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martedì 14 gennaio 2020

ALZHEIMER NON TRATTABILE? COLPA DELL'IDEOLOGIA AMILOIDE




Chiunque o quasi nel ramo, anche se non ha a che fare con il sistema nervoso centrale (CNS), ha seguito le vicende dei vari anticorpi antibetaamiloidi etc. Riduci le placche ma non hai effetto terapeutico: se colpisci il bersaglio e non serve a niente allora è il bersaglio sbagliato, oppure colpire quel bersaglio non basta.
Questo articolo getta luce sui motivi per cui nonostante i brucianti insuccessi si sia andati avanti. Io pensavo a inerzia, invece è qualcosa di diverso: ideologia.
L'ipotesi amiloide si è trasformata negli anni in una fede, un dogma, assorbendo tutti i fondi disponibili e non lasciando che briciole a ipotesi parallele e alternative. Non si tratta semplicemente di group thinking: le ipotesi alternative sono state attivamente osteggiate e marginalizzate, perché la dottrina amiloide era (ed è) un dogma inscalfibile, impermeabile a fallimenti costati miliardi.



"Il cervello è difficile, spiegano pazientemente i ricercatori che si occupano di Alzheimer - più difficile del cuore, anche più difficile del cancro. Anche se questo può essere vero, è sempre più evidente che c'è un'altro motivo, più inquietante, per questa tragica mancanza di progressi: i ricercatori più influenti sull'Alzheimer hanno creduto così dogmaticamente ad una teoria che hanno sistematicamente ostacolato approcci alternativi. Diversi scienziati hanno descritto coloro che controllano l'agenda dell'Alzheimer come "una congrega". "


domenica 12 gennaio 2020

IL MICROBIOTA E IL CERVELLO


Un tempo si parlava di "flora intestinale", oggi si parla molto (e molto spesso a sproposito) di microbiota.
L'argomento è di una complessità assurda, a causa dell'ampissima variabilità del microbiota nel tempo e da individuo a individuo. Cercare di stabilire correlazioni è un lavoro improbo e ad alto rischio di aleatorietà.
In particolare con più frequenza da alcuni anni appaiono lavori a tema di relazioni tra microbiota e patologie del sistema nervoso centrale.
I pathway proposti per queste interazioni sono i seguenti.

1. Il microbiota interagisce con le le cellule del sistema immunitario nell'intestino, facendo loro produrre citochine che passano dal flusso sanguigno al cervello

2. Il microbiota interagisce nell'intestino con le cellule enteroendocrine che producono piccole molecole e peptidi neuroattivi. Queste molecole interagiscono con il nervo vago che manda segnali al cervello

3. Il microbiota nell'intestino produce neurotrasmettitori e metaboliti come il butirrato. Questi arrivano fino al cervello, alcuni passando la barriera ematoencefalica, altri modificando il comportamento della barriera stessa.

(Front. Integr. Neurosci. 2013, DOI:10.3389/fnint.2013.00070)

Nel febbraio 2019 uno studio su un campione decisamente significativo di soggetti (un migliaio) ha correlato sindromi depressive con la ridotta popolazione di due specie batteriche ( (Nat. Microbiol. 2019, DOI: 10.1038/s41564-018-0337-x))
L'articolo di C&EN merita un'attenta lettura. Siamo ancora agli inizi di un'area di lavoro incredibilmente complessa, ma chissà che proprio da qua non finiscano per uscire alcune risposte a tutte le domande che ormai i più si fanno sulle patologie neurodegenerative...

lunedì 6 gennaio 2020

L' "ANTIALZHEIMER" DELLA FONDAZIONE MONTALCINI - L'ARTICOLO





Ecco l'articolo in questione. Un bel lavoro, interessante. Alla base cosa c'è? scFvA13-KDEL. Cos'è? Un anticorpo intracellulare anti oligomeri beta-amiloidi , che nello specifico topo transgenico riattiva la neurogenesi bloccata.
Primo: gli anticorpi intracellulari hanno un problema, cioè non sappiamo come farli arrivare dentro le cellule (se non farli esprimere alle cellule, cosa che nell'uomo è alquanto chimerica, in più sensi del termine)
Secondo: un oggetto con effetti proliferativi va manovrato con cautela; sai com'è, hai visto mai che qualcosa che stimola la neurogenesi finisca per provocare tumori - e quanto a tumori del cervello siamo abbastanza in braghe di tela.
Poi c'è il discorso Alzheimer, e qui le cose sono molto incerte (sarebbe strano se fosse altrimenti). Nell'uomo la diminuita neurogenesi adulta è solo parzialmente collegata all'Alzheimer. E non si capisce ancora quando è collegata se è una causa o un effetto della patologia, e quanto sia collegabile alla presenza di beta amiloidi.
Indipendentemente da quel che succede nell'uomo, si dimostra che in un topo transgenico il collegamento c'è, etc etc.
La fondazione con un comunicato del 26 novembre ha aggiustato il tiro, precisando che si tratta di risultati preclinici e quindi molto lontani da una cura per l'Alzheimer o altro.

Che oligomeri Aβ intracellulari siano un target per l'alzheimer è possibile. Che l'anticorpo intracellulare A13 sia una possibile cura è assolutamente improbabile. E in ogni caso il curriculum dell'ipotesi amiloide è sempre lì, con una imponente serie di fallimenti clinici.

martedì 26 novembre 2019

MA BASTA! (ALZHEIMER E ANNUNCI)




"Si tratta dell’anticorpo A13, la cui attività favorisce la nascita di nuovi neuroni (neurogenesi), contrastando di conseguenza i difetti che accompagnano le fasi precoci della patologia. È stato individuato dai ricercatori della Fondazione EBRI ‘Rita Levi-Montalcini’ " (
https://tg24.sky.it/salute-e-benessere/2019/11/25/alzheimer-molecola-blocca-malattia.html?social=twitter_skytg24_photo_null)

Incredibile scoperta che cambierà le sorti di chi soffre di Alzheimer? No.
"Il team è riuscito a neutralizzare gli A-beta oligomeri nel cervello di un topo malato di Alzheimer" : e 'sti beati ca**i si può dire?
Per chi si è perso le puntate precedenti, quanti farmaci che miravano ai beta amiloidi, anticorpi e non, sono morti in fase III? Facile: tutti quelli che sono stati tirati fuori. Anche se riuscivano a ridurre le placche *non si vedeva effetto terapeutico*.

Ok, qui c'è il solito titolista che fa quello che fanno tutti i titolisti di tutti i giornali quando trattano cose del genere (spararla molto grossa). Ma il punto è un altro: questa non è una notizia. O meglio non sarebbe una notizia ovunque nel mondo (Ah, avete ridotto i beta amilodi nel topo? Sì? Yawn, sbadiglione). In questo caso è una notizia a causa della fonte da cui proviene. I nomi magici.
Spiace che la Normale di Pisa si voglia mettere in mostra con questa cosa perché uno dei coordinatori dello studio è ordinario di fisiologia in quella scuola (eh, i bei tempi in cui nella classe di scienze c'erano solo matematica, fisica e chimica...).
Spiace, perché la decenza dovrebbe evitare toni miracolistici su qualsiasi cosa al riguardo di Sistema Nervoso Centrale quando si hanno solo risultati su topi.
Spiace perché l'Alzheimer è una tragedia che non merita sensazionalismi basati sul niente. Spiace davvero.
E peccato che i commenti al post fb della Normale sulla "molecola anti alzheimer" siano tipo "Grandi", "Orgoglio italiano", "Patrimonio dell'umanità", e via dicendo. Molto triste. Anche perché è facile prevedere che A13 tra 5-10 anni (o anche meno) sarà dimenticato come tanti protagonisti di annunci del genere (solo la Ensoli col suo vaccino anti AIDS è riuscita a tenere a galla il nulla per 20 anni, ma dopo 20 anni sempre nulla è).


mercoledì 2 ottobre 2019

ALZHEIMER - L'ULTIMO CHIODO SULLA BARA DELL'IPOTESI AMILOIDE, MA "PER FORTUNA" C'E' CHI ARRIVA CON UN VACCINO

Il miglior commento che ho letto al riguardo è una barzelletta. E' notte, e c'è un tipo che cerca per terra sotto la luce di un lampione. Un passante lo nota e chiede: "Scusi, che fa?". "Ho perso le mie chiavi, e le sto cercando". "Ma le ha perse qui?" "No, ma qui c'è più luce per cercare".

L'ultimo inibitore di beta secretasi di Lilly/AZ affondò in fase III. L'ennesimo buco nell'acqua per farmaci anti alzheimer basati sull''ipotesi amiloide (la malattia è causata dalle placche amiloidi che si accumulano nel tessuto cerebrale).
(https://endpts.com/phiii-alzheimers-drug-goes-bust-and-a-major-setback-at-eli-lilly-and-astrazeneca-may-doom-the-class/)
E che dichiarazione arrivava da Lilly?

“Despite this latest setback, Eli Lilly remains committed to plunging through this concrete wall headfirst. This is a sad day for our WallBreaker 2020 program, and some of our longtime head bashers will recall similar periods during SkullButt 2012 and ConcreteCracker 2016. But we continue to believe that the only way past this wall is straight through it, with all the force that our craniums can bring to bear."

Continueremo a dare testate in questo muro di cemento... perché dopo tutti questi fallimenti nessuno ha lavorato più di noi a diretto contatto con l'ipotesi amiloide. Ok. Ma :

inibitore di gamma secretasi fallito in fase III nel 2010
anticorpo anti beta amiloidi, solanezumab fallito in fase III nel 2012
inibitore di beta secretasi fallito in fase III nel 2013
ancora fallimento di solanezumab in altro trial di fase III nel 2015 e nel 2016
altro fallimento di inibitore di beta secretasi nel 2018

Se erano arrivati al bandolo della matassa forse avremmo visto qualcosa (e loro avrebbero risparmiato una decina di miliardi o giù di lì).
Ma il punto è che anche tutti gli altri hanno fallito, sull'ipotesi amiloide. Pfizer ha mollato l'area l'anno scorso dopo il suo ultimo fallimento.

Forse sarebbe ora di ripensare il tutto, e da zero. E invece no...
Il pubblico (e chi assegna i grant) ha la memoria corta, e cosa c'è di meglio che ravvivare un minimo di interesse su un'ipotesi non esattamente di successo (anzi) con un vaccino sperimentale, che ha successo nei topi?
Ecco, mai lavorato su malattie degenative del CNS, ma avendo parlato con qualcuno che ci lavorava mi ricordo bene la lamentela sull'assenza di modelli animali affidabili. Ma va benissimo: le terapie per l'alzheimer dopo anni e anni offrono come panorama un vasto cimitero di programmi basati sull'ipotesi amiloide dove c'è ancora posto per un vaccino che probabilmente non vedrà mai la fase I.

https://www.wired.it/scienza/medicina/2018/11/27/alzheimer-vaccino-topo/

domenica 19 maggio 2019

NEUROCHIMICA DELLA FINE

Hieronymous Bosch, "Ascesa all'Empireo", particolare
Out Of Body Experience, luce bianco azzurra, visioni di tunnel con una forte luce sul fondo. C'è una notevole coerenza in quel che si dice riguardo il momento del trapasso. Ovviamente nessuno ha mandato resoconti dall'"altro lato", ma c'è una letteratura abbastanza corposa riguardo le esperienze di pre-morte collegata a quanto raccontato dai soggetti coinvolti in una serie di eventi, dall'anestesia totale alla scampata morte per annegamento. Qualche anno fa qualcuno provò a indagare (https://www.sciencemag.org/news/2013/08/probing-brain-s-final-moments).

"La neurologa Jimo Borjigin dell'univesità del Michigan, Ann Arbor, si è interessata alle esperienze di pre-morte nel corso di un'altro progetto - la misurazione dei livelli ormonali nei cervelli di roditori dopo un infarto Alcuni degli animali da laboratorio erano morti in modo inatteso, e le sue rilevazioni avevano registrato un picco di neurotrasmettitori al momento della loro morte. Precedenti ricerche su roditori e umani avevano dimostrato picchi di attività elettrica del cervello in corrispondenza dell'arresto cardiaco, a cui seguivano encefalogrammi piatti per alcuni secondi. Senza alcuna evidenza che questo lampo finale contenga alcuna attività cerebrale con un significato Borjigin dice “ E' forse naturale per la gente pensare che le esperienze di pre-morte vengano da qualche altra parte, da origini soprannaturali”. Ma dopo aver visto questi picchi di neurotrasmettitori nei suoi animali si è fatta domande riguardo a quegli ultimi secondi, ipotizzando che anche esperienze percepite con una durata di giorni possano originare da un breve riflesso condizionato del cervello morente."

Il quadro complessivo sembrerebbe suggerire il coinvolgimento del sistema serotoninergico, ed in particolare di 5-HT2A (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/5-ht-da-sessanta-anni-nebbia-tanta-luce.html). Con tutti i "se, ma, però" dei modelli animali su roditori in materia di CNS, sarebbe veramente affascinante indagare puntualmente i neurotrasmettitori coinvolti.
Qualcuno potrà dire che tutto ciò disegna un'interpretazione meccanicistica di uno dei momenti sacri per eccellenza nell'esistenza di un essere umano.
In realtà le due cose viaggiano su binari paralleli. Sappiamo cosa implica avere più o meno dopamina, serotonina o anandamide in circolo, per esempio, ma siamo ormai coscienti (o dovremmo esserlo) che il tutto è infinitamente più complesso e che al momento elude qualsiasi tentativo di ulteriore sondaggio complessivamente significativo. E poi c'è il punto chiave, ovvero il senso.
Per citare Mircea Eliade, con le parole che usa alla fine di un saggio sui fosfeni (quei lampi di luce già citati, in "Occultismo, stregoneria e mode culturali", 1982 ):

"Cio che importa, in definitiva, è il significato religioso dell'esperienza di luce interiore. In altre parole, l'origine dei fotismi religiosamente significativi non va cercata nelle "cause naturali" dei fosfeni, o nell'esperienza dei fosfeni spontaneamente o artificialmente indotta... Ciò che interessa lo storico delle religioni e di fatto dello storico tout court sono le innumerevoli valorizzazioni delle esperienze di luce, vale a dire la creatività della mente umana"

Che alla fine, al di là dell'appartenenza o della non appartenenza religiosa, è quello che ha senso e costruisce senso per ognugno di noi.

martedì 6 novembre 2018

DOPAMINA, CATECOLAMINE, FOSFOLIPIDI

Le analisi della vecchia signora dicevano "tutto a posto". Anche la radiografia dell'anca diceva "tutto a posto". Ma tutto a posto non era.
"Certo, l'RX non ci dice gran che su eventuali stati infiammatorii dei tessuti connettivi articolari...  però non accusa dolore, pare. Potrebbe essere neurologico."
"E quindi?"
"E quindi per essere sicuri servirebbe una TAC, Ma la TAC va fatta in anestesia totale, altrimenti non sta ferma."
Già, perché la vecchia signora era una magnifica setter inglese dal manto bianco e nero, di 11 anni.
"Si può provare con queste fiale, sono per uso umano, e vedere che succede".
E questo è l'occhio del lungo mestiere, perché il sottoscritto che del mestiere non è ma che con la vecchia signora coabita avrebbe detto artrite dell'anca, da come si muoveva, ormai pochissimo (e da giovane era ipercinetica) o guaiva occasionalmente. Quanto alle fiale, quando vidi di che si trattava, alzai le sopracciglia al limite consentito dai muscoli preposti: fosfolipidi da corteccia cerebrale, ovvero prevalentemente fosfatidilcolina e fosfatidil serina.





Se c'è qualcosa in giro da anni in vario modo sono proprio i fosfolipidi, o fosfatidi, alla vecchia maneria, in quanto esteri dell'acido fosfatidico (https://it.wikipedia.org/wiki/Acido_fosfatidico). E' quel che c'era dietro alla storia "il cervello ha bisogno di fosforo" e "mangia il pesce che diventi intelligente".
Per dire le lecitine fanno parte di questa vasta famiglia. Sono tutti esteri glicerici (digliceridi) con un acido ortofosforico attaccato che a sua volta esterifica un'amminoalcol spesso nel novero dei neurotrasmettitori e dintorni (colina, etanolammina). Il razionale di un certo noto integratore (o farmaco? Altra cosa nella zona di confine) spesso usato e abusato da studenti in circostanze di stress intellettivo, una serina O-fosfato, sarebbe lo stesso: precursore di fosfolipidi.
I fosfolipidi di estrazione dalla corteccia cerebrale bovina sono legati a doppio filo con una farmaceutica italiana a sua volta collegata a una Nobel italiana. E da anni, nonostante le autorizzazioni come farmaco, sono un'area grigiastra. A parte che se di mestiere principalmente ti sei messo ad estrarre roba da cervelli bovini in tempi di crisi della mucca pazza rischi di fallire, sulla reale efficacia di questi prodotti nel mio ambiente ci sono sempre stati dubbi.
Si tratta di una gamma di molecole endogene, ovvero che noi stessi produciamo. La versione comune li vede come attivatori del sistema dopaminergico, e detta così sembra specifica, ma in realtà è abbastanza A-specifica. Rispetto al sistema serotoninergico (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/5-ht-da-sessanta-anni-nebbia-tanta-luce.html) il sistema dopaminergico è territorio abbastanza noto, riassumibile in "psicostimolazione".
Chiunque ha sentito nominare L-DOPA, e se non si è letto "Risvegli" di Oliver Sacks probabilmente si è visto il film. Ma non lo ha forse associato agli inibitori del reuptake della dopamina (DRI).
Anfetamina, Metanfetamina? Inibitori del reuptake della dopamina.
Cocaina? Inibitore del reuptake della dopamina
Idem MDMA e ketamina.
Poi ci sono certi ergolidi come cabergolina e pergolide mesilato che sono agonisti D1 o D2 (proprio come certi loro parenti stretti sono agonisti di 5-HT2A, ma del resto anche dopamina e mescalina strutturalmente sono parenti stretti) . Anche qui, come in campo 5-HT, tante fenetilammine, perché del resto le catecolamine cosa sono?( https://en.wikipedia.org/wiki/Catecholamine).
Ma torniamo all'anziana signora. Prima: perlopiù ferma nella sua cuccia, ti guardava con occhi tristi, se si muoveva si muoveva claudicante e con la coda tra le gambe. Dopo una settimana di iniezioni, dando sottocute quello che nell'uomo è previsto intramuscolo, è tornata alla vita (beh,non certo indietro negli anni), a muoversi molto di più, a mangiare con più gusto.
E questo senza un veterinario di lungo mestiere non sarebbe successo.

lunedì 16 aprile 2018

OPPIACEI: DA MORFINA A TRAMADOL



Nei post sui NSAID in un paio di occasioni ho evidenziato esempio di aumentata attività per ciclizzazione (naproxen, ketorolac). Ma un'altro topos della chimica medicinale è il passaggio da strutture cicliche piuttosto complicate a strutture de-ciclizzate più semplici. Un classico esempio accademico è il passaggio cocaina-lidocaina (anestetici locali, magari ci ritorneremo). Ma visto che oltreoceano si parla molto di crisi degli oppiacei e che mesi fa da noi si parlò molto e a sproposito  della "pillola del miliziano ISIS", diamo un'occhiata al tramadol.
(inizio sezione molto tecnica)
"La dissezione molecolare incarnata dalla regola della morfina è servita come utile guida empirica per la sintesi di agenti analgesici, anche se un numero significativo di tali agenti rispetta ben poco la regola"(Lernicer, Mitscher, "The organic chemistry of drug synthesis, vol II"). Si, il testo dice proprio "molecular dissection", il senso si capisce bene comunque.
La regola della morfina prevede un template Ar-CR2-C-C-NMe2. Se andate a cercare altri oppioidi benzenoidi la correlazione con la suddetta regola è difficile da vedere, ma il Tramadol la incarna piuttosto bene.
Tipico esempio di scuola anni 60-70, formazione di un legame carbonio-carbonio via reazione di reattivo di Grignard su un chetone con l'ottenimento di un alcol terziario e di un centro chirale. Nella fattispecie il chetone è una base di Mannich, quindi questa è proprio chimica organica classica che più classica non si può: condensazioni aldoliche. In questo caso la reazione di Mannich è tra cicloesano, formaldeide e dimetilammina, con la formazione di 2-(dimetilamminometil)-cicloesanone (e di un altro centro chirale).
(fine sezione molto tecnica)
Il tramadol viene brevettato per la prima volta nel 1964 da Grunenthal, la farmaceutica tedesca il cui nome è legato a doppio filo con la tragedia del talidomide. Approvato negli anni 70 in vari paesi europei, non viene approvato da FDA finché Searle non se lo prende in carico, e arriva sul mercato americano a circa 30 anni dal primo brevetto. La vera azione analgesica è dovuta al suo metabolita, il desmetramadol, e infatti l'azione analgesica è estremamente ridotta nei "demetilatori lenti".
La "semplificazione per deciclizzazione della morfina" non è senza effetti: all'agonismo del recettore  μ degli oppioidi si affiancano una quantità di altre azioni, di cui la principale è l'inibizione del reuptake di serotonina e norepinefrina, il che lo rende a tutti gli effetti anche un SNRI - paragonando la sua struttura a quella della venlafaxina la cosa non appare poi così strana.
Fino a non molto tempo fa veniva classificato come analgesico non narcotico, ma strada facendo si è capito che in realtà a dosaggi attorno ai 200 mg di cloridrato il suo effetto narcotico è paragonabile a quello dell'idrocodone (e ci sono genericisti indiani che commercializzano le compresse da 250 mg). Di conseguenza negli USA è sostanza controllata di categoria IV e farmaco a prescrizione non ripetibile.
Da queste proprietà narcotiche deriva l'uso in medio oriente, dove gli oppiacei propriamente detti pare che non trovino vie per il mercato illegale.

Nell'immagine le relazioni strutturali con morfina e venlafaxina.

5-HT: DA SESSANTA ANNI NEBBIA TANTA, LUCE POCA

Che la serotonina sia legata all'umore è noto da decenni. Da decenni si studiano i recettori della famiglia 5-HT e la serotonina, e c'è pure chi è andato a produrre  ricerche che definire improbabili è un blando eufemismo - stiamo parlando del gruppo di uno dei luminari della neurologia italiana che si esibì in uno studio sull'espressione di 5-HTT nelle piastrine di soggetti in stato di innamoramento ("Alteration of the platelet serotonin transporter in romantic love" Donatella Marazziti, Alessandra Rossi e Giovanni Cassano). Un lavoro che si meritò l'Ignobel per la chimica del 2000.

Questo per dire che la serotonina è un neurotrasmettitore chiave coinvolto in una quantità di processi neurofisiologici. Di alcuni sappiamo qualcosa, di tanti non sappiamo assolutamente nulla. L'idea che inibire il riassorbimento della serotonina potesse funzionare per trattare la depressione non era peregrina, sulla base di quel che si sapeva tra fine anni 70 e primi 80 (periodo in cui si pensava di aver fatto passi da gigante nelle neuroscienze, ma tutto è relativo). La fluoxetina fu il primo SSRI ad essere approvato: correva l'anno 1987, la molecola era stata brevettata da Eli Lilly nel 1974.
Gli SSRI vanno alla voce: manovrare con cautela (estrema). Se si dovesse giudicare dalle performance dei SSRI quel che sappiamo di 5-HT il giudizio dovrebbe essere: conoscenze scarse e contraddittorie.
Fluoxetina, Paroxetina, Sertralina, Citalopram hanno correlazioni strutturali non particolarmente strette, e non hanno profili farmacologici esattamente sovrapponibili. Ma l'effetto antidepressivo in tutti è associato alla possibile insorgenza di pensieri suicidi (specialmente in bambini ed adolescenti, ma non solo). In questo campo, nei trial clinici, gli endpoint sono sfuggenti, il confronto tra farmaco e placebo spesso sfumato e questo è il nodo di tutta la questione.
Di solito si parla di Paxil (paroxetina) al riguardo, inserito tra gli scandali della farmaceutica del nuovo millennio. Ma le cose sono leggermente diverse, il problema più generale. E' sentire diffuso che la fluoxetina abbia un profilo migliore degli altri e che la sertralina abbia una sindrome da astinenza abbastanza infernale che è specificamente sua. Ma è inutile girarci attorno, l'uso in soggetti adolescenti e pediatrici di SSRI ha numeri che dicono quanto si cammini sulle uova - quantificare le intenzioni suicide tra trattati e non trattati ( https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3904271/ ).
Mia considerazione da poco, scontata, se si vuole: classico esempio di effetto collaterale target related, e non structure related, a dimostrazione di quanto davvero ne sappiamo di 5-HT (a questo proposito, COX-2 e PPAR-γ soon to be covered).
Comunque il citalopram (con il suo enantiomero "giusto", escitalopram) ha fatto la fortuna di Lundbeck, una di quelle farmaceutiche danesi solo parzialmente collocate sul mercato azionario, con la maggioranza del pacchetto in mano ad una fondazione e la maggioranza della fondazione in mano allo stato, o roba del genere. Citalopram ed escitalopram erano gli unici asset importanti di Lundbeck, e sono stati difesi con le unghie e con i denti, principalmente tramite brevetti sulla chimica di processo. Qualsiasi processo aveste in mente per il citalopram, era stato brevettato dall'originatore (la cosa ha funzionato finché non si sono messi di mezzo indiani e cinesi, con il loro notorio rispetto della proprietà intellettuale). In conseguenza di tutto ciò ad un genericista per forza corretto, in quanto soggetto alle leggi occidentali, non restava altro che la sintesi originale, quella a brevetto scaduto, che passa da bromoftalide. E considerata la domanda di starting material, ero matematicamente sicuro che in Cina ci fosse qualcuno che caricava bromo-fluorofenilftalide e cianuro di rame I in reattori da ottomila litri, per poi portare il tutto a 170° e lasciarcelo per 12 ore (il famoso Buchwald ha pubblicato le sue cianurazioni catalizzate da palladio, ma non ne ho mai trovata una che funzionasse decentemente - l'unica via funzionale e versatile era la vecchia  Rosenmund-von Braun, cianuro di rame o cianuro di potassio con rame I catalitico e via ad alte temperature).
Ma torniamo a 5-HT: soprattutto, a 61 anni dalla scoperta di questa famiglia di recettori, non abbiamo la più pallida idea del motivo per cui gli agonisti di 5-HT2A abbiano gli effetti che hanno; sto parlando degli psichedelici serotoninergici, psilocibina, psilocina, dimetiltriptamina, dietilammide dell'acido lisergico, mescalina - e la sempre poco citata bufotenina, che prende il suo nome dal genere bufo (i rospi) ed è il motivo per cui alcuni buontemponi (sopratutto negli USA) tenevano in casa piccoli allevamenti di Incilius Alvarius, per leccarsi gli animaletti.
All'inizio del nuovo millennio ancora la ricerca farmaceutica sul CNS girava in parte attorno a triptamine e fenetilammine (e pure 2-fenetilammine e simili): sintesi degli indoli e amminazioni riduttive come se piovesse. E c'era sempre da chiedersi "non è che quello che ho in mano ora è diventato sostanza controllata negli ultimi tempi e non me ne sono accorto?".
A questo proposito ho un vivido ricordo di un progetto CNS che partiva dal lavoro di un gruppo universitario italiano. Una di quelle cose che guardi la sintesi e al terzo passaggio ti chiedi "Ma a chi vuoi andare a raccontarla, questa?". L'autentica perla era nelle premesse. Veniva individuato come materiale di partenza economico e di facile reperibilità il safrolo. Il safrolo, contenuto nell'olio di sassofrasso, che era diventato sostanza controllata tre o quattro anni prima (assieme all'olio) in quanto usato nella sintesi dell'ecstasy...

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4594018/

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...