE PASSARE DA UN GRAMMO A UN CHILO? (BREVETTI E KNOW HOW)

 

https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../05/il-pilota.html


Avete presente l'ultimo post su PF-07321332, l'antivirale anti SARS-CoV-2 Pfizer che ha iniziato la sperimentazione clinica ? (https://www.facebook.com/chimicoscettico.blogspot/posts/2988056391413228)( Ricordo che il lavoro sulla proteasi 3CL di SARS-CoV-2 ha dimostrato che il suo sito catalitico è al 100% uguale a quello della stessa proteina in SARS-CoV )
Sotto quel post era venuta fuori una domanda che riemerge ciclicamente: "Come si arriva alla produzione di 1 kg (e poi via via di più, suppongo)? È frutto semplicemente di maggior numero di linee di produzione o cambia proprio il protocollo di sintesi (che so, catalizzatori più veloci e cose di questo tipo)? "
Quando si parla di molecole di sintesi è il lavoro del chimico di processo (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../chimici-e...), il cui ruolo è mettere a punto la produzione nel modo quanto più possibile economico, sicuro e affidabile.
E di solito il grosso del lavoro consiste nel passare dal banco del laboratorio all'impianto pilota, che è simile all'impianto di produzione, ma più piccolo.
Il passaggio non è banale.
La cosa è rilevante anche per il tema brevetti e farmaci e vaccini antiCOVID. Leggendo in giro pareva che, rimosso il vincolo brevettuale, zac, si poteva subito iniziare a produrre questo o quello. Immensa sciocchezza.
Prendiamo il caso di una piccola molecola di quelle di cui più si è parlato (remdesivir, molnupiravir). Dato che con tutta probabilità nel brevetto si troverà la sintesi su piccola o piccolissima scala, cioè quella della chimica medicinale, se non c'è alcun trasferimento di tecnologia da parte dell'originatore il processo produttivo va sviluppato ex novo.
E per molnupiravir, che è molto più semplice di remdesivir, per esempio, la cosa prenderebbe comunque qualche mese di lavoro, e questo escludendo tutta la parte regolatoria (la registrazione di un Drug Master File), e l'attività connessa (produzione dei "bio-batch" con cui fare le prove di bioequivalenza). Inoltre considerate che le sintesi industriali della chimica farmaceutica avvengono perlopiù su impianti largamente polifuzionali ( dotati di reattori, centrifughe, filtri, essiccatori, macchine per il finissaggio), e non richiedono macchine particolari come quelle richieste dai vaccini mRNA.

martedì 23 marzo 2021

ENDOVENA, SOTTOCUTANEA, INTRAMUSCOLO

Se vi ricordate di topi, luciferasi e luciferina vi ricorderete che c'è una certa differenza tra le varie vie di sommistrazione.

Non è una cosa llimitata ai vaccini mRNA: il principio vale per qualsiasi farmaco di qualsiasi tipo.
L'endovena è il dosaggio più "pulito": quel che viene iniettato finisce nel flusso sanguigno e la sua concentrazione nel plasma è determinata dall'assorbimento nei tessuti da una parte e dalla velocità di escrezione dall'altra. Il massimo di concentrazione (Cmax) nel plasma lo si ha al momento dell'iniezione, e detta concentrazione cala nel tempo all'incirca come un'esponenziale negativa. Il tempo di dimezzamento (t1/2) è quello in cui la concentrazione è la metà della concentrazione massima . Per infusione poi l'endovena permette il dosaggio di quantità relativamente grandi di farmaco o di volumi di soluzione (pensate alle flebo di soluzione fisiologica). Quindi mettere a punto qualcosa di somministrabile per endovena è relativamente semplice. Relativamente, però: si pensi ai tassani, che negli anni 90 costituirono un notevole passo avanti nelle terapie antitumorali. Il loro problema era la scarsa solubilità, e quindi la necessità di aggiungere agenti disperdenti per renderli dosabili.
In breve l'endovena da un lato è semplice, ma dall'altro più complicata (la somministrazione richiede ambiente ospedaliero o assimilabile). Non è affatto strano che alcuni dei farmaci messi a punto e approvati o autorizzati in emergenza a distanza di mesi- mesi, non anni- dalla comparsa di SARS-CoV-2 prevedano la somministrazione endovena.
Il dosaggio sottocutaneo è in teoria assimilabile a quello IV. Ma per ovvi motivi per via sottocutanea non possono essere somministrati volumi relativamente grandi di iniettabile. Piccole quantità, piccoli volumi. E se volete vedere un effetto il vostro farmaco deve essere potente, ovvero in grado di funzionare a dosaggi relativamente bassi di soluzione o sospensione iniettabile.
E finora abbiamo parlato di due metodi in cui quanto dosato non passa dal fegato (e quindi dal tritacarne del metabolismo di primo passaggio).
Con l'iniezione intramuscolo una frazione variabile del dosato finisce nel fegato. Quindi in generale o il tuo farmaco è stabile al metabolismo di primo passaggio, o i metaboliti non creano problemi e sono anch'essi attivi, oppure è una specie di terno al lotto: devi sperare di avere per le mani qualcosa che sia minimamente sottoposto al metabolismo del fegato oppure potente a sufficienza da far sì che la frazione che non viene distrutta sia in grado di dare comunque concentrazioni efficaci di farmaco nel plasma e nei tessuti.
E a proposito di concentrazioni anche qua non ci sono regole fisse: per certi farmaci la concentrazione massima si raggiunge dopo minuti (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/3691617/). Sono abbastanza vecchio da ricordarmi le iniezioni di penicillina sospensione intramuscolo: un male boia, e la chiappa che restava dolorante per un bel po': nel caso delle penicilline il picco di concentrazione plasmatica si raggiunge piuttosto rapidamente e i tempi di dimezzamento variano da una trentina di minuti a giorni, e per fortuna, altrimenti sai quanti continuavano a restarci per broncopolmoniti batteriche tra anni 50 e anni 70 (un esempio qua https://www.accessdata.fda.gov/.../2012/050141s231lbl.pdf).
Per fare esempi d'attualità questo è il caso dei mAb Astrazeneca attualmente in sperimentazione clinica. I mAb GSK-Vir sono un caso simile e ora sono soggetti a ulteriore sperimentazione clinica con dosaggio sottocutaneo, come quelli BMS: forse questi farmaci con questa modalità di somministrazione si riveleranno efficaci, forse no. Il concetto è: passare dall'endovena a sottocutaneo e intramuscolo (che possono essere usate senza problemi nei pazienti a casa) non è precisamente una banalità.
E questo è un discorso strettamente collegato agli estenuanti dibattiti che per un anno si sono protratti sui farmaci "nuovi", quelli ancora coperti da brevetto.
Mi pare che per quanto riguarda i farmaci il senso di un'autorizzazione all'uso in emergenza sfugga completamente (mentre per quel che riguarda i vaccini una EUA viene automaticamente equiparata ad una approvazione definitiva). Un farmaco autorizzato in via emergenziale è uno strumento potenzialmente utile da rendere disponibile immediatamente per ridurre i danni di una patologia senza opzioni terapeutiche risolutive. Si ragiona con quello che c'è, non su quello che ci sarà tra quattro mesi o un anno, perché l'emergenza è attuale e presente.
Quindi il punto non è "ah, vabbè, funziona poco, aspettiamo qualcosa di più efficace e di più facile uso": quello è il punto di vista perlopiù sacrosanto nel quadro di una situazione non emergenziale, in cui guarda caso le autorizzazioni di emergenza non hanno senso (poi ci sarebbe il discorso degli unmet medical needs, fin troppo lungo). Tra ottobre e gennaio (come tra marzo e aprile 2020) si poteva usare ogni mezzo disponibile per la potenziale riduzione del danno. E' stato fatto? Più no che sì. Doveva essere fatto? Mi ripeto, questa è la domanda dirimente: ci si divide tra sì e no. E il governo della politica farmaceutica in Italia è ancora schierato prevalentemente per il no, assieme a tutti coloro che lo difendono.
 
Rif: Edward H. Kerns and Li Di, "Drug-like Properties: Concepts, Structure Design and Methods
from ADME to Toxicity Optimization"

lunedì 1 marzo 2021

COVID19: MOLLATI I VACCINI MERCK PUNTA SUI FARMACI

Che Merck avesse mollato il suo vaccino in sviluppo per concentrarsi su altro è notizia di più un mese fa.
Dell'"altro" fa parte molnupiravir (MK-4482), di cui qua sopra si è parlato abbondantemente, e MK-4482, che è tutta un'altra storia non senza ramificazioni.
MK-7110 nasce come CD24Fc, ed era il candidato di punta di Oncoimmune, una proteina di fusione ricombinante che nasceva iscritta nel registro "immunooncologia" come inibitore di checkpoint (https://en.wikipedia.org/wiki/Checkpoint_inhibitor). Ed era la prima della sua classe ad avere come bersaglio CD24 (https://en.wikipedia.org/wiki/CD24), una sialilproteina di superficie dei linfociti, quindi è parente di altre vicende di inibizione di checkpoint inerenti altri sialili (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../prima-o-poi...). Solo che evidentemente in oncologia CD24Fc non è andato per niente bene, visto che il suo sviluppo è continuato in chiave di farmaco antirigetto (cioè immunosoppressore/immunomodulatore). E ormai da mesi chi aveva per le mani immunomodulatori li ha provati con il COVID grave. E' su questa base che Merck, avendo per le mani un'antivirale promettente ma niente per la tempesta citochinica che caratterizza il COVID grave, lo scorso novembre caccia 425 milioni per comprarsi Oncoimmune e continuare lo sviluppo del prodotto. E spunta un contratto di fornitura per il governo americano per 356 milioni di dollari. Però non c'è stato alcun pronunciamento regolatorio e a fine febbraio arriva la doccia fredda da parte di FDA: contratto bloccato e richiesta di nuovi dati perché gli attuali non bastano per una Emergency Use Authorization (https://www.fiercebiotech.com/.../fda-tells-merck-told-to...). In primavera il trial di Oncoimmune dichiarava uno stupefacente calo del 50% della mortalità nei casi di COVID grave, ma evidentemente i dati a supporto non hanno convinto FDA (e questo dovrebbe dire qualcosa, perché secondo alcuni FDA starebbe distribuendo EUA come caramelle).
CD24 è coinvolto anche in qualcosa di cui si parla molto, exo-cd24: ma non è dato di sapere in che modo. Tutto quel che abbiamo del "miracoloso farmaco israeliano" è il risultato di una fase I, e da una fase uno non si conclude niente. Cosa sia e come funzioni il farmaco non c'è scritto da nessuna parte.

 

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...