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giovedì 26 giugno 2025

IL POPOLO SCIENTIFICO

 

Da Alfred Bester, Destinazione Stelle. Quando si diceva "narrativa di anticipazione": pareva descrivere i fan della scienza sui social, per come me li ricordo. 

Erano - e forse lo sono ancora - il risultato della combinazione tra popolarizzazione della scienza e debunking all’italiana. Del resto, se si attribuisce l’autorità della "scienza" a laureati in scienze politiche, geometri, esperti in comunicazione o ragionieri programmatori, cosa ci si può aspettare? Una platea di lettori appassionati di Feynman o Hofstadter? Difficile crederlo. 

La questione delle qualifiche, per intenderci, non è e non vuole essere classista. E' una questione di formazione: per discutere una pubblicazione scientifica, per esempio, una preparazione al livello di scuola superiore nella stragrande maggioranza delle volte è insufficiente. La stessa cosa si può dire della scelta delle fonti ritenute affidabili: in assenza di mezzi per valutarle autonomamente ci si affida all'etichetta "comunità scientifica". Ma la "comunità scientifica" non ha un numero di telefono, o un indirizzo email. Quindi si sceglie qualcuno con quell'atichetta, una scelta che, quando non è sbagliata per area di competenza, è comunque arbitraria.

Se qualcuno volesse andare a rinfrescarsi le basi delle scienze dette "galileiane" non potrebbe che giungere a una conclusione: il combinato popolarizzazione della scienza-debunking ha prodotto una cultura (in senso antropologico) grottesca come quella descritta da Bester. 

Ma la cosa notevole, guardando indietro (sono passati quasi dieci anni) è che nel campo delle discipline scientifiche nessuno sollevò eccezioni, neanche amichevoli. Anzi, le voci che si udirono in campo scientifico furono di endorsement. Due casi isolati, Walter Quattrociocchi e Fabiana Zollo, sulla base delle loro ricerche fecere notare che l'attività del debunking era autoreferenziale e inefficace (in astratto, senza riferimento alle qualifiche dei protagonisti). Due lodevoli eccezioni, pur non facendo una questione di qualifiche e background, non intaccavano in modo significativo la cifra prevalente dei tempi.

Ma c'erano ragioni politiche, erano i tempi dell'ascesa dei 5 Stelle, che allora flirtavano con tutti i complottismi possibili e immaginabili. C'era un diffuso bisogno politico di autorità da contrapporre alla marea montante, un'autorità che fu concessa liberalmente in funzione sociale, politica e narrativa e non per altro genere di meriti. La cosa andò di pari passo con una surreale polemica contro "chi non aveva studiato", alimentata spesso da gente con titoli di studio decisamente scarsi. 

Si materializzò un contesto in cui si pensò di costruire la "promozione della scienza" a suon di  meme e slogan: “Fidati della scienza”, “Non è un'opinione”, “I dati parlano”. Quello che si ottenne fu la polarizzazione, ma si fece perlopiù finta di niente:  le "nuove" piattaforme richiedevano questi nuovi format. Probabilmente istituzioni e politica pensavano qualcosa del genere e non a caso il tutto si tradusse in un "Vota la scienza, scegli il PD".


E fu proprio il mondo di Bester: una religione "scientifica" che ostentava la sua devozione ma tradiva, a ogni passo, un analfabetismo scientifico imbarazzante.

Perché analfabetsmo scientifico? Perché, tornando alle basi, non basta leggersi un best seller in spiaggia o seguire sui social questo e quello per essere scientificamente alfabetizzati:

La filosofia naturale è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. (Galileo Galilei, Il Saggiatore)  

Che non solo la matematica ma il semplice aspetto quantitativo fosse un problema molto serio lo dimostrò una vicenda del 2017, quando l'ossessione "metalli pesanti" del fronte complottista era al suo culmine e finì per comparire pure in una puntata di Report. Un'associazione tedesca commissionò a un laboratorio in Germania  analisi di metalli pesanti su alcuni vaccini. Quei report analitici furono immediatamente diffusi in Italia dai soliti noti. Il clamore fu tale che il CICAP scese in campo. La questione venne così esposta dai due fronti:

1) è un'analisi indipendente e dice la Verità, c'è inquinamento da metalli pesanti
2) è un'analisi "indipendente" diffusa da siti novax che dice che c'è inquinamento da metalli pesanti e quindi è immondizia.

Peccato che le analisi del laboratorio tedesco, fatte con ICP-MS,  dicessero  che no, di metalli pesanti non ce ne erano (era un laboratorio certificato ISO 17025 che fornì un report analitico con tutti i crismi, incluso metallo per metallo LOD - Limit Of Detection, quindi tutti i discorsi del fronte proscienza, CICAP incluso, su peer reviewing e mancanza di un controllo di riferimento se li sarebbe dovuti portare via il vento). 

Per essere più chiaro: un'analisi di un laboratorio certificato "indipedente" diceva che il problema "metalli pesanti" nei vaccini analizzati non esisteva. Ma nessuno in nessuno dei due fronti lo aveva capito e fu montato un caso in cui in opposizione all'offensiva complottista si mise in scena una brutta parodia di scienza (per quella che è stata l'esperienza CS sui social non si trattò di un caso isolato: tranne rare eccezioni la cifra "scientifica" del dibattito era esattamente quella e quella restò in cinque anni di osservazione del fenomeno - diciamo che le considerazioni qua fatte sulla scienza/segno come rumore non sono pura teoria, sono supportate proprio da quelle osservazioni).

Ma tutto questo non importava, tanto, come nel romanzo di Bester, il coro ripeteva "Quant bast!" senza sapere il perché o il per come. Però con un'intenzione precisa: affermare sé stessi contro gli altri e riducendo tutto il discorso a questa dicotomia. 

NB: Questa è storia recente. Fino a tre anni fa, prima che CS lasciasse i social, nulla era cambiato. E probabilmente il quadro è ancora attuale.



martedì 26 settembre 2023

ORWELL NON ERA UN MANUALE DI ISTRUZIONI. PERO'...

La frase l'ho letta scritta da qualcuno, non ricordo dove né quando, e l'ho trovata significativa. 

Per fare un esempio, la faccenda dei due minuti di odio sembra qualcosa di perfettamente attuale

 

(Il film uscì nel 1984 - ovviamente - ed era una trasposizione piuttosto fedele del romanzo di Orwell. Fu l'ultima apparizione di Richard Burton in un film e Winston Smith fu interpretato da un immenso John Hurt).

A parte i due minuti di odio, non si sono visti negli ultimi anni tentativi di riscrivere la storia?

Per esempio la maggior parte dei giornalisti italiani, per tacere di fact checkers e debunkers, sembrano dipendenti modello del Ministero della Verità.

Poi più di una volta mi è capitato di scrivere che se i vari no-qualcosa non ci fossero sarebbero stati inventati. Non sono forse una perfetta incarnazione volontaria di Goldstein e non hanno forse esercitato la medesima funzione? Rendetevi conto del livello: identificarsi nell'essere funzionali credendo fermamente di essere antagonisti.

E' la forza delle distopie classiche. Direi che il discorso è largamente allargabile a "Il tallone di ferro" di Jack London (romanzo che conobbe una versione cinematografica russa, film muto del 1919).

E' bene ricordare che un'esperienza determinante per Orwell, che influirà molto sulla sua opera, è stata la sua militanza nel POUM (Partido Obrero de Unification Marxista https://en.wikipedia.org/wiki/POUM) ai tempi della guerra civile spagnola. E in questa esperienza particolarmente importanti furono gli eventi del 1937-38 a Barcellona, dove gli stalinisti approfittarono della situazione di guerra ormai persa per regolare i conti in casa, dichiarando fuorilegge sia gli anarchici che i troskisti del POUM, con una triste coda di arresti ed esecuzioni sommarie. L'episodio più infame fu forse l'assassinio di Andrés Nin, cofondatore del POUM, seguito al suo arresto (https://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9s_Nin). Di film in film se qualcuno si definisce "di sinistra" Terra e Libertà di Ken Loach se lo potrebbe pure rivedere. E magari si potrebbe leggere (o rileggere) Storia della guerra civile spagnola di Hugh Thomas, che ai tempi fu tradotto e pubblicato da Einaudi (pensate un po').



I comunisti, socialisti, anarchici  o altro che combatterono per la Repubblica, se sopravvissuti, ebbero storie alterne. Perché l'avevano vissuta, fino alla fine, e avevano visto tutto, compreso quel che alla fine successe . E quindi spesso furono guardati con odio (dai nemici) o con estremo sospetto (dai supposti amici). Ormai dimenticata dai più, al di fuori della Spagna, resta uno dei momenti salienti della storia del XX secolo. E la storia del come e del perché di una lunga serie di sconfitte. 

Nella vicende recenti la guerra civile spagnola è citata in Oppenheimer di Nolan, ma è largamente presente nella grande storia della letteratura del 900: a parte Hemingway, mi piace ricordarla come elemento di sfondo in Under the volcano di Malcom Lowry: nel romanzo Hugh, il fratello del Console, è in procinto di contrabbandare armi per la Repubblica.


sabato 7 maggio 2022

LOTTA DURA, L'UNICO "ALTRO" BUONO E' QUELLO MORTO

Nessuno pare ricordarsi che tra fine 60 e inizio 70 nel mondo dell'intrattenimento stampato ci fu un problema. Autori che iniziavano a proporre parabole e metafore sul potere e sulla situazione politica.
Sono cresciuto in quei tempi, in un clima culturale per cui in Italia la fantascienza era desinistra e la fantasy dedestra, e György Lukács con la sua concezione del romanzo come epopea borghese era un'autorità indiscussa. E si dovette aspettare l'edizione italiana di "La letteratura Fantastica" di Cvetan Todorov per osservare qualche cambiamento.
Ripescando tra vecchie letture alcune mi sono apparse oggi, a distanza di decenni, singolarmente attuali. Ne  propongo un paio così, senza un particolare ordine.
 
Hardfought (https://www.goodreads.com/book/show/8673948-hardfought), tradotto in italiano "Lotta Dura", fu inserito nel filone "cyberpunk". Ma alla fin fine era un prodotto della tarda guerra fredda (un precedente l'immenso e diversissimo "I reietti dell'altro pianeta" della grandissima Ursula K LeGuin https://it.wikipedia.org/wiki/I_reietti_dell%27altro_pianeta).
Il tema era la guerra con l' "Altro", la comprensione dell' "Altro", il tentativo di mediazione con l' "Altro", nel contesto di un conflitto insanabile proprio perché conflitto con l' "Altro".
Nella fiction noi=bene altro=male ha una lunghissima storia, fin dalle origini della civilta' occidentale. Molti meno, a cominciare dall'Iliade hanno prestato attenzione all' "altro", ma il discorso sarebbe ben troppo lungo.
"The Nebula award-winning short story by master SF writer Greg Bear. Humans are engaged in a long war against an advanced alien race, the Senexi, but the possibility for peace may exist thanks to a young girl who learns the enemy's larger role and humanity's opportunity to evolve. "
E' quel che si trova in giro a descrizione del romanzo. Ma in realtà si tratta della storia di una postumanità avanzata in confitto con una razza completamente aliena e altrettanto avanzata, e di tentativi di comprensione reciproca strumentali ma non senza conseguenze:
"In uno scontro alla pari non si può battere il nemico se non lo si capisce. e se lo capisci veramente perché combattere invece che parlare?"
Uno dei tanti libri che, a distanza di quasi 40 anni, tornano attuali.
 

Prima ho citato Ursula K Le Guin. 
La Le Guin, nota di questi tempi perlopiù come autrice della trilogia di Earthsea, era estremamente interessata al tema del rapporto con l'Altro.
Nel 1977 rifiutò un premio Nebula per "Il diario della rosa". Lo rifiutò per due motivi. Il primo era che Science Fiction Writers of America aveva espulso Stanisław Lem, e secondo Le Guin l'espulsione era da attribuirsi alla critica da parte di Lem della fantascienza americana e alla sua volontà di continuare a vivere al di là della cortina di ferro.
Il secondo motivo era che non le andava di ricevere un premio per una storia sull'intolleranza politica da un'associazione che si era dimostrata politicamente intollerante.
(Come potete notare più le cose cambiano più restano le stesse)
Comunque dicevo dell'interesse di Le Guin per l'Altro. A parte i romanzi ("I reietti dell'altro pianeta", "La mano sinistra delle tenebre" i due esempi maggiori) la cosa è esplicitata in uno dei saggi raccolti ne "Il linguaggio della notte", intitolato "American SF and the Other".
 

 
"La questione in ballo, qui, è la questione dell'Altro, l'essere che è diverso da te. Questo essere può essere diverso per sesso, reddito, modo di parlare o vestirsi o fare le cose. O per il colore della sua pelle, o per il suo numero di gambe o teste. In altre parole ci sono l'Alieno sessuale, l'Alieno sociale, l'Alieno culturale ed infine l'Alieno razziale...
Che dire dell'Altro culturale o razziale? Questo è l'Alieno che tutti riconoscono come tale, ed è quello che interessa particolarmente la fantascienza. Ebbene nella vecchia fantascienza pulp è molto semplice. L'unico alieno buono è l'alieno morto, che sia l'uomo mantide di Aldebaran o un dentista tedesco."
Le Guin è morta nel 2018, prima della pandemia. Credo che se fosse viva constaterebbe sconfortata che il mondo occidentale è regredito al livello di un romanzetto di fantascienza pulp degli anni 30.
 

giovedì 10 giugno 2021

PERCORSI A MINIMA ENERGIA E SONNO DOGMATICO


 
Due anni fa (sembra un'altra era) ricordavo come una certa chimica non proprio intuitiva e grande letteratura avessero percorso assieme un breve ma significativo tratto di strada (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../affinita-e...).
Termodinamicamente un sistema chimico tende al suo stato a più bassa energia, ma non esiste soltanto la termodinamica, esiste anche la cinetica (termodinamica e cinetica furono i pilastri della concezione di Natta della chimica industriale, che dai noi hanno orientato la didattica universitaria della materia).
E la cinetica chimica ci dice che due molecole per reagire devono superare un ostacolo: l'ostacolo è l'energia di attivazione, se quell'energia non viene fornita al sistema la reazione non avviene. Le energie di attivazione possono essere alte o basse, ma attenzione: non è detto che una bassa energia di attivazione, che potremmo definire il percorso più facile, porti il sistema al suo stato più stabile (il minimo della sua energia libera di Gibbs).
Tra chimici "percorso a minima energia" è stato usato per definire non-soluzioni facili ai problemi, come dire che spendi poco, fai bella figura e non hai risolto.
Guardatevi attorno e ditemi che nella gestione della pandemia in Italia non si è optato per i percorsi a minima energia per i governanti (non certo per i governati), ultimo della serie gli Open Days a base di vaccino Astrazeneca.
 
Qual è stato l'elemento caratteristico della pandemia? Terapie intensive piene, e da noi si sono riempite prevalentemente di over 50 (https://www.epicentro.iss.it/coronav.../sars-cov-2-dashboard).
Quindi protetta questa fascia (e i sanitari) il problema è risolto al 95%. Però invece che andare in questa direzione in modo organico e determinato, come è stato fatto altrove, qua prima si è proceduto per categorie professionali, poi dopo neanche un mese "tranquillo" si è iniziato a parlare di vaccinazioni pediatriche e di soggetti in età scolare, di giovani, etc etc. Con buona parte dei soggetti a rischio ancora scoperti, e buona parte di istituzioni e società mediche che benedicevano, in contrasto con le indicazioni AIFA e ormai anche contro quelle del CTS. Altrove certe evidenze raggiungono le pagine di Nature: "Vaccinare gli adulti protegge gli altri che non sono vaccinati “Immunità di gregge vuol dire questo", dice Gandhi che sottolinea anche l'evidenza che i bambini trasmettono il virus molto meno degli adulti - un'altra ragione per cui potrebbero non fuonzionare come serbatoio efficiente dell'infezione" (https://www.nature.com/articles/d41586-021-01549-z... poi c'è altro rispetto all'immunità da vaccino, e ne abbiamo già parlato). Riccardo Gallina da giorni sottolinea le incongruenze di ordini dei medici etc, e fa bene.

 

venerdì 27 settembre 2019

ONCOLOGIA: FINE DELLA CACCIA ALLA PRIMULA ROSSA E LE CONSEGUENZE DI CRISPR

Da una trentina d'anni si pensa che KRAS sia un target oncologico importante, ma fino all'altro ieri gli sforzi per individuare inibitori KRAS erano stati vanificati. Perché KRAS sguscia come un'anguilla: la sua conformazione cambia durante il suo ciclo di attività e questo pareva rendere pressoché impossibile sintetizzare inibitori funzionanti.
Oggi invece i primi inibitori KRAS (per una specifica mutazione della proteina, G12C) hanno iniziato i trial clinici, e i primissimi risultati sembrerebbero incoraggianti (https://cen.acs.org/pharmaceuticals/oncology/Notorious-KRAS-Taking-down-cancer/97/i37).
Se tutto va bene potrebbero essere i primi passi di una nuova classe di inibitori di chinasi (farmaci targeted, quindi) che potrebbe offrire opzioni per patologie ad oggi poco o per niente trattabili.

Faccio notare che ormai tutte queste storie si svolgono lontane non solo dall'Italia, ma dall'Europa continentale - nello specifico caso con la notevole eccezione di Boheringer.
Ai tempi della massima attività sugli inibitori di istone deacetilasi c'erano almeno un paio di aziende italiane che avevano le mani in pasta (e i brevetti). Oggi niet, nada, nisba, nulla.

Tutti hanno guardato a CRISPR come all'ennesima parola magica che prometteva miracoli. Da un certo punto di vista si può dire che finora in campo applicativo si è andati dalla futilità di informazioni come testo o immagini codificate nel DNA di un batterio alla spinosa questione dei CRISPR babies cinesi. Ma essendo la tecnica quel che è, ovvero un metodo piuttosto preciso per editare geni, di solito non si tende a guardare alle implicazioni basiche di una tecnologia di natura fondalmente basica.
Ai tempi del gran fervore su siRNA  la tecnologia venne usata anche per validare bersagli in oncologia. Sarebbero i famosi oncogeni. Il termine non mi piace gran che. Un oncogene è "un gene che può provocare il cancro", stando alla definizione corrente. Personalmente preferisco parlare di target: proteine sovraespresse dalle cellule tumorali, la cui inibizione provoca la morte delle cellule del tumore (ma non di quelle sane).
I target vengono ipotizzati dalla ricerca biomedica, tramite l'indagine sulla caratterizzazione dei tumori e sui loro meccanismi di crescita. Solo che non basta, sulla base degli esperimenti e dei loro risultati dire "Questo è un target". Un target va validato: nella fattispecie occorre dimostrare che senza quella proteina il tumore smette di crescere e muore.
Una decina e passa di anni fa il miglior metodo disponibile, per velocità e accessibilità, erano i siRNA. Con piccoli RNA di sintesi si poteva "silenziare" il gene X o Y. Se con il gene X silenziato il tumore smette di crescere o muore, la proteina espressa da X è stata validata come target oncologico.
E fin qua tutto sembrava filare liscio come l'olio.
Poi è arrivato CRISPR. Al di là di tutte le promesse che portava con sé (e dell'hype) CRISPR resta un metodo piuttosto pulito per editare un genoma, e quindi anche per cancellare geni (che è ben più sicuro che silenziarli).
E a qualcuno è venuto in mente di usare CRISPR per controllare quanto a suo tempo era stato validato con siRNA. E i risultati sono piuttosto eclatanti: MELK, HDAC6, MAPK14/p38-alpha, PAK4, PBK, PIM1,caspasi-3 contrariamente a quel che si credeva NON sono target validi (
https://stm.sciencemag.org/content/11/509/eaaw8412). E se qualche inibitore di queste proteine sembra funzionare nel preclinico o addirittura nei trial clinici, funziona grazie ad effetti off-target non ancora noti.


mercoledì 26 giugno 2019

AFFINITA' (E AFFINITA' ELETTIVE)

Avete presente l'energia libera di Gibbs, G?

Se non ricordate, la panoramica è qua https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/07/su-uova-e-maionese-avremmo-dovuto.html . Affinità in chimica sarebbe la tendenza a reagire tra due o più atomi o molecole. Per esempio il sodio metallico ha affinità per l'acqua (pure troppa), gli acidi la hanno per basi e viceversa etc. E così è raccontata facile, e non formalizzata e quindi non si comprende il meccanismo: perché A e B sono affini? La definizione termodinamica di affinità è:

 

Cioè meno la derivata di G rispetto al grado di avanzamento della reazione (ξ), a pressione e volume costanti - il meno serve perché così possiamo dire che quando l'affinità è positiva la reazione avanza, in quanto il sistema procede verso uno stato ad energia chimica più bassa (se la derivata dG/dξ è negativa l'affinità è positiva e G diminuisce man mano che la reazione va avanti). Un esempio può essere quello dei composti ad alta energia (fortemente endotermici) che tendono a reagire ottenendo un sistema a più bassa energia (non senza conseguenze).
Poi c'è anche la questione cinetica, che è un altro paio di maniche, ma se l'energia di attivazione è alta, affinità o meno alla reazione occorre una vita, per avanzare - per questo coi composti fortemente endotermici spesso per passare allo stato a più bassa energia serve l'innesco...
Nella versione discorsiva il concetto di affinità è presente alle origini della chimica moderna, e da lì filtrò nel più famoso romanzo di Goethe , che prese la chimica a metafora dei rapporti interpersonali:.

«Allora,» disse il capitano, «torniamo a quello che già prima abbiamo menzionato e discusso. Per esempio, ciò che chiamiamo calcare, è una terra calcarea, più o meno pura, intimamente combinata con un acido leggero, che conosciamo solo allo stato gassoso. Se immergiamo un pezzo di calcare in acido solforico diluito, questo attacca la calce e si trasformano in gesso, mentre quell'acido leggero e aeriforme si libera. In tal modo è avvenuta una separazione e una nuova combinazione, e ci si sente davvero autorizzati ad impiegare la parola affinità, perché sembra proprio che una relazione venga anteposta ad un'altra, che si faccia una scelta.» «Voglia perdonarmi,» disse Carlotta, «come io perdono al naturalista. Ma io qui non vedrei una scelta, piuttosto una necessità naturale, e neppur questa: giacché forse, in sostanza, non si tratta che dell'occasione. L'occasione genera le relazioni, così come fa ladro l'uomo. E quando parliamo di questi corpi naturali, mi pare che la scelta stia tutta nelle mani del chimico, che li combina. Ma una volta che sono insieme, be', Dio li benedica! Nel caso in questione mi dispiace soltanto che quel povero acido aeriforme debba tornare ad arrabattarsi per l'infinito.» (Johann Wolfgang von Goethe, 1809)


CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...