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giovedì 20 febbraio 2025

ESPERIMENTI IN CUCINA: LA TERZA VIA, TRA KABOOM E CRISTALLI BLU - by Starbuck

Il weekend trascorre a casa in solitaria per recupero da una serie di malanni da raffreddamento, mentre il resto della famiglia è in gita da parenti. Mangio gli avanzi del pranzo del venerdì in piedi davanti al camino, mentre concedo uno sguardo al cellulare. Ed ecco la foto dell’ "impiatto perfetto" del CS, che –per pranzo altrettanto solitario – confeziona manicaretti dal bell’aspetto.

Perché ammettiamolo pure, il finesettimana giù al Nord Europa –prendi un aereo e vai a trovare un vecchio amico – ha anche questo tra i suoi vantaggi: i chimici cucinano. Tendenzialmente bene. Ora a dirla tutta il CS non copre l’area "baking", cioè non fa torte: in passato avrei rotto ogni rapporto per molto meno, però in questo caso compensa con sformati e sformatini e cotture a forno a vapore, per cui... l’amicizia tra noi è ancora salda. Già, i chimici cucinano. Si stupiva la mia collega di ufficio appena arrivata (un'ingegneria in qualcosa) che il tipo burbero in fondo al corridoio al pranzo di team avesse cucinato spettacolarmente: "E ci credo, è un chimico! I chimici tre cose: kaboom, cristallini blu e cucina. Ah, lavano i piatti in maniera spettacolare!”

Si perché di queste tre cose si parla alla fine nei finesettimana o nei uotsap “col CS”:

1)      Argomento tipo 1 – e risate, ovvero roba che è saltata: KA-boom! Si va dal posacenere con il fulminato di mercurio ai reattorini da 5l, passando per il goccio di azoto liquido in bottiglia di plastica, ma il repertorio è piu’ ampio e sodio e magnesio non mancano mai di essere citati;

2)      Argomento tipo 2 – e futuri alternativi -: racconti di tizio e caio e delle loro sintesi alternative o al limite del legale e della famigerata alternativa di lavoro in Messico-e-Nuvole come ultima scialuppa al definitivo crollo della chimica europea;

3)      Argomento tipo 3 – mentre si sorseggia vino, con sguardo attento: come far convivere funghi e tonno felicemente o creare una carbonara di carciofi (con la mia solita conclusione “per me va tutto bene basta che non cucino io stasera”)

Non è un caso che l’omino di Breaking Bad facesse saltare laboratori con fulminato d’argento, o che l’altro omino di Smetto quando voglio, fosse finito a lavorare in una cucina (nota: non ho visto nessuno die due, ma il precedente collega polacco, scienze naturali, mi teneva aggiornata tra un “non puoi non guardarlo!” e un “devi guardarlo!”, e poi si addormentava alle due del pomeriggio sullo spettrofotometro...)

O poi, non è vero, tra chimici si parla anche occasionalmente di altro, di musica ad esempio o se prendere l’ombrello o meno “che quasi fuori piove” - giù al Nord Europa il meteo è quello lì, e anche il poker cambia acronimi - ma le tre vie del chimico sono sempre quelle lì.

NdCS: Quanto a esperimenti in cucina il progetto di ricerca in corso riguarda l'ottimizzazione di un crostino di petto d'anatra al vino. Parametri: numero di foglie di alloro, numero di bacche di ginepro, tipo e quantità di vino. Nell'esperimento n*1 per un petto di anatra una foglia di alloro, 6 bacche di ginepro, due bicchieri di porto bianco. Risultato: buono, ma ulteriore ottimizzazione necessaria. D'obbligo un cetriolino sottaceto per un crostino piccolo. Da indagare la possibile marinatura nel vino del petto d'anatra prima della cottura (lunga, almeno 5 ore a fuoco basso, per ottenere pulled duck).

martedì 25 giugno 2024

IL FARMACO, LA FIRMA, I MEDIA (ITALIANI)

Nella vulgata mediatica l'accento è sempre stato su "scoperto il gene della malattia X, cura in tre anni" (immensa bestialità). Stanley Cohen divise il Nobel con la Montalcini e la differenza tra i due è che fu il lavoro di Cohen ad aprire la strada agli antitumorali targeted mentre quello di Montalcini ha avuto ricadute assai meno rilevanti che offrono un quadro in chiaro/scuro: se nel 2018 è stato approvato Cenergemin, la Montalcini è stata anche la madrina del Cronassial, con la sua brutta storia. Notare che in Italia Cohen è un emerito sconosciuto mentre Montalcini è stata vista come la personificazione della scienza.

Comunque tornando a Stanley Cohen si narra che un gionalista ai tempi del Nobel gli chiese: "Professore, siamo arrivati alla cura per il cancro?". Lui rispose "Beh, al momento diciamo che se sei un topo immunodeficiente a cui è stato impiantato un tumore umano hai buone speranze". Questa è tra quel che mi ricordo la miglior raffigurazione possibile di come i media si pongono davanti certe scoperte (e come se le immaginano), mentre dall'altra parte c'è la dura realtà della ricerca e dello sviluppo farmaceutico. Notare bene: l'attitudine di Stanley Cohen pare sia del tutto estinta, oggi.

Sì, perché puoi aver scoperto "la molecola" più figa del mondo in vitro ma deve anche rispondere a tutti i criteri di un candidato clinico (si va dalla solubilità alla farmacocinetica fino ad un modello animale in cui il lead candidate è efficace), deve superare i test tossicologici ufficiali, due e su due specie di taglia diversa (e diversi lead candidate non li superano). Arrivare a superare i test tossicologici ovviamente non basta, servono i trial clinici di fase I, II, III. Piccolo particolare: per svolgere i trial clinici c'è bisogno del farmaco con cui svolgerli. A questo riguardo c'è un passo chiave: il primo batch GMP.

Per arrivare al primo batch GMP di principio attivo occorre avere, banalmente, un processo industriale per la sua produzione. E qua casca l'asino, perché no, la sintesi di laboratorio con cui il composto è stato ottenuto di solito non è direttamente industrializzabile . Il lavoro per rendere la sintesi industrializzabile è quello del chimico di processo, che viene svolto in parallelo a quello dello sviluppo analitico - perché di solito per le analisi vale quello che vale per la prima sintesi e difficilmente i primi metodi analitici possiederanno i requisiti richiesti dal GMP riguardo a Limit Of Detection, Limit Of Quantification, range di linearità e tutto il resto. Alla fine tutto il lavoro viene riassunto nel Master Batch Record e nei metodi di analisi in esso citati. Il Master Batch Record, usualmente edito da un responsabile dello sviluppo chimico (di solito quello che ha guidato il lavoro dei chimici di processo), viene rilasciato dopo revisione dal "regolatorio" (perlopiù indicato come Quality Assurance). Il Master Batch Record contiene l'insieme dettagliato delle istruzioni per la produzione, ed è un documento fisso. Poi sarà il responsabile dello sviluppo chimico a chiedere la stampa di una sua copia controllata, firmando la sua emissione e tutti i dati da lui inseriti. Dopo di che consegnerà la copia controllata compilata all'impianto pilota e ne seguirà l'esecuzione (perlomeno in linea di principio). La firma (datata) è un pezzo irrinunciabile della Good Documentation Practice (attribuibilità del dato). Ma in pratica il responsabile dello sviluppo mette la sua firma, letteralmente, sul primo batch GMP.  

Tutto questo lavoro dura mesi, il più delle volte. Mesi anche quando c'è semplicemente da replicare un processo perché il primo batch GMP c'è già stato. Mi ricordo che in tempi di pandemia, 2020, un medico su twitter mi chiese quanto tempo sarebbe servito per cominciare a produrre remdesivir in Italia. Io gli dissi che nella migliore delle ipotesi sarebbero serviti 3-4 mesi, avendo a disposizione l'impianto cGMP, le materie prime, tutta la documentazione tecnica e porte spalancate da parte di AIFA.  Il medico rimase allibito.

Ci sono da considerare tre aspetti molto rilevanti. In primo luogo la maggior parte delle volte tutto il lavoro che ho descritto finirà nel nulla. o  marginalmente su un articolo, per esempio su Organic Process Research and Development. In secondo luogo, di solito, tra il primo batch GMP e i trial di fase III passa qualche anno (lo sviluppo di Paxlovid in tempi di COVID è stato un caso più unico che raro). Terzo e ultimo si tratta comunque di un lavoro di gruppo, anzi di gruppi coordinati tra loro (e poi c'è tutta la ricerca clinica, i trial, la parte più costosa di tutte). Tutto questo è quel che fa la differenza tra avere un farmaco approvato e non averlo, che a naso non mi sembra una differenza da poco (pun intended).

Quindi, per ritornare all'inizio di questo post, in fin dei conti anche "il farmaco della Montalcini" (come fu chiamato Cenergemin) è stata un'altra  distorsione. Perché Montalcini scoprì e studiò NGF (la scoperta che gli fatto vincere il Nobel), ma non gli è mai saltato in mente che una sua versione potesse essere usata per trattare la cheratite neurotrofica, negli anni seguenti (diventò invece la madrina del Cronassial). Quindi dalla scoperta della Montalcini (1956)  ad avere nel 2018 un recombinant human Nerve Growth Factor capace di passare tutta la trafila di cui ho parlato più sopra per quella indicazione un po' ce ne corre e infatti il farmaco risulta sviluppato da Anabasis Pharma, Dompé e Ospadale San Raffaele. Inoltre cenergimin è l'unico farmaco della sua classe, mentre a fare un elenco degli inibitori EGFR/VEGFR approvati (Cohen/Napoleone Ferrara) si fa notte.

Ma nel 2018 l'unica versione in Italia era quella data dai quotidiani.

https://www.repubblica.it/salute/medicina/2018/01/26/news/via_libera_al_farmaco_di_rita_levi_montalcini_una_cura_per_una_malattia_rara_degli_occhi-187327644/


Ma non solo... nell'imbarazzante discorso elettorale che Margrethe Vestager, commissario europeo alla concorrenza (uscente), venne a fare in Italia (2019), l'oratrice parlò di ruolo fondamentale di Rita Levi Montalcini nella ricerca contro il cancro (!). Probabilmente il discorso glielo aveva scritto un italiano che forse per ignoranza, forse per volere esercitare una captatio benevolentiae sopra le righe, decise di attribuire alla Montalcini i meriti del suo colaureato Nobel (Cohen). Questa "particolare inclinazione" dei media italiani è ancora lì (segnalazione di Marilena Falcone, "C'è un nuovo divulgatore in città!") : un ex operaio nella vigna dell' Oxford University (uno dei tanti postdoc) nei media italiani è diventato "L'immunologo del vaccino AntiCOVID": un libro pubblicato da Piemme, ripetuti giri d'onore mediatici, costante presenza social. Il pacchetto completo, in breve. Eppure non è che ci sia da andare così fieri di avere avuto una parte in quel vaccino, che tanto per cambiare fu ripetutamente battezzato "vaccino italiano" perché a IRBM vennero prodotti i primi batch clinici - una storia allucinante. Inutile dire che secondo la BBC "il nuovo divulgatore in città" nel quadro complessivo di quel discutibilissimo vaccino (eufemismo) era invisibile e la protagonista era una donna. Nazione che vai, propaganda che trovi, ma la cialtroneria dei media e dei giornali italiani in materia costituisce un benchmark negativo senza concorrenti.

E fin qui le "leggere esagerazioni". Parlando di realtà invece chi guidò lo sviluppo di Isentress, il primo inibitore di integrasi di HIV approvato da FDA, resta un emerito sconosciuto, anche se italiano. Se negli ultimi 15 anni c'è stato un farmaco molto importante ad avere davvero un' "autore" principale è stato pembrozulimab (Keytruda). Eppure Greg Carven resta un signor nessuno, almeno in Italia e su tutta wikipedia. Ma del resto in Italia (e altrove) chi al tempo si aspettava le acclamazioni fu trattato come un farabutto profittatore. Non da ultimo non il Nobel alla Kariko, ma come è stato raccontato: nella vicenda dei vaccini mRNA sono stati i lipidi cationici a fare la differenza. E' inutile girarci attorno. Per questo C&EN titolava così:

https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/10/nobel-al-mrna-una-serie-di-fortunati.html
 

Nel frattempo dal fantastico mondo de lascienzaquellavera, della comunitàscientificainternazionale, mi arriva un messaggio: "Congresso con italiani che si presentano in pessimo inglese". Poi magari si fanno i selfie e li postano su un social per far vedere quanto sono internescional. And that's all, folks.

giovedì 8 giugno 2023

ALEKSANDR PORFIR'EVIC BORODIN

Di questi tempi c'è una certa tendenza a cancellare da storia e cultura tutto ciò che è russo. Un'impresa improba, perché la mole dei fatti e delle opere da obliterare è immensa, Pensate per esempio a quando, esauritasi la spinta del romanticismo, in musica sono emerse le cosiddette "scuole nazionali". Il contributo russo fu dominante: Rimskij-Korsakov, Tchaikovsky, Musorgskij...  Gli ultimi due giocano una parte di primo piano in Fantasia, entrando definitivamente nell'immaginario della cultura di massa occidentale.

 
Ma arriviamo a Borodin. Più noto agli amanti della musica classica che presente nei grandi media, resta uno dei grandi nomi: Il Principe Igor e quant'altro. Personalmente di Borodin ho da sempre nell'anima il Notturno del Quartetto D'Archi N°2 (https://www.youtube.com/watch?v=uTtyBJTstVk), che esibisce uno dei temi più struggenti della seconda metà dell'ottocento, un tema che non ha niente da invidiare a certi di Cesar Franck e Fauré. 
Ma pochi ricordano che Borodin fu un chimico, e non un chimico da poco. Sintetizzò il primo composto organico del fluoro, e lo fece durante il suo soggiorno a Pisa, nel laboratorio di Cannizzaro e Piria. (immagine presa da "Reazioni tricolori: aspetti della chimica italiana nell'età del risorgimento" di Marco Ciardi)
 

giovedì 16 marzo 2023

QUANDO INIZIAI

Quando iniziai ero un ragazzino, ancora negli "enti". Mi ricordo benissimo il culture clash, dall'università all'industria, e un collega più anziano di una decina d'anni quando mi disse: "Devi guardare il gradiente". "Il gradiente di che? Quale gradiente?", pensai. Lo avessi detto ad alta voce la risposta sarebbe stata "Il gradiente tra temperatura di camicia e temperatura del batch, bischero!". E comunque sarei stato fortunato, perché in altri contesti c'erano periti di lungo corso che avevano tra le loro missioni principali dimostrare che una laurea non serviva a niente, e quindi non servivano a niente neanche i laureati. Triste ma vero, spesso ci riuscivano pure. Mettetelo pure sul piatto della bilancia a favore di chi ha lungamente parlato dell'arretratezza tecnologica della piccola-media impresa dei tempi. In alcuni casi i responsabili di produzione erano veri serpenti, con la mitologia del caporeparto eroico che aveva chiuso la perdita dalla valvola di fondo di un reattore a mani nude, e il reattore era pieno di fosforo ossicloruro. Gente che se gli avessi letto le moderne linee guida HSE (Health, Safety, Environment) ti avrebbe preso per scemo. In breve la "cultura" industriale che aveva prodotto l'incidente di Seveso e quello della Farmoplant era ancora ben presente. E spesso remava contro, cioè contro le nuove generazioni, mentre di solito erano prostrati per terra davanti al nuovo direttore ex questo e quello (e c'erano stabilimenti in cui il turn over dei direttori era piuttosto frequente). Però...

Però devo dire che al tempo uscire da un corso di laurea "pesante" le basi te le dava tutte, e in qualche misura anche la capacità di usarle. E la differenza tra un chimico organico e un chimico industriale stava nel fatto che il secondo di chimica fisica (e matematica) applicata qualcosa aveva fatto.

Com'è che dal lavoro per un processo di estrazione di un prodotto naturale (un caso strano e non banale) si fosse arrivati allo studio di un equilibrio liquido vapore non me lo ricordo.
Ma ad un certo punto il responsabile del laboratorio mi chiese: "Tu che sei industriale, si può ricavare la curva di equilibrio di vapore per questa miscela di solventi?"
"Sperimentale o calcolata?" Chiesi a mia volta. Il responsabile fece una telefonata e lo sentii girare la mia domanda.
"Quanto tempo per la curva calcolate?"
"Due giorni".
Il responsabile salutò il suo interlocutore e mise giù il telefono. Al che ci fu una veloce riunione con lui e il senior chemist. Il boss mi disse: 

"Serve per un multiplo effetto, sai di che si tratta?"
"Come no."
"Come pensi di tirarla fuori? Che ti serve"
"Mi servono temperatura e pressione operativa degli effetti. E la curva per ogni effetto la tiro fuori con l'equazione di Antoine." Risposi.
"Ah, Antoine! Se sei buono ti tirano le pietre..." Commentò il senior chemist.

L'uscita era giustificata dal fatto che l'equazione di Antoine è roba da chimici industriali e ingegneri chimici, per l'appunto. E' un'equazione empirica derivata dalla equazione di Clausius Clapeyron



dove R è la costante dei gas , P la pressione, T la temperatura, L il calore latente di evaporazione per la sostanza pura in esame (so sorry, non è colpa mia se le equazioni differenziali sono così pervasive nelle scienze).. Integrando si ottiene la sua forma più usata:



(dove c è una costante) A questo punto qualcuno si starà chiedendo di cosa diavolo sto parlando. Beh, sto parlando di evaporazione (e condensazione), fenomeni appena rilevanti nel mondo che ci circonda (pensate al ciclo dell'acqua tra superficie terrestre ed atmosfera). E piuttosto rilevanti in chimica, visto che hanno a che fare con la distillazione. E quindi con il recupero di un solvente costoso in un processo chimico, per esempio. Forse qualcuno non avrà fatto caso a quella R. Costante dei gas : Clausius Clapeyron tratta il vapore di un equilibrio liquido-vapore come un gas perfetto. Piccolo problema: i vapori della maggior parte dei liquidi nelle condizioni più tipiche non è affatto detto che si comportino da gas perfetti. E quindi nel 1888 Louis Charles Antoine, che era un ingegnere chimico (e dunque abbastanza poco interessato a teorizzare su gas ideali, di base) propose la sua equazione:



dove P è la tensione di vapore (la pressione dei vapori in equilibrio con la relativa fase liquida), T la temperatura, A,B,C costanti da determinare sperimentalmente. In pratica si trattava di un'equazione con cui fittare dati sperimentali. Come ci si poteva aspettare venne fuori che l'equazione fittava bene con gli stessi coefficienti ricavati solo in determinati intervalli di T e P per una sostanza pura. Ma comunque da allora si cominciarono a tirar fuori i coefficienti di Antoine per svariati intervalli di T e P per la maggior parte dei composti chimici. Ai tempi dell'episodio che ho citato la fonte primaria per questi dati era International Critical Data Tables, rigidamente cartaceo, accessibile come una vasta collezione di volumi nella biblioteca di ingegneria. Ormai da anni i dati dell'equazione di Antoine si trovano su NIST Chemistry WebBook 

 

Nell'immagine (da NIST) il plot dell'equazione di Antoine per n-esano sulla base di due set di valori dei coefficienti determinati per due diversi intervalli di temperatura. (Nell'episodio che ho citato non avevo a che fare con una sostanza pura, ma con una miscela binaria di solventi, utilizzai l'approccio "miscela ideale di componenti non ideali" e funzionò benissimo).

Erano altri tempi... in due anni il mio stipendio sarebbe più che raddoppiato. Oggi, a prezzi costanti, il mio salario è circa quattro volte il mio salario in ingresso quando iniziai. Ma è così perché non lavoro né vivo in Italia, la patria della stagnazione salariale.

venerdì 24 febbraio 2023

GIULIO NATTA (DA UN PUNTO DI VISTA PERSONALE)


Ho avuto a che fare con Giulio Natta, come altri della mia generazione e oltre. 

Ci ho avuto a che fare sotto la forma del Natta-Pasquon, testo di chimica industriale su cui hanno studiato per anni i chimici industriali italiani.
Al tempo (il tempo dei miei esami di Industriale I e II) la cosa mi pareva scontata: la chimica industriale era all'80% chimica fisica applicata.
Invece scontata non lo era, la cosa. Era scontata per gli ingegneri chimici, che così avevano da decenni impostato la propria disciplina. Ma gli ingegneri erano ingegneri, e guardavano più a fluodinamica e scambio termico principalmente applicati a reattori in continuo, con relativamente scarsa attenzione ai meccanismi chimici coinvolti. Giulio Natta, nato ingegnere, era diventato un chimico a tutti gli effetti, e per la chimica ebbe un Nobel.
La sua impostazione ha finito con l'essere impostazione delle ultime generazioni di chimici industriali italiani, e ha avuto pari peso nell'impostazione dei programmi per chimici degli Istituti Tecnici Industriali.
Dall'introduzione del Natta-Pasquon:

Quando nel 1938 fui chiamato ad insegnare Chimica Industriale al Politecnico di Torino, e successivamente a quello di Milano, dopo aver insegnato, come professore di ruolo, Chimica Generale a Pavia e Chimica Fisica e Roma, mi ripromisi di impostare il corso in modo ben diverso da come era stato fatto fino ad allora nei Politecnici e nelle Università italiane.
I programmi tradizionali infatti suddividevano gli a argomenti a seconda delle analogie di proprietà e di impiego dei principali prodotti chimci di produzione industriale... Generalmente i corsi avevano un carattere descrittivo... Fin dall'inizio mi ero ripromesso di svolgere un programma che fosse più formativo che informativo e che spiegasse i concetti fondamentali della Chimica Industriale e delle vie da seguire per ottenere le massime rese ed i minori prezzi di costo. A tale scopo venivano richiamati alcuni concetti della termodinamica. già in parte sviluppati da un punto di vista teorico nei corsi di Chimica Fisica... Veniva inoltre sviluppata, da un punto di vista generale, la Cinetica Chimica, in particolare dei processi catalitici.


All'epoca mi guardai bene da leggermi l'introduzione del Natta-Pasquon, assolutamente irrilevante ai fini della preparazione dell'esame. Riletta anni dopo testimonia uno dei meno noti meriti di Giulio Natta: l'aver radicalmente riformato la didattica della chimica industriale in Italia, rendendola una tipicità italiana dal punto di vista formativo, appunto.
Ho avuto e ho a che fare sul lavoro con ingegneri chimici e chimici di altri paesi europei, e ho avuto svariati contatti con chimici americani. In contesti di sviluppo e produzione, con rare eccezioni, non ho mai trovato colleghi più preparati ad affrontare i problemi di un laureato italiano in chimica industriale (vecchia scuola). Merito di Giulio Natta.

http://www.giulionatta.it/pdf/pubblicazioni/00537.pdf

venerdì 9 dicembre 2022

CHIMICA: CERCARE LAVORO (ONLINE)

 


Mi ricordo di aver in passato promesso ad alcuni giovani di stilare un piccolo vademecum su come trovare lavoro (lasciando perdere annunci diretti delle aziende, career fair etc), una promessa fino ad ora rimasta in sospeso. La mantengo ora, aggiungendo qualche considerazione di carattere generale.

In primo luogo in un mercato dove la domanda (di lavoro) è alta e l'offerta scarsa succede che

1) Chi offre lavoro ha il coltello dalla parte del manico

2) Gli intermediatori (le agenzie di reclutamento) si possono permettere di tutto, tra cui ricavare le loro entrate da chi il lavoro lo cerca quanto dalle aziende che a loro si rivolgono per selezionare candidati.

E' esattamente il caso italiano. Non farò i nomi delle più note agenzie e piattaforme, ma prima vi chiedono soldi per l'iscrizione, poi vendono i vostri dati (e la vostra casella postale si riempirà di spam pubblicitario). Se proprio non potete fare a meno di rivolgervi a loro mi spiace per voi. E' il mercato degli avvoltoi, motivato dall'agganciarvi perché alla fin fine forse guadagnano sui numeri: poche le aziende che assumono, una moltitudine chi cerca lavoro.

C'è linkedin, ovviamente, e l'account base è gratis. Efficacia: bassina, specie se siete agli inizi. E se vi limitate allo stagno italiano al 90% la musica è sempre la solita, e vi ritroverete a cliccare su posizioni magari accattivanti ma... gestite dall'agenzia che vi chiede i soldi dell'iscrizione. Questa cosa non è lì da 5 o 10 anni. Ha radici più lontane nel tempo. Mi ricordo, negli anni 90, un collega più anziano che si era affidato a degli italici cacciatori di teste, aprendo il portafoglio (e alla fine andò bene). 

Inutile ripeterlo, per questa, come per tante altre cose, tutto il mondo non è paese, ma manco per niente. Tre anni fa ricevevo una telefonata al giorno o giù di lì da headhunters anglosassoni, e non avevo cacciato un euro, o una sterlina. E si fecero vivi pure quelli svizzeri.

Ma veniamo ai lettori più interessati al tema, che non hanno un CV pesante perché si sono appena laureati, o sono in procinto di farlo, o hanno finito il master o il PhD, o sono in procinto di farlo.  A costo di essere noioso, la panoramica sarà per anglofoni (inglese almeno B2). Mi spiace, ma non parlando tedesco del vasto mercato germanofono posso dire ben poco (tranne che i non germanofoni lì hanno possibilità inferiori agli altri).

In primo luogo limate bene il vostro CV in inglese: ho avuto un giovane collega britannico che avendo il parente da una vita nelle Human Resources ha avuto una consulenza gratuita  e qualificata. A volte non si riesce a mettere insieme al meglio i CV più pesanti, con quelli leggeri, di chi è agli inizi, il formato e i il modo di esporre i contenuti del CV, ahimé, sono anche più importanti. Se non avete a portata di mano un aiuto qualificato gratuito fate da soli o, per questo specifico scopo, pagate qualcuno (i servizi del genere sono numerosi e disponibili online). La triste verità è che il vostro CV dovrà catturare l'attenzione di un HR officer, che di solito della vostra specializzazione scientifica non capisce niente. Il vostro CV deve parlare a lui, in primo luogo. Perché se lui non da l'ok difficilmente potrà passare ad altri per una seconda valutazione tecnico-scientifica (e vi garantisco che l'uomo delle HR può girare ad altri per la seconda valutazione orrori inconsistenti, che però avevano saputo scrivere bene il proprio CV).

Dopodiché iniziamo a parlare di risorse web.

1) Giornali. Tra tutti, consiglio la bacheca di New Scientist, che sotto questo profilo almeno non è decaduto nei decenni (https://jobs.newscientist.com/en-gb/). Anche Nature ha una bacheca di offerte di lavoro, ma per il mio settore e da questo lato dell'Atlantico è del tutto irrilevante.

2) Pharmiweb (https://www.pharmiweb.com/). Principalmente orientato sulla ricerca clinica e medica, ma c'è anche altro.

3) Totaljobs (https://www.totaljobs.com/). Poco da dire, se guardare verso UK questa dovrebbe essere la vostra prima scelta. Anche perché il servizio ha due lati, quello che interessa voi, che cercate lavoro, e quello per le aziende che offrono. E, ve lo posso dire per esperienza, le Risorse Umane delle aziende lo usano, eccome.

4) Linkedin, ma dovete impostare bene i vostri criteri di ricerca. Se restringete allo stagno italiano potreste finire scoraggiati dal deserto. Guardate fuori, EMEA, Regno Unito.

5)  Cvlibrary (https://www.cv-library.co.uk/), un po' come Totaljobs. Offrono a pagamento un servizio di revisione del CV.

6) Checkmark Recruitment (https://checkmark.nl/en/) copre il mercato olandese. Che ha caratteristiche proprie, ma è un mercato non da poco per candidati con un inglese almeno B2. I reclutatori dutch preferiscono candidati che già risiedono nei Paesi Bassi, per esempio per studio.

7) Su twitter seguite Chemjobber (https://twitter.com/chemjobber). Prevalentemente US oriented, ma non solo.

Beh, direi che questa piccola paronamica è il poco che avevo da offrire. Lo avevo promesso, tempo fa, e tanto dovevo.

venerdì 7 ottobre 2022

DOPPIETTA!

 


Per il dettagli rimando a Marco Bella (https://www.ilfattoquotidiano.it/.../il-secondo.../6829911/).
Sharpless si prende il suo secondo Nobel. Per quelli che non sono esattamente novellini Sharpless=epossidazione entioselettiva. Ma visto che l'uomo non era proprio a secco di munizioni, voilà: la click chemistry. Ovvero rezioni tra alchini e azidi catalizzate da rame per dare triazoli *in condizioni blande* quindi adatte ad essere usate su molecole grandi e complesse (proteine, DNA). Il che l'ha resa un attrezzo molto usato per "taggare" tali molecole, di solito con pendagli fluorescenti.
Questo ha fatto sì che più di uno abbia detto che questo avrebbe dovuto essere o è un Nobel per la Biologia (che non esiste). I Nobel per la chimica da anni vengono divisi tra biologi e chimici (un anno a te, un anno a me - sarebbe anche ora che si prendessero una casa per conto loro).
E quindi? E quindi faccio notare che si chiama click chemistry, quella per cui Sharpless ha avuto il suo secondo Nobel. Non click biology. Statece.

domenica 25 settembre 2022

CHIMICI, RESISTENZA, CONTESTAZIONE



Appartenendo ad un'altra parrocchia, per quanto vicina, di certe vicende fiorentine ho conoscenza di seconda mano. Ma me le hanno raccontate e riraccontate, come quelle riguardanti alcuni aspetti della vicenda di Luigi Sacconi.
Sacconi (https://toscano27.wordpress.com/i-compagni-di-firenze/luigi-sacconi/), ex partigiano, barone universitario, è figura storica estremamente istituzionale, non inquadrabile altrove che nella sinistra falce e martello, quella del partito clandestino prima del 45 e poi del PCI del dopoguerra.

Eppure... durante la turbolenta fine degli anni sessanta il suo assistente e braccio destro Paoletti fu bersaglio di lancio di monetine in aula, ed emerse lo slogan "Sacconi e Paoletti fascisti perfetti".
E non è che gli studenti contestatori ignorassero il curriculum di Sacconi. Quello che bollavano come fascista era l'autoritarismo con cui esercitava il suo ruolo accademico. Per fare un esempio al riguardo ho sentito narrare che all'epoca, alla fine di un esame, si rivolse al membro più giovane della commissione dicendo "Lei, ora ci faccia vedere come cancella bene la lavagna uno con il dottorato".
(Una curiosità: una società scientifica italiana conferisce una medagia Luigi Sacconi)

Nell'altra parrocchia, quella dove avrei invece studiato io, gli studenti si opposero alle richieste di occupazione che venivano dai collettivi di altre facoltà, opponendo sacrosanti problemi di sicurezza.
Però si raccontava che in uno dei laboratori di organica fosse stata messa su una piccola produzione di LSD, da un laureando che poi sarebbe diventato professore.
E più di vent'anni dopo sentii lodare da un direttore di dipartimento il cambiamento che quegli anni produssero, perché prima la baracca era mandata avanti da vecchi arnesi spesso di una arretratezza spaventosa, tra cui alcuni che si facevano gioco della chimica organica moderna chiamandola "la chimica delle casine" (in riferimento alle formule strutturali di tanti composti naturali) - e tutto questo negli anni in cui il lavoro di Woodward era già storia.



giovedì 22 settembre 2022

UN PO' DI STORIA

 

"Bisogna ammettere che la scienza ha le sue caste. L'uomo la cui attrezzatura sono le equazioni differenziali guarda dall'alto in basso chi lavora con un galvanometro, e questi guarda dall'alto in basso chi traffica con roba appiccicosa e puzzolente nelle provette"
Questa citazione di Gilbert Newton Lewis serve a dare un'idea di cosa fosse la chimica all'inizio del 900 (e dell'attitudine un po' snob di Lewis che, appunto, lavorava con le equazioni differenziali).
In un secolo la chimica, come la fisica, aveva elaborato un sistema teorico coerente basato sulla matematica, in cui da equazioni sperimentalmente verificate se ne ottenevano altre sperimentalmente verificabili (Lewis ha contribuito in misura rilevante). La rivoluzione della meccanica quantistica non sostituì, ma aggiunse strumenti (massimamente usati in spettroscopia). E lo stesso si può dire della termodinamica statistica.
I tre nelle foto appartengono a quella stagione. Sono due chimici e un... matematico? Fisico? boh.
Henry Eyring (https://en.wikipedia.org/wiki/Henry_Eyring_(chemist) ), Meredith Gwynne Evans (https://en.wikipedia.org/wiki/Meredith_Gwynne_Evans) e Michael Polanyi (https://en.wikipedia.org/wiki/Michael_Polanyi) sono i tre il cui lavoro sta dietro alla faccenda del "complesso attivato", che forse qualcuno si ricorderà dai testi su cui ha studiato (e qui c'è qualcosa in più https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../la...).
Oggi i teorici lavorano dietro a un computer, e il solco che li divide dagli sperimentali si è allargato a dismisura. Ma gli strumenti messi a punto in quella stagione vengono usati spesso anche in campi puramente applicativi.

venerdì 11 marzo 2022

LA CHIMICA DI PROCESSO CHE FECE LA STORIA: IL PROCESSO MERCK PER CORTISONE DA ACIDO DEOSSICOLICO

 
I corticosteroidi con COVID19 hanno ritrovato un'incredibile popolarità. Un occasione per guardare indietro alla "nascita" del cortisone.
Non era infrequente, prima degli anni 90 dello scorso secolo, che a un farmaco corrispondesse il nome di chi lo aveva scoperto. Tutti associano il nome di Fleming alla penicillina, per fare l'esempio più classico, ma altri nomi non mancano, da Sir James Black (https://www.facebook.com/chimicoscettico.blogspot/posts/2143007012584841) a Stewart Adams (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../lallegra...), che sperimentò su se stesso l'ibuprofene come rimedio al doposbronza (https://www.smithsonianmag.com/.../inventor-ibuprofen.../).
Si tratta invariabilmente di chimici medicinali, per usare il termine moderno, gli inventori o scopritori del farmaco. Quanto a produrlo, il farmaco, non interessa a nessuno chi abbia lavorato allo sviluppo del processo industriale che lo ha reso disponibile ai pazienti. Con un'unica notevole eccezione, almeno in USA: Max Tishler, che fu alla guida del gruppo che a Merck produsse i primi batch di cortisone destinati ai trial clinici.
"La prima semisintesi del cortisone di Sarette fu il culmine di uno sforzo della chimica globale. Questo lavoro rese possibile eseguire la conversione in 37 passaggi dell'acido deossicolico in cortisone che rese possibili i trial clinici, lavoro svolto al dipartimento di ricerca sui processi a Merck, sotto la guida di Max Tishler.
Nonostante l'enormità del progetto e il fatto che nessuno dei due analoghi più stretti del cortisone esibisse attività biologica interessante, Merck scelse di imbarcarsi in questa sfida sintetica. I risultati clinici, riportati nel 1949, assieme alla complessità della semisintesi, stimolarono una ricerca altamente innovativa per nuove sintesi del cortisone" (https://www.sciencedirect.com/.../abs/pii/0039128X9290012X).
E tutto questo con i metodi analitici disponibili a quei tempi: niente NMR, niente IR, niente HPLC, niente spettrometria di massa. Stiamo parlando di quell'età dell'oro della chimica organica che vide le gesta di Robert Burns Woodward (https://www.facebook.com/chimicoscettico.blogspot/posts/2136542836564592), un'età in cui l'aspetto concettuale della disciplina era tutto. Ma meglio lasciar spiegare questo direttamente a Max Tishler:
"Ebbene, a quei tempi, come saprete, la determinazione di una struttura era una faccenda assai diversa - talmente diversa che i giovani di oggi non hanno idea di come venisse fatta. Eppure tutta quella importante ricerca chimica fu fatta con metodi che oggi sono desueti. Oggi abbiamo strumenti molto migliori. Metodi spettroscopici: NMR, IR e spettrometria di massa hanno cambiato completamente la chimica. E' incredibile come allora ottenevamo informazioni per via deduttiva. Grazie all'applicazione di logica e deduzione eravamo in grado di stabilire le strutture. E la maggior parte delle volte avevamo ragione. Al riguardo non c'è dubbio, abbiamo costruito la chimica organica in questo modo".
Per chi volesse approfondire consiglio la biografia di Tishler su Organic Syntheses (http://www.orgsyn.org/content/pdfs/bios/tishler.pdf) e "The Merck Bile Acid Cortisone Process: The Next-to-Last Word" di Seemon H. Pines, che con Tishler lavorò a Merck, per me uno degli articoli indimenticabili su Organic Process Research and Development (https://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/op030050z#)

domenica 6 marzo 2022

PER EVITARE POLEMICHE, IN QUESTO MOMENTO DI FORTE TENSIONE...



... non parlerò di Belousov e Zhabotinsky (anche perché l'ho già fatto https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../i-colori-del...), o di Mendeleev, o di Markornikov.
No, per evitare polemiche, in questo momento di forte tensione parlerò di Chichibabin
Noto per la reazione che porta il suo nome (amminazione di piridina con sodio ammide, una delle più famose sosituzioni nucleofiliche aromatiche), ma anche per una sintesi delle piridine, Aleksei Yevgen’evich Chichibabin, nato in una parte dell'impero russo che oggi è parte dell'Ucraina, non ebbe un'infanzia facile. Ma la madre, rimasta vedova, si adoperò perché lui e sui cinque fratelli avessero un'istruzione. All'università finì nel gruppo di Markornikov, ma quando i nemici di Markornikov ottennero il ritiro anticipato di quest' ultimo dalla sua cattedra Chichibabin rimase "a piedi" Dopo anni difficili ritrovò un posto al sole quando ottenne la direzione del laboratorio di chimica dell'Istituto di Agricoltura di Mosca. Poi...
"Con l'arrivo della prima guerra mondiale l'attenzione di Chichibabin si volse al bisogno della nazione per forniture affidabili di prodotti farmaceutici.
Un accordo commerciale del 1904 con la germania per le forniture di carbone alle navi russe aveva incluso una clausola che impediva alla Russia di raffinare il catrame di carbone. Questo era un'importante materia prima per l'industria farmaceutica, il che dava alla Germania il monopolio sui farmaci di sintesi in Russia.
Con la guerra che azzerava la fornitura di questi materiali da parte della Germania, Chichibabin aiutò ad organizzare il Comitato Moscovita per lo Sviluppo dell'Industria Farmaceutica. Fu anche il primo presidente del comitato. Come parte del suo lavoro al Comitato, Chichibabin organizzò impianti pilota per l'isolamento degli alcaloidi - morfina, codeina, atropina e caffeina, sia alla Scuola Tecnica Superiore sia all'Università del Popolo Shanyavkii a Mosca, e durante quel periodo insegnò in entrambe le istituzioni. In aggiunta organizzò la produzione di analgesici sintetici e di antipiretici come acido salicilico, aspirina, fenacetina e fenil salicilato. Ai suoi sforzi si attribuisce l'aver salvato la vita a migliaia di soldati russi durante la guerra."

 

domenica 16 giugno 2019

IL PUNTO DI VISTA DI UN NOBEL- LINUS PAULING

"Si può affermare che il mondo sia in una situazione pericolosa perché la scienza e le sue applicazioni si sono sviluppate più velocemente della comprensione che ne ha il cittadino medio.... il mondo nei tempi moderni ha continuato ad evolversi verso il sistema democratico ideale, in cui tutte le decisioni vengono prese dal popolo nel suo insieme. Al fine del corretto funzionamento del sistema il cittadino deve avere una conoscenza del mondo sufficiente a prendere le giuste decisioni. e nel mondo moderno questo significa avere un'apprezzabile comprensione delle scienze..."

Pauling, avete presente? Ah, forse sì, per la faccenda dei mega dosaggi di vitamina C. Beh, in realtà il nobel per la chimica (1954) non gli arrivò certo per quello, né per i suoi lavori diventati pietre miliari della biochimica. Ottenne il nobel perché negli anni 30 divenne uno dei padri della chimica quantistica, applicandola alla teoria del legame molecolare. Il legame covalente come sovrapposizione di orbitali ibridati, ottenuti come combinazioni lineari delle funzioni d'onda relative all'atomo isolato, etc. E se vi sembra poco... (ma magari su questa cosa ci ritorno).
Mi premeva oggi invece questa citazione da questo suo documento, scritto per l'UNESCO nel 1950 (
https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000154231 ).
In primo luogo descrive (per quanto idealizzandolo) uno spirito dei tempi progressivo, quando parla di avanzamento verso l'ideale democratico: confrontare con quanti oggi, definendosi progressisti, predicano limiti al suffragio universale in difesa dall'ignoranza dei molti.
In secondo luogo parla di necessità di aumentare il bagaglio scientifico del cittadino medio, perché è l'unico metodo con cui potrà fare scelte politiche informate quando ci sono di mezzo temi scientifici (Pauling ha in mente una democrazia diretta, ma la cosa funziona benissimo anche con una democrazia rappresentativa).
E a questo punto si capirà benissimo il senso del tramutare l'informazione scientifica in propaganda della Scienza (o de Lascienza, se preferite): è una modalità di orientamento e manipolazione del consenso politico.

Ah, tra le altre cose Pauling osservava che "A causa della natura della chimica l'individuo medio sa meno di chimica di quanto non sappia di altre scienze". E nel nuovo millennio le cose non sono cambiate, anzi, forse sono peggiorate. Quindi, se proprio volete parlare di moli e molecole, meglio se prima vi leggete  "Chimica Cheppalle!" , l'unico testo base di chimica fondato sullo Stronzio : https://twitter.com/DeAScuola/status/1139151852010967042 . Se anche dopo averlo letto non ci arrivate, meglio desistere. E occhio, se siete di quelli "Tzé, mica ne ho bisogno, io... " e comunque insistete con moli etc prima o poi vi becchiamo...

lunedì 4 marzo 2019

HECK, NEGISHI, SUZUKI


Akira Suzuki
Quando iniziai a lavorare, a metà anni 90, per quel che riguardava la ricerca farmaceutica la chimica combinatoriale era al suo culmine, assieme ai peptidi (a cui è legata a doppio filo). Ancora si lavorava molto sugli antibiotici. I coupling carbonio carbonio catalizzati da palladio non erano particolarmente diffusi, a parte quello di Heck (arilazione di olefine catalizzata da Pd Acetato). In alcune chimiche medicinali spopolava Negishi (alchilazione/arilazione di zinco alchili/arili ioduri catalilizzata da Pd).
All'inizio del nuovo millennio i peptidi costituivano una nicchia, anche significativa ma molto ristretta. La combichem era al tramonto, e chi continuava a farla veniva guardato come il classico ultimo giapponese nella foresta (vent'anni di combichem hanno prodotto un unico farmaco approvato, sorafenib, inibitore di chinasi e non certo dei migliori, anzi). Le litiazioni (con butillitio o con l'infido t-butillitio) erano ancora molto in voga, ma stavano lasciando il passo alle Suzuki, coupling carbonio-carbonio catalizzato da Pd di un tipo particolare: fondamentalmente si "attaccano" anelli aromatici ad anelli aromatici. E questo ha portato a quello che un vecchio direttore delle ricerche chiaccherando con me definì "la chimica medicinale dei mattoncini Lego". Il paragone era calzante. Assieme alle amminazioni di anelli aromatici catalizzate da Pd (Buchwald) e all'incredibile attività nella sintesi di inibitori di chinasi (che perlopiù miravano a VEGFR, MEK/RAS/RAF) ha portato a una mostruosa quantità di strutture costituite da una successione di anelli eteroaromatici e aromatici variamente decorati, molto spesso ottenuti con la sequenza "una Suzuki, una Buchwald, un'ammide" (o permutazioni a piacere dei tre termini). Perlopiù facenti parte della categoria che un mio collega yankee chiama "brick dust", polvere di mattone: rossastra e poco solubile. Questo spiega in parte per quale motivo a fronte delle decine di migliaia di inibitori sintetizzati solo pochi sono diventati farmaci: bassa solubilità vuol dire anche bassa biodisponibilità, spesso.

Comunque è la chimica che ha dato oltre a Glivec la maggioranza degli antitumorali targeted approvati negli ultimi 20 anni. Ed è per questo, alla fine, che nel 2010 fu assegnato il Nobel per la Chimica a Richard F. Heck, Ei-ichi Negishi e Akira Suzuki (Stille e Sonogashira, anche loro scopritori di altri coupling C-C catalizzati da Pd, rimasero esclusi).

Dei tre laureati solo Heck e Suzuki si produssero in una Nobel Lecture. Heck si limitò a parlare commentando delle slide che si era portato, senza scrivere un testo (https://www.nobelprize.org/uploads/2018/06/heck-lecture-slides.pdf)
. Suzuki invece si produsse in una review altrettanto tecnica (https://www.nobelprize.org/uploads/2018/06/suzuki_lecture.pdf).
Pure l'annuncio dell'assegnazione del Nobel poteva risultare oscuro, anche se la spiegazione a me sembra eccellente (a parte quel "nelle loro provette"):
"I precedenti metodi usati dai chimici per legare assieme atomi di carbonio erano basati su tecniche per renderli più reattivi. Questi metodi hanno funzionato nel creare molecole semplici, ma quando si sintetizzano molecole più complesse i chimici finivano con l'ottenere troppi sottoprodotti indesiderati nelle loro provette. I cross coupling catalizzati da palladio hanno risolto questo problema e hanno fornito ai chimici uno strumento più preciso ed efficiente con cui lavorare" (https://www.nobelprize.org/uploads/2018/06/press-10.pdf).

Il risultato sui grandi media fu assolutamente grottesco.
Nelle redazioni scientifiche dei grandi quotidiani di tutto il mondo di base non si capì di cosa si stava parlando, qual'era la sostanza di questo nobel. La versione più diffusa fu "Le loro scoperte hanno permesso la sintesi di farmaci". Ora, se dovessero essere elencati tutti i chimici le cui scoperte hanno permesso la sintesi di farmaci probabilmente si finirebbe con l'indice di questo libro: https://www.sciencedirect.com/book/9781483232270/name-reactions-in-organic-chemistry .
Qualche giornalista particolarmente spregiudicato si spinse a dire che i tre laureati "avevano reso possibile la creazione di legami carbonio-carbonio", un'uscita niente male, visto che i chimici creano legami carbonio-carbonio a partire dalla seconda metà del XIX secolo, più o meno.
Io ho sempre pensato che la fisica, dalle equazioni di Maxwell all'elettrodinamica quantistica, sia assai più complicata della chimica. Ma, per qualche strano motivo, la stampa mainstream riesce a raccontarla meglio. Quando si tratta di chimica evidentemente per la maggior parte dei giornalisti diventa tutto davvero troppo complicato, troppo difficile.

giovedì 30 agosto 2018

LA FINE DELLE CERTEZZE (1)

(L'argomento non è triviale e cercherò di parlarne in modo non triviale cercando di essere comprensibile - ovviamente come tutti gli argomenti del genere è stato banalizzato in modo becero che più becero non si può).

Cosa c'è di meglio di una pausa marina in agosto per rileggersi a più di 20 anni di distanza "La fine delle certezze" di Progogine?
Ho dedicato a Ilya Prigogine più di un post (potrei dire che è uno dei numi tutelari della pagina), ma sono stati post "duri". Cercherò in questo e nel successivo di esporre il tema (che resta estremamente concettoso) in modo più accessibile. Ma prima di entrare in medias res serve una premessa.
Prigogine è stato un teorico nel senso più puro della parola. In campo termodinamico e chimico fisico non c'è niente di strano in questo: Gibbs, il grande "nemico ideale" di Prigogine, fu un teorico, Gilbert Lewis idem (per citare due nomi che da soli hanno messo insieme tipo un quarto di tutta l'impalcatura della chimica - notare che nessuno dei due ebbe un Nobel, Prigogine invece sì, questo per dire che il criterio Nobel o no può dare un'idea molto distorta dell'importanza del lavoro di uno scienziato).
Ma la chimica non è una scienza teorica, anzi è forse la scienza sperimentale per eccellenza. Eppure il peso delle teorie, in chimica, per lunghi anni è stato enorme, praticamente quanto in fisica. Perché le elaborazioni dei grandi teorici non solo hanno fornito le basi per l'organizzazione concettuale delle evidenze sperimentali, ma costituito lo stimolo per nuove ricerche e per nuovi approcci disciplinari (si pensi alla visione nattiana della chimica industriale come termodinamica e cinetica applicata).
Detto ciò poi nella realtà un chimico teorico non indossa camice guanti e occhiali e non è un animale da laboratorio. I chimici teorici che ho conosciuto io lavoravano esclusivamente al computer, una vita per le funzioni d'onda.
Il punto è che tutto questo macchinario teorico acquista pieno significato quando trova riscontri nella realtà sperimentale. Sui rapporti tra quest'ultima e i modelli matematici due worked examples li trovate qua: http://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/duro-o-morbido-dove-non-si-parla-di.html . Ma basta pensare al peso dei modelli della meccanica quantistica, dalla struttura atomica al legame chimico (combinazioni lineari di funzioni d'onda per avere gli orbitali ibridati) fino a tutta la teoria delle spettroscopie molecolari.
Prigogine era ab initio affascinato e interessato, secondo il suo racconto, ad un unico tema: il tempo orientato, essenziale al secondo principio della termodinamica e base di ogni processo creatore che in quanto tale è irreversibile (e non di ogni processo irreversibile che in quanto tale è creatore, argomento molto gettonato dai suoi critici). Lui stesso attribuisce la nascita di questo suo interesse nell'immenso amore che aveva avuto fin da bambino per la musica (non esiste creazione musicale senza un tempo orientato). Il problema per lui era costituito dal fatto che termodinamica dell'equilibrio, meccanica statistica e meccanica quantistica non trattavano il tempo come un oggetto orientato: le loro equazioni erano reversibili rispetto al tempo, e prevedevano indifferentemente il passato come il futuro di un oggetto. E elaborare soluzioni asimmetriche ha occupato buona parte della sua vita.

lunedì 20 agosto 2018

HARD SCIENCE, HARD LIFE


(by Starbuck)

“Ha mai pubblicato su Nature?” l’interlocutore incalza il CS su twitter.
E ci risiamo, mi dico , qualcuno che scende nell’arena e tira un po’ di sabbia negli occhi all’avversario, per guadagnare un fugace plauso del pubblico sulle gradinate.
Già, il De rerum Nature (no, non ho scritto male) e le richieste di titoli. Nature è il ritrovato testo sacro e le lettere dei novelli Apostoli della Scienza alla rivista stessa, vengono lette e citate dagli abili Officianti a beneficio dei nuovi Fedeli. Con l’inevitabile conclusione, qualche post più in là, che la ratio sia assurta a religio, con buona pace di Lucrezio.
Sì, avete visto bene, ho un attacco di epididimo ciclosi e se trovate troppa durezza in questo commento, perdonatemi, ma vengo da una laurea (ingegneria chimica) in quelle definite scienze applicate ed una carriera ventennale (supportata da un certo numero di pubblicazioni) nelle cosidette scienze pure. Vengo, come il CS, dalle hard sciences, insomma, e si sa: hard science, hard life. Ed a me vederla citata sempre così a sproposito, la scienza, o meglio, “stuprata” , come ebbe a dire Elisa Nichelli in un suo post di inizio anno sul rapporto politica-scienza (1), comincia ad infastidire parecchio. E comincia a disturbare anche l’assurzione della medicina a scienza sopra le scienze, laddove in realtà medicina starebbe tra le scienze applicate e neanche tra le pure. Questo senza togliere dignità a nessuno, ma giusto per dare un po’ di ordine alle cose. Perché forse non lo sapete, ma c’è un ordine, o meglio, una gerarchia anche nelle scienze (anche se in realtà basterebbe un po’ di sano rispetto per le competeze reciproche). Se pensate che da Miscredente (qual sono) stia peccando di presunzione vi invito alla lettura di un articolo di sociologia del 2000 ad opera di Laurence Smith (2), in cui si parla di una gerarchia tra le varie scienze. Se l’articolo e’ ostico, limitatevi al grafico (2, pg 78), e noterete che in termini di hardness, la medicina è  più in basso di chimica (ed aggiungerei, scusatemi tanto, se per una volta mi trovo al top della catena alimentare). Cosa significa questo? Significa che se un medico arriva balbettando di Avogadro e dintorni, mi arrogo un sacrosanto diritto di replica e l’altro magari ascolta. E, sempre magari, se è sufficientemente intelligente, si accontenta delle mie argomentazioni, secondo il criterio che “competenza riconosce competenza”, senza affannarsi a chiedermi un CV (3), ma valutando i contenuti.
Quello che sta accadendo invece - soprattuto attorno al can can vaccini -  è tutto un altro film ed a mio modesto avviso, tante cose dell’attuale caciara (perché è caciara) attorno alla Scienza andrebbero urgentemente ridimensionate. Che tutto il discorso sta prendendo una piega tristemente distorta. Che la termodinamica al pari della fisica quantistica, non può essere ridotta ad una frase carina né’ in una battuta ad effetto dal primo di passaggio. Che la cancellazione mediatica del dubbio, che è una delle driving forces delle hard sciences, è decisamente preoccupante. Che l’assenza o la sminuizione del contributo delle soft sciences, quali ad es. filosofia della scienza e sociologia, all’attuale dibattito non giova: sarebbero fondamentali per riportare la discussione dentro i giusti confini (che non sono quelli del “lei non sa chi sono io” o delle repliche a furia di slogan e sagaci battute).
E sempre a proposito del de rerum Nature,  andrebbero ridimensionati anche i novelli Apostoli della Scienza…  anche perché, mi è capitato di frequentare gente che ha pubblicato (pubblicato, non scritto la letterina natalizia) su Nature, e non mi e’ sembrato che galleggiassero a mezz’aria, ma che camminassero come tutti gli altri, e che facessero anche occasionalmente la spesa al mio stesso supermercato. E no, non gli ho chiesto l’autografo, né ho pensato di concedere loro alcuno ius prime noctis… In compenso in passato, quando ero solo “un neolaureato” (non proprio come tanti, ma comunque neolaureato…), qualcuno me lo diede un articolo (peer review) con dedica. Una figura del mio passato accademico, una di quelle che… han lasciato qualcosa. Un ricercatore di matematica con tre lauree al suo attivo: ingegneria, matematica e filosofia. Forse le migliori chiacchierate di sempre alla macchinetta del caffè, nonostante 40 anni di differenza. E mentre mi dava del tu e mi chiamava col soprannome affibbiatomi dei compagni di corso, non credo che abbia mai avuto la necessità di ricordarmi chi fosse lui e chi ero io.
 Al collega che mi ripete che “la scienza non è democratica” rispondo con un libro, o meglio una lecture (4) e poi ne parliamo, e ne parliamo davvero.  Sarebbe credo ora di cominciare a parlarne (civilmente) anche altrove.
___________________________
(1) “vedo i partiti politici tentare di sedurre la scienza. stuprarla ripetutamente. poi farla truccare e vestire carina per portarla in giro e vantarsi con gli amici.”
(2)  Scientific Graphs and the Hierarchy of the Sciences: A Latourian Survey of Inscription Practices Laurence D. Smith, Lisa A. Best, D. Alan Stubbs, John Johnston and Andrea Bastiani. Archibald Social Studies of Science, Vol. 30, No. 1 (Feb., 2000), pp. 73-94
(3) “Scrivere un curriculum”, W. Szymborska (http://www.sagarana.net/rivista/numero35/poesia3.html)
(4) “Liberta’ ed i suoi vincoli”, Giulio Giorello, 2017, Castelvecchi editore ( cit. “se per democrazia si intende la dittatura della maggioranza allora la scienza non e’ democratica […].” “La scienza […] non ammette la dittatura di un solo paradigma; al contrario lascia sempre spazio al dissenso.”)

(P.S by CS: Ci sarà almeno un idiota che prenderà questo post per una requisitoria contro la medicina, e non lo è. Se lo fosse sarebbe idiota, ma gli idioti tendono a vedere il mondo e gli altri a loro propria immagine. Quanto all'interlocutore su twitter a cui si riferisce Starbuck, alla fine si è rivelato solo un altro post-postdoc col canovaccio in testa e poca dimestichezza con matematica e statistica - tipologia umana già vista più di una volta, qua sopra)

martedì 24 aprile 2018

PER IL 25 APRILE...

... ripropongo il ricordo di Gianfranco Mattei. Dal 25 aprile si arriva alla costituzione repubblicana che, oltre a stabilire una nazione "fondata sul lavoro" (e non sulla disoccupazione a due cifre), sanciva il diritto alla salute. Quindi, se permettete, esprimo un distaccato disprezzo per quanti presteranno "lip service" ai valori della Liberazione dopo aver entusiasticamente lavorato alla demolizione di almeno un paio di diritti costituzionali.


IL PROFESSOR GIANFRANCO MATTEI

Laureatosi a Firenze, Gianfranco Mattei fu assistente di Natta (a cui sarebbe andato il Nobel per il polipropilene isotattico) e docente al Politecnico di Milano a partire dal 1940.
"Mattei è il chiaro esempio di chimico immerso nel suo tempo, consapevole delle potenzialità della scienza studiata e incapace di concepire, come sottolineato da Adriano Isernia come lo scienziato possa “venir meno alle sue responsabilità di cittadino e di uomo” ".
"E' tra i pochi (appena cinque) firmatari, insieme a Carlo Alberto Rollier e Antonio Banfi, del “Manifesto dei docenti del Politecnico di Milano”, in cui si auspica “che venga immediatamente abrogata ogni discriminazione religiosa, politica e razziale per l’ammissione di docenti e discenti in tutti gli Istituti di Alta Cultura del Paese” e “che il solo ed unico criterio di ammissione nei corpi accademici torni ad essere la competenza”. Mattei è chiamato a scegliersi una parte, nel conflitto che per l’Italia sta mutando in guerra civile, e la sua appartenenza è chiara fin dall’adesione a questo documento... Dopo l’armistizio di Cassibile e lo sbandamento delle forze armate, Mattei e la sua famiglia sono ormai un obiettivo troppo visibile in Lombardia, e si decide per un loro trasferimento a Roma... Le sue competenze scientifiche tornano particolarmente utili nell’ottimizzazione della produzione di ordigni esplosivi, in particolare nella messa a punto di una granata a doppio effetto...L’azione di Mattei si svolge a Roma tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944, periodo in cui la Capitale è occupata dai nazisti, durante il quale Herbert Kappler prende il controllo della polizia fascista, intensificando la lotta contro le bande partigiane
La lotta si inasprisce ancora di più, all’inizio del 1944 quando, sulla spinta di Winston Churchill gli Alleati sbarcano ad Anzio, sono a 60 chilometri da Roma, il piano prevede di attaccare la linea Gustav alle spalle sbloccando la situazione. Roma fermenta, le azioni dei GAP si fanno più audaci, ma la speranza di una rapida conclusione viene meno, e la capitale verrà liberata solo il 4 giugno.
Nel pomeriggio del 1 febbraio 1944, tuttavia, sia Mattei sia Labò vengono catturati (pare in base alla denuncia di una spia) dai soldati tedeschi. Nei giorni successivi i famigliari di Mattei nel disperato tentativo di salvarlo, riescono, con l’aiuto di Giovanni Battista Montini (allora sostituto alla segreteria dello Stato del Vaticano), a far pervenire a Kappler una lettera di sollecitazione del Vaticano per la liberazione dello scienziato, lettera che il capo del Sicherheitsdienst romano rigetta. Di Mattei, Kappler dirà “Questo comunista Mattei, è terribile, è terribilmente silenzioso, ma ora useremo il tenente Priebke che saprà farlo parlare, con mezzi fisici e chimici”.
Temendo di non poter resistere alle torture, già inflitte a Labò, ed essere costretto a rivelare i nomi dei compagni, Mattei si impicca, nella sua cella, nella notte tra il 6 ed il 7 febbraio"

La sua storia sarà immortalata negli anni 70 in una canzone degli Stormy Six.

http://www.scienze-ricerche.it/?p=3288


CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...