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martedì 8 luglio 2025

PESCI DEL NORD - IL PESCATO

In passato ho parlato di aringhe e di sgombro. Quanto segue è un panorama di pesci nordici, prevalentemente freschi, e della mia esperienza di expat con essi come ingrediente. Perché anche l'offerta di pesce dei supermarket, che si potrebbe supporre più omogena, è altamente locale e diversificata geograficamente. Quando ci si allarga ai banchi dei mercati le diversità possono diventare eclatanti. Nel Tirreno settentrionale, per esempio, la componente locale sarà costituita da dentici, paraghi, saraghi, mormore, occhiate. Più a sud verranno fuori cefali e aguglie, sulla costa adriatica code di rospo di taglia piccola, murici e chiocciole. Ma più o meno ovunque in Italia esisterà una ricetta locale per baccalà o stoccafisso. A nord, nei paesi bagnati dai mari dove si pesca il merluzzo, il pesce salato o essiccato ha un certo uso (nei paesi scandinavi, per esempio). In Scozia la molva (ling) salata era pescata e prodotta nelle Shetland e in antico era una fonte importante di proteine nell'alimentazione. Ma il merluzzo salato o essiccato resta perlopiù uno degli ingredienti della cucina del sud Europa, dall'Italia al Portogallo. Altrove quel ruolo è coperto dall'haddock affumicato che in effetti con baccalà e stoccafisso ha molte affinità, in primis quella di non essere consumato crudo.

Haddock affumicato, un filetto da 500g

L'haddock affumicato l'ho già usato nei chowder. A questo giro i due terzi a partire dalla testa li ho usati in un fish pie, ricetta canonica correttamente eseguita. Il rimanente terzo è finito in una zuppa fatta con quel che rimaneva in frigo e qualche aggiunta: una fetta di pancetta stesa, uno spicchio d'aglio, una costa di sedano, una carota, una patata, due pugni di fave secche. cipolline, tutto tagliato a cubetti tranne l'aglio. la pancetta è stata soffritta in tre cucchiai d'olio EVO con uno spicchio d'aglio, sono state aggiunte patata, carota, sedano e cipolline. Il tutto è stato fatto andare per 10 minuti a fuoco medio. Dopodiché è stata aggiunto il pesce, a pezzi (c'è chi leva la pelle dell'haddock affumicato dopo averlo cotto, io preferisco farlo prima). E' stata aggiunta acqua a coprire il tutto, sono state aggiunte le fave secche e il fuoco è stato alzato portando ad una leggera ebollizione. La cottura è andata così avanti abbassando il fuoco per circa un'ora e 20 (tempo di cottura delle fave). Cinque minuti prima della fine della cottura è stato aggiunto un pugno di erba cipollina fresca, tritata. Da servire con un filo di olio EVO aggiunto a crudo.

Devo dire che per essere una cosa fatta "con quel che c'è" è stata una sorpresa. Se volete provarla potete sostituire del baccalà all'haddock, l'effetto dovrebbe essere simile. 

L'haddock fresco, invece, deep fried , salt and vinager, ha un posto nei miei ricordi e nel mio cuore.

La molva (ling) ha la caratteristica di sfaldarsi ad angolo molto acuto. Per il resto il filetto va bene a pezzi in una zuppa mista o in un fish pie per fare sostanza e niente più, apparentemente. La versione salata, che  in Italia ogni tanto qualcuno prova a spacciare per baccalà, probabilmente è più interessante ma da queste parti non si trova. La molva mi ha richiesto circa tre mesi di tentativi e di insuccessi. Cosa da non fare assolutamente: mettere il filetto in forno con patate o pomodorini, rilascia molti liquidi e il risultato non è buono. Ma alla fine ho trovato la quadra: confit di ling e pomodorini. Semplicissimo: ho fatto a pezzi il filetto di molva e lo ho disposto sul fondo di un coccio. Ho salato e aggiunto una spoverata di timo secco. Poi ho aggiunto pomodori datterini tagliati a metà, conditi con un poco di origano. Ho coperto tutto con olio EVO, ho messo il coperchio al coccio e ho cotto in forno a 75°C per due ore. Si serve scolando bene l'olio sia dal pesce che dai pomodorini.


Il risultato finale è molto affine al baccalà, quindi meglio accompagnare con un rosso leggero che con un vino bianco.

Il merluzzo carbonaro invece è stato una scoperta. Delicatamente saporito, il filetto l'ho fatto con i ceci, un battuto di cipolla e curry. Molto soddisfacente.

Popolare da queste parti lo scorfano atlantico (rose fish, Sebastus Norvegicus), che a volte si può trovare anche nei banchi del pesce dei supermercati italiani: eccezionale, molto saporito tra febbraio e aprile, meno in estate. Il filetto me lo sono fatto semplicemente in padella con pomodorini olive nere e capperi. 

Ma non c'è solo il pesce di mare. Un collega appassionato di pesca mi ha dato un trancio di filetto di lucioperca (ne aveva tirato su uno di circa tre chili). L'ho spellato, lavato e marinato per un ora in frigo con Poully Fumé, prezzemolo, uno scalogno tagliato in due per lungo e pepe nero e rosa in grani. L'ho cotto in padella on un filo d'olio d'oliva, a fuoco medio-alto, circa 3 minuti per lato, salando entrambi i lati e bagnandolo con qualche cucchiaio della marinatura. Ho aggiunto un cucchiaino di erbe provenzali secche due minuti prima di levarlo dal fuoco. L'ho accompagnato con patale lesse condite con olio EVO e capperi.

 

Nordeuropa e seafood per me sono stati inseparabili, da sempre. Mi ricordo di un filetto di trota salmonata accompagnato da puré di patate gratinato al bancone di legno di un ristorante piuttosto elegante che non esiste più da anni e anni, davanti Victoria Station. Alti sgabelli imbottiti con un accenno di schienale. Un posto che ora vive unicamente nella memoria di chi ci è passato.

martedì 17 giugno 2025

VITA DA EXPAT: SPAGHETTI (E ARINGA)

Da quando ho lasciato l'Italia tra mense aziendali  e canteen ho visto la più spettacolare varietà di pasta scotta che si possa immaginare. Nel senso che la pasta era una scelta popolare, per il lunch, e appariva immancabilmente scotta e immangiabile per i miei standard. La faccenda del lancio dello spaghetto contro il muro al di fuori dei confini italiani NON è una leggenda metropolitana.

Come diceva ai suoi colleghi un mio amico che lavora prevalentemente all'estero, "se lanci lo spaghetto contro il muro e si attcca è pronto, sì, per la pattumiera".

L'ingegnere spagnolo del gruppo della macchinetta del caffé diceva che ero "half gone native": lei si faceva spedire da casa gli ingredienti, io continuo ad adattare gli ingredienti locali al mio stile di cucina. Qualcosa mi porto dietro ogni volta che torno dall'Italia (pane toscano ogni volta che posso), qualcosa compro online ogni tanto. Ma il 90% di quel che mangio è fatto con ingredienti acquistati qua - beninteso tra questi ingredienti ce ne sono di made in Italy: pasta, olio EVO, parmigiano, pecorino romano.

Lo spaghetto tonno e funghi secchi era qualcosa che sul tavolo della mia famiglia appariva regolarmente da quando mi posso ricordare. In un opuscolo sulla cucina locale, riedizione di qualcosa pubblicato all'inizio del XX secolo, veniva chiamato "spaghetti alla carrettiera", nome che oggi viene usato perlopiù riferendosi alla ricetta siciliana. La ricetta è semplicissima: uno spicchio d'aglio, polpa di pomodoro o pelati, porcini secchi e tonno in scatola. Come tutte le ricette semplici è facile sbagliarla: troppo pomodoro l'errore più comune, funghi secchi troppo strizzati dopo l'ammollo l'altro. Non che da queste parti non ci siano marchi locali di tonno in scatola, ma ieri ho sperimentato una variante sostituendo al tonno in scatola l'aringa affumicata.

L'aringa affumicata che trovo al supermercato è kipper (di solito confezioni da due) e ormai metà la tratto come la buonanima di mia nonna faceva con i salacchini, dopo averli dissalati, cioè mettendola a pezzi sottolio con l'aggiunta di aglio a fette (io aggiungo anche peperoncino rosso). L'altra metà la uso in cucina, come in questa ricetta di spaghetti. Ingredienti per due: un kipper (o due filetti di aringa affumicata), spellato e tagliato a pezzi larghi circa un centimetro, uno spicchio d'aglio, olio EVO, 200 g di polpa di pomodoro, 15 g di porcini secchi. Fare imbiondire appena lo spicchio d'aglio nell'olio e aggiungere l'aringa, facendo soffriggere per un paio di minuti. Aggiungere la polpa di pomodoro e appena riprende il bollore abbassare il fuoco, coprire e cuocere per circa mezz'ora. Aggiungere i funghi ammollati, strizzati ma non troppo e cuocere a fuoco medio per 10-15 minuti. Cuocere gli spaghetti al dente, saltarli brevemente nel condimento e servire.





giovedì 22 maggio 2025

QUESTIONE DI SOLDI: PERCHE' CHI SE NE VA DI SOLITO NON RITORNA

 

Ho parlato spesso delle ragioni per cui si espatria (qui, qui e qui per esempio). E ho parlato più di una volta del perché non si ritorna o, perlomeno, del perché non ho intenzione di tornare fino all'età pensionabile. Mi è sembrato il caso di sistematizzare la principale ragione mettendo giù qualche numero. Il problema non riguarda solo l'Italia, ma in generale l'Europa meridionale. Il gap è tale che, quando un cacciatore di teste che cerca candidati per una posizione nel sud Europa mi chiede quale sia il mio salario attuale,h annuisce e poi non si fa più sentire. Il seguente confronto è stato elaborato con l'uso di GPT (Grok, Deepseek, Perplexity e Claude AI).

 

domenica 9 marzo 2025

GIU' AL NORDEUROPA

Giù al Nordeuropa centinaia e centinaia di tonnellate di acrilonitrile viaggiano su rotaia.


Lunghi convogli di vagoni cisterna, mossi da locomotori di chissà quali compagnie, apparentemente uno diverso dall'altro. Vengono da un vasto polo di chimica di base, compreso tra due fermate dei treni locali. Passandoci in mezzo, in auto o in treno, non si sentono odori, neanche di estate. Il polo comprende una centrale termoelettrica con due torri di raffreddamento e due  gruppi generatori da 330 megawatt. Quando il mio treno salta e mi tocca prendere un bus incrocio gruppetti di giovani ingegneri chimici che parlano di rettifiche e reattori a letto fisso.

Giù al Nordeuropa tra i colleghi le reazioni a Rearm Europe non sono state entusiastiche, per usare un blando eufemismo. L'impressione è che sia un orientamento piuttosto diffuso e che i governi, su come giù, lo sappiano bene regolandosi di conseguenza.

Giù al Nordeuropa al livello del mare in una bella giornata dei primi di marzo alla mattina fa meno due o meno 4 e poi la massima non arriva sopra ai dieci gradi. Dai finestrini del treno andando al lavoro vedi i campi fuori città candidi di brina. E i dieci giorni di neve e ghiaccio e meno nove di minima a gennaio non te li leva nessuno, nella stagione in cui le ore di luce sono a malapena sette. Quando esci dal lavoro è già buio e le temperature scendono velocemente verso la minima. Una minima che è anche più bassa fuori città, a lato delle strade statali che costeggiano le zone industriali, o lungo i vialoni suburbani a quattro corsie su cui si affacciano palazzi di uffici, capannoni della logistica e industriali, centri di ricerca. In quei giorni, quando il vento taglia come una lama di ghiaccio, meglio non mettersi fermi ad aspettare l'autobus, meglio camminare verso la prima fermata un poco più riparata.

Poi le temperature salgono e quando salgono di solito piove, piove, piove: drizzle impalpabile o folate di gocce, pioggia forte o leggera, cielo coperto di nuvole scure e acqua che viene giù, spesso arrivando di traverso per il vento. Giù al Nordeuropa comprarsi una cerata è una buona idea.

Giù al Nordeuropa quando c'è il grande mercato fai fatica a riconoscere le specie sui banchi del pesce. Ok, salmoni, tanti. Poi qualche carpa, sogliole, rombi, sgombri, merluzzi e eglefini. Ma anche varietà di sgombri e pesci cappone mai viste prima e altre specie altrettanto ignote, del Mare del Nord e del Nord Atlantico. Il pesce affumicato comprende aringa, sgombro, salmone, anguilla, trota, halibut, haddock e spigola. E le ostriche sono disponibili e fresche, quindi avere in casa un coltello da ostriche è una buona cosa. Quelle nella foto venivano 30 euro la dozzina, che non è malaccio come prezzo.

Giù al Nordeuropa i vini italiani li trovi, ma nella gamma medio alta i francesi la fanno da padrone: Pays d'Oc, Corbières, Côtes du Rhône, Chablis. Pouilly Fumé, Pouilly Fuissé, Borgogna, Bordeaux e Muscadet.

Giù al Nordeuropa ci sono ristoranti italiani e pizzerie italiane, ma non ci ho mai messo piede. Eccetto quelli italiani ogni bistrot, caffé, pub o ristorante del centro offre ostriche e Chablis, non si scappa. Magari le ostriche di quelli meno frequentati non sono così fresche quindi  meglio evitare.

Giù al Nordeuropa si trova pasta Rummo e De Cecco, caffè Lavazza e Segafredo, olio Carapelli e Coricelli. Chiamano riso da risotto quello che ad occhio è un riso Originario, Si trova pomodoro in scatola e concentrato Mutti - e la differenza con il prodotto di marchio autoctono si nota. Ma ci sono tanti posti nel Nordeuropa che non sono affatto così,

 

domenica 19 maggio 2024

DI NUOVO: CUCINA, MELANZANE, ALCALOIDI, GLICOSIDI

Una corrente nord atlantica aveva sgranato sulle nostre teste un rosario di temporali che qualcuno aveva definito tempesta, conclusosi durante la notte. Sono sceso in strada una mezzora dopo l'alba per una camminata per il centro storico della città universitaria, semideserto. Nell'aria una condensa appena palpabile che a malapena si poteva definire drizzle faticava a bagnare qualsiasi cosa. Mi è venuto da pensare a quelle volte che da ragazzo mi sono fermato da queste parti, sulla via per altre destinazioni, e a quanto i luoghi siano cambiati da allora. Per contrasto sono affiorati alla mia mente i ricordi di altri viaggi, verso sud e verso oriente. Mi è tornata in mente la Turchia, oggi mutatissima rispetto a quel che era negli anni 80. E la cucina turca, dove la melanzana veniva declinata diversamente tra costa e interno. Nell'occidente del paese c'è l' Imàm baildi (l'Imam svenuto), melanzana fritta ripiena di cipolle, pomodoro e a volte peperone, ricotta nell'olio e perlopiù servita fredda. Nell'interno fritta e ripiena di macinato di agnello con cipolla, cotta al forno. E mi sono tornati in mente dei mezeleri accompagnati di raki sul lungomare di Bodrum, l'antica Alicarnasso, in vista del castello che fu del Cavalieri di Rodi, già Ospedalieri. 

I pensieri della passeggiata mattutina, rientrato a casa, hanno fatto sì che mi mettessi ai fornelli. In frigo avevo una melanzana e ho optato per un paté di melanzane, che in molti chiamano pesto. La melanzana tagliata a fette l'ho cotta per circa 40 minuti in forno a 200°C, in una teglia appena unta di olio di semi, per non farla attaccare. Una volta sfornate le ho trasferite in una ciotola dove ho aggiunto pecorino romano grattugiato, prezzemolo, aglio, olio di oliva.


 Ho passato il tutto con un frullino


Lasciatelo a temperatura ambiente per 6-8 ore, o in frigo durante la notte, prima di consumarlo.Il composto va bene per crostini, ma altri usi possono essere suggeriti dalla creatività di ciascuno (io lo sperimenterò come ripieno per cipolle al forno). 

La melanzana fa parte della famiglia delle solanacee, che comprende molti degli ortaggi più diffusi, tra l'altro. E contiene solacina, alcaloide presente nelle parti verdi della maggior parte dei vegetali della famiglia (incluse le patate, ma questo è un altro discorso). La Solacina è un glicoside composta da solatriosio (la parte a sinistra) e solanidina, l'aglicone (la parte a destra).

 


La solanidina è tossica: è un inibitore della colinesterasi e quindi può provocare sindromi neuromuscolari, insonnia, emicrania, vomito. Si ritiene che le solanacee tutte si siano evolute producendo glicosidi della solanidina come difesa (verso l'essere mangiate). Ma l'uomo ha sviluppato una certa resistenza alla tossina. Un certo livello di solanidina è presente nel sangue di quasi tutti. e non provoca alcun problema. In particolare nella malenzana la concentrazione di solacina è decisamente bassa.


giovedì 25 aprile 2024

FAVE, GLUCOSIDI E AGLICONI

Da dove vengo le fave (i baccelli) si mangiano fresche, assieme a pecorino, marzolino o baccellone, di solito con accompagnamento di vino rosso. Sono una cosa primaverile.

Le fave secche bollite e poi fatte a purè, di solito accompagnate ad erbe amare, sono invece una cosa adriatica, che inizia nelle Marche e finisce in Puglia, con qualche sconfinamento in Basilicata.

Una primavera che stenta a decollare, con minime di 3-4 gradi e massime di 13, e mi sono lasciato andare a una differente versione del purè di fave, giusto per pensare a luoghi più meridionali. Gli ingredienti venivano dall'Italia, tranne il rosmarino. In Italia ho in giardino una pianta più vecchia di me, ma a questo giro mi sono scordato di portarmene un po'. Ci sono ormai aromi diffusi in misura maggiore o minore ormai in tutta Europa (isole comprese). Il rosmarino è uno di questi. Gli altri sono alloro, timo e prezzemolo, tra i mediterranei, poi noce moscata, cannella e i non mediterranei curcuma, coriandolo, cumino.

Quindi il rosmarino lo ho comprato qui, proveniente di sicuro da un indeterminato paese mediterraneo: 15 grammi di cime di rosmarino per l'equivalente di un euro, il che farebbe 670 euro al chilo, pensate un po'. L'essenza di rosmarino contiene acido rosmarinico, acido carnosico e carnosolo e si ottiene perlopiù per estrazione con alcol etilico al 60%. Di solito in cucina si usa l'olio di oliva per estrearre i profumi della pianta, io ho scelto per questa volta di provare l'estrazione in acqua calda.

La preparazione è stata così eseguita: fave decorticate bollite assieme a rosmarino per 30 minuti, finendo con lasciare poca acqua. Con un frullatore a immersione ho otteneuto una purea abbastanza soda (se la volete più fluida lasciate più acqua). Solo a questo punto ho salato, pepato e mescolato accuratamente. In una padellina con tre cucchiai di olio EVO ho soffritto con uno spicchio d'aglio schiacciato tre fettine di pancetta. Ho trasferito il purè di fave in una scodella, ho disposto le fettine di pancetta e, scartato l'aglio, ci ho colato sopra l'olio di cottura della pancetta.

Per me molto soddisfacente. Per altri sarebbe letale. A causa di Vicina e Convicina.


Vicina

La vicina è un'alcaloide abbondante specialmente nei semi di Vicia Faba. Isolata per la prima volta nel 1870, la sua struttura venne elucidata solo nel 1953.

Divicina
La vicina in sé non è tossica, lo è il suo metabolita: quando ingerita il legame glicosidico viene idrolizzato dando l'aglicone divicina, e con la divicina le cose cambiano e molto. Una volta raggiunto il flusso sanguigno reagisce con l'ossigeno nei globuli rossi per dare perossido di idrogeno e anione superossido, che vengono ridotti da NADPH e glutatione. Il processo provoca un calo dei livelli di glutatione e NADPH nei globuli rossi che nella maggior parte dei soggetti non risulta problematico. Ma circa un 4% della popolazione è carente dell'enzima G6PD, cioè affetta da favismo, e non riesce a rigenerare abbastanza velocemente il glutatione: il risultato è un'anemia emolitica, E con la covincina le cose vanno più o meno allo stesso modo.

Quod aliis cibus est aliis fuat acre venenum, scrisse Lucrezio nel De Rerum Naturae... E aggiungerei che quello che per qualcuno è cura, prevenzione o terapia per una condizione per altri può essere deleterio.

lunedì 23 ottobre 2023

CUCINA DA EXPAT: STUFATO DI PROSCIUTTO DI MAIALE, LENTICCHIE VERDI E SEDANO RAPA

 

Neanche te ne accorgi e si fa più buio al mattino.

C'è poco da fare. Chi viene dal sud Europa e finisce a vivere nel nord del continente (isole comprese) alla fine si ritrova alle prese con alcuni problemi. Il primo è probabilmente la luce, perché siamo abituati a più ore di luce. E c'è la primavera. In Italia centrale le prime fioriture, per esempio i narcisi, si vedono già a febbraio. Più a nord le prime fioriture arrivano a maggio, e fino a maggio-giugno la maggior parte degli alberi cedui resta spoglia. Tutto questo più vieni da sud più pesa.

L'altro aspetto è il cibo. Vero che rispetto a 20-30 anni fa il nord Europa è migliorato molto, ma il punto di partenza, da un punto di vista italiano, era molto arretrato (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2022/02/the-swede.html). Poi i tempi cambiano e gli asparagi si trovano regolarmente (i carciofi no, assolutamente), e pure le melanzane, oggetto estremamente esotico. Cercare di spiegare a un in indigeno "how to deal with" con una melanzana può essere surreale."Bollita?" Nooooo! Fritta, semmai" "Con uovo farina e granella di pane?" "Già meglio, ma alla fine non servono né uova né pangrattato e neanche la farina".

Ricordo che si tratta di contesti in cui è ancora popolare il test "lancia lo spaghetto contro il muro: se resta attaccato alla parete è cotto".

Comunque si va verso la fine di ottobre, e rape e swede non sono ancora venute fuori sui banchi del mercato, ma il sedano rapa non manca mai. Quindi variazione sul tema. Questa ricetta viene meglio (molto meglio) con le lenticchie del Colfiorito, per esempio. ma qualsiasi altra lenticchia verde risulta accettabile.

300 g di fette di prosciutto di maiale (fresco, le fette alte almeno un paio di centimetri)

olio extravergine di oliva (4 cucchiaia)

500 ml di una pilsener a scelta

uno spicchio di aglio

una foglia di alloro

150 g di lenticchie verdi secche

200 g di sedano rapa a cubetti

sale e pepe

La procedura è quella standard dello stufato che potete trovare nel link più sopra, ma questo viene meglio se, tagliato il prosciutto a cubetti, li fate rosolare molto, molto bene nell'olio con uno spicchio di aglio. Poi aggiungete la foglia di alloro e la birra, e fate andare scoperto a fuoco medio per un'ora. A quel punto aggiungete le lenticchie secche (deve essere rimasto un po' di liquido, nel caso aggiungete acqua quanto basta). Salare e pepare. Dopo 30 minuti aggiungere il sedano rapa a cubetti all'incirca di due centimetri di spigolo. Tempo totale di cottura 2 ore, e alla fine non deve rimanere troppo brodoso. In questo modo il sedano rapa prende un delicato tocco di amaro. Ovviamente questa è una variazione su cotechino con lenticchie, zampone con lenticchie, spalla di maiale con lenticchie etc. Ma con fette di prosciutto più magre e senza cotenna (quelle che trovo ora) il piatto risulta con contenuti più bassi di gelatina dovuti alla scarsità di tessuto connettivo nella carne. Buono accompagnato da un pinta di tripel per un passaggio di stagione in cui le massime sono ancora sui 16 gradi.

Le dosi indicate sono abbondanti per due persone.


domenica 23 aprile 2023

CLAM OR COD? HAKE, THANKS

Nella mia memoria c'era in Melville una zuppa di pesce accompagnata da una pinta di latte. Sono andato a rivedere Moby Dick, quando Ismael cena dopo essere stato informato che per la notte dividerà la stanza con un arponiere, ma ci ho trovato dumplings (cioè ravioli tipo cinese).

"I thought so. All right; take a seat. Supper?--you want supper? Supper'll be ready directly."

I sat down on an old wooden settle, carved all over like a bench on the Battery. At one end a ruminating tar was still further adorning it with his jack-knife, stooping over and diligently working away at the space between his legs. He was trying his hand at a ship under full sail, but he didn't make much headway, I thought.

At last some four or five of us were summoned to our meal in an adjoining room. It was cold as Iceland--no fire at all--the landlord said he couldn't afford it. Nothing but two dismal tallow candles, each in a winding sheet. We were fain to button up our monkey jackets, and hold to our lips cups of scalding tea with our half frozen fingers. But the fare was of the most substantial kind--not only meat and potatoes, but dumplings; good heavens! dumplings for supper! One young fellow in a green box coat, addressed himself to these dumplings in a most direful manner.

Cosa ci fosse dentro quei dumplings non è dato di sapere. Solo sfogliando il libro mi sono accorto che la mia memoria aveva spostato la zuppa di pesce nel pulciosissimo Spouter-Inn, mentre invece è collocata al Try Pots nel capitolo 15. Il Try Pots del cugino Hosea, famoso per i suoi chowder. E Chowder è perlappunto il titolo del capitolo.

Mrs. Hussey hurried towards an open door leading to the kitchen, and bawling out “clam for two,” disappeared.

“Queequeg,” said I, “do you think that we can make a supper for us both on one clam?”

However, a warm savory steam from the kitchen served to belie the apparently cheerless prospect before us. But when that smoking chowder came in, the mystery was delightfully explained. Oh! sweet friends, hearken to me. It was made of small juicy clams, scarcely bigger than hazel nuts, mixed with pounded ship biscuits, and salted pork cut up into little flakes! the whole enriched with butter, and plentifully seasoned with pepper and salt. Our appetites being sharpened by the frosty voyage, and in particular, Queequeg seeing his favourite fishing food before him, and the chowder being surpassingly excellent, we despatched it with great expedition.

E per colazione ai due viene offerto di nuovo chowder, ma Ismael chiede in più un paio di aringhe affumicate.

Le ricette d'oltreoceano prescrivono per il chowder le gallette sbriciolate (e c'è un conflitto tra scuole, patate o non patate, bianco o rosso di pomodoro). ma la mia esperienza col piatto si limita a Irlanda, Gran Bretagna (e Scandinavia), dove la galletta sbriciolata è assente ma l'essenziale sono latte, burro, farina e spesso patata (oltre il pesce, o i frutti di mare, o i crostacei - ricordo uno spettacolare chowder di aragosta gratinato nel nord dell'Irlanda, e per la gratinatura di sicuro era stato usato del cheddar). Comunque sarà per Moby Dick o per altro, ma un chowder consumato in pub di un porto nordico per me resta un'immagine ed un'esperienza cara.

Ora io non so come "debba" essere un chowder, ma so come piace a me: denso e cremoso. Ho provato a metterne insieme uno con quel che era rimasto in frigo ed è venuto benino.

In una casseruola far fondere una noce di burro e soffriggerci appena un battuto fatto con una mezza cipolla e un gambo di sedano. Aggiungere un paio di fette di prosciutto a striscioline, una patata di medie dimensioni a cubetti, aggiungere timo, coprire con acqua e portare a ebollizione. Quando l'acqua è quasi del tutto evaporata aggiungere a pioggia due cucchiai di farina, mescolare bene e poi agiungere latte in giusta misura (un 250 ml dovrebbero andare). Quando il tutto è tornato in temperatura aggiungere due filetti di nasello (il mio nasello era del mare del nord) e far andar piano finché il pesce non si disfa. Mescolare continuamente con un cucchiaio di legno, passando sul fondo della casseruola, altrimenti si attacca come besciamella mescolata male. Salare, pepare con pepe macinato fresco, e continuare a cuocere finché la densità non è quella giusta.

Il chowder mi è venuto come volevo, saporito, cremoso, profumato, che riempie come si deve.


L'ho cucinato pensando a un cutter di legno ancorato nel porto di Kirkwall, Orcadi. Non mi ricordo il nome della barca, ma sotto il nome c'era scritto Nantucket.

PS: A fianco di questo chowder non ho messo latte né birra, ma un Muscadet e l'accoppiamento funziona. Volendo potete variare gli aromi aggiungendo o sostituendo con aneto o alloro. Se lo volete fare gratinato versarlo in terrine individuali, spolverare ognuna con abbondante cheddar o gruyère grattugiato, infornare a 250 °C e sfornare quando il formaggio  fuso e ha preso colore e ha fatto una crosticina.

PPS: le dosi delle ricette che capitano su questo blog sono per 1-2 persone. Per numeri maggiori, just do the math.

mercoledì 15 febbraio 2023

PARTIRE E' UN PO' MANDARE AL DIAVOLO...

 


... un discreto numero di connazionali. Tipo chi?

Tipo quelli che ti approcciano con una telefonata chiedendo se tu abbia anche esperienza operativa e quale sia il tuo attuale livello di inquadramento e quando gli rispondi iniziando dall'ultima restano di gelo. O tipo quelli disperatamente a caccia della prossima epidemia perché con COVID non c'è più soddisfazione.

Ma partire può essere anche un po' ritrovare sé stessi e ritrovarsi al di fuori di un ambiente sempre più stagnante, ritrovarsi dove il delirio pandemico italiano non si è mai materializzato e dove anche altre agende, per quanto sottoscritte, non vengono declamate demenzialmente h24 sui grandi media e riecheggiate sui bus, sui treni, sul posto di lavoro. Quando i nuovi orizzonti non sono più così nuovi ti rendi conto che in realtà stai prendendo confidenza ed acquisendo familiarità con un territorio che al momento del tuo arrivo ti appariva completamente sconosciuto. E anche questo è un processo di conoscenza del nuovo, dell'ignoto, una massa di informazioni nuove di zecca con cui devi avere a che fare, con tui ti devi misurare. E inizierai ad aprire rotte per te e per i congiunti e gli amici che vorranno venire a trovarti. 

E' qualcosa di completamente diverso dall'esperienza del turista, o del viaggiatore che va di qua o di là un paio di volte all'anno. Nelle ferie non italiane poche ore di volo o di treno e ti ritrovi in posti che avevi frequentato anni e anni fa, ti rendi conto di quanto siano cambiati ma, all'apparenza, non in peggio. Per esempio Francoforte. La "nuova città vecchia", ricostruita dal niente una decina di anni fa, appare viva e vitale, non come certi centri storici italiani tristemente mutati in una sorta di parchi a tema o trappole per turisti. Più a ovest Colonia.

"Che uccelli sono questi che gracchiano?"

"Corvi"

"Corvi e cattedrale gotica! Fighissimo!"

O forse erano cornacchie?

La nuit. La pluie. Un ciel blafard que déchiquette
De flèches et de tours à jour la silhouette
D'une ville gothique éteinte au lointain gris.
La plaine. Un gibet plein de pendus rabougris
Secoués par le bec avide des corneilles
Et dansant dans l'air noir des gigues nonpareille

Il museo romano-germanico è stato traslocato, ma c'è ancora la targa con le strade romane che arrivavano in antico a Koln: quella che scendeva per il Limes Renanum passando da Bona (Bonn), la Via Belgica per Aquae Granni e Traiectum (Aquisgrana/Aix-la-Chapelle/Aachen e Maastricht).  E poi ognuno ritorna dove vive e lavora o studia, con un paio di ore di volo.

Che differenza c'è tra essere nell'EU e non esserlo, da un certo punto di vista? Svizzera e UK sono sempre Europa, sono sempre lì, niente le ha mosse e condividono con le loro diversità quella che è stata la storia e la cultura del continente. Qualcosa di cui nello stivale spesso ci si scorda, avendo innescato un lungo processo di riadattamento dell'educazione scolastica nella trasmissione dell'ultima versione dei valori dominanti, che con quel che era ed è stato hanno poco o niente a che vedere. Ti ricordi cosa era quando ti ritrovi a parlare di Mathias Grunewald con un nordeuropeo permeato di scarsa simpatia per tutto ciò che è germanico. "Me lo segno" mi dice "Ma tu com'è che lo conosci?" "Uhm, storia dell'arte al liceo, direi".

Partire può essere mandare al diavolo anche un paese quasi irriconoscibile, pensando a ciò che era una trentina di anni fa.. Mi ricordo qualcosa di già apparso qua sopra, in tempi di pandemia

 

There must be some kind of way outta hereSaid the joker to the thiefThere's too much confusionI can't get no relief
 
 
 
I've got my relief, many thanks. 

PS: parlando di Italia un'alba livida ritagliava nitidissimo il profilo dendritico di una fila di alberi spogli di lato alla stazione quando mi è arrivato un messaggio con il risultato dell'ultimo giro elettorale. Non sono contento per chi vince, ma molto soddisfatto di chi perde. Mai abbastanza virtuali calci nei denti per loro. Notare bene: ho scritto VIRTUALI.
 

 


venerdì 20 gennaio 2023

CUCINA DA EXPAT: LA ZUPPA DI LENTICCHIE

 

Poco frequente in Italia, assai più a nord il trancio di coscia di maiale è qualcosa che si trova spesso nei supermercati. Quando è in offerta può capitare che il trancio comprenda un bel po' di osso. Nessun problema. Disossare il trancio non è difficile, ma dopo aver usato la polpa (per esempio stufata con cavolo, battuto di cipolla e carote, pepe nero in grani e birra) cosa fate con l'osso, a cui un po' di carne sarà rimasta attaccata? Lo buttate via? Sacrilegio!

Copritelo d'acqua in una pentola e bollite per un paio di ore. Levate l'osso, e dall'osso levate i pezzetti di carne rimettendoli nel brodo. A parte in un padellino fate andare per una ventina di minuti un pomodoro rosso a pezzi (o polpa o pelati in barattolo) con olio d'oliva e aglio. Unite tutto questo al brodo, e buttate lenticchie secche in quantità adeguata e due o tre patate a pezzi. Salate, pepate, cuocete a fuoco basso per un'oretta, aggiustate la densità con acqua o brodo dell'osso di maiale (e aggiustate il sale di conseguenza). Servire con un filo d'olio di oliva a crudo.

Eccellente d'inverno (nel caso dell'immagine le lenticchie erano rosse).




giovedì 17 febbraio 2022

THE SWEDE

 



Uno dei primi crucci dell'expat italiano (specie in nord europa) è: come/cosa mangio. Certo, ormai la pasta italiana si trova ovunque (magari in pochi formati), e l'olio extravergine di oliva pure - ritenuto una classica fissazione italiana. Ma farsi una carbonara, per esempio, può diventare una cosa complicata. In breve si rischia di celebrare un completo divorzio dalla cucina mediterranea, che diventa eclatante quando si parla di vegetali: nel nord Europa niente cardi, carciofi, asparagi, melanzane, basilico. Certo, le cose sono parecchio cambiate da quando Elisabeth David dopo un lungo periodo nel mediterraneo tornando in Inghilterra rimase costernata dalla cucina della sua patria (e scrisse "A Book of Mediterranean Food"). Mi ricordo l'odore greve del grasso animale (chissà quale) in cui ancora si friggevano le uova del breakfast in Scozia, trenta anni fa (e non è che più a sud le cose andassero tanto meglio). Oggi è tutto cambiato, il grasso prevalente è olio di soia - non certo il massimo, ma sempre meglio, e comunque, spostandoci al di là della manica, se contestate a un bretone la zuppa della nonna con i crostini fritti nel grasso di bue lui potrebbe aversene a male.
Personalmente mi sono sempre adattato in qualche modo al clima alimentare locale. Il che vuol dire guardarsi in giro cercando ingredienti da integrare nella propria cucina, perché nel lungo termine non è che si possa campare (bene) di soli breakfast, fish and chips, pesci affumicati, insalate e cornish pasty. Non conoscete il cornish pasty? Peggio per voi. Comunque lo swede è uno dei suoi ingredienti tradizionali, assieme a manzo, patata e cipolla (https://it.wikipedia.org/wiki/Cornish_pasty).
Provenendo da una regione italiana dove neanche la rapa è comunemente usata, vedere sui banchi di un mercato nordico questa sorta di rape giganti mi ha incuriosito. E quindi ho deciso di sperimentare.
Ma partiamo dall'inizio: lo swede (contrazione di swede turnip, rapa svedese) ho scoperto che è in realtà la rutabaga, detta anche navone o cavolo navone (e ignoravo pure che avesse un nome anche in italiano). E guardando in giro nella websfera italiana viene proposta per purè e insalate o al forno. Questo l'ho scoperto dopo.
Quando l'ho vista esposta sul banco ho pensato immediatamente "stufato". E stufato è stato.
Avendo trovato un bel filetto di maiale e dei tagli di capocollo molto più magri della nostra scamerita, il design dell'esperimento era del tutto chiaro.
Quindi prima sono stati preparati gli starting materials:
 
Navone
1 cipolla bianca
Filetto di maiale
Capocollo di maiale
1/2 decilitro di olio extravergine d'oliva (italiano)
1/2 pinta di lager
1 foglia di alloro (italiano)
 
Il navone (una metà del navone, perché pesava più di un chilo) è stato sbucciato e tagliato a dadi di circa due centimetri di spigolo.
Filetto e capocollo sono stati tagliati anch'essi a dadi di circa due centimetri.
La cipolla è stata tritata.
In una casseruola è stato scaldato l'olio, ed è stata aggiunta la cipolla tritata. Quando la cipolla ha iniziato a imbiondire, è stata aggiunta la carne di maiale, che è stata fatta rosolare con cura.
Quindi sono stati aggiunti lager e alloro, e si è cotto a fuoco medio/basso per circa 1 ora.
Poi è stato aggiunto il navone a cubetti, e acqua quanto basta a coprirne la superficie.
Sono stati aggiunti sale e pepe nero in grani.
La cottura è stata continuata per circa un'altra ora, fino a che quasi tutto il liquido non è evaporato.
 
Discussion 
 
Ho giudicato l'esperimento riuscito, ma nessun altro ad ora lo ha replicato.
Una sua versione light, con carne di manzo, ha dato anch'essa buoni risultati (ma la versione maiale è assai più soddisfacente, per i miei gusti).
Quanto a novelty l'esperimento vale molto poco. Per quanto navone e rapa siano ben diversi, sono comunque parenti stretti, e rapa e stufati hanno una storia ben consolidata a nord delle Alpi - si può ripetere la procedura con le rape, che però reggono meno la cottura e dovranno essere aggiunte a circa tre quarti del procedimento.
Perché il capocollo di maiale? Perché il solo filetto è relativamente povero di tessuto connettivo e grassi, che sono quelle cose che conferiscono allo stufato "morbidezza". Non ci crederete, ma il tema "stufato" per la parte proteine è stato abbastanza recentemente trattato sul Journal Of Physical Chemistry (https://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/acs.jpcb.9b05467#). Comunque il concetto base è sempre stato denaturare proteine in presenza di un qualche "lubrificante" (altrimenti ottenete un bollito). Ci sono ricette francesi di stufato di maiale o montone che cominciano facendo sciogliere nel grasso di base (che parlando di Francia di solito è burro), o anche in sua assenza (!) il grasso delle spuntature o delle costolette. E l'aggiunta finale di burro è un altro tratto tipico in molte zone geografiche (Francia, ma anche nord Italia). Il collagene, caratteristico del tessuto connettivo, è un altro elemento che produce "lubrificante", in quanto con acqua e calore gelifica (si trasforma in gelatina). Il capocollo di maiale contiene una buona quantità sia di grassi che di tessuto connettivo, e ha fornito un contributo decisivo alla riuscita dell'esperimento. 
 
Nota: se googlate rutabaga troverete che è ipocalorica, e che contiene fibre, vitamina C, vitamine del gruppo B, betacarotene, sali minerali. Se è stata stufata con il maiale capirete che il ridotto apporto calorico non era tra gli obiettivi dell'esperimento. E con la lunga cottura potete dire addio a buona parte del contenuto in vitamine B, C e betacarotene. Fibre e sali minerali restano.

domenica 9 gennaio 2022

50ENNI DI PARTE BIANCA?


"Duro, marchese, allor che de la vita
L’ arco piega e il pensiero in su le bianche
Urne de’ padri si raccoglie intorno
A i templi noti, oh duro allor, marchese
Malaspina, lasciar la patria! A cui
Rida nel core e ne le forti membra
La giovinezza, è un’ avventura, un gioco
De la vita che s’apre a nuovi casi,
Con l’ esilio mutar le dolci soglie
De la magion de’ padri suoi Ma io
Non vedrò piú da l’Apparita al piano
La mia città fiorente; ahi lasso, e lunghi
Corron due lustri omai che aspetto e piango!"
 
La prima parte di "Poeti di parte bianca" del Carducci è l'iconica rievocazione di uno degli episodi chiave del basso medioevo italiano: l'esodo dei fiorentini "di parte bianca", espropriati dei propri averi e della propria cittadinanza dai guelfi di parte nera. Episodio cruciale nella vita di Dante Alighieri: ”Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e com'è duro calle lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.”
In realtà questa descrizione della condizione di esule è estendibile a quella di cui è un caso particolare, quella dell'espatriato. Al riguardo, facendo ormai parte di questo gruppo, facendone parte amici e parenti, direi che il rimpianto per la magione dei padri non sembra l'attitudine prevalente.
Quello dell'espatrio è un fenomeno che riguarda l'Italia in misura crescente, negli ultimi anni.
Non è fenomeno nuovo (per esempio la nazione esporta mente d'opera da sempre). Il trend è stato rafforzato da circa tre decenni di deflazione salariale.
Mi ricordo un parente, che riferendosi a un figlio, anni fa, disse: certo, ragionando con gli standard dei miei tempi è una vergogna che in Italia voi (la mia generazione nella famiglia), con le vostre lauree, finiate con un'aspettativa di retribuzione non molto diversa da una cassiera della COOP. Esagerava (le aspettative di retribuzione erano un poco più alte, non molto, ma un poco sì). Già più di una ventina di anni fa un broker di attivi farmaceutici tedesco con cui ero finito a un pranzo di lavoro, dopo caffè e sambuca (la sua doppia) mi prese da parte per chiedermi quale fosse il mio stipendio. Quando glielo dissi sbuffò: "Lo sa che da noi prenderebbe quasi il doppio?". Allora avevo sentito solo voci al riguardo, e poi le cose, pure in Germania, sono un poco cambiate. "Anyway my german is non-existent",gli dissi. Quello sbottò in italiano "Le lingue si imparano!". Non aveva tutti i torti.
In tempi recenti la tendenza a cambiare orizzonti ha acquisito maggior forza. E questo anche a causa delle disposizioni antipandemiche italiane: per la prima volta nella storia dal dopoguerra una minoranza (una minoranza destinata ad ingrossarsi, ad occhio) rischia di essere privata di lavoro e retribuzione. Destinata a crescere, questa minoranza, grazie a disposizioni oculatamente demenziali ("il governo non ha prorogato la norma secondo cui la quarantena obbligatoria è da considerarsi come periodo di malattia" https://quifinanza.it/.../quarantena-covid.../597233/). E non è più questione di no-vax o non vaccinati come si intendeva fino a qualche mese fa. La categoria ormai include, di fatto ufficialmente, i non n-dosati (dove oggi n=3, domani numero a piacere). E quando un self styled civil servant, categoria che oggi include i burocrati e quelli che venivano chiamati boiardi, dice che per i non vaccinati ci vorrebbe l'arresto c'è proprio da stare tranquilli (https://www.fanpage.it/.../miozzo-dice-che-ci-vuole.../).
Ma in realtà si tratta di qualcosa di assai più profondo.
Alla fin fine il punto lo centra una strepitosa Arianna Porcelli Safonov: il benessere danneggia gli Italiani - sono straconvinto che questo sia davvero il retropensiero delle correnti di potere che si alternano al governo della nazione da un po' di tempo a questa parte. E chi non ci sta, potendo, sempre più spesso fa le valige.
 
 
 

 

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...