venerdì 27 aprile 2018

HPV - OPZIONI TERAPEUTICHE, QUEL CHE SI DICE, QUEL CHE ESISTE

HPV: o vaccino o chirurgia con esiti incerti?

Medbunker (ginecologo di mestiere, dovrebbe essere informato): " Come per la maggioranza delle malattie virali non c'è una cura definitiva, si prova a distruggerle. Per esempio con il laser o con l'elettrobisturi o con un intervento chirurgico vero e proprio. Spesso sono necessari interventi ripetuti per distruggere completamente queste lesioni." (bella questa cosa che non esiste cura definitiva per le malattie virali, l'aciclovir pomata me lo devo essere sognato, il peramivir pure... e non sono mesi che si scanaglia sui costi di sofobusvir e ledipasvir per l'epatite C? Vabbè dai, per il Dott. Di Grazia la malaria è poco curabile, del resto).

Burioni: " per curare una lesione precancerosa è comunque necessario un piccolo intervento"

ISS: nessun cenno alle opzioni farmacologiche, solo vaccino.

wikipedia (en): "There is currently no specific treatment for HPV infection"

E onestamente anche io ero ignaro. Invece andando a frugare tra i prodotti Gilead (chi altri?) ho trovato il cidofovir. Cidofovir è un antivirale a largo spettro contro i DNA virus; un curioso derivato aciclico della citosina all'incirca corrispondente al modulo ProTide.
Per qualche strano motivo, quando la stampa ne ha parlato (raramente), lo ha definito antitumorale. E invece è un antivirale in grado di trattare le lesioni precancerose, oltre che di rimuovere il virus oncogeno dai tumori già sviluppati.

(curioser and curioser, wiki italia parla di terapie farmacologiche per HPV: podofillina, imiquimod e anche cidofovir, e di cidofovir e HPV parlò pure il Corriere : http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/14_dicembre_04/nuova-cura-economica-tumori-legati-virus-hpv-f84a657e-7b9a-11e4-b47e-625f49797245.shtml )

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11436421


martedì 24 aprile 2018

PER IL 25 APRILE...

... ripropongo il ricordo di Gianfranco Mattei. Dal 25 aprile si arriva alla costituzione repubblicana che, oltre a stabilire una nazione "fondata sul lavoro" (e non sulla disoccupazione a due cifre), sanciva il diritto alla salute. Quindi, se permettete, esprimo un distaccato disprezzo per quanti presteranno "lip service" ai valori della Liberazione dopo aver entusiasticamente lavorato alla demolizione di almeno un paio di diritti costituzionali.


IL PROFESSOR GIANFRANCO MATTEI

Laureatosi a Firenze, Gianfranco Mattei fu assistente di Natta (a cui sarebbe andato il Nobel per il polipropilene isotattico) e docente al Politecnico di Milano a partire dal 1940.
"Mattei è il chiaro esempio di chimico immerso nel suo tempo, consapevole delle potenzialità della scienza studiata e incapace di concepire, come sottolineato da Adriano Isernia come lo scienziato possa “venir meno alle sue responsabilità di cittadino e di uomo” ".
"E' tra i pochi (appena cinque) firmatari, insieme a Carlo Alberto Rollier e Antonio Banfi, del “Manifesto dei docenti del Politecnico di Milano”, in cui si auspica “che venga immediatamente abrogata ogni discriminazione religiosa, politica e razziale per l’ammissione di docenti e discenti in tutti gli Istituti di Alta Cultura del Paese” e “che il solo ed unico criterio di ammissione nei corpi accademici torni ad essere la competenza”. Mattei è chiamato a scegliersi una parte, nel conflitto che per l’Italia sta mutando in guerra civile, e la sua appartenenza è chiara fin dall’adesione a questo documento... Dopo l’armistizio di Cassibile e lo sbandamento delle forze armate, Mattei e la sua famiglia sono ormai un obiettivo troppo visibile in Lombardia, e si decide per un loro trasferimento a Roma... Le sue competenze scientifiche tornano particolarmente utili nell’ottimizzazione della produzione di ordigni esplosivi, in particolare nella messa a punto di una granata a doppio effetto...L’azione di Mattei si svolge a Roma tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944, periodo in cui la Capitale è occupata dai nazisti, durante il quale Herbert Kappler prende il controllo della polizia fascista, intensificando la lotta contro le bande partigiane
La lotta si inasprisce ancora di più, all’inizio del 1944 quando, sulla spinta di Winston Churchill gli Alleati sbarcano ad Anzio, sono a 60 chilometri da Roma, il piano prevede di attaccare la linea Gustav alle spalle sbloccando la situazione. Roma fermenta, le azioni dei GAP si fanno più audaci, ma la speranza di una rapida conclusione viene meno, e la capitale verrà liberata solo il 4 giugno.
Nel pomeriggio del 1 febbraio 1944, tuttavia, sia Mattei sia Labò vengono catturati (pare in base alla denuncia di una spia) dai soldati tedeschi. Nei giorni successivi i famigliari di Mattei nel disperato tentativo di salvarlo, riescono, con l’aiuto di Giovanni Battista Montini (allora sostituto alla segreteria dello Stato del Vaticano), a far pervenire a Kappler una lettera di sollecitazione del Vaticano per la liberazione dello scienziato, lettera che il capo del Sicherheitsdienst romano rigetta. Di Mattei, Kappler dirà “Questo comunista Mattei, è terribile, è terribilmente silenzioso, ma ora useremo il tenente Priebke che saprà farlo parlare, con mezzi fisici e chimici”.
Temendo di non poter resistere alle torture, già inflitte a Labò, ed essere costretto a rivelare i nomi dei compagni, Mattei si impicca, nella sua cella, nella notte tra il 6 ed il 7 febbraio"

La sua storia sarà immortalata negli anni 70 in una canzone degli Stormy Six.

http://www.scienze-ricerche.it/?p=3288


INFLAZIONE MEDICA E COSTO DEI FARMACI



"Turns out the problem prob isn't "picking of the low hanging fruit" or the "Evil MBA". Most of the decline in Pharmaceutical R&D cost efficiency is due to medical care inflation driving up the cost of doing trials. Hospitalization costs are our core problem."

Così John Tucker ha iniziato su twitter il suo esame del principale fattore di costo dello sviluppo farmaceutico: i trial clinici, il cui costo è aumentato perché di base è aumentato costantemente il costo dei servizi ospedalieri (parliamo di USA).
Sul low hanging fruit posso essere d'accordo, ma devo dire che gli evil MBAs hanno fatto la loro parte, e di solito pieni di entusiasmo.
Bernard Munos, che non è una penna particolarmente gentile, con l'industria farmaceutica, risponde che visto che i trial costano così tanto, è meglio alzare l'asticella di ingresso.
Gli fanno notare che la struttura degli incentivi nell'industria porta a spingere avanti i progetti comunque (perché è così che funzionano i bonus dei manager della ricerca). E Munos conclude con un lapidario: "Yep. Designed to reward by promoting underperformance".

Comunque, ritornando all'analisi dei costi, verrebbe da pensare che in molti casi tutto il mondo stia ripagando sotto forma di spesa farmaceutica i costi del sistema sanitario privato più grande dell'occidente. A cui, da questo punto di vista, potrebbe anche star bene che le barriere di accesso ai trial clinici non siano così alte, visto che il costo di uno è il guadagno di qualcun altro. E quando si parla di spesa farmaceutica si tende a generalizzare, non andando a vedere chi guadagna su cosa, e come. Tra l'altro tutto questo dovrebbe costituire materia di riflessione per quelli che discutono di delinking.

Il commento lungo lo trovate su "In the pipeline", qua http://blogs.sciencemag.org/pipeline/archives/2018/02/22/cost-of-trials

MONNEZZA SCIENTIFICA "BY DESIGN": IL FANTASMA DI HeLa


Il discorso della scorretta identificazione delle linee cellulari è roba vecchia, e i precedenti storici datano ormai di mezzo secolo.
HeLa è una storica linea cellulare, la prima linea di cellule tumorali immortalizzate, usatissima, che ha finito per contaminare una quantità di altre linee cellulari (http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/ijc.25242/abstract).
Per spiegare meglio il problema: io pubblico un articolo con i miei risultati riguardo la sovraespressione della proteina X nelle cellule di carcinoma epatico della linea Y, e sembra tutto a posto. Ma in realtà non erano cellule di carcinoma epatico, bensì cellule HeLa, quindi qualsiasi conclusione ne abbia tratto sul carcinoma del fegato è da buttare.
L'articolo su PLoS ONE mappava l'effetto prodotto da queste contaminazioni sulla letteratura e i risultati sono abbastanza impressionanti: un mezzo milione di articoli da cestinare.
La cosa fa il paio con la validazione (mancata) degli anticorpi , che prima o poi detonerà ma per ora non è ancora scoppiata.

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0186281

lunedì 23 aprile 2018

MODELLI ART ATTACK, NUMERI AL LOTTO E MORBILLO 2017



(GLI AUGURI DI NATALE DI CS, 20 dicembre 2017)

Tanto valeva usare una sfera di cristallo, o uno specchio incantato: "specchio delle mie brame, quanti saranno il casi di morbillo del reame?". Invece furono usate le forbici di Art Attack (https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2016330795252464&id=1971621999723344). E sotto l'albero si vede il risultato...
"Più di seimila, quasi settemila, saranno, entro la fine dell'anno!"
Non proprio. Non direi. Toppata.
Capita, quando si provvede ad un' estrapolazione lineare per stimare un fenomeno non lineare. Capita prendere cantonate, intendo. Forse, e sottolineo forse, maggior prudenza nell'annunciare il numero sarebbe stata opportuna.
"Un documento che contiene dati fuorvianti è un documento che vogliamo continuare a leggere?" si chiedeva l'eminente patologo. Scelta di parole singolarmente infelice.
Comunque il 2017 volge al termine, siamo a consuntivo, come si dice. E ai 6.779 casi non ci siamo. 4885 (dato 12 dicembre, considerato l'andamento discendente della tendenza, tra 1 e 5 casi in più da qui alla fine dell'anno, a regola).
Per carità, non pochi. Tali da giustificare l'allarme epidemia amplificato dai media come non mai? Ve la ricordate la caccia all'untore, le telecamere puntate sui quattro decessi da morbillo, Walter Ricciardi che dice: "oggi viviamo il peggior momento storico ed epidemico del morbillo della storia del dopoguerra"? (la sparata di Ricciardi poco dopo il minuto 51 della puntata de "La Gabbia" del 31 maggio 2017).
Vediamo meglio di collocare questa supposta emergenza storica.
"In 2000 to 2009, a mean of 4,036 cases were
reported annually (7 per 100,000 population), ranging
from 215 cases (incidence: 0.4 per 100,000 population
in 2005) to 18,020 cases (incidence: 32 per 100,000
population in 2002)" (la fonte è una notoria centrale antivax, eurosurveillance, http://www.eurosurveillance.org/…/dy…/EE/V16N29/art19925.pdf). Una media di 4039 casi all'anno nel primo decennio del millennio e di fronte a coperture vaccinali crescenti . Vi ricordate emergenze o allarmi per l'outbreak del 2002, 18.020 casi? Io no, e l'emergenza storica del 2017 appare immediamente una balla.
Tornando all'eminente patologo, lui citava il 2011: malafede, i casi del 2017 saranno maggiori di quelli del 2011. Toppato: nel 2011 5.568 casi di morbillo, da ottobre 2015 a dicembre 2016 (sempre eurosurveillance, http://www.eurosurveillance.org/…/dy…/ee/v18n20/art20480.pdf)- da ottobre 2016 al 12 dicembre 2017 sono stati 5.115 (i casi di ottobre, novembre, dicembre 2016 presi da qua http://www.epicentro.iss.it/…/b…/Measles_WeeklyReport_N1.pdf). Vi ricordate emergenze o allarmi per l'outbreak del 2011, più recente? Io no .Nel 2011 eravamo vicini al massimo storico delle coperture vaccinali per il morbillo - torna di nuovo in mente Lord Robert May e il suo "quando due più due non fa quattro".
E con questo l'allarme emergenziale del 2017 può essere derubricato a operazione propagandistica, e pure felicemente riuscita.
Nella primavera 2017 in appoggio alla campagna per il decreto Lorenzin è stato fatto un uso terroristico di numeri SBALLATI E GONFIATI.
(il brano sugli anni 70 è stato eliminato in attesa di revisione)
E che i numeri non ci fossero è stata la costante di una campagna di notizie martellanti, tese ad avallare un progetto di politica sanitaria, e alcuni autori di questo progetto hanno finito per raccoglierne i dividendi: Ranieri Guerra è stato nominato Assistant Director General all'OMS in ottobre; Walter Ricciardi è stato di recente nominato nell'Executive Board sempre di WHO, per esempio. Che la sanità pubblica finisca per raccoglierne qualcuno, di benefici, è ancora tutto da vedere.

domenica 22 aprile 2018

QUANDO DUE PIU' DUE NON FA QUATTRO - 2 - MORBILLO, ROSOLIA




"Stime teoriche approssimate sono in buon accordo con i periodi interepidemici osservati per morbillo, pertosse, parotite...Notare che questo tentativo di spiegazione delle periodicità osservate si basa sull'assunto di un qualche meccanismo alimenti il ciclo intrinseco di periodo T (un po' come l'acqua ossigenata nella reazione di Briggs-Rauscher, NdCS), ed è indipendente dall'esatta natura del meccanismo...
La propensione di base delle associazioni ospite-patogeno a oscillare può manifestarsi in altri modi, che possono avere implicazioni pratiche.
Considerate un programma di immunizzazione che ha l'obiettivo a lungo termine di ridurre l'incidenza di una particolare infezione o eradicarla
Un tale programma rappresenta una perturbazione del sistema ospite-patogeno. Inverosimile che il sistema si muova regolarmente e in modo monotono verso il nuovo stato finale, ma è piuttosto verosimile che esibisca pronunciate oscillazioni sulla via verso questo stato.

Il modello comunque coglie il principale aspetto dell'attuale incidenza di CRS negli USA, mostrata in figura 13. I dati della figura 13 mostrano che l'incidenza di CRS dapprima cala rapidamente dopo l'inizio dell'immunizzazione nel 1970, ma poi risale quasi ai livelli pre immunizzazione circa dieci anni dopo nel 1979. La figura 13 mostra anche i casi totali di rosolia distinti dai casi delle donne in gravidanze (e quindi dai casi di CRS, NdCS); per l'incidenza totale il pattern oscillatorio è molto meno marcato sia in teoria che in pratica. In mancanza della comprensione teorica sopra sviluppata. il risalire dei casi di CRS mostrato in figura 13 può essere scambiato per una mancanza nella produzione del vaccino o come derivante da altra causa estrinseca, invece che esser riconosciuto come intrinseco alle dinamiche del sistema.
(L'apparente aumento di casi di CRS negli anni pre immunizzazione, prima del 1970, può essere associato con l'under-reporting)"

Robert May, "When two and two do not make four: non linear phenomena in in ecology", Proc. R. Soc. Land. B 228. 241-266 (1986)

(Giusto per ricordare che per più di un anno a reti unificate si è parlato di correlazione diretta tra tassi di copertura nelle vaccinazioni pediatriche antimorbillose e numeri dell'outbreak di morbillo; poi di recente qualcuno ha messo in chiaro i distinguo, "mai detto niente del genere")

L'ALTRO LATO DELLA PREVENZIONE - INFEZIONI OSPEDALIERE


Questa pagina prendeva vita mesi fa, e tra i primissimi post ci fu la condivisione di questo. Non si trattava soltanto dell'esito di brutali rapporti industriali ormai incistati nel sistema sanitario pubblico nazionale.
Il punto era che "la riduzione delle ore di lavoro avrebbe comportato una penalizzazione sulla pulizia e la sanificazione dell'ospedale e di reparti come le sale operatorie".
E nel post di ieri Starbuck ricordava lo "sciopero del camice" a Monza:
"Così gli addetti alle pulizie alla fine del loro turno devono farsi un fagottino e portare a casa la divisa utilizzata durante le ore di servizio per «pulirsela nella loro lavatrice domestica con gravi potenziali rischi per la loro salute, e più in generale quella di tutti. Gli addetti lavorano infatti in ambienti esposti ad agenti patogeni. Portando le divise a casa e lavandole a temperature non adeguate alla sanificazione, favoriscono la circolazione di malattie che possono essere anche molto pericolose. Ciò è inaccettabile. Come anche il fatto che non ci sia un’adeguata dotazione di guanti e che spesso debbano usare quelli degli infermieri, oppure che i lavoratori non siano sottoposti a vaccinazioni specifiche come avviene invece per medici e infermieri»" (https://www.ilgiorno.it/monza-brianza/cronaca/sciopero-pulizie-san-gerardo-1.3048599).
Se del caso di Monza i giornali si sono occupati, di quello di Massa si è parlato assai meno. La condanna riguarda una manifestazione non autorizzata contro la riduzione del personale in opera presso l'ospedale di Massa da parte di Dussman Service, multinazionale tedesca dei servizi a cui l'ASL aveva affidato la sanificazione dell'ospedale.
E quanti altri di questi casi possiamo trovare in giro, dove la sanificazione delle strutture ospedaliere viene sacrificata al risparmio sanitario?
Spesso viene tirata in ballo l'obsolescenza dell'edilizia ospedaliera, e l'inadeguatezza dei sistemi di areazione. Problemi che richiedono investimenti ingenti, difficilmente risolvibili. Ma la sanificazione ordinaria è tutt'altro. E tagliare su quella significa continuare ad aprire la porta alle infezioni ospedaliere. Fenomeno grave, tasto dolentissimo. Se abbiamo difficoltà a metter su le anagrafi vaccinali, col monitoraggio delle infezioni ospedaliere come siamo messi? Male: " In Italia, dai primi anni Ottanta sono stati condotti numerosi studi per valutare la frequenza di infezioni ospedaliere. Non esiste, tuttavia, un sistema di sorveglianza nazionale, perché nel nostro Paese non ci sono ancora sistemi di rilevazione attiva dei dati con personale dedicato (vedi le Infection Control Nurses dei paesi anglosassoni). Anche se in Italia non esiste un sistema di sorveglianza stabile, sono stati condotti numerosi studi multicentrici di prevalenza.Sulla base di questi e delle indicazioni della letteratura, si può stimare che in Italia il 5-8% dei pazienti ricoverati contrae un’infezione ospedaliera" (http://www.epicentro.iss.it/problemi/infezioni_correlate/epid.asp). Ovvero, morbillo e influenza li monitoriamo a livello nazionale, ma le infezioni ospedaliere no. D'altronde sono solo alcune centinaia di migliaia di casi all'anno, che provocano alcune migliaia di morti, per il 30% prevenibili, tra l'altro, sempre stando a ISS. E qua il record europeo lo paghiamo ad un prezzo assai più salato, rispetto al primato sul morbillo (che poi proprio primato non è, ma non sottilizziamo) - http://www.lastampa.it/2017/11/18/scienza/benessere/in-italia-unincidenza-fra-le-pi-alte-deuropa-XQQSz9kchCMXVnw1aHu4WM/pagina.html .
Il "per fortuna ci sono nuove molecole" de La Stampa è qualcosa ma non è molto: gli investimenti in ricerca del resto sono stati praticamente a 0 per anni. Ceftozolane è una cefalosporina approvata nel 2014. Avibactam è un fatto nuovo, un inibitore di beta-lattamasi non betalattamico approvato nel 2015 (tazobactam, altro inibitore di beta lattamasi, è roba vecchia, approvata nel '92) - lo sviluppo di beta-lattamasi è il principale meccanismo di acquisizione della resistenza agli antibiotici betalattamici. Come i betalattamici (derivati penicillinici e cefalosporinici) gli inibitori di beta lattamasi, lo avrete capito, non sono una novità. Il più famoso è l'acido clavulanico contenuto nell'Augmentin, ma fino a Avibactam erano tutti betalattami. Un analogo di Avibactam, Relebactam, è stato approvato da FDA l'anno scorso. E questo è quanto, per quel che riguarda l'attività delle grandi farmaceutiche - il panorama è leggermente più articolato, ne riparleremo.
Per il resto i farmaci attuali di seconda linea hanno un profilo mediamente brutto (vancomicina) o bruttissimo (polimixina).

Trovare serie storiche sulle infezioni ospedaliere in Italia non è semplice, ma siamo passati da 5.6 casi per 100.000 dimessi (2007) a 12.36 casi per 100.000 dimessi (2015), più che raddoppiati in meno di dieci anni, e la mia impressione è che il grosso dell'incremento ci sia stato dal 2010 in poi, ma è solo un sospetto (http://www.aogoi.it/notiziario/infezioni-ospedaliere-22mila-casi-nel-2015-quasi-4mila-in-pi%C3%B9-rispetto-al-2007-va-meglio-per-il-rischio-di-embolia-ma-anche-i-traumi-ostetrici-nel-parto-naturale-crescono/).
E tutto ciò non può non aver a che fare coi progressivamente ridotti standard di sanificazione, conseguenza di tagli di spesa ed esternalizzazioni.

sabato 21 aprile 2018

RAGIONI DELLA FARMACOVIGILANZA

Il monitoraggio postmarketing permette di studiare effetti collaterali a bassa frequenza, gruppi ad alto rischio, interazioni farmaco-farmaco e una eventuale maggiore gravità o frequenza degli effetti collaterali rispetto a quanto emerso dai trial clinici. In più permette di individuare conseguenze erroneamente o dolosamente sottostimate in sede di sperimentazione clinica ed eventuali lotti problematici di farmaco sfuggiti al sistema di controllo.

I trial previsti dal processo regolatorio, per quanto adeguatamente disegnati, non potranno mai rispecchiare del tutto esattamente la frequenza degli effetti collaterali a causa delle dimensioni del campione statistico e della loro durata (usualmente corta). Prendiamo una fase III che osservi gli effetti del farmaco con un totale di 20.000 soggetti trattati (e quindi uno studio di quelli corposi, usualmente richiesti dal regolatore per farmaci destinati a grandi popolazioni - furono classici per gli antiipertensivi, per esempio, oggi sono tipici per i vaccini). Ben difficilmente identificherò eventi con frequenze inferiori a 1 su 20.000. Tali eventi se possono verificarsi diverranno invece sicuramente visibili nel momento in cui tratto col farmaco 1, 2 o 3 milioni di pazienti.
Esempio classico, statine e rabdomiolisi fatale. La sorveglianza postmarketing riportò 52 morti collegate all'uso della cerivastatina. Sembra un gran numero, ma si trattava di 3,16 casi per milione. Però la media dell'evento con le statine era 0,15 casi per milione, e la cerivastatina venne ritirata dal commercio.
Per questo la farmacovigilanza è importante: i risultati di qualsiasi studio condotto su centinaia o migliaia di soggetti sono comunque meno "sensibili" e statisticamente rappresentativi rispetto al dato della vigilanza, anche se ottenuto da un processo di sorveglianza poco efficace (cfr le critiche alla sorveglianza passiva).
Il problema della attribuzione della causalità esiste, è incorporato nel processo che porta ai report finali, ma al riguardo non posso che invitare a rileggere quanto scritto da uno dei padri fondatori della sperimentazione farmaceutica clinica moderna, Austin  Bradford Hill (https://it.wikipedia.org/wiki/Austin_Bradford_Hill):

 "Sarebbe d'aiuto se la sospetta causa fosse biologicamente plausibile. Ma sono convinto che non possiamo richiedere l'ottemperaza a questo criterio. Ciò che è biologicamente plausibile dipende dalle conoscenze biologiche del momento"

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1898525/pdf/procrsmed00196-0010.pdf


venerdì 20 aprile 2018

ORAC, AVOGADRO, NANOCOSE E UN AUTOGOL PREOCCUPANTE


(5 febbraio 2018)

Sarà un caso che a un mese dal voto mi casca l'occhio sulla solita condivisione di roba BUTAC e mi rendo conto che i nostri cari sbufalatori, ovviamente per servire la causa della scienza (catturata dalla propaganda di un preciso partito, ma è sicuramente un caso), hanno riproposto su fb pagine e pagine in materia "vaccini" perlopiù prodotte un annetto fa.
E' un salto all'indietro nel tempo, quando tra i medici con poca dimestichezza per le moli andava forte il numero di Avogadro, ed era tutto un turbinare di 10^23, un fioccar di zeri, calcoli coinvolgenti numeri con 9 o 12 cifre decimali e via dicendo. Per uno del mestiere (ma pure per un perito) follia, follia, semplicemente follia.
E forse alla fine ho capito quale è stata la fonte di questo delirio. Orac. Va molto di moda, Orac, ma finora l'avevo incrociato una volta sola, quando Dora di HIVforum aveva postato una sua confutazione del famoso ultimo articolo di Shaw. Mi fece una ben misera impressione, perché quella non era una confutazione, era una reazione isterica.
E grazie all'articolo ripostato da Butac trovo questa perla grezza.
Qua siamo alla sorgente, al punto di origine, mi sa:

"Guardatela in questa maniera. Questo è ciò che è stato trovato in 20 microlitri di liquido. Che è 0,00002 litri. Ciò significa che, in un litro di vaccino, in teoria, il massimo che si potrebbe trovare sono 91.050.000 (9.105 x 107) particelle! Holy Hell! Questo è un numero immenso. Dovremmo avere paura, no? Beh, no. Torniamo alla nostra conoscenza dell’omeopatia e guardiamo il numero di Avogadro. Una mole di particelle = 6,023 x 10^23. Quindi dividiamo 91.050.000 per il numero di Avogadro, e si otterrà la molarità (concentrazione di una soluzione espressa dal numero di moli di soluto disciolte in un litro di soluzione) di una soluzione di 91,05 milioni di particelle in un litro, quindi una soluzione 1 M conterrebbe 6.023 x 1023 particelle. Allora, qual è la concentrazione: 1.512 x 10-16 M. che è 0,15 femtomolare (FM) (o 150 altomolare), una concentrazione di particelle incredibilmente bassa . E questo è il più alto valore che i ricercatori hanno trovato. In realtà, quello che hanno effettivamente scoperto è che i vaccini sono incredibilmente puri!"

Eccolo qua: "una mole di nanocose", come dire "una mole di sassi". Insensato. E' quindi forse stato Orac il primo a prendere fischi per fiaschi, nanocose per atomi o molecole. E da lì sapete bene la strada che questa enorme minchiata ha fatto, fino ad essere adottata in primis dal famoso virologo, a cui sulla pagina fb ci si rifersce come "il Vate" (per fortuna qualcun altro ha capito la natura dell'errore). "Una mole di particelle": ecco l'origine della bestialità.

(siccome Orac, come tanti altri medici, è una capra totale in materia di chimica, è un miracolo che si sia accorto dell'artefatto analitico - cioè che 20 microlitri di una soluzione esposti al vuoto evaporano precipitando come solidi i soluti. Ma poi non ha proprio preso atto di questa giusta osservazione, né della completa assenza di misure ricollegabili a una massa, e ha chiamato in causa Avogadro - il resto, come si dice, è storia..)

https://respectfulinsolence.com/2017/02/02/antivaccinationists-try-to-show-vaccines-are-dirty-but-really-show-that-they-are-amazingly-free-from-contamination/

E veniamo all'autogol preoccupante.

Qua sopra che i nanocontatori di nanocose in materia di vaccini facciano spettacolo (tristemente) con qualcosa che è tutto meno che un'analisi chimica è stato detto più volte, deinde de hoc satis.
Che la polemica contro costoro (in buona parte responsabile della loro visibilità) continui a produrre risultati imbarazzanti è diventata una costante di cui si farebbe volentieri a meno.
E a questo giro la cosa è preccupante, anzi, allarmante.
L'autrice di questo articolo è una biologa, senior researcher all'ISS, del Centro Nazionale per il Controllo e la Valutazione dei Farmaci.
Nello specifico si occupa di "Human Vaccines (Influenza, Hepatitis A, Hepatitis B): evaluation of Dossiers, as regards quality issues, for Marketing Authorization or variations at National and European level. Vaccine control tests.
Post-marketing surveillance, to verify stability of their quality characteristics. Batch release of influenza vaccine. Responsible of the Hepatitis Vaccine Unit within the National Center for Immunobiologicals Research and Evaluation at National Health Institute".
Quindi controllo di qualità sui vaccini, e quindi forse ha avuto un ruolo nel dire "tutto ok" per i famigerati lotti di Fluad.
E cosa apprendiamo da questo articolo?
Che non distingue tra una micronalisi EDX dal protocollo farlocco e un ICP-MS, metodo strumentale per la determinazione quantitativa dei metalli in tracce. Probabilmente cos'è un ICP neanche lo sa.
Infatti cosa dice?
"Inoltre, su un sito che diffonde tesi anti vacciniste sono riportati i risultati di un’analisi condotta presso un laboratorio tedesco che, a loro dire, confermerebbero quelli ottenuti da Gatti e Montanari. Tuttavia anche in questo caso i dati presentati non hanno alcun valore: di nuovo non è stata usata una preparazione di controllo, non c’è alcun riferimento al metodo utilizzato, né ai suoi limiti sensibilità ed affidabilità." E dimostra di capirne quanto il bersaglio della sua polemica. L'analisi è qua (https://autismovaccini.org/wp-content/uploads/2017/02/analisi-vaccini-00.pdf), è un'analisi ICP (se l'autrice ne avesse vista una la riconoscerrebbe al volo, anche se non c'è scritto) e di base dice "tutto bene": i numeri, ug/L, sono parti per miliardo.
Quando leggete "<10" o "<5" vuol dire: assente, al di sotto dei limiti di rilevabilità dello strumento (e parliamo di 0.01 o 0.005 mg per chilo).
Essendo il laboratorio in questione un laboratorio di analisi chimiche, si suppone che lo strumento sia adeguatamente calibrato. Non è questione di "controllo" non pubblicato (è una maledetta analisi, non un'articolo su una rivista). Al limite occorrerebbe chiedersi se il laboratorio ha in opera un sistema di qualità, se e con chi è accreditato, se lavora in GLP (Good Laboratory Practice, il sistema per garantire la costante qualità ed affidabilità delle analisi). Poco da fare, la capacità di leggere un'analisi ICP della dottoressa equivale a quella di un qualsiasi no vax.

https://www.queryonline.it/2018/01/29/nanoparticelle-di-metalli-nei-vaccini-come-stanno-le-cose/


ANTIBIOTICI -2- CHINOLONICI, PARTE I

Gli antibiotici chinolonici sono roba antica, la loro scoperta appartiene allo stesso periodo della scoperta di anestetici amidoaminici, acidi arilpropanoici antiinfiammatorii etc. E la classe venne scoperta per caso, da chi stava lavorando ad analoghi della clorochina (quindi su antimalarici - ci si scorda spesso che storia della guerra farmacologica alla malaria è una storia lunga, e vittoriosa).
Si scoprì un 5-clorochinolone che aveva buona attività antibatterica, specie con i batteri gram negativi, e nel 1963 venne approvata l'immissione in commercio dell'acido nalixidico.
Nel 1963 si era ben lontani dall'aver messo a fuoco il funzionamento di questa classe di composti, ci si limitava a rilevare l'inibizione della sintesi della parete cellulare dei batteri, meccanismo di funzionamento comune alla maggioranza degli antibiotici classici.
I chinolonici in realtà sono inibitori della girasi del DNA, enzima chiave nei processi vitali dei procarioti, e la cosa migliore per spiegare quel che fa è linkare il video youtube che vedete più sotto.
L'acido nalixilico era realtivamente poco potente, e venne usato per infezioni di reni e vie urinarie perché, velocemente escreto, lì tendeva ad accumularsi.
Negli anni si passò a 6-fluorochinoloni: nel 1979 venne brevettata la norfloxacina e a stretto giro Bayer tirò fuori la ciprofloxacina: un notevole aumento della potenza con l'aggiunta di un singolo atomo di carbonio, che trasformava un etile in un ciclopropile.
E i fluorochinolonoci ottengono un gran successo: la ciprofloxacina arriva a fatturare un miliardo e mezzo di dollari in un niente.
Dato il loro meccanismo di funzionamento sembrano un'altra classe perfetta di antibiotici: interferiscono con meccanismi delle cellule batteriche senza toccare le cellule dell'ospite umano. E ovviamente, come con tutte le altri classi di farmaci dell'epoca, il lavoro prosegue alla ricerca di maggior potenza e spettro di azione. E anche qua, come in altre aree, cominciano i problemi.

Temafloxacina: approvata negli USA ad Abbot nel 1992, vengono fuori da subito effetti collaterali pesanti, più di 100 casi nei primi quattro mesi. Allergie e anemia emolitica. Tre morti. Approvata nel gennaio del 1992, Abbot la ritira volontariamente dal mercato nel giugno dello stesso anno.
Trovafloxacina: approvata a Pfizer a fine anni novanta, dimostra una eccellente attività con i temuti batteri gram positivi. E un'alta tossicità epatica, che può anche condurre ad esiti fatali. Quindi non viene ritirata dal commercio, ma il suo uso subisce severe restrizioni.

La trovafloxacina è protagonista di un noto episodio, la sperimentazione illegale in Nigeria durante un'epidemia di meningite da meningococco (https://en.wikipedia.org/wiki/Abdullahi_v._Pfizer,_Inc.). Si tratta di un episodio in cui non so cosa è peggio, il trial con autorizzazioni falsificate su 200 bambini o il fatto che in contemporanea MSF stesse offrendo un'altra terapia - col cloramfenicolo, invece che con lo standard ceftriaxone-cefalosporina nel dosaggio corretto.

Una nota sulla temafloxacina: è piuttosto difficile arrivare in fondo ad una fase tre senza accorgersi che il farmaco è emolitico. Decisamente difficile. Questo fa pensare che fosse emolitico solo in una ristretta popolazione di soggetti, non rilevata dai trial pre approvazione. Era un caso isolato. Nessuno pensò che problemi assortiti potessero con minore frequenza coinvolgere l'intera classe dei fluorochinoloni... (to be continued)

CREDIBILITA' E RIPRODUCIBILITA'

(Sunto di un anno di post fb)

Da tempo sui media digitali e non dilaga l'hype su nuove "scoperte" biologiche. In materia di CRISPR, geni collegati a questo o a quello e ad altri temi che sanno di "futuro" pullulano comunicazioni e articoli. Ed è curioso che questa proliferazione avvenga nel corso di una conclamata crisi di riproducibilità, riconosciuta dal 52% degli addetti ai lavori. Nel 70% dei casi i risultati conclamati non sono riproducibili. E quindi se, come dovrebbe essere, la credibilità di un risultato è uguale alla sua riproducibilità, si può rapidamente calcolare il tasso di credibilità del materiale di attualità veicolato dalla cosiddetta divulgazione scientifica massificata: 30%. Scarsino. La retorica del progresso scientifico da quotidiano o tg  si ciba al 70% di fuffa (http://www.nature.com/news/1-500-scientists-lift-the-lid-on-reproducibility-1.19970).
Quando l'articolo di Nature è uscito è stata pioggia sul bagnato. Già,  nel 2012 un gigante biotech aveva guadagnato i titoli di testa con una comunicazione importante.

Diciamolo, quando pigli a riferimento un articolo per impostare un progetto in ambito industriale e il contenuto si rivela non riproducibile girano i cabbasisi a diversa gente.
"In 2012, Amgen researchers made headlines when they declared that they had been unable to reproduce the findings  in 47 of 53 'landmark' cancer papers"
Articoli "landmark", ok? Rutilanti scoperte di nuovi geni o pathway o altro nel campo della biologia del cancro. Non riproducibili 47 articoli su 53. Immagino che nelle sale riunioni della direzione ricerche Amgen si sentisse l'eco del vorticare anche qualche giorno dopo aver fatto il punto della situazione.
Eppure questa prolungata crisi di riproducibilità non corrisponde nel mainstream culturale a una simmetrica crisi di credibilità. Anzi, si persiste in una (quasi) illimitata apertura di credito, moltiplicata dai media tradizionali e digitali, che per quel che riguarda la divulgazione scientifica di questo si alimentano. Arriverà la resa dei conti, con le promesse non mantenute, o l'articolo ritirato, o un negative finding pubblicato. Tutto ciò non avrà eco, e si continuerà a dar voce alla solita percentuale di scoperte a basso tasso di riproducibilità (e quindi di credibilità) (http://www.nature.com/news/biotech-giant-publishes-failures-to-confirm-high-profile-science-1.19269)
E questi sintomi preoccupanti di una situazione globale da noi del tutto ignorati. Anzi, per tipo due anni non si è sentito che dire "peer reviewed", "impact factor" e non da ricercatori universitari (che sarebbe normale), ma da politici, ministri, giornalisti generalisti, attivisti e utenti dei social network.
Del tutto incuranti o ignari che la mitologica "comunità scientifica" da tempo si è resa conto che il sistema dell'editoria scientifica presenta disfunzionalità crescenti.
In una crisi generale delle riviste scientifiche (secondo me in larga parte dovuta al modello "publish or perish" che ormai governa buona parte della ricerca accademica), quella delle riviste biomediche ha suoi tratti peculiari. Se l'allarme di Randy Schekman aveva un carattere generale (https://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/francesco-aiello/randy-schekman-e-tirannia-di-nature/dicembre-2013), come del resto quelli più sopra citati, alcune denuncie riguardano nello specifico  ricerca biomedica e conflitto di interessi (http://www.bmj.com/content/359/bmj.j4619).
In questo quadro compromesso ora anche gli editori ci mettono del proprio (o meglio, ora viene fuori come ce lo mettono, e da un po').
In due parole un fisico americano si è rotto le scatole di avere continue richieste di reviewing da Elsevier su materie che non gli competono, e l'ultima richiesta, che riguardava un'articolo di diabetologia, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Guarda un po', il caso riguarda una rivista medica
Come può succedere che si incappi in articoli evidentemente risibili, che so, in materia di attivazione di legami CH? Forse i peer reviewers erano un biologo, un economista e un filologo antico... (parafrasando la conclusione dell'articolo del link)

https://forbetterscience.com/2018/01/15/how-elsevier-finds-its-peer-reviewers/

E tutto ciò mentre sui nostri media nazionali (compresi quelli sociali) e nella websfera italiana tutta si andava consolidando l'equazione medicina=Scienza (e vorrei sapere quanti tra matematici fisici e chimici in camera caritatis si sono piegati in due dalle risa), e più grave quella Scienza=Verità. Contraibile in medicina=Verità, che è un autentico abominio. E mentre la struttura di questo credo veniva cementata e consolidata, Il MIUR bocciava senza appello una serie di scuole di specializzazione in medicina (e quindi bocciava i docenti - medici - delle dette scuole, non certo gli studenti).
Non sono un fan delle valutazioni del MIUR, spesso centrate su metriche progettate con criteri discutibili e in fin dei conti funzionali ad un unico scopo (il taglio di spesa).
Ma tra amici avevamo rilevato come le dispense di un certo corso di statistica a Pavia manifestassero un allarmante livello di incuria (per non dire incompetenza). E guarda caso "Statistica sanitaria e Biometria" a Pavia è tra le specializzazioni bocciate. Anche dalle parti del S.Raffaele non erano messi così bene, a quanto pareva. E pure all'Humanitas le cose andavano maluccio (habitat di Mantovani,in vena di rilanciare il vaccino BCG per la TBC dalle nostre parti,stando a quel che scriveva sul Sole).
A proposito del famoso virologo e dei suoi emuli, da notare che più si aggravava la crisi delle discipline biomediche (mettete assime scarsa riproducibilità dei risultati, queste valutazioni ministeriali, il crescente numero di cause per malasanità) più si strepitava per affermare il principio di autorità. In quest'ottica l'invocata non democraticità della "Scienza" acquistava un significato più interessante, perché la supposta congiura degli ignoranti è poca cosa al confronto con i danni procurabili dagli asini in cattedra o col camice, o col bisturi in mano, specie se vicini alle leve del potere politico (riguardo a questo aspetto il risultato elettorale ha cambiato molto tutta la situazione).

http://www.corriere.it/scuola/17_agosto_20/scuole-formazione-medici-una-10-non-regola-b68e0224-85cb-11e7-a4e4-940a5da24d3a.shtml

http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/17_ottobre_09/milano-medicina-bocciata-scuola-7-tagliati-33-corsi-privi-qualita-3a2df836-acb0-11e7-a5d5-6f9da1d87929.shtml



giovedì 19 aprile 2018

NUMERO DI AVOGADRO, CHIMICA COME SCIENZA HARD ETC

Qualcuno aveva gentilmente richiesto una spiegazione precisa su perché il contar molecole non va bene nell'argomento standard dei chemical illiterates contro l'omeopatia, e mi è parso giusto levare la risposta da una coda dei commenti per dargli la giusta visibilità, facendola predecere da una doverosa premessa.

Cos'è che distingueva i corsi di laurea in chimica e chimica industriale da quelli in farmacia, CTF, biologia (e medicina), dal punto di vista degli esami fondamentali?
Due corsi biennali di matematica (istituzioni di matematica, esercitazioni di matematica), un corso biennale di fisica, un corso biennale di chimica fisica: otto esami con un alto contenuto di matematica, e non otto esami da poco, nell'antico ordinamento - esisteva anche un corso biennale di esercitazioni di chimica fisica (poi è arrivato il nuovo ordinamento, poi è arrivato il 3+2 e le cose sono cambiate, quando non nella forma nella sostanza).
Questo perché la chimica è una scienza hard che della matematica (e non dell'aritmetica) non può fare a meno. Per fare un esempio, la cinetica chimica non può fare a meno del calcolo differenziale. Ed è solo un esempio tra tanti possibili, i principi della spettroscopia di risonanza magnetica nucleare sono un'altro che mi viene in mente.
I modelli di cui la chimica si avvale sono costruiti sull'analisi matematica, fatti di analisi matematica. Oggi chi legge al computer uno spettro HNMR vede oscillazioni smorzate, preme il pulsante FT e ottiene lo spettro. Premendo FT è stata applicata al segnale acquisito una trasformata di Fourier, una black box ormai, per la maggioranza di coloro che svolgono l'operazione. Un tempo così non era, quando chi la effettuava era un chimico.
Oggi alle volte sembra che medici, biologi molecolari etc considerino la chimica "un altro ricettario" (vedendola ad immagine delle proprie discipline?). La chimica con  tutti i suoi rami invece ricettario non è....

Dov'è il grottesco delle varie conte di molecole? Essendo fino a prova contraria la chimica una scienza sperimentale, usa grandezze sperimentali e sperimentabili. Il numero di molecole non lo è, direttamente. Il merito di Avogadro è che avendo determinato il suo numero, lo ha reso inutile (un numero di avogadro di qualcosa è una mole, e le moli si usano). Sono sperimentabili invece peso e assorbanza, per esempio (per usare due grandezze proporzionali al numero di moli, e quindi di molecole). Le molecole non sono palline, non le posso manipolare una ad una in bulk, che sia una soluzione o una pallina di zucchero. Se C è la concentrazione (inizialmente misurabile) e n il numero di diluizioni, C tende a zero con n. Per n vicino al limite (ed oltre i limiti di rilevabilità del soluto) con n+1, n+2, n+10 C resta all'incirca 0 (i limiti funzionano così). Una molecola in soluzione è approssimabile in molti modi, ma non con una miscela di palline bianche e nere. Messa così è difficile? Pazienza. Ma usare aritmetica, e non matematica, palline, conta di molecole è grottesco. E finché tale lo si dichiara può anche andar bene, ma quando lo si fa passare per Scienza o chimica è piuttosto osceno.
Con queste conte assurde si finisce per arrivare dalle parti di paradossi millenari come quello di Achille e la tartaruga, liquidati da tempo dall'analisi matematica (con il conto di molecole o palline ad un certo punto si arriva alla frazione di molecola o pallina, paradossale perché fisicamente insensata). E' un problema di modelli, un pessimo modello che porta ad un paradosso solo ad uso polemico resta un modello orrendo, e se diventa virale fa un pessimo servizio alla rappresentazione della chimica.

Qual'è l'analogia tra la conta di palline/molecole e Achille e la tartaruga? Che nel caso di Achille la serie converge, e nel caso delle diluizioni la successione ha un limite.
Formalizzando, la concentrazione, nel caso delle diluzioni centesimali, è rappresentata da una banale esponenziale negativa:

 

e


dove C è la concentrazione ennesima, C0 la concentrazione della soluzione madre, n il numero di diluizioni. In realtà la concentrazione molare ha un'estremo inferiore dell'intervallo di definizione , 1/6.022*10^(-23), oltre cui la grandezza perde di significato. Questo punto corrisponde a n= [-1/2 log(C/C0)] con C=1/6.022*10^(-23). Ma il comportamento della successione rimane quello, come se 0 fosse l'asintoto.

La successione tende a 0 piuttosto rapidamente (ma l'unica condizione per cui C=0 per ogni n (nel campo di definizione) è C0=0. Semplice, compatto, aderente alla realtà sperimentale. La sua aderenza alla realtà sarebbe perfetta, perché come diceva Giambattista Vico, "l'uomo conosce quel che fa". Ma c'è sempre di mezzo l'errore. Questo è metodo scientifico, il resto chiacchere.

LA TERIACA



AVVERTENZA: questo post contiene lingue morte in tracce e può causare reazioni avverse.

Quella veneziana è stata forse una delle versioni più note della della teriaca, che ha origini greco antiche ben raccontate nell'articolo qua sotto. Il termine deriva dalla latinizzazione del greco θηριακή.
La teriaca non si limita ad essere archeologia farmaceutica, è un τόπος, anzi, un ἀρχέτυπον. E' l'idea del preparato salvifico, che quindi ha a che fare più con la metafisica che con la fisica, intesa come φυσική , ovvero scienza naturale, inerente la natura sensibile.
L'archetipo della teriaca, in quanto tale, è indistruttibile. La sua ultima incarnazione sembra essere il vaccino (quel vaccino che non è un'opinione) , come categoria farmaceutica  - o quasi farmaceutica, visto lo status regolatorio e normativo delle formulazioni vaccinali.
Da questo punto vista è l'esatto contrario di un altro τόπος, comunemente noto con l'espressione inglese "magic bullet". Il proiettile magico, che colpisce solo la causa della malattia e non altro.
Il magic bullet è un τόπος comparso forse per la prima volta con gli antibiotici: l'antibiotico ammazza il batterio, non danneggia te (relativamente facile, visto che il batterio è un procariote e per esempio la sua membrana è decisamente diversa da quella delle tue cellule eucariotiche).
Il magic bullet implica specificità, la teriaca è "one size fits all".
L' incarnazione ( ὑπόστασις) della teriaca è pre-scientifica, regressiva, mentre il magic bullet implica una capacità di discriminare, la decifrazione della complessità.

La ragione del greco antico in questo post su facebook dovrebbe apparire ovvia. Il greco antico ci ha dato (nel senso che ha dato alla cultura occidentale) vocaboli che ancora persistono nelle nostre lingue, altri il cui sfaccettato significato si è perso tramite la traduzione latina, come λόγος, che pure riecheggia in tutte le nostre "logie" e "ology". La mia "line of work" ha invece un nome che viene dall'arabo, الخيمياء, ma tra le tante cose che ci hanno lasciato i greci (tra cui troviamo l'atomismo, anche se Leucippo certo non si immaginava atomi scindibili) ci sono le prescrizioni dei sette saggi, οἱ ἑπτὰ σοϕοί, di cui forse la più importante è  γνῶθι σαυτόν. Sulla pagina di SIlvestri appare un intervento che conclude:  "(i negazionisti) sono circondati da uno stuolo di seguaci fedeli che li seguono qualsiasi cosa scrivano, anche la piu' falsa e stupida"; forse sarebbe bene dare un occhio ai commenti sotto i post dei propri sodali e "amici". Affinché i supposti "giusti"  non si trasformino sempre più in un' immagine speculare dei propri antagonisti .

(Sul link qua sotto un unico appunto: θηρίον significa "bestia", "animale selvatico", non animale velenoso o altrimenti specificato. Ah, a questo proposito, φάρμακον significa sia medicamento che veleno)

http://chifar.unipv.it/museo/Teriaca/Teriaca.htm

mercoledì 18 aprile 2018

CHIMICI E CHIMICI (NEL PHARMA)

La ristrutturazione selvaggia a cui è stata sottoposta l'industria farmaceutica mondiale, che ha cominciato a procedere con un'intensità ben rilevabile all'incirca dal 2005, ha distrutto posti di lavoro ma sopratutto cultura industriale. E proprio quella cultura industriale che, per quanto fallibile e perfettibile, aveva nei decenni messo a punto quel "così si fa" che ha garantito lo sviluppo della maggioranza dei farmaci ad oggi disponibili.
In quei contesti un project manager doveva aver presente il lavoro di tutte le funzioni coinvolte nello sviluppo del prodotto. Ma i chimici con funzioni operative no. Tra il chimico medicinale, impegnato a mettere a punto un farmaco sperimentale, e il chimico di processo, il cui ruolo  è metterne a punto la produzione nel modo quanto più possibile economico, sicuro e affidabile, le vedute sono diverse. Lo sforzo del chimico medicinale è nel sintetizzare in qualsiasi modo qualcosa che possa funzionare. L'attività nei saggi biologici e nei modelli animali è tutto. Le quantità che bastano a coprire queste attività sono dell'ordine del grammo, delle decine o centinaia di milligrammi. Se ha successo, la sintesi che ha sviluppato (in realtà il più delle volte è "hanno sviluppato") capita sulla scrivania di un responsabile dello sviluppo chimico (o nella sua email) con note tipo "mezzo chilo il prima possibile per le tossicologie", oppure "scale up e processo produttivo da includere nell'INDA entro quattro mesi"). Costui legge la sintesi e spesso inizia a imprecare: reagenti costosissimi o tossici, volumi di reazione spropositati, solventi incompatibili con l'uso umano negli ultimi passaggi, utilizzo estensivo di tecniche cromatografiche per purificare prodotto e intermedi. Sono stato da entrambe le parti della barricata, e non so qual'è quella più stressante: "non riusciamo ad avere attività nanomolare" o "non riusciamo a cristallizzare il prodotto".
C'è una vecchia storiella al riguardo.
Un giovane chimico che lavora nei laboratori della Farmaceutica X sta sintetizzando tutte le sue variazioni per ottenere un composto migliore di quelli finora realizzati appartenenti a un data classe. A un certo punto gli arriva una telefonata dai piani alti: "X2643 va bene, lo mandiamo avanti, manda la procedura sintetica all'impianto pilota". Lui mette assieme la procedura e la trasmette all'impianto pilota con la posta interna. E poi continua con le sue sintesi, senza pensarci più.
Due mesi dopo gli arriva una telefonata dal responsabile del pilota "Ciao, com'è che isolavi X2643?". Lui va a riguardare sul quaderno di laboratorio e legge "Il solvente viene rimosso evaporando sotto vuoto" "Si, ok, ma il solido come lo recuperavi?" "Grattandolo dalle pareti del pallone con una spatola" "Benissimo, siccome siamo a quel punto, ti dispiace scendere da noi, con una spatola, diciamo lunga quattro metri?".


ANTIBIOTICI - 1 - PASTA SUL CONIGLIO

L'allevamento intensivo non può fare a meno degli antibiotici, perché nelle condizioni di produzione l'infezione di un soggetto significa avere in un amen un capannone, una vasca, o una zona marina recintata con gli individui infettati dal primo all'ultimo. E quindi, chemoprevenzione: sulfamidici con i conigli, chinolonici col pesce,direttamente nel mangime, ogni giorno (e aggiungerei cloramfenicolo coi crostacei, mentre col pollame si sono usati anche antivirali - secondo qualcuno l'amantadina come antiinfluenzale è durata poco perché specie in Asia veniva usata senza ritegno). Inutile precisare che gli Istituti Zooprofilattici fanno controlli a campione sui residui di questi farmaci negli animali destinati al commercio.
Ma, se poi si finirà per parlare di resistenza, voglio cominciare questa miniserie di post in modo più frivolo, cioè con la pasta sul coniglio.

L'uso caratteristico era con pappardelle, ma pasta corta (tortiglioni o penne) e anche tagliatelle potevano andare. Abbondante battuto di cipolla, sedano, carota, uno spicchio d'aglio anch'esso tritato. Meglio i pelati che la passata di pomodoro, e non doveva essere troppo rosso. E poi chiaramente il coniglio. Fatto a pezzi, per la corretta riuscita del sugo andava usata anche la testa, intera (poi scartata) e soprattutto il fegato. Il fegato, tritato e buttato in pentola assieme al soffritto. Un piatto unico di tradizione campagnola, in un colpo solo hai il sugo per la pasta e la carne per secondo. Aggiungi il contorno e sei a posto. Ho il ricordo vivissimo dell'odore del sugo di coniglio in via di preparazione.
Perché ho parlato al passato? Perché l'ultima volta che ho cucinato questo piatto è stato con un coniglio allevato in casa, artigianale, di chi teneva anche pollaio e orto. Il suo fegato era scuro (color fegato, appunto), sodo, compatto - in una parola, sano.
Mi era capitato tempo prima di provarci con un coniglio preso al supermercato. Era stato confezionato senza testa, e vabbè. Ma il fegato era lì: beige chiaro, di un colore malato. Un fegato spappolato: odore "sbagliato", consistenza molle, si sbriciolava a toccarlo: inutilizzabile.
Un effetto collaterale delle condizioni di allevamento industriale.
Un effetto collaterale frivolo, perché come dicevo l'uso di antibiotici negli allevamenti industriali è indicato tra le cause dell'insorgere di ceppi batterici resistenti agli antibiotici.


martedì 17 aprile 2018

DURO O MORBIDO? DOVE NON SI PARLA DI TORRONE, MA DI MODELLI


(Post ostico e con trattazione matematica, che piacerà ai soliti e molto meno a tutti gli altri, ma contiene elementi concettuali importanti)

Prendiamo una classica reazione con cinetica del primo ordine:

N2O5(g) ⇄ N2O4(g) + ½ O2(g)

Per praticità chiamiamo A la concentrazione (in realtà una pressione parziale) di N2O5(g) . La velocità di reazione (la velocità di scomparsa di A) può essere scritta come -dA/dt, dove t è il tempo, e sarà:

-dA/dt=kA

Dove k è la costante cinetica per questa reazione. k incorpora la dipendenza della velocità di reazione dalla temperatura. E' una costante  a temperatura costante, ma della temperatura è funzione: k=Ae^(-Ea/RT), e notare bene che qui A è il fattore preesponenziale, e non ha a che fare con la concentrazione A che abbiamo usato nell'equazione cinetica. Ea è l'energia di attivazione, R la costante dei gas, T la temperatura. Ma noi lavoriamo sull'equazione cinetica a temperatura costante, quindi esplicitare k non serve.
Integrando l'equazione differenziale avrò A=A°e^(-kt), dove A° è la concentrazione iniziale di N2O5(g). Se andrò a misurare la concentrazione di N2O5 nel tempo, troverò valori che staranno sul grafico di questa curva esponenziale negativa.
Quindi, se per una qualche reazione chimica ipotizzo correttamente una cinetica di primo ordine (o pseudo primo ordine) potrò "fittare" i miei dati con un'esponenziale, anzi, per farla più facile posso passare ai logaritmi naturali e fittarli con una retta, ovvero trovare un valore di k per cui la distanza tra i punti sperimentali e la retta è minima (perché i punti non stanno esattamente sulla retta? A causa dell'errore sperimentale).
 In generale se prendiamo i nostri punti sperimentali possiamo verificare secondo alcuni criteri l'ordine della cinetica di reazione, e quindi con quale tipo di funzione fittare i punti.
E questo è un modello "hard", ovvero io "impongo" questo modello sui dati sulla base delle mie conoscenze sul fenomeno.

Nella sintesi chimica i modelli hard hanno una caratteristica: funzionano bene per sistemi relativamente semplici, ma possono essere una perdita di tempo per sistemi molto complicati. E ci sono moltissimi casi in cui sappiamo quali possano essere le variabili che giocano nel comportamento del processo, ma non abbiamo nessuna idea di quale sia il loro peso, di come e quanto contribuiscano. E allora che si fa? Si passa ai modelli soft. Visto che non ho un modello funzionale da "imporre" ai miei dati, lascio che sia l'analisi dei dati stessi a suggerire un qualsiasi modello.
Facciamo un esempio abbastanza standard. A+B danno C+D, la reazione è catalizzata da un acido ed essendo la reazione esotermica (ovvero sviluppa calore), viene effettuata in semicontinuo, cioè aggiungendo ad una certa velocità B ad A. Non ci interessa individuare con esattezza quali sono i meccanismi coinvolti, ci interessa massimizzare la resa in C. Che si fa? L'approccio classico è cominciare a variare una grandezza alla volta per ricavare quale influenza ha sui risultati. Abbastanza lungo, macchinoso, assolutamente non pratico, dato che le variabili sono quantità totali di A e B, quantità del solvente, dell'acido, temperatura, velocità di aggiunta di B.
Ma d'altra parte è ragionevole pensare che la mia resa in C, che chiamerò y, sia una funzione di un qualche tipo di tutte le variabili elencate (che chiameremo xi con i che va da 1 a n):

y=f(x1, x2, .... xn) + e             (dove e è un parametro).

Questa funzione può essere espressa da una serie di Taylor (https://it.wikipedia.org/wiki/Serie_di_Taylor), e verrà fuori:

y= β°+ β1 x1+ β2 x2+...+ β1,2 x1x2+...+  β1,1 x1^2+... + βn,n xn^2+...+ R(x)+e

(i termini β corrispondono a derivate)

Visto che per la maggior parte delle applicazioni chimiche basta arrivare ai termini quadratici della serie, si può eliminare R(x) in quanto trascurabile e senza avere nessun tipo di idea su come i vari meccanismi del processo contribuiscono a y abbiamo comunque un "attrezzo generico" da utilizzare per trattare i nostri dati sperimentali. Vi risparmio l'algebra matriciale, ma in questo modo è possibile un approccio multivariato: invece che cambiare il valore di una variabile alla volta, posso cambiare più variabili contemporaneamente in una sequenza di combinazioni che mi rende possibile con un numero limitato di esperimenti ottenere i valori di βn.  Verrà fuori che di tutti i termini della serie alcuni avranno  β trascurabile, e quindi saranno ininfluenti, mentre altri costituiranno contributi più o meno importanti a y (ovviamente otterrò valori di β validi entro gli estremi dei dati sperimentali, non estendibili al di fuori di questo spazio). In questo modo posso capire quali sono le variabili che veramente giocano nel processo, perché quelle xn sono quantità iniziali, velocità di aggunta, etc.
Non ho "proiettato" nessuna teoria sui dati, mi sono limitato a osservarne e ad analizzarne il comportamento. Questo è l'approccio del Design Of Experiments, e se dovessimo applicarlo alla prima reazione di questo post, otterremmo risultati coerenti con una cinetica del primo ordine.

EPATITE C: LO SVILUPPO DEGLI INIBITORI DI NS3/4A (LA COSTRUZIONE DELLA CATTEDRALE)

"Macrociclizzazione.

Esperimenti di risonanza magnetica nucleare avevano indicato che i peptidi di questa serie si distendevano in una configurazione ben definita (P1-P4), e che le catene laterali P3 e P1 stavano in prossimità l'una dell'altra (si parla del complesso legante-proteina, NdCS). Fu ipotizzato che la penalità entropica della complessazione con la proteasi potesse essere ridotta prearrangiandando la conformazione biologicamente attiva. Quindi le catene laterali P3 e P1 vennero connesse, creando un inibitore macrociclico."

E di nuovo notate che ciluprevir fu mollato a causa della sua tossicità in vivo. Ma ha funzionato da proof of concept. L'invenzione dell'inibitore macrociclico avvenne in Boheringer, dove erano partiti dagli inibitori non ciclizzati (sviluppati da Merck e Vertex) .Altri, in altre aziende, partirono dal macrociclo Boheringer, e nel gioco delle lead optimization alla fine, come abbiamo visto, AbbVie ha avuto la meglio con Mavyret.
L'analogia con la costruzione di una cattedrale gotica è abbastanza calzante, solo che qua (come in tante altre storie della chimica medicinale) il progetto finale veniva definito dalle singole intuizioni raggiunte e dai singoli dettagli realizzati in corso d'opera. E come spesso succede, alla fine, non è stata premiata l'intuizione chiave, ma la molecola che meglio si è comportata nell'uomo (cosa assolutamente imprevedebile a priori). Il che dimostra, ancora una volta, che quanti parlano di farmaci "me too", o di "conoscenze di pubblico dominio usate per profitti industriali" non sanno quel che dicono: in questo campo un atomo di carbonio in più, o in meno, nel punto giusto, può fare una differenza immensa.
Gli "skilled in the art" avranno piacere a leggersi la storia dall'inizio alla fine nella review del link.

https://www.diva-portal.org/smash/get/diva2:787019/FULLTEXT01.pdf


Detto ciò, una nota. Il drug development è in generale un campo multisciplinare, dove sono coinvolte chimica, biologia e medicina. Se dei biologi non avessero individuato, purificato e messo su saggi di inibizione di NS3/4A, i chimici non avrebbero avuto un bersaglio, né mezzi per valutare il proprio lavoro, cioè l'attività di quel che veniva sintetizzato. Senza ricercatori clinici non si sarebbe trovato il dosaggio ottimale e quindi il risultato dei trial clinici. Quindi tra i costruttori della cattedrale ci sono anche biologi e medici.

lunedì 16 aprile 2018

DIETA E TUMORI - POLIFENOLI DEL TE' VERDE


E' ovvio che pensare di curare questo o quel tumore con la dieta sia idiota (e che proporlo sia criminale). Da qui a liquidare l'argomento alimenti chemoprotettivi scagliandosi contro chiunque lo affronti (se pur in modo improprio) o per esempio faccia un nome ("curcuma", tipicamente) ce ne corre.
"The medicinal chemistry of Anticancer Drugs" (C.Avendano, J.C. Menendez, Elsevier, 2008) ha l'ultimo capitolo dedicato al controverso tema della chemoprevenzione, che però include anche esempi tutt'altro che controversi di chemoprotettivi presenti in alcuni cibi. Cominciamo dal tè verde:

"I polifenoli del tè verde (epicatechina gallato e epigallocatechina gallato, p.e.) sono potenti scavenger di radicali che sono stati estensivamente studiati come agenti chemopreventivi. In questo caso la stabilizzazione del radicale fenolico è dovuta all'estensiva delocalizzazione dell'elettrone spaiato sull'anello aromatico e sul sostituente p-acilico, e anche all'ingombro sterico dei vicini ossidrili. Uno studio clinico di fase due ha studiato la modulazione da parte di queste sostanze dell'escrezione urinaria di 8-idrossideossiguanosina (8-OHdG), un biomarker del danno ossidativo del DNA. I risultati ottenuti suggeriscono che la chemoprevenzione con polifenoli del tè verde sia efficace nel diminuire il danno ossidativo al DNA."


CONTI SBALLATI E BALLE SEMPLICI (vaccini e aspirina)

L'epidemiologo organico si getta contro la campagna su reazioni avverse e segnalazioni. (https://www.facebook.com/PLopalcoPublic/posts/513921238990304)
E con buona ragione, 21.658 reazioni avverse segnalate nel biennio 2014-2015 non ci sono. Ma non ci sono neanche le 12.645 che dice il professore. Tabella pagina 31 del report nella forma breve: Vaccini Batterici, 2271 segnalazioni nel '14, 2282 nel '15; Vaccini Virali, 8549 segnalazioni nel '14, 1586 segnalazioni nel '15. Totale: 14.688.

Altro particolare non trascurabile: "Comunque aspirina e tachipirina producono più segnalazioni di qualsiasi singolo vaccino", dice l'epidemiologo. Mah. Fermo restando che AIFA raccoglie più segnalazioni su farmaci che su vaccini (e il discorso segnalazioni andrebbe approfondito, e non poco), sullo stesso rapporto, alla stessa pagina, stessa tabella, si registrano per i vaccini morbillosi  5.217 segnalazioni nel '14, 596 nel '15. Per la tachipirina invece dal 2002 ad oggi sono state registrate 3.415 segnalazioni, in Italia. Dal 2002 ad oggi (Fonte: Eudravigilance, ultima release). Ah, per l'aspirina 8.363 segnalazioni in Italia. Sempre dal 2002 a oggi. Stessa fonte. Il solo consumo di cardioaspirina, per dare un'idea, è di circa dieci milioni di compresse all'anno. Quindi, minor numero di segnazioni a fronte di maggior consumo/somministrazione.

DIETA E TUMORI - LE CRUCIFERE, SENAPE INCLUSA


(Dove, a scanso di equivoci, si continua a parlare di chemoprotezione, ovvero di prevenzione)

Quando si parla di crucifere di solito si parla di glucosinolati e mirosinasi, che vengono in contatto quando la pianta è danneggiata, producendo sulforafano.
Ma le crucifere contengono anche 1,2-ditiolo-3-tioni. L'attività chemoprotettiva di questi composti sarebbe correlata allo stimolo del metabolismo di fase due, il principale pathway di eliminazione degli xenobiotici (o se vogliamo usare la parola che crea così tanto scandalo di questi tempi, la detossificazione). Studi su un'analogo sintetico, l'Oltipraz, un agente sviluppato come antielmintico, hanno verificato che questa classe di composti stimola la produzione di GST (glutatione-S-trasferasi), che è l'enzima che si occupa di "attaccare" una molecola di glutatione agli xenobiotici elettrofilici, tra cui ci sono per esempio i prodotti ossidativi del metabolismo di fase I delle aflatossine (epossidi) e altri metaboliti cancerogeni. Una volta che l'"estraneo" è stato coniugato al glutatione, è inattivato e "taggato" per l'eleminazione via escrezione.
Considerata la stabilità media della classe di composti, questi dovrebbero resistere quanto basta a trattamenti termici prolungati (cottura)
Torniamo ai glucosinolati. Principalmente si parla di glucorafanina, trasformata dalla mirosinasi (sempre presente nella pianta, ma in cellule diverse, che la rilasciano in seguito a stress meccanico) in sulforafano. E quindi stiamo parlando di quella frazione solforata che viene distrutta/ossidata durante la cottura. Quindi, se parliamo di alimenti, i benifici esistono solo in caso di insalata di cavolo crauto (detto anche cappuccio) e probabilmente anche nei crauti propriamente detti. E nella senape (il che forse spiegherebbe qualcosa sul fatto che le abitudini alimentari dei tedeschi non conducano a un numero incredibile di esiti nefasti sulla loro salute). E questo alla faccia di chi ha fatto questioni di principio sulle manie crudiste dicendo "meglio cotto comunque".
La glucorafanina ha senso come integratore alimentare puro? A regola no, visto che manca l'attivazione della mirosinasi. Il sulforafano invece? Forse. Anche lui come i 1,2-ditiolo-3-tioni, eserciterebbe la sua azione potenziando l'attività del metabolismo di fase due, ma non esistono ad oggi evidenze cliniche di precisi benefici. Quindi, meglio insalata di cavolo. Saltando di ortaggio in ortaggio, il sulforafano è parente strettissimo della rafanina, contenuta in broccoli, cavolo rosso ma soprattutto nei ravanelli. La rafanina esula dal discorso chemoprotettivi: ha proprietà antivirali ed antibatteriche. Isolata manifesta una tossicità troppo alta per l'uso terapeutico, ma le proprietà antiinfettive e antimicotiche dei ravanelli erano ben note alla medicina tradizionale cinese.

Effetti collaterali delle crucifere sono noti da tempo e messi nero su bianco nel XIX secolo da Pellegrino Artusi (L'arte del mangiar bene), che parlando del cavolfiore lo definisce "il re dei venti".

Fonte prevalente anche stavolta "The medicinal chemistry of Anticancer Drugs" (C.Avendano, J.C. Menendez, Elsevier, 2008)

ONCOLOGIA, DALLA PROSPETTIVA DEL LABORATORIO: OSIMERTINIB

Interessante articolo su come sono stati gestiti dal lato clinico gli inibitori di EGFR per i tumori del polmone.
https://www.facebook.com/roberta.villa.94/posts/10211998588340193

EGFR è una chinasi, uno dei più famosi target oncologici assieme a VEGFR (altro fattore di crescita, altra chinasi). EGFR fu scoperto da Stanley Cohen, che per questo prese il Nobel assieme alla Montalcini (che aveva scoperto un altro fattore di crescita), ed è passata una trentina d'anni.
Quindi un inibitore EGFR ( o VEGFR) non sarebbe una novità eclatante (ce ne sono in giro da più di quindici anni, tra piccole molecole e anticorpi). Ma osimertinib, approvato ad Astra Zeneca nel 2015, è un rappresentante dell'ultima generazione: inibitori covalenti di chinasi.
Vedete quella codina, il gruppo più in basso nella formula qua sotto? E' la "testata". E' un'acrilammide, e quindi un accettore di Michael. Il che significa che prende nucleofili presenti sui residui degli amminoacidi di una proteina e ci si lega con un legame covalente. E questo è uno dei motivi per cui fino a pochi anni fa davanti agli accettori di Michael si avevano perlopiù reazioni scomposte. Sunitib stava per essere scaricato nell'immondizia, dopo che Pfizer comprò la Sugen, perché a qualcuno sembrava che potesse avere un carattere di accettore di Michael.
Poi però davanti ai risultati preclinici di composti del genere ci si è dovuti arrendere all'evidenza: se la molecola è costruita nel modo giusto, riesce ad essere selettiva.
E osimertinib è selettivo, perché il resto della molecola è costruito come una chiave per una specifica serratura. La serratura è il sito catalitico della proteina (EGFR, in questo caso), costruito dall'evoluzione per coordinare una molecola di ATP. Osimertinib grazie alla sua struttura trova la "serratura" e con la "testata" ne blocca irreversibilmente l'ingranaggio (precisamente "catturando" lo zolfo della cisteina C797 di EGFR). Qual'è la sua utilità? E' con la mutazione T70M che caratterizza in molti casi le cellule tumorali che hanno acquisito resistenza agli inibitori di vecchia generazione
(e la resistenza a osimertinib si sviluppa ovviamente con mutazioni di C797).
Per cui il suo uso è diretto ai tumori che presentano questa specifica mutazione, T70Mm, che deve essere verificata prima del trattamento. E di questo e simili parlano i medici intervistati da Roberta Villa.


ENTROPY (IN THE UK)

Il Regno Unito non c'entra, ma non ho resistito alla tentazione. E poi la termodinamica è figlia della rivoluzione industriale e della macchina a vapore, quindi un po' di accento inglese gli è restato e tra i grandi nomi che ne hanno costruito l'impalcatura nel XIX secolo ci sono due inglesi (tra cui un Lord) e uno scozzese.
Dato che è capitato di parlare di entropia, e che ancora se ne parlerà, mi sembra giusto spendere due parole al riguardo.
L'entropia viene correntemente definita come una "misura del disordine".
Dimensionalmente è un'energia fratto una temperatura, e costituisce il nucleo del secondo principio della termodinamica. Principio che può essere espresso in vari modi, e quello più conciso è questo: dS≥0, dove S è appunto l'entropia. Il che dice che l'entropia di un sistema chiuso (o dell'universo, anche se questo è stato motivo di discussione) o resta costante o cresce. Non diminusce mai.
Si potrebbe dire che tra l'altro l'entropia è il prezzo pagato per lo svolgimento di lavoro meccanico, qualcosa che un ingegnere di macchine a vapore dell'800 doveva avere ben presente.
Qual'è il rendimento (η) di una macchina di Carnot ?(Chi non sa di cosa si tratti può tranquillamente non preoccuparsene e considerarla una black box, basti sapere che funziona con due fonti termiche e T1>T2).   η=(T1-T2)/T1. Il rendimento è 1 (ovvero tutto il calore viene trasformato in lavoro) solo a T2=0°K. Per temperature maggiori di 0°K nella trasformazione del calore in lavoro si perde qualcosa, che va a finire in entropia (o meglio in T*S).
Aneddoto: quando ero giovane e pendolare usavo un treno locale su cui viaggiava un trio di ingegneri giovani quanto me che lavoravano tutti e tre nella stessa azienda (anni in cui la disoccupazione non era a due cifre). Un giorno parlando di un vecchio grosso motore a nafta pesante uno di loro dichiarò ridendo "Una volta partito puoi anche alimentarlo a ghiaino fine, tanto va a entropia".

Esiste un'entropia specifica, per la materia. Cristallo di ghiaccio, basso contenuto entropico, aria rovente, alto contenuto entropico. E i sistemi viventi? Qualcuno provò ad inquadrarli da un punto di vista termodinamico...

L'ATTIVITA' DELLA TRASCRITTASI INVERSA IN MPR E ALTRO: UN EXCURSUS STORICO

Sempre su segnalazione di Joe di Baggio, un' interessante review storica sul problema della contaminazioni virali e retrovirali nei vaccini. E' lungo e ben articolato ma, per ricollegarsi al post di ieri, riassumo in breve su MPR e sospetti di retrovirus.
Nel 1995 viene trovata attività di trascrittasi inversa (da ora in poi RT) nei vaccini MPR. Il che fa sospettare contaminazione da retrovirus ignoto con ignoto impatto sulla pubblica salute. Il punto è nel metodo. All'università di Zurigo mettono a punto un protocollo di altissima sensibilità per rilevare RT, il protocollo PERT. E si cominciano a trovare tracce di RT dove prima non se ne vedevano. Viene messa sotto la lente di ingrandimento la linea cellulare di pollo che viene usata per la produzione di MPR e si trovano le medesime tracce. Per MPR si usa pure una linea cellulare umana e lì nessuna traccia. Nell'antiinfluenzale prodotto con le uova, nemmeno.
A questo punto si sono mosse FDA e WHO e tutti cercano di capirci qualcosa. Se si levano di mezzo le cellule di pollo non c'è abbastanza MPR per supportare i programmi di immunizzazione in corso, quindi considerando che da un punto di vista epidemiologico non ci sono segnali preoccupanti, si continua ad indagare. E quello che viene fuori, nel tempo, è che quella bassissima attività di RT rilevata è endogena, ovvero prodotta dalle stesse cellule di pollo - il pollo come altre specie presenta nel proprio DNA sequenze retrovirali rimaste lì in centinaia di migliaia di anni di evoluzione. E traduco la parte finale della sezione, "Lesson learned":
"Nel trattare con possibili contaminazioni virali dei vaccini in commercio, la verifica scientifica delle evidenze riportate, la valutazione del rischio e varie possibili opzioni di azione hanno bisogno di un veloce input da parte degli esperti, e i risultati devono essere trasparenti. Quando sono coinvolti vaccini di importanza globale, i benefici della discussione a livello internazionale, della condivisione di informazione, e della cooperazione durante tutto il processo sono di immensa importanza.
Quando vengono sviluppati nuovi metodi per la rilevazione di agenti avventizi (contaminanti biologici, NdCS), questi devono essere valutati dal punto di vista della specificità. In questo caso il nuovo metodo stava rilevando un marker di retrovirus endogeni, elementi LINE, e anche polimerasi cellulari, invece che un retrovirus infettivo. Le informazioni sulla performance di ogni nuovo test devono essere disponibili prima dell'applicazione di questi test a vaccini, substrati cellulari e materie prime al fine di evitare interpretazioni errate e sopravvalutazione dei risultati dei test"

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1045105614000748

COLCHICUM, COLCHICINA, TIOCOLCHICOSIDE



La tubulina è una proteina dimerica che polimerizzando costistuisce i microtubuli, filamenti intracellulari di una certa importanza, anche perché durante la mitosi formano il fuso mitotico.
I dimeri di tubulina sono in costante equilibrio dinamico coi microtubuli. Bloccare l'equilibrio da una parte o dall'altra (inibire la polimerizzazione o stabilizzare il microtubulo) provoca l'arrestamento della mitosi alla transizione metafase/anafase, portando alla morte della cellula. Stabilizzatori e destabilizzatori di microtubulo, in quanto antimitotici, sono stati quindi sviluppati come antitumorali. Ne esistono tre classi, che si legano a siti diversi della tubulina. Ci sono il sito della vinca, il sito dei tassani, e il sito della colchicina. Ma la colchicina, pur avendo avuto un gran ruolo negli studi sulla mitosi, non è stata usata come antitumorale, se non in veterinaria.
E' l'alcaloide che rende tossico il colchico, e il suo uso non è precisamente una cosa recente.
L'estratto di colchico è citato nel papiro Ebers (Egitto, 1500 AC) come antireumatico. Dioscoride, I sec, in De Materia Medica, lo cita come rimedio per la gotta. L'uso dell'estratto di colchico continua nei secoli ma solo nel 1833 si arriva alla purificazione dell'alcaloide, battezzato colchicina da Geiger, il chimico che lo cristallizzò. Ma per arrivare a determinarne la struttura si dovettero attendere gli anni 50 del secolo scorso.
L'effetto anti gotta della colchicina è comunque dovuto alla sua affinità per la tubulina (la depolimerizza ad alte concentrazioni, mentre a basse concentrazioni stabilizza i microtubuli). Questo deprime la motilità dei neutrofili con effetto antiinfiammatorio.
La storia della colchicina una decina di anni fa incrocia la Unapproved Drug Initiative: ci sono in giro farmaci vecchissimi, che non sono mai stati sottoposti ai test e ai trial richiesti dai farmaci moderni. Le agenzie federali americane non hanno soldi per recuperare i prodotti di reale utilità finanziando i trial, e così offrono incentivi ai privati. E nel 2009 URL, una piccola farmaceutica di Philadelphia, presenta una NDA (New Drug Application) per la colchicina. Il farmaco viene approvato e il prezzo di una compressa sale da 9 cent a quasi 5 dollari. Poi nel 2012 arriva Takeda che compra URL e  il prezzo sale ancora.
Come vedete dalle formule esiste un'altro alcaloide parente stretto della colchicina, la tiocolchicina. Poche differenze, uno zolfo al posto di un ossigeno. E infatti l'attività è all'incirca la stessa, ma la tiocolchicina è più nota per il suo 3-O-glucoside, meglio noto come tiocolchicoside. Con il glucosio attaccato cambia tutto. I glicosidi sono abbondanti nelle specie vegetali, e quelli che hanno attività farmacologica spesso la devono all'aglicone (ovvero alla molecola senza lo zucchero attaccato), che si forma durante il metabolismo del composto - esempio classico tra i classici, la salicina. Ma nel caso del tiocolchicoside il glucosio fa parte del cosiddetto "farmacoforo".
Il 3-O-glicoside della tiocochicina è un antagonista GABAA, del recettore della glicina, di nAChRs -  un rilassante della muscolatura striata, il muscoril. Utile in quelle situazioni traumatiche in cui la contrattura muscolare, che sarebbe un meccanismo di difesa dell'organismo, diventa un problema serio e debilitante. Ma come già accennato nel nostro corredo enzimatico (e in quello della nostra flora intestinale) ci sono glucosidasi e glucositrasferasi, cioè enzimi che si preoccupano di staccare molecole di glucosio (ed eventualmente trasferirle altrove). E quindi il principale metabolita del muscoril è la 3-O-demetiltiocolchicina, che essendo praticamente tiocolchicina esercita la propria attività citotossica. Per questo per compresse o infusione il muscoril può essere somministrato solo per pochi giorni, mentre con pomate e simili le cose vanno molto meglio.

THINGS THAT GO "BOOM!" - I

La sintesi chimica non è cosa semplice: solventi per lo più infiammabili e tossici o irritanti, reagenti corrosivi, caustici, piroforici, tossici. E in più l'inaccortezza e l'ignoranza possono provocare incidenti la cui gravità cresce con la scala della sintesi. Le cose possono prendere una piega esplosiva quando meno te l'aspetti.
Anni fa accanto a me, alla stessa mia cappa, un collega provava a recuperare altro prodotto dalla cristallizzazione di un nitrofenilglicoside; aveva concentrato le acque madri, e non era successo niente, aveva raffreddato il concentrato e ora stava filtrando. All'improvviso, BOOM!. La quantità era piccola, quindi fu un boom! in tono minore, ma comunque polverizzò una piccola beuta da vuoto. La cosa fece storia. Dopo l'episodio saresti potuto entrare in laboratorio chiedendo a gran voce "Quando si recupera un secondo crop di un nitrofenilzucchero?" e avresti ottenuto come risposta all'unisono un sonoro "MAI!".
Pure azidozuccheri, si facevano, e finivano in un progetto di proteomica che veniva portato avanti dall'università. Sintetizzavano analoghi peptidici. Ci stava dietro una post doc. Un giorno mi chiamò.
"Visto che avete fatto tutti questi azidozuccheri ci servirebbe un'altra azide, tipo la glicina, ma con l'azide al posto dell'ammina"
"Cioè acido azidoacetico."
"Sì, potete farlo?"
"No."
"Perché?"
"Perché esplode. Estremamente instabile. Si potrebbe fare l'estere etilico, ottenerlo come soluzione al 10%"
"Concentrato no?"
"No."
"Perché?"
"Perché esplode."
"Oddio, e ora come facciamo, non riusciamo a finire la sintesi"
"Potreste usare acido cloroacetico, o bromoacetico, e come ultimo passaggio sostituire cloro o bromo con l'azide."
"Grande idea, grazie!"
"Ah, ma non fatelo in diclorometano a caldo"
"Ma noi di solito usiamo diclorometano a caldo. Perché?"
"Perché si forma diazidometano."
"E che fa?"
"ESPLODEEEEE!"

Nel video uso ludico del potassio metallico da parte di un gruppo in un laboratorio universitario yankee

THINGS THAT GO "BOOM!" - II - I CHIMICI FISICI


Di solito si pensa alle esplosioni come a fenomeni prodotti da composti esplosivi o miscele esplosive.
Nei laboratori universitari più intensivi e stressanti (duravano mesi, all'epoca) durante i tempi morti c'era chi si dava all'attività ricreativa: azoturo di iodio, correttamente denominato nitruro di iodio (esplosivo poco potente ma molto instabile, quando secco, che detona rilasciando nuvolette viola di vapori di iodio), variazioni sulla termite, combustibili solidi per razzi, fumogeni e via dicendo. Un professore di chimica industriale, di scuola nattiana (riposi in pace) raccontava di un suo tesista fortemente avverso ai fumatori che faceva lotti di fulminato di mercurio da qualche grammo, e ci minava i posaceneri dell'Istituto. Quando uno spengeva una sigaretta, BAM, rumore di fucilata e posacenere per aria.
Ma le esplosioni si possono verificare anche per aumento di pressione in un contenitore chiuso. Potete gonfiare un palloncino fino a farlo scoppiare, ad esempio. Vedere un reattore da 3000 l deformarsi perché qualcuno ha caricato velocemente bicarbonato per neutralizzare una miscela acida lasciando chiusi gli sfiati è molto più spaventoso, da quel che mi hanno raccontato.
Dalle nostre parti chimici fisici e chimici teorici non erano animali da laboratorio e sicuramente non avevano attitudine per preparazioni e sintesi. Ma non erano alieni al fascino dei botti. A causa delle loro inclinazioni, usavano mezzi diversi.
Si raccontava di un austero professore che in gioventù, da fan del ghiaccio secco, era uso con molta pazienza inserire pezzettini di anidride carbonica solida in palloncini sgonfi, d'inverno. Li chiudeva legandoli e li inseriva tra gli elementi dei termosifoni delle aule. Quando il calore trasformava il ghiaccio secco in anidride carbonica gas, BAM!.
Un altro incredibile soggetto aveva un autentico amore per l'azoto liquido. L'unico che abbia mai visto sgattaiolare fuori dall'Istituto a sera con un dewar da cinque litri di azoto liquido sotto l'impermeabile. "Uso scherzi", diceva lui.
In realtà stava perfezionando il suo botto all'azoto liquido.
Usava bottiglie di plastica, di quelle stondate, a sezione circolare. Il problema era che il tappo non era a tenuta, e sfiatava, rilasciando gas e impedendo l'accumulo di pressione nella bottiglia. Colpo di genio, risolse il problema con un sigillo di ghiaccio. Riempì la bottiglia di azoto liquido quasi completamente, poi aggiunse acqua che immediatamente ghiacciò, espandendosi, e garantendo così la perfetta tenuta.
Mi raccontò che solo dopo averlo fatto si rese conto di avere un botto innescato in mano. Velocemente aprì la porta di casa, lo mise a una buona distanza dalla soglia, e corse di nuovo dentro chiudendosi la porta alle spalle.
I minuti passavano e non succedeva niente. Pensando di aver ancora fallito nell'esecuzione aprì la porta per vedere cosa stava succedendo. La bottiglia era ancora lì, ma non era più una bottiglia, era una sfera con un tappo blu. Chiuse velocemente la porta, giusto un'attimo prima del boato. Il vicinato si affacciò alle finestre, in allarme, pensando ad una fuga di gas.
Niente del genere, nessun danno a nessuna cosa. "Uniche tracce rimaste, un tappo di plastica blu e qualche goccia d'acqua", mi disse.

Nel video, rischi connessi alle bombole di gas compresso: questa aneddotica non deve far venire idee balorde a nessuno, i gas compressi sono PERICOLOSI.

THINGS THAT GOO "BOOM!" - PICRATI

L'acido picrico (o TNP, che sta per TriNitroPhenol) è perlopiù noto come esplosivo secondario, ma ha una lunga storia di altri usi (da colorante in biologia-microscopia a disinfettante).
Negli anni ruggenti veniva usato dai chimici organici per caratterizzare le ammine, con la formazione del relativo picrato di ammonio. Perché, come vedete dal video, è un potente mezzo per tirar giù sali cristallini (nel video il picrato di ammonio cristallizza da acqua).
Non ti veniva il cloridrato, il solfato o l'emifumarato? Col picrato passava la paura, impossibile fallire.
La formazione del picrato era uno dei saggi di una disciplina di fatto estinta, l'analisi qualitativa organica.
"L'acido picrico si combina con le ammine per dare composti (picrati) che hanno punti di fusione caratteristici.", così il Vogel's Textbook of Practical Organic Chemistry.
Il punto di fusione. E vi giuro, che ogni volta che ho letto riportati punti di fusione del picrato di questa o quella ammina ho sempre riso. C'era scritto il più delle volte accanto "dec.", che sta per "decomposizione". Quindi immaginavo qualcuno che infilava qualche cristallo polverizzato in un capillare, lo collocava assieme al termometro in un tubo di Thiele e poi con un bunsen iniziava a scaldare l'olio. 195, 196,197,198,199,200, 201 °C, capillare esploso, registrato sul quaderno di laboratorio "punto di fusione 201°C, dec.".

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...