giovedì 19 aprile 2018

NUMERO DI AVOGADRO, CHIMICA COME SCIENZA HARD ETC

Qualcuno aveva gentilmente richiesto una spiegazione precisa su perché il contar molecole non va bene nell'argomento standard dei chemical illiterates contro l'omeopatia, e mi è parso giusto levare la risposta da una coda dei commenti per dargli la giusta visibilità, facendola predecere da una doverosa premessa.

Cos'è che distingueva i corsi di laurea in chimica e chimica industriale da quelli in farmacia, CTF, biologia (e medicina), dal punto di vista degli esami fondamentali?
Due corsi biennali di matematica (istituzioni di matematica, esercitazioni di matematica), un corso biennale di fisica, un corso biennale di chimica fisica: otto esami con un alto contenuto di matematica, e non otto esami da poco, nell'antico ordinamento - esisteva anche un corso biennale di esercitazioni di chimica fisica (poi è arrivato il nuovo ordinamento, poi è arrivato il 3+2 e le cose sono cambiate, quando non nella forma nella sostanza).
Questo perché la chimica è una scienza hard che della matematica (e non dell'aritmetica) non può fare a meno. Per fare un esempio, la cinetica chimica non può fare a meno del calcolo differenziale. Ed è solo un esempio tra tanti possibili, i principi della spettroscopia di risonanza magnetica nucleare sono un'altro che mi viene in mente.
I modelli di cui la chimica si avvale sono costruiti sull'analisi matematica, fatti di analisi matematica. Oggi chi legge al computer uno spettro HNMR vede oscillazioni smorzate, preme il pulsante FT e ottiene lo spettro. Premendo FT è stata applicata al segnale acquisito una trasformata di Fourier, una black box ormai, per la maggioranza di coloro che svolgono l'operazione. Un tempo così non era, quando chi la effettuava era un chimico.
Oggi alle volte sembra che medici, biologi molecolari etc considerino la chimica "un altro ricettario" (vedendola ad immagine delle proprie discipline?). La chimica con  tutti i suoi rami invece ricettario non è....

Dov'è il grottesco delle varie conte di molecole? Essendo fino a prova contraria la chimica una scienza sperimentale, usa grandezze sperimentali e sperimentabili. Il numero di molecole non lo è, direttamente. Il merito di Avogadro è che avendo determinato il suo numero, lo ha reso inutile (un numero di avogadro di qualcosa è una mole, e le moli si usano). Sono sperimentabili invece peso e assorbanza, per esempio (per usare due grandezze proporzionali al numero di moli, e quindi di molecole). Le molecole non sono palline, non le posso manipolare una ad una in bulk, che sia una soluzione o una pallina di zucchero. Se C è la concentrazione (inizialmente misurabile) e n il numero di diluizioni, C tende a zero con n. Per n vicino al limite (ed oltre i limiti di rilevabilità del soluto) con n+1, n+2, n+10 C resta all'incirca 0 (i limiti funzionano così). Una molecola in soluzione è approssimabile in molti modi, ma non con una miscela di palline bianche e nere. Messa così è difficile? Pazienza. Ma usare aritmetica, e non matematica, palline, conta di molecole è grottesco. E finché tale lo si dichiara può anche andar bene, ma quando lo si fa passare per Scienza o chimica è piuttosto osceno.
Con queste conte assurde si finisce per arrivare dalle parti di paradossi millenari come quello di Achille e la tartaruga, liquidati da tempo dall'analisi matematica (con il conto di molecole o palline ad un certo punto si arriva alla frazione di molecola o pallina, paradossale perché fisicamente insensata). E' un problema di modelli, un pessimo modello che porta ad un paradosso solo ad uso polemico resta un modello orrendo, e se diventa virale fa un pessimo servizio alla rappresentazione della chimica.

Qual'è l'analogia tra la conta di palline/molecole e Achille e la tartaruga? Che nel caso di Achille la serie converge, e nel caso delle diluizioni la successione ha un limite.
Formalizzando, la concentrazione, nel caso delle diluzioni centesimali, è rappresentata da una banale esponenziale negativa:

 

e


dove C è la concentrazione ennesima, C0 la concentrazione della soluzione madre, n il numero di diluizioni. In realtà la concentrazione molare ha un'estremo inferiore dell'intervallo di definizione , 1/6.022*10^(-23), oltre cui la grandezza perde di significato. Questo punto corrisponde a n= [-1/2 log(C/C0)] con C=1/6.022*10^(-23). Ma il comportamento della successione rimane quello, come se 0 fosse l'asintoto.

La successione tende a 0 piuttosto rapidamente (ma l'unica condizione per cui C=0 per ogni n (nel campo di definizione) è C0=0. Semplice, compatto, aderente alla realtà sperimentale. La sua aderenza alla realtà sarebbe perfetta, perché come diceva Giambattista Vico, "l'uomo conosce quel che fa". Ma c'è sempre di mezzo l'errore. Questo è metodo scientifico, il resto chiacchere.

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