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domenica 17 marzo 2024

CLIMA, UNA RISPOSTA PUBBLICA, VARIE ED EVENTUALI

https://theproudholobionts.substack.com/p/the-climate-has-always-changed-so

Magari quelcuno riconosce l'immagine, già comparsa qua sopra. Quel post ha provocato un commento pubblico di Ugo Bardi. Dopo diversi giorni, ho pensato che forse una mia risposta pubblica sarebbe stata opportuna.

In primo luogo ringrazio Bardi per la presentazione in inglese but I'm not that guy, not exactly:

“The Skeptical Chemist,” an Italian expatriate in Europe whose real name is unknown but who clearly has a deep knowledge of chemistry, in particular pharmaceutical chemistry. His blog and his pages on social media were very successful during the pandemic when he criticized the various manipulations of the truth by the powers that be. As you may have expected, the PTBs took their revenge by making his blog disappear from search engines and social media and also directing against him the wrath of a crowd of clowns in search of a circus. The Skeptical Chemist abandoned social media; he still publishes his blog, but has closed the comments.

Detta così sembra che io io sia una qualche specie di martire per avere dato contro a una lunga serie di bestialità che andavano per la maggiore, e non è assolutamente così. L'anonimato è stata una difesa molto efficace e credo di aver fatto ben poco (e senza risultati) rispetto a Guido Silvestri e Sara Gandini, la cui azione durante la pandemia è stata molto efficace e che per questo si sono visti arrivare addosso di tutto. Ah, una nota: nel branco che gli gettava fango addosso i soggetti più qualificati erano accademici di terza fila con H-Index al limite dell'invisibilità, in un campo in cui l'H-Index è tutto o quasi. Questo giusto per ricollocare in prospettiva il fenomeno.

Tornando a questo blog, non mi risulta che sia sparito dai motori di ricerca e quanto al suo posizionamento nelle ricerche mi interessa poco. I "powers to be" non si sono  mai fatti sentire, a quel che mi ricordo, e per quel che riguarda la visibilità online il suo andamento l'ho sempre attribuito ai successivi giri di vite sull'informazione, ad algoritmi sempre più stringenti, eccetto che in un singolo caso molto circostanziato. Per quello che riguarda i pagliacci confermo, ma ritengo sia qualcosa che succede a chiunque raggiunga un briciolo di esposizione parlando di temi divisivi. Le ragioni dell'abbandono dei social sono state anche quelle spiegate

Riguardo i commenti sul blog, all'inizio non erano aperti perché c'era la presenza sui social, e quindi si poteva commentare lì. Oggi proprio le ragioni che mi hanno spinto ad abbandonare i social sono le stesse per lasciare chiusi i commenti. Ma veramente si pensa oggi che un pubblico dibattito produttivo sia generalmente possibile? Sia sui grandi media che sui social si tratta solo e unicamente di consolidare la fanbase, la bolla, il proprio elettorato, grandi o piccoli che siano. A questo ormai si è ridotta la dialettica in tempo reale sui media, social o no. Ed è qualcosa per cui ho perso ogni interesse, se non si è capito. Le possibilità di interazione con questo blog sono limitate alla mail, che prevede un meccanismo meno di pancia, meno istintivo e magari più ragionato rispetto a un commento o una reazione sui social. 

Ritornando alla faccenda clima faccio presente di nuovo che l'autore del pezzo non voleva dire "il clima ha cicli" (grazia graziella etc), né tantomeno "il clima ha cicli e quindi l'uomo non c'entra niente", ma voleva sottolineare quale sia il background di variabilità con cui il modellista deve avere a che fare. Un altro mio contatto, che nella rilevazione di parte dei dati coinvolti ci lavora, ha commentato: " Bravi voi che parlate di modelli, e tutto perché non avete mai visto i dati con cui li fanno e le relative incertezze".

Di nuovo questo non significa che "il clima cambia da sempre e i modelli sono basati su dati spazzatura". Semplicemente significa che in primo luogo i modelli non sono Sante Tavole della Verità. 
In secondo luogo significa che non solo non siamo in grado di produrre predizioni affidabili per un determinato momento del futuro: anche con la previsione dei trend  gli intervalli di confidenza si possono dilatare fino a svariati gradi o decine (plurale) di anni, e basta vedere i grafici IPCC: 

Global surface temperature changes relative to 1850-1900, degrees C, under the five core emissions scenarios used in AR6




Quale è la differenza rispetto a cose ormai dimenticate, come questa roba che venne dall'Imperial College riguardo al COVID nel 2020?


Dovrebbe essere evidente: la differenza è la scala temporale. Ed è quello a cui mi riferivo con un post di qualche tempo fa. E' grazie a questa differenza che sappiamo che le previsioni 2020 di Imperial College valevano niente. Riguardo al clima invece nel modello IPCC siamo in un punto in cui gli scenari sono ancora completamente confusi. Per validare il modello IPCC con l'osservazione dei dati occorrerebbe essere nel 2100, quando le previsioni dei tre scenari non saranno più sovrapposte. Oppure le previsioni potrebbero essere confermate da un'innalzamento di temperatura di 2.5 °C nel 2050: ma se aspettassimo il 2050 per verificare, rilevando un aumento di temperature di 2.5 °C, allora saremmo in guai estremamente seri e la situazione potrebbe essere irreversibile. Ma c'è da considerare che i margini di incertezza (confidence intervals, credibility intervals o quello che volete) potrebbero essere un poco più ampi di quelli raffigurati.
 
Detto questo, l'intero pacchetto è stato confezionato come "Lo dice la scienza" e amen. E quindi si è passati in un dominio in cui concetti come errore, σ2, p-value e Confidence Interval non hanno cittadinanza, muovendo in un territorio che non ha a che fare con nessuna disciplina scientifica (dominio politicamente presidiato dalla "sinistra" parlamentare e da movimenti più o meno isterici).
Le conseguenze politiche della cosa sono sotto gli occhi di chi vuol vedere, tali e quali come per il COVID. L'esempio più recente e eclatante? Stabilire che in Europa gli edifici preesistenti debbano raggiungere la classe energetica D entro il 2033 (tra l'altro non è che solo l'Italia abbia centri storici, eh...).

Concludo ripetendo le parole dell'autore del post originario:

Parlare di previsioni del clima senza discuterne l'incertezza semplicemente non ha senso, e chiunque non metta il problema dell'incertezza al centro, sta cercando di passare un'agenda politica, non di trasmettere un messaggio scientifico. Anzi, parlare di incertezza è essenziale proprio perché parlando di incertezza si può esplicitare la dimensione politica di un dibattito che può svilupparsi sul problema del clima, trattandolo come un problema da valutare, soppesare, paragonare ad altri problemi.


martedì 5 marzo 2024

IL CLIMA, I MODELLI, L'INCERTEZZA

(NdCS: L'autore di questo pezzo è un altro expat che nel suo passato accademico ha lavorato su modelli climatici - poi ha usato il suo dottorato in fisica e le sue competenze per passare nel privato. Nel testo è centrale il termine "forzante": indica, per un sistema fisico complesso, una causa esterna al sistema stesso che ne influenzi l'evoluzione; è particolarmente usato nella meteorologia per i fattori determinanti l'evoluzione dell'atmosfera e del clima)

 

https://dept.atmos.ucla.edu/tcd/publications/natural-climate-variability

CS rinvia a due video interessanti, nel suo articolo del 19 febbraio. La spiegazione di Sabine Hossenfelder su come il modello di Lorenz abbia una evoluzione in qualche misura analoga a quello del clima terrestre è particolarmente chiaro. Il finale del video, però, mi ha lasciato perplesso: Sabine sostiene che sia l'esistenza di un termine forzante (implicitamente, la CO2), che ha un impatto simile sul sistema indipendentemente dalle condizioni iniziali, a determinare la predicibilità dei cambiamenti climatici (intendendo chiaramente i cambiamenti climatici dovuti all'intervento antropico). Devo dire che quando sono arrivato a queste conclusioni, sono rimasto piuttosto deluso, non perché pensi che l'affermazione sia falsa, ma perché la trovo una conclusione molto affrettata e parziale. Ragionando sul clima si possono arrivare a delle conclusioni molto più interessanti, anche se forse meno consolatorie a riguardo della fiducia ne gliscenziati.

Provo a spiegare cosa intendo, partendo da un punto di vista completamente diverso, cioè quello dell'osservazione dei fenomeni. C'è in particolare un grafico, che ho preso da qui ma che si trova in forme simili in diversi libri sulla fisica del clima, che riesce a sintetizzare molti aspetti del "sistema clima". Si tratta di uno spettro, che si può definire come una funzione che lega l'intensità di un fenomeno (asse verticale) alla sua frequenza tipica (o alla scala di tempo, cioè il periodo, sull'asse orizzontale). Il grafico, in realtà, è una composizione di grafici che provengono da fonti diverse, per il semplice motivo che costruire tale grafico da una singola serie temporale è impossibile: non abbiamo delle misure continue della temperatura o del vento ogni ora nel corso degli ultimi 10 milioni di anni. Nella parte di destra, ci sono i periodi "brevi": ore, giorni, anni, e in questo caso è possibile ricostruire effettivamente il grafico direttamente da delle misure di quantità come la temperatura o la velocità del vento. Spostandosi verso sinistra, invece, il grafico è ottenuto piuttosto dall'analisi di campioni geologici, e in questi casi la ricostruzione dei parametri climatici è ottenibile solo indirettamente.


Si potrebbero riempire libri su questa figura, ma limitiamoci a qualche elemento essenziale. I due picchi, molto stretti, di gran lunga più alti di tutti gli altri (occhio, la scala è logaritmica sia in verticale che in orizzontale!) sono il ciclo diurno e quello annuale, i modi di variabilità del clima più intensi e completamente determinati dalla forzante solare. Ci sono poi molti altri picchi, in genere molto più larghi, che sono legati a varie forme di variabilità interna del clima. A 3-7 giorni, ad esempio, c'è il picco legato all'alternarsi di anticicloni e perturbazioni, alle nostre latitudini, ma ci sono molti altri picchi a periodi più lunghi, anche di centinaia di anni e oltre. Tutti questi picchi sono legati a delle forme di variabilità interna del clima, non legata ad un cambiamento della forzante. Il clima, infatti, in quanto sistema caotico, pur essendo forzato con una periodicità molto precisa dall'alternarsi delle stagioni e del giorno con la notte, genera spontaneamente delle variazioni che hanno una periodicità differente da quella della forzante. Questo è in realtà una proprietà più generale dei sistemi non-lineari, che sono in grado di trasferire energia tra processi che hanno "velocità" (o meglio periodi) diversi. Il lento riscaldarsi dell'aria passando dalla primavera all'estate (parte del ciclo annuale) dà origine a lunghi periodi caldi (variabilità intra-stagionale) ma anche a temporali, con un'evoluzione molto rapida, di alcune ore. Si potrebbero trovare molti altri esempi. Più a sinistra, ci sono altri picchi con periodicità molto lunghe, di migliaia e fino a centinaia di migliaia di anni. Alcuni di essi sono legati alle variazioni periodiche dell'orbita terrestre, che hanno un impatto sulla quantità di radiazione solare che arriva sulla Terra, ma anche su queste scale di tempo lunghissime il clima sembra essere in grado di generare una variabilità non direttamente legata alle forzanti esterne, ma piuttosto dovuta all'emergere spontaneo di variazioni quasi-periodiche.

Dalla lettura di un grafico come questo, si possono trarre varie lezioni, ma forse quella più interessante è che le variazioni del clima hanno una varietà di scale temporali ricchissima. Le variazioni periodiche della forzante solare sono il carburante che tiene in moto il sistema, ma il sistema evolve in una miriade di fenomeni diversi, che interagiscono tra loro e "spostano" l'energia a scale temporali diverse, con variazioni che, seppure molto meno forti del ciclo annuale o diurno, sono comunque molto significative (significative sia da un punto di vista prettamente statistico sia da quello pratico: sono questi picchi che, ad esempio, corrispondono all'alternarsi del bel tempo al sole, ma anche di periodi secchi ad altri piovosi, annate fredde ad altre calde,...). Vale anche la pena notare che, se ci limitiamo ad osservare il clima da questo punto di vista, la distinzione con il meteo è molto labile, non c'è una separazione tra delle variazioni "veloci" (il meteo) e delle variazioni "lente" (il clima). È anche giusto notare che, osservando questa fenomenologia, non è corretto concludere che il clima si può predire "solo grazie alla forzante esterna". Anzi, sono proprio i modi di variabilità intrinseca del clima (si pensi al famoso El Nino, ad esempio) che consentono in qualche misura di predire le variazioni climatiche su scale che superano quelle delle "classiche" previsioni meteorologiche.

Un altro elemento che voglio far notare, ripensando al video della Hossenfelder, sono le dimensioni della forzante. I picchi del grafico sopra ci danno un riferimento, se guardiamo quelli ad un anno ed un giorno, sulla grandezza della forzate principale, quelle sono le variazioni causate direttamente dal sole. Se mi rivolgo a Wikipedia, vengo a sapere che, in media, quella forzante rappresenta circa 240 W m-2 , che equivale a coprire tutta la superficie terrestre con delle lampade di quella potenza su ogni metro quadrato (lampade molto efficienti, perché si tratta di "short-wave radiation", di onde corte, cioè sostanzialmente di luce visibile, non di "calore", cioè di radiazione a onde lunghe). Questa energia, ovviamente, non resta sulla Terra, altrimenti saremmo tutti arrosto, ma viene ri-emessa nello spazio, anch'essa sotto forma di radiazione perlopiù infrarossi. L'energia che arriva sulla Terra e quella che viene ri-emessa nello spazio sono all'incirca uguali. Se la Terra si riscalda, l'energia che viene ri-emessa è un po' meno di quella che arriva, e viceversa se la Terra si raffredda. Le emissioni antropiche in atmosfera vanno proprio a perturbare questo equilibrio, e le stime più recenti, dal sesto report IPCC, ci danno una stima dell'effetto antropico sul clima equivalente a 2.72 Wm -2 . Il rapporto è perciò all'incirca di 100 a 1, la forzante dovuta all'attività umana è perciò molto piccola rispetto a quella media. Questo però non significa affatto che possa essere ignorata, innanzitutto perché anche un piccolo sbilanciamento può accumularsi nel tempo, ma anche e soprattutto perché il clima è un sistema non-lineare, in cui una piccola variazione della forzante innesca una reazione del sistema che va a modificare la forzante stessa. Se riguardiamo il grafico sopra, un rapporto di 100 a 1 corrisponde a grandi linee al rapporto tra i picchi principali (diurno, annuale) e quelli minori che, come ho spiegato sopra, corrispondono comunque a dei fenomeni chiaramente percepibili anche nel quotidiano.

E qui, si innesta il problema di cui cerca di parlare Franco Prodi nell'altro video linkato da CS nell'articolo, e cioè quello dei cosiddetti "feedback" del clima. Il più semplice e importante è quello legato al fatto che una Terra più calda emette più calore nello spazio, andando perciò a ridurre la velocità del riscaldamento stesso, fino a raggiungere un nuovo equilibrio (quale, chissà). Ci sono però molti altri tipi di feedback, che coinvolgono il ciclo dell'acqua, quello della CO2 stessa (che viene sequestrata naturalmente su scale di tempo più o meno lunghe), quello della vegetazione, quello delle nubi. Questo è un elemento centrale di discussione a livello delle scienze del clima, e perciò anche del famoso IPCC report, qui. Il dibattito verte sulla grandezza e sul segno di questi diversi feedback: se sono negativi vanno a rallentare il riscaldamento dovuto all'effetto serra, se sono positivi lo aumentano. Alcuni di questi feedback sono compresi relativamente bene, altri meno, e il modo in cui si potrebbero combinare assieme, o meno, può avere un impatto molto significativo sull'evoluzione temporale dei cambiamenti climatici. Non solo, data la non-linearità del sistema, questi feedback cambiano al cambiare dello stato medio del sistema, complicandone ulteriormente la comprensione.

E a questo punto, bisogna fermarsi un attimo per chiedersi cosa significhi studiare questi fenomeni. Da un lato, abbiamo le misure, che provengono da una varietà di strumenti diversi (misure dirette, satelliti,...) e che, anche se sono enormemente migliorate nel corso degli ultimi decenni, restano molto disomogenee in termini di distribuzione spaziale e temporale (cioè, alcune parti della superficie terrestre sono misurate "bene" da molto tempo, altre no). Dall'altro lato, abbiamo i modelli che, per inciso, necessitano di tutta una serie di metodi tutt'altro che banali per poter essere inizializzati a partire da delle misure disomogenee come quelle che abbiamo (è tutto un'intero campo di studio, quello della "data assimilation"). Anche se i modelli del clima sono il tema su cui ho lavorato di più nella mia carriera accademica (o forse proprio per quello) esito ad entrare nei dettagli. Come nota anche Sabine Hossenfelder, la complessità della materia è tale che risulta impossibile, per una persona sola, dominarla dalla A alla Z. Inoltre, molti dettagli prettamente tecnici dei modelli sono tanto fondamentali quanto poco conosciuti, al di fuori di ristretti circoli di esperti, e in evoluzione costante. Pur avendo nella mia carriera lavorato non poco sui modelli "semplici", come quelli presentati da Sabine Hossenfelder, credo in realtà che non siano lo strumento corretto per interpretare risultati come quelli dell'IPCC report. Mentre i modelli semplici come quelli di Lorenz sono strumenti straordinariamente potenti per comprendere specifici processi (fisici, termodinamici, bio-geo-chimici) del più ampio sistema clima, i cosiddetti "Earth System Models" che informano i rapporti sul clima sono qualcosa di completamente diverso. Questi modelli mirano a tracciare l'evoluzione, dinamica e termodinamica, del sistema accoppiato formato dall'atmosfera, dall'oceano, dalla criosfera e dalla biosfera, combinando metodi con solide basi teoriche ad approcci empirici che necessitano di complessi metodi di calibrazione (che, peraltro, hanno limiti ampiamente discussi nella letteratura scientifica, ad esempio qui). Mi fermo qui, prima di addentrarmi in questo argomento, ricordando soltanto che i modelli di previsione climatica sono fallibili, come ogni altro strumento di conoscenza prodotto dall'uomo.

A questo punto, un grillino potrebbe concludere che questa è tutta roba da buttare, e devo ammettere che io per primo ho provato questo genere di repulsione in una mia vita precedente. Predire l'evoluzione di un sistema così complesso, con una dinamica così ricca, con delle variazioni continue e ampie che mascherano il piccolo segnale che ci interessa, è un'impresa oggettivamente molto difficile. Credo però che la conclusione grillina sia, come sempre, sbagliata. Penso che la lezione da trarre sia invece che l'incertezza è la quantità centrale in questo problema: l'incertezza legata al sistema di misura, al sistema di predizione, ed allo stesso "sistema clima", in quanto caotico e non-lineare (CS cita spesso Prigogine e Stengers, ed il loro libro "La nuova alleanza" resta secondo me uno dei riferimenti più belli e profondi sul ruolo dell'incertezza nello studio scientifico dei sistemi caotici).

Parlare di previsioni del clima senza discuterne l'incertezza semplicemente non ha senso, e chiunque non metta il problema dell'incertezza al centro, sta cercando di passare un'agenda politica, non di trasmettere un messaggio scientifico. Anzi, parlare di incertezza è essenziale proprio perché parlando di incertezza si può esplicitare la dimensione politica di un dibattito che può svilupparsi sul problema del clima, trattandolo come un problema da valutare, soppesare, paragonare ad altri problemi. Sarebbe sicuramente salutare.

lunedì 19 febbraio 2024

ER PUTINIANO DE FERO (SE IL LIVELLO HA TOCCATO IL FONDO SI PUO' SEMPRE SCAVARE)

Doverosa premessa: con la "scienza" siamo sempre lì

 

Franco Prodi ha passato una vita a fare fisica dell'atmosfera. Si può essere d'accordo o no con le sue posizioni attuali ma non si può dire che quello che ha fatto fino al pensionamento non c'entri niente con il clima. Quel che è successo da Parenzo (per cui ho poca o nessuna stima) è la dimostrazione che non esiste un dibattito politico sul clima. Esiste solo un dibattito politico, che di volta in volta ha sfumature sanitarie, climatiche, geopolitiche. Ogni tanto qualcuno siconfonde, e su una sfumatura non si rende conto di essersi collocato dalla parte sbagliata, ma si tratta di errore standard. In questo dibattito Ultima Generazione ha scelto la sua casa (dem) e campa facendo esattamente la stessa cosa che fa un gruppo ultrà di una squadra di calcio. Quindi per loro tra Prodi e Putin il parallelo è evidente.


Nello specifico difficile dare torto a Prodi in questa occasione, sia nel "dettaglio" scientifico, che nel suo volersi tenere fuori dal dibattito politico, in cui c'è solo spazio per le due opposte tifoserie.

Poi, se vogliamo rimettere a fuoco... Il cambiamento climatico è in atto? Sì, poco da discutere. Ha cause o concause antropiche? Personalmente darei alla cosa con un p-value di 0.049. Ma quanto a modelli non credo che un cattivo modello sia meglio di nessun modello. 

Il clima è un oggetto caotico. Sabine Hossenfelder spiegò come con un sistema caotico le previsioni per un preciso momento nel futuro siano futili, ma le previsioni riguardo le medie nel tempo siano significative.

La spiegazione è perfetta, ma secondo me l'enfasi dovrebbe essere sul ruolo delle condizioni iniziali e se dalla teoria si passa ai fenomeni naturali quando si parla di condizioni iniziali si parla di misure. Se si passa da teoria a misure la scoperta di Lorenz nel 1963 dice che in un modello metereologico un'errore dello 0.001% nella determinazione delle condizioni iniziali fa una immensa differenza rispetto alla stessa misura con un errore dello 0.000001%. E messa così la faccenda assume un aspetto un poco diverso.

Ma ancora una volta la scienza non c'entra, e la faccenda è esclusivamente politica.

Dall'ultima volta che ho scritto al riguardo la situazione è sempre la stessa, quanto a emissioni CO2

https://ourworldindata.org/co2-emissions

Al che parlando di Europa si direbbe che la buona traiettoria di decrescita delle emissioni degli ultimi 30 anni sia completamente vanificata dalla vertiginosa crescita delle emissioni altrui, che continua imperterrita.

Ma ultrà, talebani ed altri aggeggi con l'anello al naso continuano e continueranno a dire che la colpa è vostra, solo vostra, miserabili e colpevoli cittadini italiani che non vi siete ancora fatta l'auto elettrica, che non avete ristrutturato la casa per renderla ecocompatibile, che la farina di grilli e la carne sintentica "no grazie". E visto che la colpa è vostra siete voi a dover pagare. Come siete stati voi a pagare il conto della pandemia e come siete stati voi a pagare in inflazione il conto della guerra.

Al che l'unica risposta al "la colpa è tua, devi pagare" può essere solo un forte, netto, irremovibile NO! Non si paga niente di niente a questo giro e tu che lo chiedi puoi andartene al diavolo nel peggiore dei modi. 

Per citare Carlo Galli

L'uso delle misure emergenziali rientra nel "ritorno" dello stato (soprattutto nei suoi aspetti non democratici) che molti hanno segnalato come esito della pandemia. La questione è appunto il tempo, la durata dell'emergenza. che è prolungata con il susseguirsi diondate di sempre nuove emergenze; la deformazione emergenziale delle procedure costituzionali - a volte palese, a volte celata- è un erosione continua delle certezze del diritto. che può arrivare ad essere una sorta di eccezione al rallentatore, uno strisciante cambio di regime: il passaggio all'emergenzialismo; la decretazione di urgenza è il modo normale della legiferazione, dove ormai la "misura" - rapida ed efficace - prevale sulla legge- Sprattutto l'emergenza comprime il diritto di critica.le voci di dissenso, e implica una tendenziale uniformazione. la discriminazione del non conforme, del nemico interno-l'accusa di essere "no vax" ha colpito chiunque chiedesse spiegazioni, o eccepise in qualsivoglia modo le misure decise dalla politica e legittimate dalla scienza - il che è ovviamente pericoloso per la democrazia.

(Galli, Carlo. Democrazia, ultimo atto?. EINAUDI 2023)

Chiaro abbastanza? Anche se fosse scienza inattaccabile le misure emergenziali costituirebbero un problema per la democrazia. E quando la scienza non è inattaccabile, ma è quella accazzodicane che abbiamo visto negli ultimi anni?

Il clima è la penultima delle emergenze correnti (l'ultima sono le guerre, con tutto l'arco parlamentare che santifica l'ennesimo nazista tanto buonino, in attesa di una piena riabilitazione di Walter Reder, che in fin dei conti aveva solo ripulito l'Italia da dei paleoputiniani). Ma il fatto di essere penultima non ha evitato che fosse al centro della svolta Green europea. Una svolta in cui le rivolte dei trattori (Olanda, Germania, Polonia, Italia buona ultima) rischiano di essere  la minore delle conseguenze. In due parole, la svolta Green europea è fatta CONTRO i ceti produttivi e i lavoratori. E storicamente è la prima iniziativa del genere, perché dagli anni 80 controllo delle emissioni (e le piogge acide sono diventate un ricordo) e controllo dei CFC (buco nell'ozono) furono in primo luogo efficaci e in secondo luogo non chiesero alle classi lavoratrici di immolarsi per un "bene superiore". E quanto a uso di combustibili fossili, chi dice "e poi volano a Davos con i loro jet privati" ha perfettamente ragione: a me Ryainair continua a proporre il riscatto della quota CO2 del mio volo, e io continuo a ignorare la proposta.

Ricordiamo per l'ennesima volta Chico Mendes: l'ambientalismo senza lotta di classe è giardinaggio. Un ambientalismo spalleggiato dal capitale e in passerella a Davos nella lotta di classe è schierato a priori dalla parte che la lotta di classe l'ha vinta, quindi non dalla parte della forza lavoro. E nella sinistra esterna al parlamento e alle passerelle mediatiche dovrebbe essere considerato su questa base (per la pseudosinistra parlamentare oggi non ci sono speranze di sorta).

PS: A proposito di advocacy climatica occhio a non trasformarsi in piazzisti della Tesla. Tesla=lotta al climate change ma anche Tesla=Musk, trumpiano putiniano etc. Bel cortocircuito. Ma del resto è un mondaccio e chi fa advocacy ha imparato a non temere le peggiori contraddizioni.

PPS: Ma davvero credete che gente con background di biologia sia in grado di parlare di modelli, avendo basi più che appropriate? Davvero? Ah, ecco.

giovedì 24 agosto 2023

DA PANDEMISTI A CLIMALTERATI ECOANSIOSI CI VUOL NULLA


 

Al Re Travicello
piovuto ai ranocchi,
mi levo il cappello
e piego i ginocchi:
lo predico anch’io
cascato da Dio:
oh comodo, oh bello
un Re Travicello!


La classicità, quella che qualcuno vorrebbe cancellare. Cioè quello che scritto o altrimenti prodotto in un passato anche remoto continua ad avere un significato attraverso gli anni, attraverso i secoli. Il che significa che riesce ad essere interpretabile e significativo in contesti culturali estremamente lontani - dove cultura è inteso in senso antropologico.

Il Giusti al suo tempo parlava di politica e persone. Ma il discorso e il sarcasmo del Giusti sono facilmente traslabili ai tempi odierni, dove il "Re" è il discorso dominante - e la traslazione ha un margine di errore assai ridotto. Quante teste di legno che fanno un gran chiasso abbiamo visto, in questi tempi, calare da nulla a ciarlare sui media di ogni genere, predicando l'ultimo re travicello? E una maggioranza di persone ormai più pubblico che cittadini erano lì, pronti ad adorare l'ultimo tema piovuto dal cielo, i moderni ranocchi.

In tempi di COVID qua sopra non si è minimizzato il problema quando c'era e fin dall'inizio ci si è interessati alle soluzioni e ai mezzi per la riduzione del danno, per esempio agli approcci terapeutici per quelli che finivano in terapia intensiva, mentre "chi sa" si affidava ai protocolli alla sperindio (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/02/coronavirus-lhail-mary-protocol.html). Tra l'altro gli strumenti farmaceutici di riduzione del danno erano disponibili mesi prima delle approvazioni emergenziali dei vaccini.  Quando i vaccini sono arrivati per chi nonostante il vaccino finiva in ospedale la musica era più o meno la stessa, il più delle volte. Per qualche motivo l'enfasi sul problema andava a braccetto con il sabotaggio delle riduzioni del danno e delle soluzioni. O definite questo un approccio razionalmente orientato al risultato, se ci riuscite - se invece volete definirlo un approccio compatibile con i tetti di spesa niente da obiettare.

Se si parla di clima vedo esattamente la stessa situazione. Al di là dei vari discorsi sulla mobilità elettrica (in Italia, il che provocherebbe un'amara risata), siamo sempre alle solite. L'accento è solo e unicamente sul problema, e la risposta predicata non è così diversa da "mascherina e lockdown in eterno". Le soluzioni più facili per la riduzione del danno (l'azione sul dissesto idrogeologico del territorio) sono eresia. Meglio la gloriosa Europa carbon neutral, che in un modo o nell'altro sarà realizzata, sulla carta, to no effect - ho passato qualche tempo in un paese europeo che quanto ad elettrificazione della mobilità è tra i più avanzati d'Europa e la cosa è stata realizzata con adeguati investimenti logistici, senza guerre di religione, senza stigma per chi continua ad usare motori a scoppio. E' una buona cosa? Certo che lo è, come il recente record delle rinnovabili (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/02/e-dacci-oggi-la-nostra-apocalisse.html).  Ma sicuramente per qualche climaalterato questo non va bene, perché non è abbastanza radicale. Poi, francamente, levare le sovvenzioni in Italia ai combustibili fossili non sarebbe male, in teoria, se non ci fosse il piccolo problema di chi alla fine chi paga: pronto a scommettere che la fine delle sovvenzioni sarebbe pagata in costi al consumatore. E qua c'è il discriminate: se ti sta bene sei il climalterato ecoansioso. Se ti ponessi il problema di come evitare questo ennesimo scaricare sui i molti meriteresti la mia stima. Fatemi sapere chi posso stimare, perché guardando in giro non vedo gran che.

Perché chi si preoccupa di quello ma non di quell'altro canta la solita canzone: Penitenziagite, proprio come ai tempi del COVID. Poi guai a parlare di elefanti della stanza (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/07/lelefante-nella-stanza-clima.html), perché non sta bene. L'argomento più surreale: dare il buon esempio - in Europa quanto a leggi ambientali stiamo dando il buon esempio da quasi quarant'anni (vedere alla voce ozone depleters) e si è ben visto quanto è servito come esempio agli altri (0).

L'enfasi di adesione al liguaggio prevalente corrode il pensiero (quando c'è) e affiora nel vocabolario usato: climaalterante, attribution science, quote CO2. Usi queste parole e sei subito giusto. E chi se ne frega di danni o pratiche possibili e accessibili. Penitenziagite, ondate di caldo e inondazioni travolgano gli infedeli così che si possa gridare "Climate change!" e così sia.



martedì 8 agosto 2023

SIDERURGIA, STORIA, RICORDI, ANIDRIDE CARBONICA E CINA

La siderurgia è roba antichissima che iniziò nell'Età del Ferro. Per qualche motivo gli Ittiti (indoeuropei) la avevano, assieme ai carri trainati da cavalli, quando l'Egitto non aveva sviluppato la siderurgia principalmente per mancanza di materie prime (https://archeologiavocidalpassato.com/2016/05/28/antico-egitto-il-pugnale-di-ferro-di-tutankhamon-e-di-origine-extraterrestre-le-analisi-prodotte-da-un-team-italo-egiziano-il-ferro-del-cielo-come-ricordano-i-papiri-contiene-ni/). La tecnologia e i cavalli non costituirono un vantaggio strategico definitivo, per gli Ittiti e le lunghe guerre tra loro e l'Egitto dinastico si risolsero in un trattato di pace: il trattato di Qadeš fu stipulato tra il grande Ramsete II e il re ittita Hattušili III, dopo la battaglia di Qadeš, ed è considerato il primo trattato di pace della storia (e di trattati del genere in quasi 4000 anni ne sono stati stipulati molto pochi). L'Egitto dinastico conosceva solo il ferro nativo, raro perché proveninete da meteoriti. Nella crosta terestre, a quanto pare a causa del Grande Evento Ossidativo, il ferro è principalmente Fe(III), sotto forma di ossidi, idrossidi e solfuri. Mi ricordo, da ragazzino, quando arrivavo di scoglio in scoglio a Punta Calamita, all'Elba. C'era materiale rotolato giù dalle discariche della miniera, allora ancora attiva, e conservo ancora un pezzo con magnetite e ematite. Era roba comune, comunissima, di poco pregio, non come le splendide tormaline elbane (la collezione di tormaline che fu del museo universitario della Facoltà di Geologia dell'Università di Pisa credo sia stata trasferita al museo di Storia Naturale di Calci).

Ematite elbana

Ma torniamo all'acciaio. La chimica di altoforno e convertitore non è semplice come si potrebbe pensare. Molte diverse reazioni sono all'opera, contemporaneamente. Di base, in teoria, resta il fatto che per convertire in ferro ossidi di ferro negli altiforni si usi il carbonio come riducente. La reazione complessiva, semplificata, è 

C+1/2 O2 → CO

Fe2O3+3CO 2Fe+3CO2

Ma in primo luogo nel minerale di ferro non c'è solo ematite (Fe2O3), ma anche magnetite (Fe2O4, e mi viene da pensare alla dismessa miniera di Punta Calamita all'Isola d'Elba) e limonite. Poi il processo avviene per stadi successivi etc etc.  Quindi come capita spesso dalla teoria alla pratica, i conti non sono precisi, anche perché dopo le reazioni nell'altoforno ci sono quelle nel convertitore, che trasforma la ghisa in acciaio: "Il processo di produzione via altoforno e convertitore produce fino a 2.000 grammi di CO2 per ogni kg di acciaio prodotto" (https://dirigentindustria.it/industria/la-siderurgia-ed-il-cambiamento-climatico-responsabilita-e-prospettive.html). 2 kg di CO2 per kg di acciaio grezzo significano 2 tonnellate di CO2 per tonnellata di prodotto.

Ora diamo uno sguardo alla peoduzione cinese di acciaio grezzo. Ovviamente in crescita (https://www.reuters.com/markets/asia/china-june-crude-steel-output-up-04-yy-stats-bureau-2023-07-17/). Con una produzione di più di un milione di tonnellate (https://www.ceicdata.com/en/china/steel-production/cn-steel-production-ytd-crude-steel),  Ma i dati sono un po' confusi. Perché la Cina esporta una sessantina di milioni di tonnellate all'anno (https://legacy.trade.gov/steel/countries/pdfs/exports-china.pdf), che corrisponderebbero a circa 120 milioni di tonnellate di CO2 all'anno. Quindi la finestra va dai 2 ai 120 milioni di tonnellate di CO2 all'anno. Ma non è una cosa precisamente nuova, con Cina e dati. Comunqe tutto questo, con i numeri sottostimati o meno, solo per un misero 2% delle esportazioni annuali della Cina. BTW bene ricordare per l'ennesima volta che le esportazioni della Cina sono importazioni altrove e di solito nessuno obbliga nessun altro a importare...

Mi ricordo il sinofilo standard che arrivò a protestare: "Falso! Disinformazione!". Purtroppissimo la stechiometria e i bilanci di massa non dipendono dalle opinioni storte del tifoso medio.

Ovviamente a occidente principalmente si produce acciaio riciclato: "Nel mondo circa il 20% della produzione d’acciaio è ottenuta attraverso il riciclo del rottame; nell’Unione Europea tale percentuale sale a circa il 40%; in Italia, grazie alla preponderante diffusione del forno elettrico, tale contributo ha raggiunto nel 2020 l’85% nel settore delle costruzioni." (https://www.promozioneacciaio.it/progettare-e-costruire-green/).  Intendiamoci, il riciclo dell'acciaio, che avviene con forni elettrici, è un processo estremamente energivoro. Però non produce direttamente anidride carbonica.

Ora si dovrebbero prendere a... (censura e ricensura) tutti quelli che "Non facciamo abbastanza!!! La mia terra brucia, ho l'ecoansia!!!". Ma ancora una volta, tutto quello che si fa e si farebbe qua è vanificato da quello che si fa altrove. Però i bigotti che si pensavano estinti anni e anni fa ci sono e comunicano, dilangando. Non più "Nell'urna Dio ti vede, Stalin no!" ma la sostanza non cambia.


 





lunedì 31 luglio 2023

L'ELEFANTE NELLA STANZA (CLIMA)

 

https://globalcarbonatlas.org/emissions/carbon-emissions/

E' facile notare come, a dati aggiornati, le cose non siano cambiate negli ultimi 5 anni. In realtà ora si può ben vedere che la produzione europea di CO2 è in costante calo (un calo lento ma persistente). Questo calo è vanificato dalla crescita velocissima di emissioni a carico di altri soggetti. E la produzione di CO2 cinese è talmente enorme e crescente che qualcuno si dovrebbe chiedere per quale motivo quando si parla di emissioni di gas serra non si parla di loro. Una possibile spiegazione la dette Al Gore: loro rispettano gli accordi di Parigi (andiamo bene, e se non li rispettavano che succedeva?). Se è vero che la Cina rispetta gli accordi di Parigi l'efficacia degli stessi è ben sintetizzata dal grafico.

Ma il grafico ci dice anche un'altra cosa: ci dice che la questione clima è in primis una questione geopolitica. L'impennata di produzione CO2 cinese è cominciata con il suo ingresso nella World Trade Organization. Se si decidesse quello che nessuno vuole decidere (buttarla fuori da WTO, per esempio) un probabile risultato sarebbe una guerra mondiale. Non è esattamente un segreto che l'altro grande produttore di CO2, gli USA, strillano Russia ma valutano confronti militari con la Repubblica Popolare Cinese. E Taiwan è lì, un innesco che nessuno vorrebbe accendere, ma gli incidenti capitano - e a volte c'è qualcuno che li vuole far capitare.

Mi ripeterò: le policy ambientali internazionali sapevano essere efficaci, nel mondo preglobalizzato. Le piogge acide e il marmo dei monumenti striato di nero sono ricordi lontani, ormai, come la mucillaggine nell'Adriatico. Il bando degli ozone depleters veramente era riuscito a chiudere il famigerato Buco dell'Ozono. Poi la Cina è entrata nel grande gioco economico assieme ad altri e tutto quel lavoro rischia di andare perso (https://edition.cnn.com/2021/02/11/world/ozone-layer-china-emissions-intl-scn/index.html).

Sono abbastanza vecchio da ricordarmi bene il pacchetto di propaganda e propagandisti post Kyoto: le emissioni CO2 pro capite, il nauseante "noi siamo cresciuti e abbiamo fatto il danno, non possiamo chiedere a loro di non crescere, dobbiamo decrescere noi" (che camuffava il fatto innegabile che sulla "loro" crescita il capitalismo occidentale realizzava profitti folli, a spese delle classi lavoratrici occidentali).

Quantitavamente il quadro continua ad essere quello che vedete nell'immagine. Un'Europa carbon neutral, se realizzata, lo cambierebbe ben poco, quasi niente. Questo non vuol dire che non vadano incentivati processi virtuosi, affatto. Ma incentivarli è una cosa, pianificarli a carico dei soliti noti (i più) mentre gli altri soliti noti (i pochi) ci guadagnano, al grido "Salviamo il pianeta!" no. Assolutamente no. Fosse per me MAI.

venerdì 19 maggio 2023

IL CLIMATE CHANGE NON E' UN ALIBI, E' UN'AGGRAVANTE

Non è «maltempo», è malterritorio. Le colpe del disastro in Emilia-Romagna

di Wu Ming

La narrazione che imperversa sulle alluvioni in Emilia-Romagna è tossica e nasconde le responsabilità reali. Responsabilità che non sono del «meteo». E nemmeno, genericamente, del «clima», termine usato da amministratori e giornalisti più o meno come sinonimo di «sfiga».

Le piogge di questi giorni stupiscono, sembrano più eccezionali di quanto non siano, perché arrivano dopo un inverno e un inizio di primavera segnati da una protratta, inquietante siccità. E di per sé non sarebbero affatto «maltempo», concetto fuorviante, deresponsabilizzante e dannoso. Come diceva John Ruskin, «non esiste maltempo, solo diversi tipi di buontempo». A essere mala è la situazione che il tempo trova.

Veniamo da lunghi mesi a becco asciutto: montagne senza neve, torrenti e fiumi tragicamente in secca, vegetazione e fauna in grave sofferenza, contadini disperati, prospettive cupe per l’estate prossima ventura (già quella scorsa è stata durissima)… In teoria, le piogge dovremmo accoglierle con giubilo.

Giubilo moderato, certo: chi conosce la situazione sa che, per vari motivi, queste piogge concentrate in pochi giorni non compenseranno la siccità. Quest’ultima tornerà ad attanagliarci. In Nord Italia – arco alpino e val padana – nel 2022 le precipitazioni sono state inferiori anche del 40% rispetto alle medie del ventennio precedente. Questo è il nuovo clima, ed è qui per restare. Non solo: gran parte dell’acqua venuta giù in questi giorni sarà inutile (ne parliamo tra poco).

Nonostante tutto ciò, a rigore, che finalmente piova è buona cosa. Piace a tutti che quando si apre il rubinetto esca l’acqua, no? Da dove si crede che venga, quell’acqua, se non dal cielo?

Il motivo per cui la pioggia sta avendo conseguenze dannose e a volte letali è presto detto: cade su un suolo asfaltato, cementificato, impermeabilizzato, che non può assorbirne una sola goccia, dunque quest’acqua non solo non rigenera la vita, non solo non ricarica le falde, ma si accumula in superficie e corre via, a grande velocità, travolgendo quel che trova. Spesso esonda da corsi d’acqua i cui argini – e spesso anche i letti – sono stati cementificati, e le cui aste sono state «rettificate». Corsi d’acqua intorno ai quali, dissennatamente, si è costruito e ancora costruito.

 

Malterritorio Emilia-Romagna

L’Emilia-Romagna è terra di grandi bonifiche, dunque, oltre ai tanti fiumi e torrenti che scendono dalle Alpi e dall’Appennino, ha migliaia e migliaia di chilometri di canali di scolo e di irrigazione. Ha uno degli assetti idrogeologici più artificiali e ingegnerizzati del mondo, dunque – a dispetto di un’autonarrazione vanagloriosa, ben incarnata dal suo guvernadåur Bonaccini – ha un assetto oltremodo fragile.

Con queste premesse, il nostro territorio dovrebbe essere pochissimo cementificato. E invece no: l’Emilia-Romagna è la terza regione più cementificata d’Italia, col suo 9% circa di suolo impermeabilizzato – contro il 7,1% nazionale, percentuale già altissima – ed è la terza per incremento del consumo di suolo nel 2021: oltre 658 ettari in più ricoperti, equivalenti al 10,4% del consumo di suolo nazionale di quell’anno.

Nel 2017 l’amministrazione Bonaccini ha prodotto una legge definita, in perfetta neolingua stile 1984, «contro il consumo di suolo». Una legge farlocca, truffaldina, il cui scopo reale era permettere la cementificazione, come denunciato invano da molti esperti – geografi, urbanisti, architetti, storici del territorio – e associazioni ambientaliste. Si veda il libro collettaneo Consumo di luogo. Regresso neoliberista nel disegno di legge urbanistica dell’Emilia-Romagna (Pendragon, Bologna 2017, disponibile in pdf qui).

Come volevasi dimostrare, anche grazie a questa legge si è continuato a costruire e asfaltare, in preda a un vero e proprio delirio. E dove si è costruito? Lo ha ricordato su Altreconomia Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano:

«nelle aree protette (più 2,1 ettari nel 2020-2021), nelle aree a pericolosità di frana (più 11,8 ettari nel 2020-2021), nelle aree a pericolosità idraulica dove l’Emilia-Romagna vanta un vero e proprio record essendo la prima Regione d’Italia per cementificazione in aree alluvionali: più 78,6 ettari nelle aree ad elevata pericolosità idraulica; più 501,9 in quelle a media pericolosità che è poi più della metà del consumo di suolo nazionale con quel grado di pericolosità idraulica: pazzesco.»

Ecco cosa sta accadendo dalle nostre parti, soprattutto in Romagna. Non è «maltempo», è malterritorio. Sono mille e mille nodi che vengono al pettine, i nodi di una gestione idiota e predatoria, portata avanti per decenni da una classe dirigente – politica e imprenditoriale – perdutamente innamorata di asfalto e cemento.

 

Love Story: il PD e il cemento

Parliamo di un amore tossico, ben peggiore di quello mostrato nel film di Caligari. Un amore che non accenna a finire, perché la suddetta classe dirigente ha in serbo per questa regione ancora e ancora asfalto, ancora e ancora cemento.

Quel che attende il territorio bolognese – ma Bologna e il suo passante sono solo l’epicentro, il maremoto di asfalto arriverà fino a Ferrara e alla Romagna – lo abbiamo descritto per filo e per segno qui. E quella è solo la cementificazione su larga scala, con un impatto molare sul territorio. C’è anche una cementificazione molecolare, capillare, fatta di speculazioni e inurbazioni meno visibili, che si insinua ovunque e che non sta raccontando quasi nessuno. A Bologna l’amministrazione Lepore-Clancy persegue una violenta messa a valore delle ultime parti di periferia non ancora consegnate all’edilizia.

Questa è la realtà dei fatti che il PD, complice un’informazione obnubilata e spesso asservita, copre con greenwashing e schleinwashing.

«Lavaggi» che si accompagnano a lavaggi di coscienza per mezzo del più grottesco scaricabarile. Il sindaco PD di Massa Lombarda ha avuto il suo quarto d’ora di celebrità nazionale quando ha dato la colpa dell’inondazione… agli istrici e alle loro tane. Ma se ventiquattr’ore di pioggia bastano a fare morti e dispersi nel territorio ravennate, ci sembra più probabile che le cause siano altre. Come ricorda Pileri,

«la provincia di Ravenna è stata la seconda provincia regionale per consumo di suolo nel 2020-2021 (più 114 ettari, pari al 17,3% del consumo regionale) con un consumo procapite altissimo (2,95 metri quadrati per abitante all’anno); è quarta per suolo impermeabilizzato procapite (488,6 m²/ab).»

 

Se non sono gli istrici allora è «il clima»

C’è poi la tendenza a fare spallucce dicendo: «è il cambiamento climatico». Come a dire: non è colpa nostra, che possiamo farci?

A parte che invece sì, è colpa “nostra”, o meglio, colpa di chi ha portato e tuttora porta avanti acriticamente questo modello di sviluppo, nonostante dei possibili effetti del surriscaldamento globale si parli da decenni…

A parte questo, va detto con chiarezza che questo uso del clima è diversivo.

Certo, fa parte del cambiamento climatico il fatto che a lunghi periodi di siccità si alternino precipitazioni intense concentrate in pochi giorni, tuttavia…

Tuttavia che a primavera possa piovere a dirotto per diversi giorni di fila lo dicono anche i proverbi. Uno su tutti: «Aprile, o una goccia o un fontanile». Che ciò possa accadere soprattutto dopo un inverno secco, idem: «Hiver doux, printemps sec; hiver rude, printemps pluvieux». E potremmo citarne molti altri, in molte lingue.

Di lunghe piogge e nubifragi a primavera troviamo innumerevoli testimonianze in tutta la cultura europea. Uno dei più grandi classici del cinema italiano, Riso amaro, si svolge a primavera – nella stagione della monda del riso, appunto – e mostra un acquazzone di molti giorni, martellante, interminabile.

Se queste piogge hanno impatti sempre più devastanti in sempre meno tempo, è perché il territorio è sempre più deturpato. Ed è contro chi lo deturpa che dobbiamo lottare.

* * * *

Postilla

Ora non appena le previsioni danno pioggia si chiudono le scuole, come è appena avvenuto anche a Bologna. Un tempo si chiudevano solo in caso di forti nevicate.

Mentre chiudiamo quest’articolo, primo pomeriggio del 17 maggio, giunge notizia che il Comune di Bologna – città dove al momento pioviggina e dove il trasporto pubblico ha continuato a funzionare – ha chiuso anche biblioteche, musei e centri sportivi. Se avete una sensazione di dejà vu è perché, sì, l’abbiamo dejà vu.

Si giustificano queste ordinanze col fatto che quando piove e magari le acque sotterranee straripano – nel corso del XX secolo le amministrazioni bolognesi hanno interrato e costretto in cementizi letti di Procuste tutti i canali e corsi d’acqua che attraversavano la città, compreso il torrente Ravone esondato nei giorni scorsi – il traffico si congestiona all’istante. Traffico prevalentemente privato e automobilistico, il che è al tempo stesso conseguenza e causa retroattiva delle politiche demenziali fatte sul territorio: nuove inurbazioni, sempre più strade, domanda indotta di spostamenti in automobile ecc.

La classe dirigente responsabile di quelle politiche, di fronte ai disastri che esse producono ha come risposta unica e automatica l’Emergenza. E magari, nello specifico, la DAD ogni volta che pioverà.

L’Emergenza – si è ben visto negli anni del Covid – serve a non affrontare le cause dei problemi né ora, perché gli eventi incalzano, né in seguito, perché a pericolo non più immediato si passerà ad altro… fino al prossimo disastro.

A meno di non spezzare questo circolo vizioso.

(https://www.wumingfoundation.com/giap/)

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Post-Postilla by CS

Magari si trattasse solo dell'Emilia Romagna. Pagavo ogni anno un consorzio di bonifica. Un giorno scoprii, su un giornale locale, per cosa lo pagavo: per tagliare l'erba sugli argini dei corsi d'acqua. Ma una sola volta all'anno, in estate, diceva la Presidente del consorzio, perché se avessero dovuto farlo iniziando in primavera l'avrebbero dovuto fare una volta ogni due settimane (il territorio del consorzio non si può esattamente definire immenso). Poi scoprii un altro paio di cose.

La prima era che quanto a canali e fossi, il consorzio pensava all'erba sugli argini (una sola volta, d'estate, come già visto), le opere meccaniche (chiuse etc) erano competenza della Provincia, gli alvei di competenza della Regione. Si direbbe il prototipo della ricetta per il disastro. E infatti quando il fiume principale del territorio vide una preoccupante ondata di piena capitò che la chiusa dello scolmatore rimanesse chiusa per ore. Perché l'addetto quel giorno era in mutua, se ben ricordo, e per accorgergersene e porci rimedio ci vollero circa sei ore. 

No, non serviva l'evento estremo per provocare crisi, bastava un normale acquazzone. E i sottopassi ferroviari si allagavano perché le pompe non avevano avuto manutenzione, e interi quartieri finivano allagati perché c'erano volute 12 ore per mandare qualcuno a far partire un'idrovora. Allora le fogne non tiravano perché il livello del fiume era alto. Altre volte non tiravano per mancanza di manutenzione delle caditoie: anni di mancata manutenzione perché il comune diceva che la loro pulizia spettava all'azienda che gestiva rifiuti e pulizia stradale, l'azienda diceva che toccava al comune.

L'ultima volta che ci fu una piena, e una parziale esondazione nelle casse di espansione fui colpito dalla notizia di alcune famiglie sfollate: già, le loro case erano state costruita in una cassa di espansione. Quindi basta molto meno di un evento estremo, e da anni.

PPS: Mi dicono che in giro c'è chi dice che la manutenzione dei territori non ha parte in causa. Eccerto, ti pareva...

 


sabato 13 maggio 2023

NUOVI MILLENARISMI

C'è chi continua ad aspettare i ritorno di un nuovo virus a letalità significativa come in antico c'era chi aspettava la seconda venuta di Cristo. In modo che di nuovo siano separati i giusti (che hanno fatto tutto quanto prescritto e anche di più) dagli ingiusti, destinati a morire intubati in ospedale. Hanno vissuto nella pandemia un momento di cristallina chiarezza, che rinsaldava la loro fede nella luce dell'ascienza (non è un typo), che garantiva la salvezza ai fedeli e la dannazione ai reprobi.

C'è chi predica l'apocalisse climatica prossima ventura: quattro anni fa era già l'ultimo momento utile per fare qualcosa e oggi continua ad esserlo ("un momento" è un'unità di misura estremamente flessibile). Solo un'altra setta apocalittica che dice "scienza" quando invece si tratta di fideismo esaltato (una qualsiasi disamina della questione ambientale e climatica che non parta dalla critica dei meccanismi del capitale è solo fumo negli occhi   https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2019/04/perche-la-green-chemistry-non-tira.html  ).

E ieri l'altro c'era chi predicava la decrescita felice (felice per pochi, mica per tutti).

Per carità, elementi millenaristici e apocalittici sono stati propri anche del socialismo e del comunismo storico, ma erano deviazioni che continuavano ad avere alla propria base la dialettica tra capitale e lavoro, che è l'elefante nella stanza dei tanti dibattiti vacui degli ultimi 20 anni. Parlando con un vecchio amico lui ribatteva: il non detto è significativo. Già, il non detto. Perché per esempio c'è sempre qualcosa di più importante di quell'unicum che è la stagnazione salariale italiana ( https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/04/perche-si-trova-lavoro-fuori-e-si.html) . Fatto strettamente collegato ad un altro: l'Italia ha un indice di Gini più alto di 2,9 punti rispetto alla media europea (https://www.openpolis.it/i-divari-di-reddito-in-europa-e-in-italia/). E tutto questo sta allegramente nel non detto o nel poco detto forse perché quanto a libertà di stampa il paese non brilla gran che (https://it.wikipedia.org/wiki/Indice_della_libert%C3%A0_di_stampa).

In breve il ricorso sistematico all'arma di distrazione di massa serve a non farti pensare a quanto è stata tassata la tua 13esima e quanto il tuo stipendio sia fermo mentre le bollette e tutto il restono crescono implacabili. L'emergenza, che magnifico strumento per far sì che il potere rimanga sempre nelle mani giuste (e se pensate che davvero faccia differenza avere o non avere al governo "i fascisti" beh, mi spiace tanto per voi).

Le ideologie di carta che guardano lontano (e dall'altra parte) sono per loro natura effimere, ma cicliche. Quindi tra dieci anni ce ne saranno nuove versioni in circolazione. C'è solo da sperare che la risposta al loro messaggio sia sempre più volte quella classica.

https://www.youtube.com/watch?v=b-8yGcGYHIk


venerdì 21 aprile 2023

POLITICA, GAS SERRA E RAPE

 

https://www.liberoquotidiano.it/news/scienze-tech/35251799/clima-franco-prodi-siccita-da-cosa-dipende-ue-bevuta-cervello.html

(L'articolo me lo ha segnalato lo scomparso Monaco Gui-Go, che ricordo come una delle voci in assoluto più lucide durante due anni di pandemia)

Così Franco Prodi, ormai bollato di negazionismo climatico senza possibilità di appello. Sulle auto elettriche non mi pronuncio, perché il bilancio energetico al momento è talmente legato al contesto nazionale e alle tecnologie in via di evoluzione che ridurre il tutto a un semplice sì o no mi pare profondamente stupido. E su tanto altro si puo' dissentire, ma su passaggio nell'immagine no, è un po' difficile (anche se il negazionismo dell'evidenza, che è quello più diffuso, ormai va di gran moda). Parlare del peso dell'Europa nelle emissioni di gas serra è, di fatto, ridicolo. E' l'ultima versione di quella famosa roba delle "quote", uno dei più assurdi aggeggi partoriti nell'ultimo mezzo secolo - con il criterio delle quote eliminando il Lussemburgo dalla faccia della terra si sarebbe un pezzo avanti nella risoluzione del problema, visto che i lussemburghesi hanno (o avevano un tre anni fa) la più alta produzione di CO2 pro capite del continente.

Già, perché la faccenda delle quote CO2 procapite è una delle più madornali puttanate moralistiche che io abbia mai incrociato

L'obiettivo? Quello di sempre: scaricare i costi, quali che siano, sui molti, garantendo gli interessi dei pochi. Non sono i molti ad aver voluto la globalizzazione e la ristrutturazione delle filiere produttive globali, che appare come un evidente causa dell'aumento delle emissioni negli ultimi 20 anni (andate a vedere, L'Europa quanto a emissioni è piatta da quasi 40 anni, ma Cina e resto del mondo...). Non sono stati i molti a scegliere, di nazione in nazione, tra metano, carbone e olio combustibile per la produzione di energia. Ma i molti possono essere comunque colpevolizzati, stigmatizzando il loro stile di vita (un po' come la storia delle nazioni e delle generazioni che hanno vissuto "al di sopra dei propri mezzi").
E un collaudato strumento per la colpevolizzazione dei molti è la quota CO2 pro capite. Ma...

Ammettiamo di avere un campo di mille ettari, suddiviso in dieci porzioni da 100 ettari.
Nella porzione 1 ci sono due contadini che producono 10 rape al mese ciascuno. Le porzioni dalla 2 alla 10 hanno ciascuna 20 contadini che producono 2 rape al mese a testa.
Ora immaginiamo che oltre ai contadini ci sia altra gente, in quei 1000 ettari, che ritiene che la produzione di rape sia un problema e debba calare. Chiamiamoli SPR (Scienziati Preoccupati per le Rape). Gli SPR sono concentrati nella sezione 1 del campo. Gli SPR decidono che per essere accettabile la produzione COMPLESSIVA di rape deve calare del 50%. Quindi diffondono per tutti i mille ettari il messaggio.
I contadini delle sezioni dalla 2 alla 10 li mandano al diavolo, perché già guadagnano poco e se producono meno rape guadagneranno pure di meno. Allora gli SPR si concentrano sulla sezione 1. Alla fine i due contandini della sezione 1 danno retta agli SPR e diminuiscono del 50% la produzione di rape della sezione 1. Se la produzione di rape della sezione 1 diminuisce del 50%, quanto diminuirà la produzione COMPLESSIVA mensile del campo?

E' per questo che chi parla di quote CO2  pro capite fa un discorso smaccatamente moralista che non ha niente a che vedere con gli obiettivi che dichiara di avere. Ma non è che non ce la possono proprio fare, è che non vogliono. Su questi moralismi c'è chi ci campa, e dico sul serio, e chi ci vive pesando d'essere un'animabella. Io invece, come ho detto in conclusione a una lunga telefonata con un vecchio amico, grazie a Dio ho un lavoro vero.

lunedì 20 marzo 2023

C'E' UN MOTIVO SE...

... Mad Max è diventato un'icona, mentre Waterworld (1995) no. All'epoca fece notizia come manifesto ispirato al cambiamento climatico ma forse per l'allegoria smaccata e gli intenti propedeutici è invecchiato male quanto le profezie di Al Gore.


Con questo non si intende sostenere che non sia in corso un cambiamento climatico etc etc. Però occhio all'advocacy, specie quando si maschera da "scienza", perché la reazione negativa è assicurata e le sue conseguenze non possono essere curate con più advocacy. Specie quando si è iniziato ad "esagerare un po' " da fin troppo tempo. Non condivido l'entusiasmo per i social e youtube di Sabine Hossenfelder, ma ne apprezzo lo spirito critico. E sì, onestamente anche io avevo capito male l'effetto serra. 

Riguardo le "leggere imprecisioni" di Al Gore, anche oggi modello che prendi e quantità che trovi (temperature, tempo), quindi figuratevi nei '90. Lo ricordava sempre la Hossenfelder in un articolo sul NYT: è un problema, diciamo così, di risoluzione, e ancora oggi non abbiamo la potenza di calcolo per modelli di risoluzione maggiore (https://www.nytimes.com/2019/06/12/opinion/climate-change-supercomputers.html?fbclid=IwAR1HXE2pR-O4urGw88B44q0VOovparPqD2-BXXhFoC3F9SgnivNrO0Ugo2w). Qundi le previsioni per il 2030, beh... ci possono stare, oppure finire come la profezia di Gore, magari con meno clamore (poi c'è la questione dei dati grezzi, passate un po' di tempo con qualcuno che ci lavora "leggermente a disagio" e vi renderete conto che non sono esattamente oro colato).

Mi chiedo se davvero per spingere verso alternative ai combustibili fossili (o per promuovere le vaccinazioni) ci sia necessariamente bisogno di una collossale montagna di stronzate. I risultati direbbero di no, perché se metti fuorilegge il catorcio euro 2 del poveraccio che non arriva alla fine del mese l'unica risposta che avrai sarà una giustificata e feroce avversione, idem se obblighi all'adeguamento energetico delle case, specie nei paesi ricchi di città con un centro storico. Nel mentre ci sono processi, come il record delle energie rinnovabili (https://www.iconaclima.it/energia/energia-europa-rinnovabili-2022/) in cui l'advocacy non ha contato un tubo, mentre la geopolitica ha pesato immensamente (la nuova guerra per niente fredda, ormai).

Il problema continua ad essere lo stesso di sempre: se in un modo o nell'altro chi pratica l'advocacy (di solito autodefinita divulgazione) ne ha un ritorno, monetario o no che sia, ci ritroviamo nella fattispecie dell'oste che giudica il suo vino, con la differenza che nel caso del cambiamento climatico non c'è misura che sia sufficiente ed è sempre e comunque troppo tardi (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/02/e-dacci-oggi-la-nostra-apocalisse.html). E tutto questo mai, mai, mai, mai guardando all'elefante nella stanza (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2019/04/la-produzione-mondiale-di-co2-questione.html). Ogni volta che leggo o sento certa roba sui media mi dico "Per mia fortuna non campo facendo quel lavoro lì".

C'è poco da fare o da dire. Per fare un esempio nessuno si ricorderà del processo Fischer-Trops. Io invece lo studiai ai tempi dell'università: idrocaburi leggeri da syngas (CO e idrogeno), e il syngas ai tempi si produceva dal coke, e quindi dal carbone (oggi le cose sono un po' diverse). Il processo è ancora usato, ma nella storia si ricorse al Fischer-Trops quando l'approvvigionamento di idrocarburi diventava problematico per una nazione e l'esempio più noto è quello della Germania nazista, ma ci fu anche il Sudafrica ai tempi dell'embargo. Considerando questi esempi il deterioramento delle relazioni est-ovest può promuovere in occidente l'impiego di energie rinnovabili, e lo sta facendo. Che effetto questo avrà globalmente non credo che nessuno possa dirlo.


mercoledì 8 febbraio 2023

E DACCI OGGI LA NOSTRA APOCALISSE QUOTIDIANA

 

https://ugobardi.blogspot.com/2023/01/ugo-bardi-traditore-del-catastrofismo.html?fbclid=IwAR2d-yBMrmBuUdtDSZ9qNtkOFBTvnsKZlgMh2bkcXXsz5FJ_g7X6e-mfLfQ

Avrei un'ipotesi sul motivo per cui ai tempi in cui CS era una pagina facebook ci siano state in più di un'occasione convergenze. Secondo me un chimico industriale di antica formazione nattiana e un chimico fisico della sua generazione hanno naturalmente territorio in comune, perché Natta concepì la chimica industriale come termodinamica e cinetica applicate.

Segnalo questo post perché rende conto per l'ennesima volta della profonda demenzialità delle postideologie correnti. La rapida crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili non dovrebbe essere una buona notizia: perché è troppo poco, perché è troppo tardì, perché Greta etc etc etc.

Quindi, proprio come l'affermazione di Nicolazzi sul tight oil era odiata dagli estremisti del picco del petrolio (incluso me), le mie affermazioni sulle rinnovabili sono state interpretate come un'offesa mortale dagli estremisti catastrofisti

Fornire un dato che incrina il dogma catasftrofista (se non ci ha ammazzato COVID sarà il cambiamento climatico a estinguerci) è eresia, perché al dogma bisogna solo credere (sono anni che scrivono "scienza" ma si pronuncia "fede"  (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/02/agilitate-plebem-imperitam-circonveniunt.html ).

 

Scienza nostra che sei in rete

sia scientificato il tuo nome, venga la tua Verità

come su twitter così su Facebook

dacci oggi la nostra apocalisse quotidiana

e liberaci dal negazionismo

Amen

sabato 27 agosto 2022

NON SI RENDONO CONTO



Incredibile genialata della comunicazione di massa far dimenticare l'esistenza del capitalsmo a stretto giro dopo la peggiore crisi economica di questo secolo (quella dei subprime, che generò quella dei debiti sovrani), le cui responsabilità erano sotto gli occhi di tutti (le grandi banche USA e globali).
La rimozione è stata totale, tanto che la responsabilità della crisi climatica è stata immediatamente attribuita all'uomo occidentale, o all'uomo tout court.
Quindi l'operaio siderurgico in mobilità, ristrutturato, esodato poteva almeno in parte tirare un sospiro di sollievo: smetteva di essere corresponsabile, non percependo più lo stipendio da un'undustria energivora e ad alte emissioni (ma continuava ad essere un occidentale, e questa colpa è incancellabile).
Poco conta il fatto che quello che lui smetteva di produrre veniva prodotto altrove e con maggior impatto ambientale (chi è il maggior esportatore mondiale di acciaio?).
In occidente globalizzazione ha voluto dire offshorig: trasferimento delle produzioni in paesi a più basso costo (e con vincoli ambientali inferiori o inesistenti).
In questo processo c'è chi ha guadagnato molto (pochi) scaricando le perdite sui molti, in primis sotto forma di costi sociali (abbassamento di livello occupazionale e di reddito in gran parte dell'occidente, accresciute emissioni di gas serra https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2019/04/la-produzione-mondiale-di-co2-questione.html ). Il primo passaggio nella rimozione della responsabilità del processo è stato, concettualmente, un grande classico. Nei tempi scellerati il refluo inquinante veniva diluito, in modo da renderlo invisibile o quasi. In questo caso è stata la responsabilità ad essere diluita, con il fantastico luogo comune delle quote CO2 pro capite (e in troppi si sono immediatamente scordati che è la somma a fare il totale https://www.facebook.com/chimicoscettico.blogspot/posts/pfbid0NWBfY1UzPLBuDTrzHn9THq1zJr8hR2vBE6SC1xv1Ms3buYtWyuXBT28wtMmNNX1ml )
Che al redde rationem qualcuno si dimentichi dei pochi che hanno incassato profitti favolosi e continuano a gestire il circo, scaricando le responsabilità sul poveraccio con l'auto euro 2, per di più colpevole di acquistare low cost made in China, beh, è un capolavoro di propaganda.Complimenti vivissimi.
Il tutto per assicurarsi che le cose vadano come sempre sono andate e che, in occasione dell'ennesima crisi, il conto venga presentato ancora una volta ai soliti noti. Come si può notare il problema "chi paga", vivo e dibattuto, ha una soluzione a portata di mano.
 

 

 

venerdì 11 marzo 2022

IL NEMICO (E IL SUO CARBONE)

 

Non sulla diagnosi, ma sulle "cure" la questione climatica mi ha lasciato sempre estremamente perplesso (tagliare le emissioni di chi è stazionario da 30 anni a che serve, se il grosso se ne frega e le aumenta anno dopo anno come se non ci fosse domani? https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../la-produzione... , o se preferite https://www.facebook.com/chimicoscettico.blogspot/posts/2566051570280381 ).
Però il carbone ...
E non solo, pure in Europa: se dobbiamo fare a meno del gas Russo il carbone non è più un tabù (!) (https://www.politico.eu/.../coal-not-taboo-as-eu-seeks.../).
Chi brucia carbone, in Europa? Non l'Italia, di base - e non è un carbone qualsiasi, ma lignite (bassa rendita energetica, alto impatto ambientale).
E comunque il gas russo no, ma il carbone russo sì...

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/03/11/per-ridurre-il-consumo-di-gas-russo-leuropa-importa-carbone-dalla-russia-negli-ultimi-giorni-carichi-verso-germania-uk-e-lettonia/6523270/

Che dire...Durante due anni di pandemia sopra i morti (veri) si è costruita una pessima farsa. Due mesi (spero non saranno di più) di guerra in Ucraina definiranno al proposito un nuovo standard (a cui già collaborano chiaccheratori/e di "scienza" - che con l'argomento "scienza" hanno una connessione tra il labile e l'evanescente).
 

giovedì 4 novembre 2021

PESCE E MERCURIO: L'EGLEFINO (HADDOCK)

 

Riguardo a pesce e mercurio l'inquinamento proveniente da attività industriali come abbiamo visto ha una lunga e tragica storia (https://www.facebook.com/chimicoscettico.blogspot/posts/3116005001951699). Ma non è che prima delle immissioni antropiche mercurio nel pesce non ce ne fosse. Eruzioni vulcaniche, erosione di rocce contenenti l'elemento, incendi di biomasse sono tutti eventi che immettono mercurio nell'ambiente e da lì nelle acque oceaniche. Sono fenomeni difficili da stimare, ormai, perché, per essere chiari, da tempo le emissioni antropiche mascherano quelle naturali (qua una review piuttosto completa https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5013138/). Del resto non scordiamo che tutta la produzione mondiale di cloro e soda andava a mercurio, fino a un venticinque anni fa. Ma veniamo all'eglefino.

Stavo per intitolare il post "Sushi vs Fish and Chips". Perché quando penso a fish & chips la prima cosa che mi viene in mente è "salt and vinegar" e la seconda è questa:
 
“Sméagol won't grub for roots and carrotses and - taters. What's taters, precious, eh, what's taters?'
'Po-ta-toes,' said Sam. 'The Gaffer's delight, and rare good ballast for an empty belly. But you won't find any, so you needn't look. But be good Sméagol and fetch me some herbs, and I'll think better of you. What's more, if you turn over a new leaf, and keep it turned, I'll cook you some taters one of these days. I will: fried fish and chips served by S. Gamgee. You couldn't say no to that.' 'Yes, yes we could. Spoiling nice fish, scorching it. Give me fish now, and keep nassty chips!'
'Oh, you're hopeless,' said Sam. 'Go to sleep!”
 
Ebbene, se mi immagino fish & chips non vedo merluzzo e patatine fritte. No, vedo fries and deep fried haddock (nella foto, sofisticata, li vedete accompagnati ad occhio da remolade e salsa tartara, ma salt and vinegar per me possono andare più che bene).
Il fatto è che l'eglefino da noi è completamente ignoto, anche più del merlano che resiste con piccole popolazioni nell'Adriatico e nel Mar Nero.
L' eglefino non è una cosa mediterranea, l'haddock è del tutto nordico. Ed è probabilmente quello della famiglia dei true cods che è più popolare in UK e Irlanda (e nei Fish & Chips di quei paesi). Ma non solo... qualcuno si ricorda di Tintin, lo storico personaggio creato da Hergé? Uno dei classici coprotagonisti di quella serie era le Capitaine Archibald Haddock. Haddock, non "Cod".
Ebbene, sono uno che non sa dire di no a pesce fritto e patate fritte seguiti da una pinta al pub. O a un vassoio di sarde fritte accompagnato da una bottiglia di Greco di Tufo ben freddo.
E questi due pesci hanno una cosa in comune, pur essendo uno emimentemente nordico e l'altro tipicamente mediterraneo (ma non solo): il basso contenuto di mercurio. Li trovate nella stessa classifica: https://globalseafoods.com/blogs/news/low-mercury-seafood....
Ora. visto che la mia razione di deep fried haddock and chips me la sono fatta, mi vado a fare una pinta...

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...