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giovedì 31 luglio 2025

PIU' LE COSE CAMBIANO...

 

(il post sarebbe questo)

E invece, egregio lettore, rendo pubblico il tuo messaggio e ti rispondo pubblicamente.

Cominciamo con lo "Scettico": se tu avessi letto quello che trovi sulla destra della home page di questo blog avresti forse letto il riferimento a "Il chimico scettico" di Robert Boyle, convenzionalmente l'atto di nascita della chimica moderna. Boyle predicava la centralità del risultato sperimentale con la sua trattazione matematica e a lui dobbiamo la prima legge dei gas. Per avere il quadro completo considerare il motto della Royal Society, Nullius In Verba, una presa di posizione programmatica contro il principio di autorità. Quindi Robert Boyle ha davvero rotto? La prima legge dei gas la dobbiamo buttare nella spazzatura? Sei in linea con gli aristotelici fuori tempo massimo, gli alchimisti tradizionali e tutto il resto di quel''epoca? E no, non stiamo affatto parlando di principi arcaici o obsoleti.

Passiamo al clickbait. Sempre sulla home page del blog, sempre sulla destra, puoi trovare il logo Creative Commons. Nel caso specifico questo blog è rilasciato con licenza Creative Commons - Non commerciale - Opere non derivate. Come avrai notato su questo blog non c'è nessun genere di pubblicità, a differenza della maggior parte dei siti della rassegna stampa nel post in questione. Quindi, non avendo il sottoscritto mai incassato un centesimo da questo blog, l'accusa di clickbait non ha senso.

La battuta sui "topi con i problemi risolti" non è mia, ma di Stanley Cohen, che prese il Nobel per la medicina per aver scoperto l'Epidermal Growth Factor, mettendo le fondamenta per almeno tre classi di agenti antitumorali targeted che sarebbero venute fuori nei successivi quarant'anni. Pensi che non sapesse cosa diceva? Ho sempre ritenuto che quella risposta fosse la migliore possibile al giornalista che gli chiedeva se eravamo arrivati alla "cura per il cancro".

Non mi pare di aver liquidato niente di niente. Il fatto che all'approvazione di nivolumab e pembrolizumab non siano seguiti risultati altrettanto eclatanti è difficile da negare. La cosa ha poi assai poco a che fare con lo sviluppo delle terapie CAR-T e il tuo tempismo nel citare la nuova generazione di inibitori di checkpoint è pessimo, dato che è di pochi giorni fa la notizia che il più avanzato, l'inibitore TIGIT di Roche, ha fallito e male un endpoint in Fase III. I vaccini personalizzati di Moderna e Biontech in primo luogo sarebbero personalizzati, quindi l'esatto opposto di universali; in secondo luogo hanno appena iniziato la Fase III e non sono disponibili dati preliminari (fine Fase III attesa per il 2030)- e sono il risultati di Fase III che contano, non altro (vedi inibitore TIGIT Roche).

Riguardo a quella ridotta rassegna stampa, il punto non è certo negare che ci siano stati anni e anni di investimenti su questi temi e che abbiano impegnato migliaia di ricercatori. Il fatto che servano anni e anni di sforzi apparentemente fallimentari per dare alla fine un risultato mi è ben noto. Alcune vicende somigliano molto alla costruzione delle cattedrali. Ma nella maggior parte dei casi alla fine la cattedrale non c'è. Il progresso scientifico/tecnologico non è lineare, come molti credono. E che il publish or perish abbia moltiplicato gli articoli aumentando a dismisura la quantità di quelli assai poco significativi è un altro fatto, come lo è il trionfalismo sistematico della stampa, che genera costantemente aspettative irrealistiche.

Detto questo, certo, sono uno che sfugge al confronto. Ora hai sbandierato in pubblico la tua appartenenza al "popolo scientifico" e puoi ritenerti soddisfatto. Oppure no, ma non è che la cosa mi interessi, perché considerati i toni della tua mail hai avuto molto più del dovuto. O molto meno, a seconda dei punti di vista.

 

martedì 29 luglio 2025

I MALEDETTI LLIENI! (3I/ATLAS)

"Il maledetto llieno!" Così venne tradotto "Bloody halien!" nella versione italiana di Homunculus di J.P. Blaylock (un capolavoro superato di mezza incollatura dal successivo Lord Kelvin's Machine).

Pule reached out a shilling. The flour-speckled scone seller shrieked and dropped his pastries, tray and all, onto the platform. Coffee flew. The man shrieked again. “The halien!” he cried, falling backward. “The bloody halien!”

Probabilmente il libro più famoso, quando si parla di steampunk, è The difference engine di Gibson e Sterling, ma per me James P. Blaylock volava molto più alto, con una evidente ma non sfacciata ispirazione stevensoniana (The Suicide Club).

Comunque tutto questo serve a introdurre Avi Loeb. Fanpage lo dipinge come un tipo serio, ma è solo grazie a Sabine Hossenfelder che ho scoperto che per Loeb gridare al "maledetto llieno!" è un vezzo da un po' di tempo. Lo ha fatto per Oumuamua, lo ha fatto per il meteorite IM1.

Questo pattern va assieme a considerazioni quantomeno molto curiose:

Se esistono alieni più intelligenti e sono molto più avanzati di noi nella scienza e nella tecnologia, allora devono aver acquisito più punti di merito nel corso della storia cosmica, dato che riflettono meglio l'immagine di Dio. L'esperienza assomiglierebbe al testimoniare fratelli più intelligenti di cui i nostri genitori devono essere più orgogliosi.

La maggior parte delle stelle si è formata miliardi di anni prima del Sole. Se dei superumani sono partiti dal loro esopianeta di origine verso lo spazio interstellare miliardi di anni fa, mentre noi siamo attualmente ossessionati dai conflitti terrestri e investiamo 2.400 miliardi di dollari a livello mondiale in budget militari, allora incontrarli potrebbe davvero trasmetterci un messaggio messianico. Gli alieni di successo servirebbero da modelli migliori dei nostri politici!

Gli ebrei sono stati perseguitati nel corso della storia. Di conseguenza, rispondono istintivamente a ogni evento storico ponendosi la domanda: "È una cosa buona per gli ebrei?" Riguardo al futuristico incontro con l'intelligenza extraterrestre, la mia risposta a questa domanda è: "Decisamente, sì!" Senza la guida degli alieni, potremmo non arrivare mai alla terra promessa.

(Ah, ok, capito... da astrofisico a cacciatore di llieni con prospettive messianiche)

Il video ha sottotitoli, quindi non vi spaventate.

 

domenica 27 luglio 2025

VACCINO UNIVERSALE ANTICANCRO? DECISAMENTE NO

 Così ha titolato Adnkronos:

https://www.adnkronos.com/cronaca/tumori-studio-apre-a-vaccino-terapeutico-universale-a-mrna_1n8EnS3hZ0Fj7CKeaCVO3H

Ma è molto meglio dare un'occhiata all'articolo in questione:

 

https://www.nature.com/articles/s41551-025-01380-1

Verso un vaccino terapeutico anticancro universale? No.

Un potenziale progresso in immunooncologia? Sì. Il che è un po' diverso dal "vaccino universale anticancro". 

In due parole: in un modello animale tumori resistenti ad agenti immunooncologici noti e in uso (inibitori PD-1) perdono la resistenza se il vaccino terapeutico viene somministrato insieme all'antitumorale.

Parafrasando Stanley Cohen si potrebbe dire

Siamo al vaccino universale anticancro?

Quello che possiamo dire è che se sei un topo a cui è stato inoculato un tumore umano resistente agli anti-PD1, sì, abbiamo risolto i tuoi problemi. 

Cohen disse qualcosa del genere a proposito degli inibitori EGF quando vinse il Nobel. La rivoluzione degli inibitori EGF/VEGF arrivò circa 20 anni dopo. E questo è uno dei casi in cui è andata bene, perché, per esempio, inibitori HDAC falliti, inibitori HSP90 falliti e la lista non finisce qui.

Non starò a dire "è solo uno xenograft" (tumore umano trapiantato in topo immunodepresso), perché se fai drug discovery in oncologia devi avere uno xenograft che funziona per andare avanti, ed è meno banale di quello che può sembrare. Potrei aggiungere che in questo caso mi piacerebbe vedere un modello singenico (tumore murino inoculato nel topo), perché in un modello xenograft l'ospite è un topo con la risposta immunitaria azzerata e tu stai lavorando in immunooncologia (questo è probabilmente uno dei motivi per cui la "rivoluzione immunooncologica" di fatto si è fermata a nivolumab e pembrolizumabh). In ogni caso se ne uscirà fuori qualcosa non sarà né domani né tra un anno. 

Detto questo una ricerca sul web italiano per "vaccino anticancro" tra l'altro restituisce:

2011, Il Sole 24 Ore, La via italiana del vaccino anticancro 

2011, Scienza in Rete, Il primo vero vaccino anticancro

2012, La Stampa, "L'era dei vaccini anticancro"

2017, ANSA, Sicuri i primi vaccini anticancro personalizzati 

2019, Medical Systems, Un nuovo vaccino contro il cancro del colon-retto ha mostrato risultati positivi nella sperimentazione clinica di fase 1

2019, La Stampa, Un vaccino anticancro 

Lasciamo da parte gli articoli che titolano "vaccino anticancro" quando si tratta di altro (terapie cellulari, anticorpi monoclonali). Potete facilmente notare che non esistono vaccini anticancro approvati (tantomeno italiani), mentre i titoli trionfalistici vanno avanti da più di 15 anni. E questo, se vi era sfuggito, dovrebbe farvi riflettere.


giovedì 10 luglio 2025

LA CANNABIS RADDOPPIA IL RISCHIO CARDIACO?

https://www.politicheantidroga.gov.it/it/notizie-e-approfondimenti/dalla-ricerca-scientifica/il-consumo-di-cannabis-aumenta-il-rischio-di-infarti-e-ictus/
 

Perché la cannabis raddoppia il rischio cardiaco? Ma il perché è ovvio: perché la droca fa male, la droca ti uccide. E basta.

Il problema delle dipendenze è un problema molto serio (e occorrerebbe parlare anche di dipendenze da barbiturici, da benzodiazepine e da antidolorifici oppioidi, per fare tre esempi).

Quello che non è serio, tanto per cambiare, è come viene trattato dal sito del governo italiano, che in questo caso non è solo: Guardian, CBC, BBC, Independent, quasi tutti i grandi canali di comunicazione. E i siti di divulgazione e di informazione medica hanno ripetuto la stessa storia, spesso aggiungendo numeri (10%! 29%! 15%!, 59%! 23% -tombola, anzi, cinquina!). Fondazione Umberto Veronesi inclusa, eccezione di rilievo Quotidiano Sanità.

Ma andiamo per gradi. La più recente ondata di "La cannabis ti fa morire di infarto o ictus" si basa su un articolo su Heart, una rivista del gruppo BMJ. Ed è una metaanalisi, il che la porrebbe in alto sulla piramide delle evidenze. C'è un però: il set degli studi inclusi nella metaanalisi è un set composto quasi del tutto da studi osservazionali scarsamente omogenei. 

Inoltre:
 
The estimated risk ratio (RR) was 1.29 (95% CI 1.05 to 1.59) for ACS, 1.20 (1.13 to 1.26) for stroke and 2.10 (1.29 to 3.42) for cardiovascular death. As measured in two studies, no statistically significant association was found for the composite outcome combining ACS and stroke.
 
(ACS sta per Acute Coronary Syndrome)
 
E qui viene fuori una grossa serie di problemi: primo l'ampiezza degli intervalli di confidenza (C.I) è eccessiva sia nel caso di ACS che nel caso dell'infarto (stroke, e in questo caso più che eccessiva è indegna). I limiti inferiori di C.I. costituiscono valori irrilevanti (nessuna correlazione) per ACS e marginali per l'infarto. Ma la cosa più sospetta di tutte è che non si trovi alcuna correlazione tra consumo di cannabis e la combinazione ACS+infarto. Il che rende tutto molto, molto borderline da un punto di vista statistico.
Gli autori dell'articolo, infatti, concludevano: occorrono ulteriori indagini nella popolazione a rischio di eventi cardiaci. E come è stato tradotto tutto questo dai media italiani e non solo? "Il consumo di cannabis aumenta del 29% la morte per eventi cardiaci".
 
Questo perché c'era stato un precedente studio, osservazionale, del 2024 e in quel caso la dimensione del campione era imponente (430.000 soggetti).
La dimensione del campione era imponente ma lo studio era anche il grande festival dei confounding factors. Ma anche questa volta andiamo per ordine. 
 
Nel caso dello studio del 2024 si comincia con i problemi del disegno trasversale, capace di determinare la correlazione ma non la causalità. Relazioni temporali tra uso di cannabis e evento cardiaco? Non pervenute, in teoria parte del campione potrebbe aver cominciato ad usarla dopo l'evento cardiaco. 
 
Poi tutti gli eventi (sia l'uso di cannabis che l'evento cardiaco) sono riportati dai partecipanti allo studio ma non verificati (self reporting bias at its best). 
 
Ma non finisce qua: profilo di rischio cardiovascolare dei soggetti? Non pervenuto. Quantità di cannabis usata (dose) giornaliera? Non pervenuta, è specificato solo il numero di giorni di uso per mese. Confondenti derivati dallo stile di vita - uso di alcol, altre droghe, farmaci prescritti etc? Non pervenuti. Fattori socioeconomici? Non pervenuti. Partecipanti allo studio deceduti per eventi cardiaci?  Non inclusi.
 
E alcuni sottogruppi usati per comparazione (consumatori di cannabis non consumatori di tabacco, consumatori giovani adulti) hanno dimensioni esigue rispetto al totale del campione e la loro analisi esibisce C.I. decisamente troppo larghi.
 
Quindi il titolo più corretto nelle ultime settimane sarebbe stato "Recenti studi suggeriscono che i soggetti a rischio cardiaco dovrebbero astenersi dall'uso della cannabis".
 
Ma è stato invece scelto, dal sito del governo italiano in giù, di urlare "La droca fa male, la droca uccide". Giovanardi, il politico, sarà stato al settimo cielo: finalmente la scienza gli ha dato ragione.
 
Ma ormai se la comunicazione medica non è moralistica e bigotta non va bene.  Ricordiamo che qualcuno si è visto pubblicare un articolo che era intitolato Alcol e moralità: un solo drink può far dichiarare di voler far male a qualcuno e a comportarsi in modo impuro
Aridatece gli anni '70, questo "meno rock, più prevenzione e più morale" è insopportabile.
 
PS: Questo post non vuol dire "fatevi i torcioni senza problemi". Vuol dire "sarebbe il caso che chi scrive di informazione medica leggesse gli articoli di cui parla essendo in grado di analizzarli, o che perlomeno ne leggesse correttamente le conclusioni". Ma mi rendo conto che è chiedere troppo. 

martedì 1 luglio 2025

LE EMERGENZE - DI NUOVO - E DALLA LUNA AD EUROPA

 

https://www.sanitainformazione.it/one-health/vaiolo-delle-scimmie-le-nuove-linee-guida-oms-cosi-si-gestisce-tra-casa-e-ospedale/
 

Le emergenze, che non sono emergenze in occidente ma, si sa, l'informazione online va ad engagement o clickbait. Tanto una quota di pandemiofili leggerà e condividerà. Ah, ovviamente anche il morbillo:


https://www.adnkronos.com/salute/ia-a-caccia-del-morbillo-per-prevenire-focolai-cose-measles-tracker_1pGw4KbgkUpOPm0bXfrrrF


C'è un SOS morbillo in Italia? No, ma che c'entra, meglio mantenere l'allerta...

Tutto questo mi ricorda vecchie vicende.

"Abbiamo eradicato il vaiolo, possiamo eradicare il morbillo".

Quante volte ho sentito questa affermazione durante il tempo di CS sui social? Impossibile tenere il conto. Una volta risposi a un commento su twitter dicendo: "Abbiamo mandato l’uomo sulla Luna. Quindi possiamo farlo atterrare su Europa." (la Luna dista 384.000 chilometri, Europa 628 milioni di chilometri e il commentatore la prese male, chiudendo con un "Ma smetti di dare i numeri!".

Un’affermazione così, se detta seriamente, susciterebbe un misto di perplessità e imbarazzo in qualsiasi esperto di missioni spaziali. Eppure, è lo stesso tipo di ragionamento che molti applicano quando si parla di malattie infettive: "Se abbiamo eradicato il vaiolo, allora possiamo farlo anche con il morbillo". È più di una scorciatoia retorica: a leap of faith. Peccato che i numeri non collaborino con la fede, perché le differenze, in questo caso, sono abissali.

Il vaiolo era, sotto molti aspetti, un bersaglio ideale. Aveva un tasso di trasmissibilità relativamente contenuto, con un indice di contagiosità (R₀) attorno a 6. Il vaccino poteva essere conservato in modo rudimentale, funzionava anche in condizioni di scarsa infrastruttura sanitaria e soprattutto era facile individuare i malati: le lesioni cutanee erano inequivocabili. Il virus non circolava in forma asintomatica e non aveva serbatoi animali. La campagna di eradicazione fu lunga, complessa, ma tecnicamente realizzabile. E infatti riuscì: nel 1977, il vaiolo fu ufficialmente dichiarato sconfitto.

Il morbillo è tutt’altra storia. Qui parliamo di un R₀ di circa 18, ovvero una capacità di diffusione che rende il virus uno dei più contagiosi conosciuti. Il vaccino trivalente (MPR) è efficace, ma fragile: è termolabile, richiede una catena del freddo ininterrotta, e questo rende molto più complessa la logistica soprattutto nei contesti dei paesi più poveri e con scarse infrastrutture. In più, la diagnosi clinica è tutt’altro che immediata. Le manifestazioni iniziali sono facilmente confondibili con altre malattie esantematiche, e spesso occorre una conferma via PCR. Anche il decorso può variare sensibilmente. A ciò si aggiunge il fatto che il virus può essere trasmesso da soggetti che non manifestano ancora i sintomi.

Paragonare queste due patologie, solo perché entrambe prevenibili con vaccino, è come confondere la Luna con Europa, la luna di Giove. Come già precisato nel primo caso parliamo di 384.000 chilometri, nel secondo di oltre 628 milioni. Non si tratta solo di una differenza quantitativa, ma di un salto di scala che rende l’analogia non solo imprecisa, ma fuorviante. È una differenza di ordini di grandezza, e in una disciplina scientifica, una differenza del genere non la fai sparire con un artificio retorico.

Eppure, quando qualcuno provava a spiegare tutto questo si scontrava contro l'allergia alle considerazioni quantitave del fedele della scienza. "Smetti di dare i numeri" è una risposta apparentemente banale, ma non manifesta semplicemente un culture clash: rivela il disagio profondo di chi si affaccia a un discorso che lo spingenrebbe al di fuori della scienza-segno per condurlo nel territorio delle discipline scientifiche: non rassicuranti, non consolatorie, per il fedele spesso indistinguibili dal complottismo. Già, perché per quanto "metodo scientifico" sia diventata un'espressione inflazionata chi la usa non ha idea di come applicare tale metodo, non possiede gli strumenti.

 In un contesto pubblico in cui il pensiero magico è ancora largamente dominante, sia in campo conformista che in campo complottista, la narrazione dell’eradicazione del vaiolo ha assunto un ruolo mitologico. È un narrazione che piace perché dà un senso di progresso lineare, inarrestabile. Contraddirlo o mostrarne i limiti equivale, per molti, a mettere in discussione l’idea stessa di “scienza”, determinare una crisi la scienza-segno.

C’è poi un problema più strutturale, che ha a che fare con l’alfabetizzazione scientifica della popolazione. Quando parlai di non confondere mele e pere, quanto a R₀, qualcuno mi fece notare che sopravvalutavo il pubblico di facebook in modo imperdonabile. E forse era vero.

Perché alla fine basta invocare l'immunità di gregge come una giaculatoria e un R₀ pari a 6 o pari a 18, per la maggior parte delle persone, non fa differenza, si tratta di numeri intercambiabili. "Esponenziale", “i vaccini funzionano”, "95%": lo abbiamo ben visto in anni di COVID. Quando si sente qualcuno proporre analisi che esce dal pattern delle parole d'ordine il fedele della scienza reagisce con fastidio. Il motivo è semplice: le considerazioni quantitative rompono la cornice rassicurante della narrazione. Fanno crollare le equivalenze sbagliate, costringono a distinguere dove si era abituati a unificare.

L’idea che un successo precedente garantisca automaticamente un successo futuro è una delle trappole cognitive più comuni. È il cosiddetto survivorship bias: ricordiamo il caso riuscito, ignorando tutte le iniziative che non hanno funzionato. La malaria è un esempio perfetto: la si è provata a eradicare negli anni ’50 e ’60, con grandi investimenti internazionali, e si è fallito. Anche la poliomielite, pur avendo registrato enormi progressi, non è ancora del tutto sconfitta. Eppure il vaiolo resta il totem, il precedente che giustifica tutto. Peccato che fosse, con ogni probabilità, l’eccezione, non la regola. Il classico low hanging fruit, facile da cogliere, non un Everest da scalare. Il morbillo, invece, è proprio quello: una montagna quasi inaccessibile. Tentare di eliminarlo globalmente è come cercare di salire in vetta a mani nude, respirando a metà.

La verità è che questi non sono mai stati dibattiti scientifici. Sono sempre state dispute religiose, con i loro dogmi, le loro liturgie, le loro scritture sacre, i loro eretici. Se si prova a spostare l’attenzione dai simboli ai dati, ci si colloca immediatamente al di fuori dal cerchio magico della “scienza per tutti”. 

In passato mi sono fortemente stupito quando personaggi con storie anche importanti nelle hard sciences  prendevano posizione sui media a sostegno di tesi interpretate in modo del tutto balordo (modelli, "esponenziali"). Oggi considero quel mio stupore ingenuo: quelle prese di posizione erano semplicemente un istintivo collocarsi nella "giusta" casella dell'iperrealtà mediatica, evidentemente considerata altro rispetto alla propria storia professionale. Per questo motivo certi dibattiti sono nati morti: non può esserci dialettica tra il fuori e il dentro l'iperrealtà. Ma il sistema dei segni è un fenomeno umano, non una legge di natura. Si può accettarlo com non accettarlo. E qua sopra non si è mai accettato.

PS: Queste non sono speculazioni squisitamente teoriche, parlo sulla base dell'esperienza, in cinque anni di presenza social de "Il Chimico Scettico" se ne sono viste parecchie e qualcuno produsse una breve riflessione su una delle domande più frequenti che tradotta suonava: ma tu nel sistema dei segni dove ti collochi? Erano i tempi in cui postare il diagramma di stato dell'acqua era un atto eversivo, perché qualcuno aveva detto e ripetuto che non bolliva mai prima dei 100°C...





domenica 1 giugno 2025

"ELITARISMO" VS. DEMOCRATIZZAZIONE DEL SAPERE?


Egregio Signore, 

mi è parso che, parlando di cose doverose e costruttive, nel suo caso una risposta pubblica fosse dovuta. Sorvolerò sulla "supposta aristocrazia intellettuale" (qualche citazione e qualche riflessione farebbero aristocratizia? Non credo). Ma con l'accusa di elitarismo tocca un nervo scoperto, perché qua sopra c'è sempre stata una feroce avversione per l'elitarismo politico e, per quanto a parole, ci si è sempre spesi per la difesa della democrazia.

Considerato tutto questo mi scuserà se parlerò di elitarismo percepito.

Cerchiamo di stabilire alcune premesse: elitarismo politico è una cosa, elitarismo culturale percepito un'altra e non sono parenti. Perché sono convinto  che si sia giocato a lungo a confondere i due differenti piani. 

Se "alzare il livello per salvaguardare il messaggio" viene percepito come elitario è meglio dare di nuovo un'occhiata ai risultati dell' "abbassare il livello per far passare il messaggio". Al di là delle considerazioni generali citate nel post a cui si riferisce, quale è stato il prodotto medio della popolarizzazione della scienza? Fede nella scienza, "scienza non democratica", pulsioni epistocratiche, critica del suffragio universale. E non credo che il verbo "democratizzare" abbia niente a che fare con tutto questo.

Su tutto ciò la confusione è stata massima: come si è visto il passaggio da "la scienza non è democratica" a "Ottemperate e zitti!" è avvenuto senza sforzi, forse perché fin dall'inizio le due posizioni coincidevano. 

Ma non solo: l'approccio "abbassare il livello" ha finito per aumentare a dismisura la sostanziale diversità tra il modo delle discipline scientifiche e la scienza-segno (quella del post a cui lei si riferisce). La vulgata scientifica è diventata "verità scientifica" e come tale è filtrata nella politica e nel processo legislativo prima, nella giurisprudenza poi.

Ci sono precedenti altamente significativi, ma veniamo al più recente esempio. Le sentenze della Corte Costituzionale sul Green Pass erano basate sul fatto che, in tempi di Omicron, la vaccinazione preservasse non solo la salute del vaccinato ma anche quella degli altri. Cioè incorporava nella giurisprudenza, usandola come fondamento della sentenza, la vulgata "i vaccini frenano la trasmissione del virus". Al di là delle considerazioni già fatte al riguardo, andando a esaminare uno degli articoli più citati del tempo per avvalorare la tesi si trovano Odds Ratio, p-value ma niente C.I. : in breve, non si aveva idea di quale fosse l'errore sui valori riportati, cioè non si poteva sapere niente della significatività statistica dello studio (potrei aggiungere che la mancanza di C.I. rendeva la cosa molto sospetta). Eppure su numeri così fragili in Italia sono state sospese libertà costituzionali e tale sospensione è stata giudicata legittima dall'Alta Corte.

Se il passaggio non è abbastanza chiaro: l'abbassamento del livello (la popolarizzazione della scienza), che avrebbe dovuto democratizzare il sapere, ha creato invece le premesse per uno scientismo pop con tendenze antidemocratiche che ha infettato politica, processo legislativo e giurisprudenza. Non è un caso se in tempi recenti si è potuto leggere che alla base della vita politica dello stato costituzionale ci sono scienza, politica e opinione pubblica, esattamente in quest'ordine. E se in tutto questo non si rileva una profonda distorsione della natura di una democrazia inutile stare a discutere.

In questa chiave l'elitarismo percepito, opposto alla popolarizzazione della scienza, lavora per la difesa della democrazia. A meno che non si voglia una democrazia dove i diritti dell'individuo esistono solo se si crede alla "scienza", cioè alla vulgata del momento.

Riguardo le "indebite generalizzazioni" sulla divulgazione scientifica: ovvio che esistano eccezioni, ma le eccezioni non fanno la regola e negli ultimi anni alcune sono state fieramente avversate (penso a quel che è stato nel 2020 Pillole di Ottimismo e a Sabine Hossenfelder, per fare due esempi). La cifra media della attuale "comunicazione della scienza" ai miei occhi è inequivocabile. Sulla "pedagogia": ho ripetuto alla nausea che lo scopo dell'operazione CS era la critica, che la sua natura era politica, che non aveva niente a che fare con la divulgazione. Quindi mi spiace, ma un'impostazione pedagogica qua sopra non ci sarà mai.

Quanto alla democratizzazione del sapere, di preciso cosa si intende? 

A parte l'immenso problema dell'istruzione, l'accesso alla comprensione è un nonsenso: la comprensione è un processo eminentemente individuale. Quindi per me l'unica possibile democratizzazione del sapere è il democratizzare l'accesso alla conoscenza e di questi tempi la cosa è stata ampiamente realizzata tramite la rete. Con un click si traducono in qualsiasi lingua i contenuti scritti in qualsiasi altra lingua. Nel momento in cui l'accesso lo hai e trovi il contenuto difficile sta a te decidere che farci: scegliere per uno sforzo di comprensione o lasciar perdere. Se a qualcuno fosse venuto in mente di dire a Mario Praz "Scusi, ma nei suoi saggi dovrebbe esprimersi con un italiano più semplice" probabilmente l'autore lo avrebbe preso per folle. Nessuno avrebbe mai considerato di chiedere a Gibbs: "Scusi, può riscrivere in modo più semplice le sue equazioni dell'equilibrio chimico?". Dovremmo forse chiedere ad un interprete di Bach di rendere l'Arte della fuga più accessibile alla maggioranza del pubblico generale? Giusto per chiarire, ho fornito esempi rilevanti senza nessuna intenzione di accostarmi a loro.

Non credo si possa chiedere a nessuno di scendere al minimo comune multiplo culturale per "democratizzare la conoscenza". Credo che invece la ricchezza delle diversità di approccio e di stile nel linguaggio e nel pensiero siano le necessarie premesse di una vera democrazia. 


Marilena Falcone è stata cooptata nella discussione sul commento del Signor Lettore, le ho chiesto di raccogliere e organizzare le sue idee al riguardo e quel che segue è il risultato.

giovedì 29 maggio 2025

TUTTO O QUASI SULLE PULSAR IN 2000 PAROLE (E 10 SECONDI)


Le pulsar sono tra gli oggetti astrofisici più affascinanti e misteriosi dell’universo. Scoperte nel 1967 da Jocelyn Bell Burnell e Antony Hewish, si manifestano come sorgenti radio periodiche con una precisione straordinaria, in grado di scandire il tempo con regolarità paragonabile a quella degli orologi atomici. In realtà, esse sono stelle di neutroni rotanti, i resti collassati di supernovae, la cui emissione elettromagnetica è collimata in fasci che attraversano il nostro punto di vista come un faro celeste.

La loro dinamica — ossia il modo in cui ruotano, rallentano, interagiscono con il loro campo magnetico e con l’ambiente circostante — è una chiave fondamentale per comprendere la fisica delle alte energie, la gravità estrema e persino la struttura della materia nucleare. Questo saggio si propone di esplorare in profondità la dinamica delle pulsar, analizzando i meccanismi che regolano la loro evoluzione, instabilità e comportamento osservabile.

Le pulsar nascono a seguito dell’esplosione di una supernova, evento in cui una stella massiccia, al termine della sua vita, collassa sotto il proprio peso. Durante questo processo, il nucleo della stella implode, raggiungendo densità superiori a quelle del nucleo atomico. Gli elettroni e i protoni si combinano in neutroni, e il risultato è una stella di neutroni: un oggetto compatto con una massa tra 1.4 e 2 volte quella del Sole, ma con un raggio di appena una decina di chilometri.

Il principio di conservazione del momento angolare implica che, durante il collasso gravitazionale, la velocità di rotazione del nucleo aumenti drasticamente. Questo porta alla formazione di una stella di neutroni che può ruotare fino a centinaia di volte al secondo. Allo stesso tempo, il campo magnetico della stella progenitrice viene intensificato fino a valori tra 10^8 e 10^15 gauss, creando un potentissimo dipolo magnetico rotante.

Comprendere la dinamica di una pulsar richiede anche un’analisi della sua struttura interna. La composizione di una stella di neutroni è ancora oggetto di ricerca, ma si ipotizzano diversi strati: la crosta esterna, formata da nuclei pesanti immersi in un mare di elettroni; la crosta interna, dove i neutroni iniziano a diventare liberi e si ha una struttura simile a un reticolo solido; il nucleo esterno, composto prevalentemente da neutroni superfluidi, con una piccola percentuale di protoni e elettroni; e il nucleo interno, che potrebbe contenere materia esotica come condensati di pion o kaoni, o persino una fase di quark deconfinate.

La presenza di superfluidi e superconduttori nel nucleo gioca un ruolo cruciale nella dinamica rotazionale, in particolare nei cosiddetti "glitch" — improvvisi cambiamenti nel tasso di rotazione delle pulsar.

La caratteristica distintiva delle pulsar è la loro emissione periodica. Questa emissione nasce da processi di accelerazione di particelle cariche lungo le linee del campo magnetico rotante, soprattutto nelle zone polari. Il modello più accettato è quello del faro rotante: il campo magnetico dipolare ruota insieme alla stella, e la radiazione emessa nelle bande radio (ma anche X e gamma, per pulsar più energetiche) è collimata in due fasci. Quando uno di questi fasci interseca la linea di vista terrestre, riceviamo un impulso. La periodicità di questi impulsi ci consente di misurare la frequenza di rotazione della stella con una precisione estrema.

Le pulsar non mantengono la loro velocità di rotazione indefinitamente. Col tempo, la loro energia rotazionale viene dissipata attraverso l’emissione elettromagnetica e di onde gravitazionali. Questo porta a un rallentamento misurabile, noto come spin-down, descritto dall’equazione:

Ω˙=−KΩ^n

dove Ω è la frequenza angolare, Ω˙ è la sua derivata nel tempo (il tasso di rallentamento), K è una costante legata al momento d’inerzia e al campo magnetico, e n è l’indice di frenamento (braking index), teoricamente uguale a 3 per un dipolo magnetico puro.

Tuttavia, osservazioni reali mostrano che il braking index è spesso diverso da 3, indicando che altri meccanismi, come venti di particelle o deformazioni strutturali, influenzano la dinamica della perdita di energia.

Un aspetto particolarmente interessante della dinamica delle pulsar è la presenza di glitch, ovvero improvvisi aumenti della frequenza di rotazione. Si tratta di eventi rari e transitori, durante i quali la pulsar accelera bruscamente, seguiti da un lento ritorno alla normale tendenza al rallentamento. I glitch sono interpretati come un’interazione tra il superfluido interno e la crosta solida della stella. Il superfluido può ruotare a velocità diverse dalla crosta e accumulare vortici quantizzati. Quando questi vortici si spostano improvvisamente, trasferiscono momento angolare alla crosta, provocando un glitch.

I glitch offrono una finestra unica sulla fisica della materia densa e sulle proprietà del superfluido nucleare, difficilmente accessibili in laboratorio.

Oltre ai glitch, esistono anche altri fenomeni dinamici, come la precessione libera, piccoli cambiamenti nell’orientamento dell’asse di rotazione rispetto all’asse di simmetria della stella, che causano variazioni periodiche nei profili degli impulsi osservati. Si osservano anche oscillazioni torsionali e modali, vibrazioni interne legate alla struttura elastica della crosta o alle modalità fluide nel nucleo, rilevabili tramite osservazioni di pulsar X e magnetar. Infine, in caso di deformazioni asimmetriche permanenti, una pulsar può emettere onde gravitazionali continue, come nel caso di deformazioni quadrupolari sostenute da “montagne” di pochi millimetri su una superficie rigida.

Le pulsar non sono sistemi chiusi: interagiscono attivamente con l’ambiente circostante. Una pulsar emette un vento relativistico di particelle cariche, noto come pulsar wind, che può creare una nebulosa di pulsar (Pulsar Wind Nebula, PWN) attraverso l’interazione con il mezzo interstellare. Un esempio spettacolare è la Nebulosa del Granchio, dove una pulsar giovane alimenta una nube altamente energetica visibile in tutto lo spettro elettromagnetico. Le instabilità nei getti, l’emissione variabile e le strutture a forma di anello osservate sono tutte manifestazioni della dinamica dell’interazione pulsar-ambiente.

Le pulsar millisecondo sono una classe speciale che ruota con periodi inferiori a 10 millisecondi. Queste pulsar non nascono così rapide, ma vengono “riciclate” attraverso accrescimento di materia da una stella compagna in sistemi binari. L’accrescimento trasferisce momento angolare alla stella di neutroni, facendo aumentare la sua velocità di rotazione. La dinamica di queste pulsar è meno turbolenta: presentano un rallentamento molto più lento, e un’emissione più stabile, rendendole ideali per esperimenti di timing ultra-precisi, come la ricerca di onde gravitazionali a bassa frequenza tramite pulsar timing arrays.

La dinamica delle pulsar è un campo ancora in piena evoluzione. Tra le frontiere più attive vi sono lo studio delle onde gravitazionali, con la possibile rivelazione di emissione continua da pulsar deformate, o da eventi come glitch catastrofici. Le simulazioni numeriche offrono modelli sempre più accurati della magnetosfera e dell’interazione fluido-elettromagnetica. La possibilità che alcune pulsar siano in realtà oggetti esotici con una fase deconfinate di quark — le cosiddette quark star — è anch’essa una prospettiva affascinante. Altri oggetti, come le pulsar transitorie (rotating radio transients), mettono in discussione la definizione classica di pulsar. Infine, le osservazioni multi-messaggero, che integrano segnali radio, X, gamma e gravitazionali, permettono di costruire un quadro sempre più completo della dinamica di questi oggetti.

Le pulsar non sono semplicemente fari cosmici: sono laboratori naturali per esplorare la fisica dei materiali estremi, le leggi della gravità e l’elettrodinamica relativistica. Studiare la loro dinamica — dal rallentamento rotazionale ai glitch, dalle emissioni radio alle interazioni ambientali — non solo permette di comprendere meglio questi straordinari oggetti, ma apre anche finestre sulle leggi fondamentali dell’universo.

giovedì 8 maggio 2025

SCIENCE, FAITH AND MORALISM

“Knowledge for the sake of knowledge” – this is the last trap set for us by morality: it’s how we get completely entangled in it once again.

Friedrich Nietzsche, in this aphorism from Beyond Good and Evil, was speaking in a "high" sense—a sense that runs through the philosopher's work.

Si parva licet componere magnis, nowadays, the same aphorism could be paraphrased in the more mundane context of mass and social media:

The popularization of scientific knowledge – this is the last trap laid by moralism.

Borrowing an old saying, if the difference between morality and moralism is like the difference between a sigh and a burp, what should we think about the current popularization of science and its faith in "scientific truths"?

I don’t believe in science.

My job requires a deep knowledge of a scientific discipline - I know exactly how it works - and to me, saying “I have faith in science” is like saying “I paint linguistics”: it’s nonsensical. At this point, one of those meme-worthy quotes often attributed to Richard Feynman would fit nicely, but instead I’ll use this:

You investigate for curiosity, because it is unknown, not because you know the answer. And as you develop more information in the sciences, it is not that you are finding out the truth, but that you are finding out that this or that is more or less likely.
(So much for the “scientific truth”, NdCS)
(The Pleasure of Finding Things Out: The Best Short Works of Richard P. Feynman, 1999)

Feynman lived through a scientific revolution, so perhaps, by experience, he was not familiar with “normal science” in the Kuhnian sense  - since the very social function of normal science in Kuhn is the confirmation of established principles, the confirmation of the paradigm. But aside from that, his point still holds. However, any moralism needs a truth, a dogma - hence the “holy scientific truth.”

And at this point it's pretty clear that the science Feynman was talking about and the public discourse that speaks of scientific truth are not the same damned thing.

Scientific truth today is what politics claims as its mandate—and it is not democratic in the sense that, when power is derived from a higher and external principle (God, the EU, NATO, scientific truth), elections become rituals incapable of meaningfully influencing a country’s political direction. And political action becomes unassailable by those it affects. Anyone who raises objections to such action is not expressing a legitimate political opinion: they are heretics to be publicly shamed, blasphemers of the truth.

Thus, faith in science, with its innate, coarse moralism, is no different from those theocracies deeply entrenched in worldly affairs—powers that the very devotees of science often point to as primitive or irrational.

Certain phenomena that thrive on the web have nothing to do with the nature of some scientific discipline. On youtube and social medias it's about preaching the scientific truth and shame the heretics. You can google "Professor Dave vs Sabine Hossenfelder" and check this out: a bachelor in chemistry with a Master in Scientific Education (so 0 hours of real world scientific/academic activity) vs a physicist involved in academic research for years. Enough said.

Anyway, I’m no one to judge...



CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...