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martedì 27 maggio 2025

SUL BOOM DELLA FARMACEUTICA ITALIANA

 


Tutto molto bello, vero?

Intendiamoci, il fatto è positivo. Ma se si legge bene l'articolo si vede che si parla di farmaci confezionati. Cioè si parla dell'insieme di attività che trasforma il principio attivo farmaceutico (API) nella confezione che è venduta in farmacia: la produzione della pasticca o della capsula o della fiala e/o il suo confezionamento. Rispetto alla produzione di API e allo sviluppo del farmaco  richiede investimenti largamente inferiori a cui corrispondono valori aggiunti altrettanto ribassati. 

Se la farmaceutica (formulati e confezioni) va avanti, l'industria chimico-farmaceutica italiana è ridotta al lumicino: nel 2005 il solo distretto laziale era arrivato a 7 miliardi di fatturato, nel 2023 le aziende afferenti a Aschimfarma fatturavano complessivamente 2,79 miliardi. Il processo che ha condotto a questa trasormazione è stato lungo, per molti versi tragico e ha segnato profondamente la vita di molti che ci lavoravano. Quindi ok, celebriamo il boom dei farmaci confezionati, anche se somiglia molto alla celebrazione di una medaglia d'oro alle paraolimpiadi dopo aver perso una gamba. Ma per celebrarlo non dimentichiamoci del resto: l'anno scorso, a Verona, Aptuit (cioè quel che resta dell'ex centro ricerche GSK) ha licenziato altri 31 lavoratori...

La vera sfida non sarebbe solo consolidare il ruolo dell’Italia come hub del confezionamento: ci sarebbe da ricostruire una filiera chimico-farmaceutica integrata. Ma immagino che si ritenga l'argomento definitivamente liquidato 15 anni fa e che una specializzazione "al ribasso" nel downstream della catena del valore farmaceutico vada benone ai più.

giovedì 22 maggio 2025

QUESTIONE DI SOLDI: PERCHE' CHI SE NE VA DI SOLITO NON RITORNA

 

Ho parlato spesso delle ragioni per cui si espatria (qui, qui e qui per esempio). E ho parlato più di una volta del perché non si ritorna o, perlomeno, del perché non ho intenzione di tornare fino all'età pensionabile. Mi è sembrato il caso di sistematizzare la principale ragione mettendo giù qualche numero. Il problema non riguarda solo l'Italia, ma in generale l'Europa meridionale. Il gap è tale che, quando un cacciatore di teste che cerca candidati per una posizione nel sud Europa mi chiede quale sia il mio salario attuale,h annuisce e poi non si fa più sentire. Il seguente confronto è stato elaborato con l'uso di GPT (Grok, Deepseek, Perplexity e Claude AI).

 

domenica 6 aprile 2025

USA:DAZI SENZA PRECEDENTI? NON PROPRIO.

Confesso che non sono riuscito a rintracciare la fonte di partenza, che sarebbe stata un articolo di Chemical & Engeneering News (troppo vecchio), quindi vi tocca fidarvi della mia memoria, se vi pare: una venticinquina di anni fa ci fu il boom del biodiesel. Per chi non se lo ricorda, si trattava di carburante diesel ricavato da olii vegetali (di colza, soprattutto). E l'Europa, in particolare l'Italia, non se lo fece sfuggire. Tra l'altro c'era un cliente molto, molto importante: l'esercito degli Stati Uniti d'America. La chimica dietro la produzione era semplice: gli olii vegetali, con una frazione rilevante di trigliceridi (esteri di acidi grassi e glicerina) vengono mescolati con metanolo e una base (di solito NaOH) per ottenere l'esterificazione della frazione di acidi grassi e transesterificazione degli esteri già presenti (della glicerina, per esempio) per ottenere esteri metilici.

https://it.wikipedia.org/wiki/Produzione_del_biodiesel

Quindi c'era un grande compratore di biodiesel, gli USA, e una grande produzione europea. Una grande produzione europea il cui sottoprodotto era glicerina. La glicerina ha un mercato, costituito per esempio da chi produce saponi, e visto che era un sottoprodotto all'improvviso venne venduta (ed esportata) a prezzi ridicoli. La glicerina europea era sul punto di sterminare i produttori di glicerina americani e una amministrazione USA (non ricordo quale) mise un dazio sulla glicerina europea.

Più noti e documentati furono i dazi dell'amministrazione di George W. Bush (2002): un precedente non incoraggiante per l'attuale amministrazione USA, visto che furono revocati dopo un anno. Furono revocati perché gli effetti positivi non si erano visti ma quelli negativi sì: flessione del prodotto interno lordo e del tasso di occupazione. Ma ci sono esempi più recenti, costituiti dalla prima amministrazione Trump. Al riguardo la faccenda diventa fumosa. Se negli anni recenti nel discorso pubblico è stato arduo distinguere tra "scienza" e politica, non mi ricordo che tra economia e politica sia mai stata fatta una differenza. Quindi allo stato attuale, riguardo ai dazi della prima amministrazione Trump, il consenso è che abbiano avuto conseguenze negative in termini di inflazione e PIL o nessun effetto del tutto. Ma il fatto curioso è che l'amministrazione Biden mantenne buona parte di quei dazi, con una progressiva estensione di quelli contro la Cina.

Per quel che riguarda il settore chimico farmaceutico europeo ho già trattato il presente.
La mia vita lavorativa l'ho passata perlopiù in aziende che esportavano soprattutto in USA, quindi cambio con il Dollaro americano e tasse doganali (dazi) erano argomenti importanti e piuttosto sentiti. E sulla base di questa mia esperienza la mia opinione è che se il più grande mercato di riferimento del globo decide di ristrutturare le sue importazioni, beh, non è che ci si possa fare gran che. Ma in passato, appunto, non fu solo questione di dazi, affatto. La più grande ristrutturazione della filiera farmaceutica mondiale fu brutale e cominciò a fine 2005, quando il cambio arrivò a 1.30 dollari per euro: le grandi farmaceutiche globali nel giro di pochi mesi sganciarono la maggioranza dei partner europei (sostituendoli con asiatici che lavoravano in dollari). Questo per quello che riguarda i servizi. Sul fronte dei prodotti la situazione provocò un ulteriore shock alle aziende che si ritrovarono ad abbassare i prezzi in EUR o a firmare ordini o contratti in dollari, sacrificando i ricavi per mantenere quote di mercato. E mi immagino che per gli altri settori che esportavano negli USA le cose non fossero molto diverse. Il problema principale era costituito dalla mancanza di un vero mercato di riferimento alternativo: l'Europa non poteva assorbire le quote dell'export destinate agli USA, non per dimensione (che c'era) ma per politiche di repressione della spesa interna. Fu nel 2009, mi pare, che sentii un executive di una grande azienda dire che l'Europa per i farmaci non era più un mercato interessante.

Quindi vorrei provare, da non economista, a fare una constatazione: non c'è molta differenza tra un dazio del 25% a parità di cambio e un cambio di 1.3 dollari per euro (2005) in assenza di dazi. Ed in entrambi i casi sono dolori.

E allora, al di là delle vuote propagande? Da questo lato dell'oceano si può solo sperare che succeda come successe ai tempi di George W. Bush e che tra un anno o prima tutto sia revocato. Ma potrebbe non essere questo il caso. 

ADDENDUM: 

Nel "terribile" mercoledì in cui i dazi vngono applicati la confusione è massima sotto il cielo.

https://www.bloomberg.com/news/articles/2025-04-08/trump-dismisses-last-gasp-eu-push-to-stop-tariffs-kicking-in

 
ma  Milano Finanza fa sapere che:
 
Non sono colpite dai nuovi dazi reciproci le seguenti categorie merceologiche: il settore automobilistico e le loro componenti su cui già si applicano le nuove aliquote su acciaio e alluminio; prodotti farmaceutici; rame; semiconduttori; componenti e ricambi di settori strategici statunitensi (aerospaziale, difesa) che rientrano in specifiche esenzioni; alcune materie prime non disponibili in quantità sufficiente sul mercato interno Usa, come determinati minerali e terre rare; legname 

Buon lavoro giornalistico, infatti è quel che dice l'ultimo fact sheet della Casa Bianca (o il penultimo, o il terzultimo, quando leggete). Quindi il farma è escluso, anche se qualcuno fa osservare che i codici doganali colpiti non sono ancora stati specificati. Ma la rincorsa dell´euro sul dollaro, cominciata a febbraio, ha avuto nuovo impulso dalla faccenda dei dazi. E esenzioni o no se lo scivolamento del dollaro continua gli scenari sono quelli di cui ho già parlato. Nel frattempo qualcuno da fuori inizia a piazzare nuovi investimenti negli USA, just in case, come si dice.

https://www.indianpharmapost.com/news/sumitomo-chemical-establishes-a-cro-for-oligonucleotide-cdmo-business-in-us-16992

 

 

giovedì 20 marzo 2025

L'INDUSTRIA DEI FINE CHEMICALS ( E DEGLI API), LA GLOBALIZZAZIONE, IL RESHORING

 

Segnalato da un giovane collega, questo articolo su Organic Process Research and Development merita l'attenzione degli accademici e dei neolaureati o neodottorati perché mette nero su bianco una significativa manciata di numeri sufficiente a spiegare quello che è successo nel settore nell'ultimo quarto di secolo. C'è qualche possibile confusione, nell'articolo, perché si parla pressoché indifferentemente di fine chemicals, che al limite possono essere prodotti secondo un sistema di qualità ISO (ma non è strettamente necessario) e API, Active Pharmaceuticals Ingredients, che sabbero i principi attivi nei farmaci. Questi ultimi richiedono GMP: Good Manufacturing Practice, le norme di buona fabbricazione che garantiscono qualità e sicurezza del principio attivo farmaceutico. Il GMP non ha semplicemente a che vedere con l'analisi del prodotto, ma con tutti gli aspetti del processo produttivo, del suo controllo e del modo in cui la qualità del prodotto viene controllata.

Si tratta di temi che su questo blog sono stati trattati spesso e l'articolo ne riassume una buona quantità. Per esempio qual'è stato il motore dello spostamento verso l'Asia continentale delle produzioni chimico-farmaceutiche?

Il costo unitario per un reattore completamente installato in un impianto multiprodotto nel 2010 era di 1 milione di dollari per metro cubo per un reattore installato presso un'azienda di prodotti chimici fini con sede in Europa, Nord America o Giappone, mentre in uno stabilimento situato in Cina o in India era di 0,1 milioni di dollari per metro cubo.

Questa comparazione regge benissimo per i fine chemicals, ma quel che ha reso possibile il fenomeno è stata di fatto una finzione, lo stabilire con un colpo di penna su una direttiva europea che 1 metro cubo di reattore GMP in occidente equivalesse sempre e comunque a un metro cubo di reattore "GMP" in Asia. Finzione , di nuovo perché si stabilì che in mancanza di certificazione e ispezione di EMA venivano accettata quelle delle autorità del paese di produzione, che si autocertificava equivalente a EMA. Poi negli ultimi anni la faccenda si è complicata all'estremo, dall'Asia vengono anche i formulati (le compresse, per intenderci) ed è diventato molto difficile capire cosa è cosa e da dove viene, nello specifico. Ma sui numeri macro la faccenda è ed  stata più che evidente e l'articolo ne parla. 

Il motore di tutto questo processo, partito non in Asia ma in occidente? Il taglio della spesa farmaceutica, nient'altro. Ricordo che in Italia abbiamo avuto direttori medici che tessevano le lodi della fiala di cisplatino, per dire, e solo perché costava meno di una patata.

Ma vorrei soprattutto citare e tradurre un passo dell'articolo che riguarda le prospettive future (ricordo che API sta per Active Pharmaceutical Ingredients, ovvero i principi attivi contenuti nei farmaci):

La prolungata interruzione delle catene di approvvigionamento a seguito della crisi COVID-19 del 2020 ha peggiorato significativamente la carenza di API essenziali in molti paesi europei, americani e asiatici, portando molti dei loro governi a incentivare il reshoring della produzione critica di API.

L'instabilità politica nella regione del Mar Rosso ha ulteriormente contribuito alla carenza di API in Europa, poiché le navi provenienti da India e Cina sono state costrette a deviare il percorso attorno al Corno d'Africa, aggiungendo 4.000 miglia e aumentando i tempi di transito del 30%, con un conseguente raddoppio dei costi di spedizione.

Improvvisamente, sono stati resi disponibili incentivi sostanziali per le aziende farmaceutiche e chimiche per riportare la capacità produttiva nei propri paesi. Solo il governo degli Stati Uniti punta a rilocalizzare il 25% della produzione di API "a piccola molecola" entro cinque anni. Allo stesso modo, in Germania, il governo ha introdotto nel 2023 una nuova legislazione che ha aumentato i prezzi fino al 50% per i farmaci generici destinati all'uso pediatrico e per alcuni antibiotici, imponendo inoltre che, nelle gare d'acquisto di antibiotici, venga data preferenza agli API prodotti in Germania e in altri paesi dell'UE, estendendo il periodo di stoccaggio a 6 mesi.

Un'iniziativa simile è stata adottata in Giappone, dove il governo ha annunciato a metà del 2024 che, per sostenere la produzione nazionale di antibiotici e ridurre la "forte dipendenza dalla Cina", verranno concessi sia sussidi alle aziende chimiche giapponesi, sia la preferenza ai produttori nazionali in tutte le gare pubbliche per l'acquisto di farmaci.

Tutto ciò porterà le aziende chimiche specializzate, sia già esistenti che nuove, a iniziare la produzione di API nei paesi da cui erano state delocalizzate durante la seconda era della Grande Globalizzazione.

E' una prospettiva ottimistica da molti punti di vista. Ma il caos globale di inizio 2025 (e la seconda amministrazione Trump al riguardo viaggia col piede premuto sull'acceleratore) rende assai difficile qualsiasi previsione. In primo luogo le conseguenze di un reshoring USA costituirebbero un colpo ulteriore per la produzione europea, come già esposto qua sopra. In secondo luogo sul fronte europeo l'escludere dal patto di stabilità Rearm Europe dirotterà fondi verso le spese militari e armamenti, sottraendoli anche a qualsiasi piano in essere di reshoring della produzione di API (e dai budget sanitari e per il welfare in genere). Inutile girarci intorno, l'EU ha smesso di essere un mercato attraente anni fa, per quel che riguarda i farmaci. E sono pronto a scommettere che di iniziative come quella giapponese nel vecchio continente non se ne vedrà nessuna.

Gli USA ad oggi continuano ad essere il mercato mondiale di riferimento, come per molti altri settori. Questo è uno di quei fatti su cui le politiche della nuova amministrazione USA stanno sbattendo la testa (da cui il teatrino "metti 'sto dazio/leva 'sto dazio").

 

lunedì 3 marzo 2025

DUE ANNI PIUTTOSTO INFAMI

https://www.fiercebiotech.com/biotech/big-pharma-layoff-rounds-jump-281-24-while-total-biopharma-staff-cuts-similar-23

Faccio presente che 15 anni fa i numeri furono circa il quadruplo, ma anche a questo giro non si è scherzato. Qua si parla di circa 50.000 posizioni evaporate in due anni e da certe angolazioni se ne rilevano chiaramente le conseguenze: per una posizione da senior chemist possono arrivare tipo 150 curricula, tra cui ci saranno pure profili director level. Come 15 anni fa.

Quindi scusate se mi limito a solidalizzare caldamente con quanti a causa dei tagli di Trump sono saltati e salteranno nella ricerca pubblica USA (e non solo nella ricerca) , ma non intendo stracciarmi le vesti per l' "attacco contro la scienza": la maggior parte di quei circa 50.000 che hanno perso il lavoro negli ultimi due anni sulla busta paga alla voce "posizione" aveva scritto "scientist" e i media, Nature compreso, non se ne sono curati. 

I numeri sono scoraggianti. Dopotutto, i licenziamenti nel settore biofarmaceutico continuano a verificarsi a un ritmo tale da giustificare un monitoraggio. Ma cosa indicano i tassi di riduzione della forza lavoro e il possibile plateau sullo stato del mercato?

I tagli sono probabilmente un indicatore ritardato della salute del mercato, ha detto il CEO di Roivant, Matt Gline, a Fierce Biotech... La volatilità è diventata la norma del settore.

"indicatore ritardato" significa che i tagli di oggi raccontano un cattivo stato di salute di ieri l'altro. "Volatilità" è un concetto finanziario. Un'industria volatile non può davvero stare in piedi, a meno che non si parli di industria di basso contenuto tecnologico con diritti dei lavoratori stile XIX secolo. Un'industria volatile delle life sciences avrebbe bisogno di un vasto bacino di lavoratori con un basso tasso di occupazione, al che formerebbe in continuo mente d'opera che resterebbe in azienda due anni se va bene: spreco di risorse e accumulazione di know how pressoché nulla. Perché il know how non può essere assorbito in un sistema corporate, il know how cammina sulle gambe di chi nell'azienda ci lavora. Non che la cosa non si sappia, è quel che sta dietro l'accento sulla acquisizione di talenti, che chiaramente tende a sparire in tempi di vacche magre. L'ho già visto succedere e come 25 anni fa tagli e licenziamenti non sono una soluzione al patent cliff. Del resto chi, compos mentis, può pensare che un'industria che vive di ricerca e sviluppo possa superare una crisi da mancanza di nuovi prodotti con meno ricerca e sviluppo?

Poi a questo giro l'amministrazione Trump sta massacrando i finanziamenti alla ricerca di base, che è quella pubblica e accademica, Questo significa che la già risicata intersezione tra l'insieme dei lavori rilevanti e quello dei lavori riproducibili, cioè quello che serve come punto di partenza allo sviluppo farmaceutico, sarà largamente ridotta. Pare che per qualunque parte politica di qualunque orientamento da anni e anni sia impossibile distinguere tra il bambino e l'acqua sporca.

Se penso alla colossale quantità di denaro incassata nel biennio 2020-2022 da certe aziende - ed era anche denaro pubblico, Pfizer, per fare un nome - sono portato a ribadire che questa industria sia davvero un giocattolo della finanza: quando si incassa si distribuiscono dividendi, quando il mercato va giù pagano i lavoratori perdendo il posto e spesso i dividendi vengono distribuiti lo stesso. Oggi chi è nuovo a questo circo si straccia le vesti, come se loro fossero la luce del mondo ingiustamente attaccata:

 

https://www.nature.com/articles/d41586-025-00660-9

Certo, loro sono la luce del mondo, intoccabile, e i 50.000 di cui sopra erano roba che poteva essere giustamente scaricata nel cesso. Luce del mondo o no continuano comunque d avere la mia solidarietà, perché quando si tratta di licenziamenti si deve stare da unica parte, quella di chi perde il lavoro. Ma ormai è una parte quasi deserta (verrebbe da dire "dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi Iddio").

 

 

domenica 9 febbraio 2025

VOLATILI A PH 1 - TRUMP, PHARMA, DAZI

Quell'occidente che si è organizzato per non camminare sulle proprie gambe senza i fondi federali dello zio Sam ha avuto un brusco risveglio. Si è accorto all'ímprovviso che da solo non si regge in piedi. E questo dovrebbe far riflettere profondamente, mentre ci si limita a comportarsi, specie in Italia, come adolescenti a cui i genitori hanno sospeso la paghetta. Come se L'UE non avesse un bilancio, come se gli stati coinvolti non stessero prospettando un'innalzamento delle quote destinate alle spese militari e alla NATO e non altre.

Ma, per rimanere strettamente nel mio settore, sono state pronunciate le parole "dazi" e "farmaci".

Mentre 20 anni fa tutti si preoccupavano di guadagnarsi una fetta del mercato cinese (solo per scoprire poi che il mercato interno cinese non funziona esattamente come quello dei paesi occidentali) il grande importatore mondiale restavano gli USA, che di conseguenza continuavano a inondare il mondo di dollari. Per il farmaceutico in particolare gli USA sono sempre stati il mercato di riferimento. La maggior parte dei farmaci dei farmaci prodotti in Europa continua a finire negli USA: 92 miliardi di euro nel 2023. Ma 20 anni prima il valore di questa quota di export era molto più alto, perché allora il 42% dei principi attivi farmaceutici usati negli USA veniva dall'Europa, mentre nel 2023 quella quota è solo il 7% : un aggiustamento brutale avvenuto nel primo decennio di questo secolo con conseguenze devastanti per il settore in Europa (e soprattutto in Italia).

Parlando di principi attivi farmaceutici, la struttura del fabbisogno americano è questa:

https://www.researchgate.net/figure/Country-of-origin-of-API-manufacturers-supplying-the-EU-left-and-the-US-right-data_fig2_348994292

Quindi quanto ad API gli USA riescono a coprire solo il 22% del proprio fabbisogno, il resto lo importano. In questo quadro eventuali dazi sui prodotti provenienti da Cina e Europa comporterebbero una profonda ristrutturazione dell'import americano, con una ridistriduzione di quote di import che molto probabilmente andranno a spostarsi verso India, UK, Giappone e altri - il tutto accompagnato da un aumento della produzione domestica, grazie magari a investimenti industriali che si spostano dalle aree soggette ai nuovi dazi - del resto in altro settore Acelormittal sta facendo esattamente questo, investendo 1.2 miliardi in Alabama mentre sospende investimenti previsti in Europa, con l'effetto occupazionale prevedibile (più nuove posizioni negli USA, meno in Europa). Tutto ciò nell'ottica industriale e geopolitica di un'amministrazione USA "isolazionista" e in rotta con Cina e EU avrebbe perfettamente senso, non fosse che le capacità produttive non sono fattori infinitamente elastici: il tutto si basa sul presupposto che ci si sia capacità produttiva inutilizzata nei paesi verso cui si vogliono spostare quote di importazione. Ma non una capacità produttiva qualsiasi, una capacità produttiva cGMP - current Good Manufactuirng Practice, quelle Buone Norme di Fabbricazione che devono essere certificate per gli API usati negli USA (e in Europa, in teoria, ma il discorso è più complesso). E qui casca l'asino, come si dice.

Di dati sulla sovracapacità produttiva GMP in India non ce ne sono - si sa che esiste sovracapacità "fuorni norma" di per certo. Nel caso di re-shoring (spostare attività produttive negli USA da altri paesi) anche qua non si tratta di una soluzione a breve termine (per installare e certificare una produzione di API servono mesi e mesi). E in ogni caso, anche con tempi di realizzazione mai visti prima è semplicemente impossibile rimpiazzare in questo modo più di un quarto del fabbisogno USA e senza aumenti di prezzi. Ora è vero che ci sono produttori di API (europei e non) che hanno strutture in India, in America Latina e in nazioni asiatiche non colpite dai dazi, ma anche in questi casi la capacità produttiva non è infinitamente elastica e gli investimenti non danno effetto nel breve periodo.

Già nel quadro pre-dazi le carenze di farmaci erano gravi e frequenti (carenze spesso dovute alla perdita di certificazione GMP di produttori e poi alla crisi COVID). Quindi che faranno oltreoceano? Faranno come fece l'Europa nel 2004, quando usò la bacchetta magica per trasformare quello che a norma non era in GMP? FDA nel caso sarà forzata ad assecondare il piano o l'agenzia, come è accaduto in passato, resisterà al processo? (con l'amministrazione Biden combatté una breve lotta impari e soccombette)

Qualsiasi cosa faranno, l'impatto sui pazienti americani, su costo e disponibilità dei farmaci in USA e sulla filiera produttiva globale non sarà né positivo né trascurabile. Ma questa partita, come tante altre, non si limita a dati e analisi tecniche: la palla è in campo politico e da anni vediamo come una generazione di decisori politici possa prendere scelte suicide (non per chi decide, ma per la maggioranza dei cittadini/sudditi delle loro nazioni).


domenica 26 gennaio 2025

ANCORA SU LINKEDIN, SEMPRE PIU' SOCIAL NETWORK

 

Io giochi su Linkedin... Io non so perché Linkedin abbia sterzato verso il social media. Sono stato fermamente ancorato alla sua natura di network professionale e con buone ragioni: non conto i contatti, le interviste e le volte in cui sono finito in shortlist che erano davvero corte grazie alla piattaforma. E questo è uno dei motivi per cui ho usato linkedin solo ed esclusivamente in chiave professionale - vi garantisco che si può ancora fare tutt'oggi.

Ma io mi sono mosso fuori dai confini italiani. Se non lo avessi fatto le occasioni sarebbero andate a quasi zero. La visione che si può avere della piattaforma dall'Italia è infinitamente peggiore rispetto a quella che si ha all'estero, con buoni motivi.


Non gli si può dare torto. Ma consiglierei di andare a scorrere i commenti: io non ho alcuna difficoltà a credere che ci fosse una delle Risorse Umane in Italia che definiva quelli con #opentowork nel profilo dei poveri sfigati. Il mondo del lavoro in Italia è un disastro da anni e chi lavora o ha lavorato nelle risorse umane in Italia è spesso del tutto in tono (mi ricordo dei bei soggettoni apparteni alla categoria ai tempi di CS sui social).

L'Italia; si tratta dell'unico paese europeo di cui io so in cui ci sono agenzie di reclutamento che fanno pagare i candidati invece che le aziende etc etc. (io non ho mai pagato né un headhunter né una piattaforma o agenzia di reclutamento). Fenomeni resi possibili da un tasso di disoccupazione alto, una stagnazione salariale anche più alta e scarsissime opportunità attraenti per gli high skilled worker. Con ciò quelli che sulla piattafrma si comportano come fossero su fb io non li capisco: sfoghi su Linkedin la tua frustrazione per non aver avuto mezzo colloquio o mezza opportunità? Complimenti, le tue probabilità di avere un colloquio si sono istantaneamente ridotte dell'80%. L'attitudine allo sfogo e al trolling non sono considerate positivamente da nessun reclutatore che abbia mai conosciuto. 

Una cosa però la posso capire: in Italia un candidato senza esperienza è nella peggiore delle posizioni possibili: senza esperienza e senza lavoro. Ma questi sono ottimi motivi per farsi furbi e non per fare gli idioti sventolando in giro la propria rabbia e le proprie frustrazioni. E ricordate che ci sono datori di lavoro che monitorano i social dei dipendenti e controllano quelli dei candidati. Poi non ci sono solo le risorse umane, nel caso di aziende di una certa dimensione ci sono anche gli Hiring Manager per la posizione, cioè quelli cointeressati nell'arruolamento in quanto il candidato è destinato a finire nel loro gruppo. E di solito non sapete chi sia l'Hiring Manager fino all'ultimo: potrebbe essere uno a cui avete dato del coglione su un social e in quel caso le prospettive di successo della vostra candidatura sarebbero molto vicine a 0.

Il consiglio finale resta sempre lo stesso: fatevi un minimo di inglese e cercate fuori, che così facendo scoprirete un mondo del tutto diverso da quello che avete sempre conosciuto e con molte più oppurtunità.

giovedì 23 gennaio 2025

IL PATENT CLIFF, MERCK E LA STORIA DI PEMBROZULIMAB

La J.P. Morgan Healthcare Conference ha compiuto 25 anni. Il che fa pensare.

Fa pensare perché ricorda che c'è stato un tempo in cui il settore farmaceutico non era particolarmente attraente, per la finanza. Poi tra la fine degli '80 e l'inizio dei '90 qualcuno si accorse che le farmaceutiche più grandi stavano viaggiando con profitti netti che arrivavano anche oltre il 20%, non come i noiosissimi colossi dell'agrochimica che facevano fatica a restare sopra il 5%. Il processo di finanziarizzazione totale dell'industria farmaceutica richiese una decina di anni. Non che la storia dell'industria pre 2000 mancasse di fusioni, acquisizioni e simili, ma il cambio di passo fu sensibile e devastante. L'acquisizione di Warner-Lambert da parte di Pfizer nel 2000 fu probabilmente il primo caso su grande scala di "compra e licenzia" nel settore. Nello stesso anno avvenne la fusione tra Glaxo Wellcome e Smithkline Beecham (anche quella con un saldo occupazionale negativo). Furono eventi che in un modo o nell'altro si verificarono all'inizio di quello che per i nomi coinvolti e altri grandi fu chiamato "il decennio perduto". La pipeline di uno sviluppatore di farmaci è l'insieme dei farmaci in sviluppo con il loro stato di avanzamento:  quella di GSK nel 2010 offriva uno spettacolo penoso.  Idealmente quel ciclo si può considerare esaurito con l'acquisizione di Wyeth da parte di Pfizer (2009), 67 miliardi di dollari ricavati da Pfizer principalmente tramite prestito obbligazionario. Per il settore farmaceutico italiano quell'acquisizione fu un Extinction Level Event. Tutto questo si verificò durante  la crisi dei subprime seguita in Europa dalla crisi dei debiti sovrani (inutile dilungarsi sulle loro conseguenze globali). Degno finale di un decennio che, archiviato l'incubo del millennium bug, era partito con molte promesse e molte speranze.

A causa di tutto ciò in quel periodo attorno al 2010, appunto, si verificò una mostruosa ristrutturazione globale che portò alla perdita di decine di migliaia di posizioni nel settore. Dimostrazione che tutti i discorsi fatti al volgere del millennio sull'economia di scala, gran beneficio di fusioni e acquisizioni, erano leggermente infondati. Ma le dinamiche della farmaceutica finanziarizzata (1) garantiscono gli investitori o meglio così si continua a dire. La parte non detta è che il processo avviene a scapito dei lavoratori - cosa che non sentirete mai chiamare con il suo nome (licenziamenti, layoffs) da un amministratore delegato, che parlerà solo di taglio dei costi, downsizing, ottimizzazione, ristrutturazione. Ho passato i 4/5 della mia vita professionale in questo contesto e la frazione è la fregatura: perché grazie a quel quinto di vita lavorativa spesa nella fase precedente mi ricordo bene cosa era e come era prima.

J.P Morgan Healthcare Conference quindi è diventato l'evento in cui sia grandi multinazionali che piccole biotech si incontrano per fare fondamentalmente una cosa: parlare agli investitori e al mondo finanziario. E a questo giro non poteva mancare la questione del patent cliff prossimo venturo. Secondo i cronisti chi ne esce peggio è Merck (MSD)

https://www.fiercepharma.com/pharma/jpm25-bms-pfizer-and-merck-ceos-address-key-patent-cliffs-and-plans-backfill-sales

 

Il maggior problema di Merck è la scadenza del brevetto sul pembrolizumab (Keytruda), che l'azienda si ritrovò per le mani per caso e nonostante il proprio management. Pembrolizumab ha costituito circa il 50% della cosiddetta "rivoluzione immunooncologica" e la sua è una storia interamente industriale. Non solo, è uno dei rarissimi farmaci degli ultimi 30 anni la cui invenzione sia ricollegabile ad un singolo individuo. Questa storia cominciò a Organon.


 

https://www.forbes.com/sites/davidshaywitz/2017/07/26/the-startling-history-behind-mercks-new-cancer-blockbuster/

Organon fu fondata nel 1923 come società tra un endocrinologo dell'Università di Amsterdam, il Prof. Ernst Laqueur, e Saal van Zwanenberg, proprietario di un macello a Oss (Brabante Settentrionale, Paesi Bassi). Il primo prodotto dell'azienda arrivò nel 1923: insulina, Nel decennio successivo  l'azienda inizia a produrre estrogeni, in particolare l'estrone, commercializzato con il nome Menformon. Tra fine anni '40 e inizio '50 Organon sale tempestivamente sul carro del cortisone, avviandone la produzione nel 1953 in una struttura acquisita in Scozia. Nel 1962, Organon acquista le azioni di Nederlandsche Cocaïnefabriek e la nuova creatura prende il nome di Koninklijke Zwanenberg-Organon (KZO).  Nel 1969, si fonde con il produttore di fibre AKU per diventare AKZO, in seguito Akzo Nobel. Organon divenne l'unità di business farmaceutica di Akzo Nobel. Oltreoceano Organon aveva sede a West Orange, New Jersey. Ed è lì che Greg Carven venne assunto.

Carven è un chimico che fin dalla sua tesi di laurea si era occupato di biochimica e immunologia. Quando viene assunto a Organon inizia a lavorare a un progetto in linea con la sua esperienza di ricerca: cerca anticorpi agonisti di PD1, che si pensa possano essere utili nel trattamento di patologie autoimmuni. La cosa andò male: il progetto non fornì agonisti con una buona attività. Invece vennero ottenuti antagonisti molto potenti, per cui si immaginò subito un possibile impiego in oncologia. Nel 2007 Carven e associati stavano iniziando ad umanizzare l'anticorpo  quando bang! Schoering Plugh si compra Organon. Il progetto riesce a sopravvivere nel nuovo contesto aziendale ma due anni dopo, di nuovo, bang! Merck si compra Schoering Plugh. A Merck è il periodo del funesto regno di Peter Kim raccontato come "tratta i ricercatori come funghi, lasciali all'oscuro e dagli merda da mangiare". Nella nuova situazione pembrolizumab viene esaminato, pesato e retrocesso: lavori fermi, farmaco nella lista degli asset da vendere se qualcuno lo vuole. E Kim (o meglio, i suoi uomini) stavano per darlo via per un pugno di dollari quando arrivò un contrordine. BMS stava ottenendo buoni risultati con il proprio anticorpo anti PD1 (che diventerà nivolumab). La faccenda andava riconsiderata. E alla fine pembrolizumab con la sua ventina di miliardi di fatturato rese Merck leader nel campo immunooncologico così, un po' per fortuna, un po' per scienza, un po' per caso (https://www.forbes.com/sites/davidshaywitz/2017/07/26/the-startling-history-behind-mercks-new-cancer-blockbuster/#4428044948d8). Oggi Merck è in procinto di perdere l'esclusiva per pembrozulimab e non ha alcun vero backup o piano B.

Nota (1): Quando scrissi il post "Dinamiche della farmaceutica finanziarizzata" veramente Astra era alla canna del gas e c'erano voci insistenti secondo cui sarebbe stata mangiata da Pfizer in breve tempo. Poi con una vicenda di quelle improbabili e quasi miracolose in questo gioco, si ritrovò con il primo inibitore PARP approvato da FDA. E questo cambiò tutto.

giovedì 9 gennaio 2025

FARMACEUTICA GLOBALE: LE VACCHE MAGRE ERANO ARRIVATE PER RESTARE

https://www.fiercepharma.com/pharma/ai-and-layoffs-supply-chains-and-customer-engagement-deloitte-outlines-key-areas-biopharma

Come all'inizio del 2024 si professa ottimismo, ma...

Quasi il 65% degli executive intervistati ha detto che sta considerando una priorità il ripensamento del proprio modello operativo per il prossimo anno, cosa che può suggerire misure di taglio dei costi come ristrutturazioni, offshoring, outsourcing e licenziamenti.

Non c'è da stupirsi e probabilmente entro la fine del primo trimestre del 2025 si vedrà più di un annuncio in questo senso da parte di qualche farmaceutica globale. Del resto basta dare un'occhiata alla panoramica delle approvazioni FDA nel 2024:

In primo luogo nell'elenco non sembra esserci il prossimo blockbuster (farmaco  capace di vendere per più di un miliardo di dollari all'anno). Poi se ci fate caso i farmaci che vengono da grandi farmaceutiche globali si contano sulle dita di una mano, mentre sono le piccole e le biotech a dominare il panorama. Il che non è esattamente il miglior modo per affrontare il patent cliff al rallentatore in arrivo. Le approvazioni saranno per le biotech una fonte di proventi in grado di salvarle dalla stretta sui finanziamenti e proiettarle verso la crescita? Non posso dare una risposta generalizzata, ma in tre casi che conosco direttamente non è così: avendo ottenuto l'approvazione ci si prepara a sopravvivere tagliando i costi (la ricerca) e ci si concentra sullo sviluppo commerciale del prodotto approvato, con tutte le difficoltà di chi non ha le idee molto chiare riguardo a quel che serve e quel che non serve per avviare la produzione industriale di un principio attivo farmaceutico.

In un paio di recenti chiacchierate oziose con gente che si occupa di talent acquisition i miei interlocutori esprimevano frustrazione per una situazione che si mantiene deprimente: l'offerta di lavoro supera largamente la richiesta,le farmaceutiche globali offrono troppo spesso solo contratti a tempo e nel pool dell'offerta la popolazione dei seniores disoccupati in cerca di una nuova posizione compete con quella dei PhD o dei master appena sfornati dai sistemi universitari, il che non rende la vita facile a chi ha sulle spalle un prestito studentesco, per usare un eufemismo. Del resto anche dove sono attualmente ci sarebbe da assumere per almeno due posizioni ma si procede con i piedi di piombo e non si considerano neolaureati perché ci sono già contatti con candidati con cinque anni di esperienza e più.

Per il 2025 il mio consiglio a neolaureati e neodottorati italiani interessati a posizioni nell'industria è di cercare un parcheggio accademico /fuori dall'Italia), postdoc e simili, e continuare a guardarsi intorno. Se per l'industria il 2025 sarà quasi sicuramente un altro anno a chinghia stretta una miriade di differenti fattori sono all'opera (tra cui il Biosecure Act) e chissà, forse entro un paio di anni se ne vedranno gli effetti. 


PS: Quanto agli interventi politici nell'economia, l'unica industria che festeggia  è quella degli armamenti: il 2% del PIL in spese militari in Europa promette una montagna di soldi.

 

lunedì 6 gennaio 2025

UN (RI)ADDIO AI MONTI (ANCORA ESPATRIO DEGLI ITALIANI E DINTORNI)


Il giorno del mio ritorno a nord dopo le vacanze di Natale era freddo e limpido, molto limpido. Da fuori dell'aeroporto il profilo dei monti era estremamente nitido. Mi sono ricordato di quando, in moto, salivo fino alla cima, in estate. Mi sono ricordato di quanto l'aria diventava fresca quando arrivavo al livello dei castagneti. Più in alto mi fermavo a guardare, da nord a sud: le Apuane, il lago di Massaciuccoli, la piana e più a sud le gru del porto di Livorno. Al largo, sul mare, Capraia, Gorgona, la Corsica e nelle giornate giuste anche, in lontananza a sud, l'Elba. E mi ricordo che guardando il panorama pensavo: "Il mondo della mia vita".

Beh, il mondo della mia vita si è dilatato non poco ed è un mondo diverso, più di trent'anni dopo, Non avrei mai potuto immaginarlo, ma mi sono mosso verso l'aeroporto dalla stessa fermata del bus dove arrivai, più di trenta anni fa, zaino in spalla, di ritorno da quello che fu il mio ultimo Interrail. Di quel viaggio tra l'altro mi ricordo Kirkwall, il suo porto con il mercato del pesce e velieri che erano arrivati lì da tutto il nord, incluso uno che veniva da Nantucket, Massachusetts: si erano fatti a vela il nord Atlantico.

Il porto di Kirkwall, Isole Orcadi, 1991

Fu l'occasione in cui incontrai per la prima volta l'Highland Park, fatto usando torba di erica (la torba di Hobbister Hill). A quei tempi non era un marchio ma il prodotto di una distilleria locale che aveva ancora solo piccole quote di esportazione. Veniva venduto negli spacci locali in bottigliette piatte da mezzo litro, cask strenght (56-60°, la quota da esportazione era in pezzi da 750 cc di solito con una più moderata gradazione di 40°), e il modo in cui andava giù liscio era piuttosto pericoloso. La sua versione attuale  più vicina al prodotto di allora secondo me è la 10 y.o. Ambassador's Choice. 

The snotgreen sea. The scrotumtightening sea. Epi oinopa
ponton. Ah, Dedalus, the Greeks! I must teach you. You must read them
in the original. Thalatta! Thalatta! She is our great sweet mother.
Come and look. 

E su un mare non color del vino ma del piombo traghettammo di ritorno verso Thurso...

Al di là di vecchie familiarità con il nord Europa, al di là di un inevitabile attaccamento alle mie radici, c'è tutto il resto, cioè la banale realtà del fatti.

https://forbes.it/2024/10/23/fuga-cervelli-costata-italia-134-miliardi-13-anni/

Nel movimento di giovani persone tra i Paesi europei l’Italia partecipa da grande fornitrice di persone ed è quindi fuori dalla circolazione di talenti perché è ultima per attrattività. È pericoloso continuare a cullarsi nella favola bella che facciamo parte di quella circolazione, perché vuol dire fingere che la bassa attrattività non esista. L’emigrazione dei giovani italiani non solo rende più difficile per le imprese la ricerca di persone da assumere ma accentua enormemente il mis-match tra domanda e offerta di competenze

That's it, e che in Italia si sia maestri nel distruggere valore non è certo una novità, ormai.  L'articolo evidentemente attinge a voci e fonti assai diverse tra loro, infatti a un certo punto si scrive: "L’Italia affronta una forte carenza di profili tecnici. Eppure, il 58,2% di chi è andato a lavorare all’estero svolge ruoli che nel nostro Paese le aziende faticano a ricoprire: professioni qualificate nei servizi, operai specializzati e semi-specializzati, personale senza qualifica."

E' del tutto chiaro che il punto è esattamente questo: è il ritratto di un sistema, quello italiano, che oggi ha bisogno di low skilled workers (un bisogno facile da soddisfare, se si offrissero stipendi dignitosi e se l'Italia non fosse il campione occidentale di stagnazione salariale). E a questo punto si è arrivati con un apparentemente irrefrenabile declino industriale. Intendiamoxi, esistono (o esistevano) in Europa esempi di grandi importatori di lavoratori low skilled: lo era il Regno Unito in era pre Brexit, continua ad esserlo la Germania, almeno fino all'altroieri. La capacità di attrazione di lavoratori low skilled è/era strettamente correlata all'offerta salariale: quale addetto alle pulizie in Italia può contare su un contrattto a tempo indeterminato e 1.700 eur di stipendio? Per quanto riguarda la Germania non dovrebbe essere dimenticata la "genialata" del nazismo di importare lavoratori low skilled ridotti in condizioni di schiavitù, non semplicemente  un episodio di un periodo orribile del XX secolo ma anche un indizio significativo sulla natura profonda di un sistema al di là delle sue vicende politiche. Perché la Germania è grande, produce(va) laureati sufficenti al suo fabbisogno di lavoro high skilled, quindi si è sempre potuta permettere di importare solo lavoratori altamente qualificati che rispondevano al suo requisito primario: tedesco almeno B2 (una classica attitudine imperiale non estranea anche alla Francia). Nel settore farmaceutico se c'è l'esempio di Biontech a sparigliare le carte, Bayer, in tempi remoti all'avanguardia, fornisce un caso tipico: unica statina revocata dal mercato per effetti collaterali, cosviluppa con Onyx Sorafenib (il farmaco antitumorale targeted con il peggior profilo di effetti collaterali della sua classe) e alla fine compra da Pfizer Monsanto, giusto in tempo per perdere una causa miliardaria negli USA a carico del suo nuovo acquisto. In generale poi resta il problema di dove vada la lealtà dei lavoratori low skilled importati: quando non molto tempo fa il governo tedesco presentò l'opzione per la cittadinanza buona parte dei 3.5 milioni di turchi in Germania scelse passaporto e cittadinanza turca (per quel che mi riguarda per la determinazione della mia lealtà nei confronti dell'attuale stato italiano, indipendentemente da chi governi, serve uno strumento capace di apprezzare 10-4).

Tornando all'Italia i vari piani per il "rientro dei cervelli" non mi hanno mai interessato per il più terra terra dei motivi: non mi convenivano. Le condizioni che hanno determinato il mio espatrio (alcuni dei miei cari dicono che avrei dovuto espatriare almeno dieci anni prima e non hanno torto) sono ancora tutte lì, niente si vede che prometta un'inversione di tendenza. Parlando da non giovane, quel che mi ha consentito di ricollocarmi all'estero non è stata pure fortuna (ma anche la fortuna serve): è stato il mio curriculum, o meglio la parte del mio curriculum che ho accumulato in Italia. Ovvero: in Italia esisteva un contesto che permetteva di costruire curriculum del genere, semplicemente quel contesto è stato quasi in buona parte cancellato, non dal destino cinico e baro ma da scelte (o non scelte) politiche. Quel che andrebbe recuperato è quel 30% di produzione industriale nel segmento a tecnologia medio alta, quello perso una quindicina di anni fa, quando al governo arrivò il garzone di bottega mandato dal droghiere a incassare i debiti sospesi. E pensare che qualche servo dei servi dei servi acclamò quel garzone di bottega come "salvatore della patria"...

mercoledì 4 dicembre 2024

PHARMA: IL PATENT CLIFF, DI NUOVO MA NON PROPRIO

Per "Patent Cliff" si intende la situazione in cui i brevetti di molti farmaci blockbuster (con fatturato sopra il miliardo di dollari") scadono tutti insieme in un ristretto lasso di tempo.

https://tinyurl.com/353s5234

Quindi quello nell'immagine non è un vero e proprio "patent cliff", ma una lenta emorragia che spalma gli stimati 300 miliardi di minori incassi del settore su una decina di anni - e in 10 anni di solito accadono molte cose. Poi la maggioranza dei brevetti in scadenza riguarda farmaci biologici e per i biologici non esistono i "generici" (cioè l'asiatico che ti vende a 200 euro al chilo quello che prima costava 4000). In materia di biologici ci sono i biosimilari, per cui di fatto devi fare i trial in quanto il tuo prodotto è visto come un prodotto nuovo e diverso. E no, non esiste il biosimilarista indiano o cinese pronto a vendere a 1 quel che costava 15: il primo biosimilare asiatico approvato da FDA è arrivato nel 2024 e viene da Taiwan (quindi non proprio stile India o Cina).

Nel caso del patent cliff del 2012, (140 miliardi di introiti spariti dall'oggi al domani o quasi) invece si parlava perlopiù di small molecules e il risultato fu una strage occupazionale (qualcuno stimò 100.000 posizioni perse nella farmaceutica globale tra 2009 e 2012). In più il patent cliff del 2012 si verificava dopo quello che per molte farmaceutiche globali, GSK in primis, era stato definito "il decennio perso". Ai tempi la pipeline (l'insieme dei nuovi farmaci in sviluppo) di GSK offriva uno spettacolo penoso: c'era ancora il resveratrolo, in area oncologica, derivato da uno dei più "brillanti" affari mai stipulati da un management, incurante del parere contrario del gruppo dell'azienda che aveva fatto la due diligence.

Ma negli ultimi 15 anni le cose sono molto cambiate. 15 anni fa le biotech intese come vengono concepite oggi erano in minor numero, mentre in tempi recenti costituiscono il pool della ricerca e sviluppo privata da cui le grandi pescano buona parte dei nuovi farmaci da sviluppare. In prospettiva oggi questo non è particolarmente incoraggiante, perché sono due anni che sulle biotech piovono pietre

https://www.fiercebiotech.com/special-reports/2024-biotech-graveyard

Se, riguardo le medie e grandi farmaceutiche, si aggiunge il fatto che ormai automaticamente il discostamento dal budget previsto si traduce in un taglio di costi (e quindi di posti di lavoro), il rischio concreto è che la lenta emorragia di posizioni cominciata nel 2023 sia destinata a continuare nei prossimi anni. Qualche settimana fa qualcuno mi ha detto "the market is picking up", ma da allora non lo ho più sentito riprendere quella tesi. Una cosa è certa: la confusione sotto il cielo è al massimo e mediamente si naviga a vista.


mercoledì 6 novembre 2024

PERCHE' SI LASCIA

 

Ora io mi rendo conto che tutto questo ha un senso per chi ha un lavoro e pure qualificato. Dovessi dire qualcosa al riguardo è che il micromanaging è forse la parte peggiore, specie quando da un punto molto in alto si cerca di microgestire la base saltando tutti i gradi intermedi (il che significa che dei gradi intermedi non ti fidi, eppure li paghi fior di quattrini). E dato che più o meno tutte le cose elencate non si verificano quasi mai in modo isolato, il micromanagement è una delle pietre d'angolo dell'ambiente tossico. Nella mia esperienza i risultati sono stati sempre disastrosi, ma il micromanaging è una patologia ossessiva, e quindi non si risolve con argomenti razionali. Brutto da dirsi, ma l'unica è avere la totale fiducia di qualcuno più in alto di quello con l'ossessione del micromanaging e, semplicemente, convincerlo a ordinargli di smettere (ma questo sarebbe assai poco politico) o rimuoverlo mettendolo in altra posizione (e questo di solito funziona, specie se il destinatario del provvedimento non sa di preciso da dove è venuto). Ma non è facile averla vinta, mai, in queste situazioni. Una regola della vita è che se qualcuno fa annusare un filo di potere a una carogna quella ne abuserà e continuerà ad abusarne finché qualcuno non lo costringerà ad un hard stop - e dovrà essere duro quanto basta, altrimenti non verrà preso sul serio.

Negli anni mi è capitato di vedere gente (ok, erano donne, per la verità) uscire in lacrime da un colloquio con il boss, fosse nel suo ufficio o nel laboratorio dove l'interessata lavorava. In un caso ci fu un mio colloquio apertis verbis con il boss in questione a cui seguì una lettera di dimissioni (è sempre consigliabile lasciare con buona creanza, patte sulle spalle etc, ma quella volta non ce la feci) .

Nei miei ormai lunghi anni di carriera ne ho visti eccome di fuggi fuggi generali da un'azienda. Alle volte, e lo so perché me lo hanno detto i diretti interessati, la gente se ne andava anche senza alternative immediate. E la cosa notevole è che nessuno ai piani più alti lo riteneva un problema, finché le aspettative tornavano al rialzo e l'azienda non riusciva a evadere gli ordini, perdeva i clienti o addirittura la certificazione GMP. Questi eventi sono largamente il frutto ultimo di tutto l'insieme dei fattori citati nell'immagine. Ma quando la massa critica di un'azienda è raggiunta di solito non c'è il fallimento e la chiusura, bensì la vendita. E con la vendita tutti questi meccanismi tossici rimangono al loro posto, perché nessuno si vuole prendere davvero la briga di fare tabula rasa e ricostruire da zero un'ambiente migliore. Un 3 anni fa parlai con un vicepresidente di quello che stava arrivando da un altro sito. Lui mi disse che c'era una sola drastica soluzione: rimuovere il responsabile. Due anni dopo il vicepresidente era fuori mentre il responsabile in questione era ancora saldamente sulla sua poltrona. In Italia ci sono state aziende che hanno fatto da nave scuola per un certo tipo di dirigenti. Una volta sentii al telefono un ex collega e lui si lamentava del nuovo direttore: "E' un'incredibile testa di cazzo" mi disse. "Viene per caso da X?" chiesi "Sì, come hai fatto ha indovinare?". L'azienda X aveva una tradizione trentennale nel produrre soggetti del genere.

Ma la creazione di un ambiente tossico alle volte è una strategia (perché è noto che la gente scappa dagli ambienti tossici). E questa è una strategia in cui l'industria italiana è maestra. Mi ricordo un granduomo che veniva assunto proprio per quello, quando l'azienda aveva bisogno di una ricerca streamlined (tradotto: eliminare gente dalla ricerca e sviluppo). Arrivava lui con la sua rete di terzisti indiani e cinesi e la missione era compiuta in tempi ragionevoli. Alle volte i consigli di amministrazione sapevano bene, alle volte la proprietà recepiva solo streamlined e poi si accorgeva di aver così realizzato un ambiente di lavoro mefitico, insopportabile.


domenica 18 agosto 2024

PHARMA & FORD vs FERRARI, ANCORA

Cammino in un grande parco industriale, oggi ribattezzato Science Park (come alcuni altri). Non so come è cominciato, forse con Imperial Chemical Industries, forse con Merck, non saprei. In ogni caso loro e i loro discendenti non sono più qui (The nymphs are departed, verrebbe da citare con un amaro sarcasmo). Ma non è deserto, anzi. Altri sono arrivati, rilevando gli edifici e a volte tutto il resto ("Big pharma labs, great stuff" mi ha detto qualcuno). C'è chi sta facendo lavori in uno degli edifici, per riadattarlo. Mi chiedo se sia il segno di una vera ripartenza o solo uno strascico, una coda, contratti firmati più di un anno fa da cui non si poteva scappare, che andavano onorati in ogni modo. Da un certo punto di vista è il medioevo di questa industria, qui e in altri posti del genere. Si stanno usando i pezzi dell'età classica come ai tempi si usavano i marmi dei monumenti antichi per costruire chiese o palazzi. Eppure nonostante tutto in uno solo di questi edifici continua ad esserci quanto a chimica e farmaci più know how scientifico di quello che potete trovare nell'intero sistema mediatico italiano social inclusi. Qua di carta se ne produce tanta perché chi ha tradotto GMP come Gimme More Paper non aveva tutti i torti e di solito i deliverables comprendono altrettanta carta. Ma se oltre alla carta non ottieni il prodotto, che sia il batch clinico di una Investigational New Drug o il composto con una buona attività e un buon profilo, sei nei guai, guai seri, anche se in giro ci sono i maghi dello scope management (in poche parole quelli capaci di trasformare rospi duri da buttar giù in scatole di cioccolatini - alle volte i loro giochi di prestigio funzionano, altre volte no).

Mi chiedo se tutto questo reggerà nel nuovo mondo multipolare, se reggerà quando gli USA non potranno più essere il mercato di riferimento (nell'Europa, quanto a mercato per farmaci innovativi, non c'è da sperare). Resta la constatazione che in questi edifici si è fatto un pezzo della storia del settore, una storia ignorata dai più e ormai anche da chi ci lavora: acqua passata. Io invece la ricordo perché ho avuto la fortuna di lavorare con chi un po' di quella storia l'ha fatta.

Di cosa ho nostalgia della not-so-big-awesome-drug-factory? Del gruppo alla macchinetta del caffé. Le nostre strade si sono separate da un po', ormai, ma sono stati i momenti migliori, assieme a quelli "all hands on deck", quando le cose vanno di traverso e tutti guardano a te aspettando la tua decisione. Per il resto la solita vita dura , quella di chi lavora in un certo ramo di industria che va a cicli, in mano a un capitale che ragiona nei termini in cui da sempre ragiona il capitale (puro profitto). Nel senso che questa industria ha saputo bruciare know how come poche, anche se non molti si ricordano le grandi ristrutturazioni (licenziamenti) che ci furono attorno al 2010 (e in effetti rispetto ad allora la presente crisi per ora è abbastanza poco). Ne ho parlato di recente con un Direttore Drug Product, scambiandoci i racconti di quel che era successo all'epoca sul mio fronte e sul suo. Eh, già, i tempi in cui si scriveva in occidente di sovracapacità di produzione GMP (le norme di buona fabbricazione per i principi attivi farmaceutici). Perché c'era la Cina, perché c'era l'India. Posti dove non c'era precisamente quella cultura industriale nata per la salvaguardia dei pazienti, ma in fondo chi se ne fregava: il tutto si risolveva con tagli di costi e aumento dei profitti - nel breve termine. il comparto finanziario ha sempre preso nel  verso sbagliato quel detto di Keynes, "nel lungo periodo saremo tutti morti". Per tacere di Europa e specialmente Italia, dove si magnificava la riduzione della spesa per farmaci a brevetto scaduto. Qua sopra si è parlato spesso di generici e se il tema vi interessa potete scorrere quei post. Ci troverete qualcosa di leggermente diverso da quanto si dice di solito.

L'illusione dell'higher management standard è sempre la stessa: che il know how sia nel sistema e non nelle persone che ci lavorano. Sono 50 anni e più che le dimostrazioni del contrario arrivano puntualmente ma niente cambia. Scriveva un ingegnere che i vertici non vogliono problemi e se si manifestano provano a schivarli in ogni modo pur di non affrontarli o lavorare a risolverli. E poi, per quanto molti si pubblicizzino come attrattori di talenti e molti parlino di talent management o abbiano sostituito talent management a HR nel nome dell'ufficio, alla fine più le cose cambiano più rimangono le stesse: il sistema resiste al cambiamento e la maggioranza degli individui in un'azienda è abituata ad una ben precisa tensione superficiale dell'ambiente, per così dire. I talenti tendono a romperla, la tensione superficiale, e questo ai più non va bene. Avendo al mio attivo una quantità sufficiente di anni in aziende con alcune migliaia di dipendenti in giro per il mondo ho una qualche cognizione di causa riguardo le dinamiche sociali non sempre limpide in contesti del genere, tipo le guerre di pettegolezzi e voci che seguono il passaggio a un ruolo più alto o la decisione per una nomina. Possono essere abbastanza schifose, ma sono parte del gioco. E sopratutto in ballo ci sono poste estremamente concrete, tipo l'entità della tua busta paga, e io mi sono sempre ritenuto un individuo pragmatico. Essere pragmatici in questo contesto significa anche avere interiorizzato il fatto che risultati e KPI (Key Performance Index) allo stesso tempo possono contare e non contare, a seconda del vento che tira e di svariati altri fattori. Un caso di scuola in questi contesti è la mela avvelenata: la missione impossibile, quello che altri  hanno provato a realizzare senza successo. Perché nel senso comune sei destinato a fallire e se fallisci, beh, sei solo uno come tutti gli altri. Quindi tutti pensano che fallirai. Ma, guarda caso, c'è chi ha esperienza, numeri e lealtà della squadra sufficienti per non fallire. E allora è molto peggio, perché il successo non era previsto e con il successo alcune persone hanno fatto la figura di quelli che non ce l'hanno fatta quando era possibile farcela. Per quanto il contesto sia completamente diverso (settore e epoca) e Leo Beebe sia un personaggio di pura invenzione in un film che vuole essere in qualche modo storico, Ford vs. Ferrari racconta di dinamiche aziendali che sono largamente attuali.

Allora, facciamo finta che tu abbia tutti i soldi del mondo e tutto il tempo del mondo. Davvero pensi che Ford ti faccia costruire l'auto (da corsa, NdCS) che vuoi nel modo che vuoi? Ford Motor Company? Quelli lì? Sei mai stato a Detroit? Hanno piani e piani di avvocati e milioni di tipi del marketing e tutti vorranno incontrarti. Vorranno una foto con i grande Carol Shelby, ti baceranno e tornerano ai loro begli uffici e si metteranno a immaginare nuovi modi per fotterti. Perché? Perché non possono fare altrimenti. Perché vogliono compiacere il loro boss che vuole compiacere il suo boss che vuole compiacere il suo boss, e si odiano per questo. Ma nel profondo quelli che odiano anche di più sono i tipi come te, perché non sei come loro, perché non pensi come loro, perché sei differente. (Ford vs Ferrari)


domenica 14 luglio 2024

IL PUNTO DELLA SITUAZIONE (PHARMA, LAVORO)

https://www.biospace.com/article/biospace-layoff-tracker-2023-athenex-shutters-facility-cuts-staff/ 
 

La situazione non è  buona, per niente. Partendo dalla radice, continuiamo ad essere in terreno di tassi alti delle banche centrali (5.25-5.50% Federal Reserve, 5.25% Bank Of England, 4.25% BCE, dopo un timido taglio). In questa situazione le biotech continuano ad annaspare e le grandi non navigano in acque tranquille  (nell'elenco del link ci sono anche loro). Che si tratti di un settore ciclico l'ho imparato molto velocemente, da quando ho iniziato a lavorare.

Per questo i segni all'inizio del 2023 mi risultavano piuttosto chiari. Col tempo è venuto fuori che il 2023 è stato un bagno di sangue un po' in tutti i settori (tranne quello degli armamenti, immagino) e ci vuole poco a immaginarne i motivi. Fatto sta che poi è arrivato il 2024 e fin dall'inizio la situazione non sembrava migliorare, anche se in molti ci speravano. E infatti a breve sono arrivati corposi round di licenziamenti, come anche si rileva dall'articolo su Biospace, che comunque è incompleto (ci sono stati in giro tagli della forza lavoro non contabilizzati come licenziamenti, e tuttora certe grandi hanno un numero di posizioni a termine molto più alto del solito). Nonostante tutto ciò la stagione di reclutamento primaverile non è stata affatto una stagione morta, anche perché "chimica" non vuol dire soltanto "farmaceutica", per fortuna. Però la grande disponibilità di candidature per ogni posizione aperta da una parte ha giocato a favore delle aziende, dall'altra ha reso la vita più difficile ai candidati. Al momento un neolaureato che applica per una posizione da chimico si può trovare a competere per il posto con fino a 100 altri candidati, perlopiù con maggiore esperienza.

Il grande game changer, cioè il Biosecure Act, non ha ancora finito il proprio percorso legislativo e si è già ammorbidito un po', sotto il fuoco di fila dei lobbisti. Questo disegno di legge bipartisan ha come scopo dichiarato evitare che finanziamenti federali per progetti di ricerca vadano a finire all'estero, ma di fatto prende di mira una lista di aziende cinesi che, a detta del testo, sono impegnate anche in progetti del governo cinese. Ovviamente in prima fila nella protesta contro la legge  c'è il CEO di Wuxi USA: c'è da capirlo, se l'act passa si ritroverà a capo di un'azienda marginalizzata e destinata al rosso profondo, probabilmente più della casa madre. Wuxi è da anni la grande powerhouse dell'outsourcing in campo pharma e se il Biosecure Act passa senza emendamenti significativi sarà tagliata fuori da qualsiasi cliente che venda in USA, cioè nel maggiore mercato mondiale per le aziende farmaceutiche. Quindi tutto il lavoro finora svolto da WuXi e altri sarà riallocato altrove, con ricadute anche in USA e Europa. Una fetta di globalizzazione annullata con un tratto di penna.


martedì 25 giugno 2024

IL FARMACO, LA FIRMA, I MEDIA (ITALIANI)

Nella vulgata mediatica l'accento è sempre stato su "scoperto il gene della malattia X, cura in tre anni" (immensa bestialità). Stanley Cohen divise il Nobel con la Montalcini e la differenza tra i due è che fu il lavoro di Cohen ad aprire la strada agli antitumorali targeted mentre quello di Montalcini ha avuto ricadute assai meno rilevanti che offrono un quadro in chiaro/scuro: se nel 2018 è stato approvato Cenergemin, la Montalcini è stata anche la madrina del Cronassial, con la sua brutta storia. Notare che in Italia Cohen è un emerito sconosciuto mentre Montalcini è stata vista come la personificazione della scienza.

Comunque tornando a Stanley Cohen si narra che un gionalista ai tempi del Nobel gli chiese: "Professore, siamo arrivati alla cura per il cancro?". Lui rispose "Beh, al momento diciamo che se sei un topo immunodeficiente a cui è stato impiantato un tumore umano hai buone speranze". Questa è tra quel che mi ricordo la miglior raffigurazione possibile di come i media si pongono davanti certe scoperte (e come se le immaginano), mentre dall'altra parte c'è la dura realtà della ricerca e dello sviluppo farmaceutico. Notare bene: l'attitudine di Stanley Cohen pare sia del tutto estinta, oggi.

Sì, perché puoi aver scoperto "la molecola" più figa del mondo in vitro ma deve anche rispondere a tutti i criteri di un candidato clinico (si va dalla solubilità alla farmacocinetica fino ad un modello animale in cui il lead candidate è efficace), deve superare i test tossicologici ufficiali, due e su due specie di taglia diversa (e diversi lead candidate non li superano). Arrivare a superare i test tossicologici ovviamente non basta, servono i trial clinici di fase I, II, III. Piccolo particolare: per svolgere i trial clinici c'è bisogno del farmaco con cui svolgerli. A questo riguardo c'è un passo chiave: il primo batch GMP.

Per arrivare al primo batch GMP di principio attivo occorre avere, banalmente, un processo industriale per la sua produzione. E qua casca l'asino, perché no, la sintesi di laboratorio con cui il composto è stato ottenuto di solito non è direttamente industrializzabile . Il lavoro per rendere la sintesi industrializzabile è quello del chimico di processo, che viene svolto in parallelo a quello dello sviluppo analitico - perché di solito per le analisi vale quello che vale per la prima sintesi e difficilmente i primi metodi analitici possiederanno i requisiti richiesti dal GMP riguardo a Limit Of Detection, Limit Of Quantification, range di linearità e tutto il resto. Alla fine tutto il lavoro viene riassunto nel Master Batch Record e nei metodi di analisi in esso citati. Il Master Batch Record, usualmente edito da un responsabile dello sviluppo chimico (di solito quello che ha guidato il lavoro dei chimici di processo), viene rilasciato dopo revisione dal "regolatorio" (perlopiù indicato come Quality Assurance). Il Master Batch Record contiene l'insieme dettagliato delle istruzioni per la produzione, ed è un documento fisso. Poi sarà il responsabile dello sviluppo chimico a chiedere la stampa di una sua copia controllata, firmando la sua emissione e tutti i dati da lui inseriti. Dopo di che consegnerà la copia controllata compilata all'impianto pilota e ne seguirà l'esecuzione (perlomeno in linea di principio). La firma (datata) è un pezzo irrinunciabile della Good Documentation Practice (attribuibilità del dato). Ma in pratica il responsabile dello sviluppo mette la sua firma, letteralmente, sul primo batch GMP.  

Tutto questo lavoro dura mesi, il più delle volte. Mesi anche quando c'è semplicemente da replicare un processo perché il primo batch GMP c'è già stato. Mi ricordo che in tempi di pandemia, 2020, un medico su twitter mi chiese quanto tempo sarebbe servito per cominciare a produrre remdesivir in Italia. Io gli dissi che nella migliore delle ipotesi sarebbero serviti 3-4 mesi, avendo a disposizione l'impianto cGMP, le materie prime, tutta la documentazione tecnica e porte spalancate da parte di AIFA.  Il medico rimase allibito.

Ci sono da considerare tre aspetti molto rilevanti. In primo luogo la maggior parte delle volte tutto il lavoro che ho descritto finirà nel nulla. o  marginalmente su un articolo, per esempio su Organic Process Research and Development. In secondo luogo, di solito, tra il primo batch GMP e i trial di fase III passa qualche anno (lo sviluppo di Paxlovid in tempi di COVID è stato un caso più unico che raro). Terzo e ultimo si tratta comunque di un lavoro di gruppo, anzi di gruppi coordinati tra loro (e poi c'è tutta la ricerca clinica, i trial, la parte più costosa di tutte). Tutto questo è quel che fa la differenza tra avere un farmaco approvato e non averlo, che a naso non mi sembra una differenza da poco (pun intended).

Quindi, per ritornare all'inizio di questo post, in fin dei conti anche "il farmaco della Montalcini" (come fu chiamato Cenergemin) è stata un'altra  distorsione. Perché Montalcini scoprì e studiò NGF (la scoperta che gli fatto vincere il Nobel), ma non gli è mai saltato in mente che una sua versione potesse essere usata per trattare la cheratite neurotrofica, negli anni seguenti (diventò invece la madrina del Cronassial). Quindi dalla scoperta della Montalcini (1956)  ad avere nel 2018 un recombinant human Nerve Growth Factor capace di passare tutta la trafila di cui ho parlato più sopra per quella indicazione un po' ce ne corre e infatti il farmaco risulta sviluppato da Anabasis Pharma, Dompé e Ospadale San Raffaele. Inoltre cenergimin è l'unico farmaco della sua classe, mentre a fare un elenco degli inibitori EGFR/VEGFR approvati (Cohen/Napoleone Ferrara) si fa notte.

Ma nel 2018 l'unica versione in Italia era quella data dai quotidiani.

https://www.repubblica.it/salute/medicina/2018/01/26/news/via_libera_al_farmaco_di_rita_levi_montalcini_una_cura_per_una_malattia_rara_degli_occhi-187327644/


Ma non solo... nell'imbarazzante discorso elettorale che Margrethe Vestager, commissario europeo alla concorrenza (uscente), venne a fare in Italia (2019), l'oratrice parlò di ruolo fondamentale di Rita Levi Montalcini nella ricerca contro il cancro (!). Probabilmente il discorso glielo aveva scritto un italiano che forse per ignoranza, forse per volere esercitare una captatio benevolentiae sopra le righe, decise di attribuire alla Montalcini i meriti del suo colaureato Nobel (Cohen). Questa "particolare inclinazione" dei media italiani è ancora lì (segnalazione di Marilena Falcone, "C'è un nuovo divulgatore in città!") : un ex operaio nella vigna dell' Oxford University (uno dei tanti postdoc) nei media italiani è diventato "L'immunologo del vaccino AntiCOVID": un libro pubblicato da Piemme, ripetuti giri d'onore mediatici, costante presenza social. Il pacchetto completo, in breve. Eppure non è che ci sia da andare così fieri di avere avuto una parte in quel vaccino, che tanto per cambiare fu ripetutamente battezzato "vaccino italiano" perché a IRBM vennero prodotti i primi batch clinici - una storia allucinante. Inutile dire che secondo la BBC "il nuovo divulgatore in città" nel quadro complessivo di quel discutibilissimo vaccino (eufemismo) era invisibile e la protagonista era una donna. Nazione che vai, propaganda che trovi, ma la cialtroneria dei media e dei giornali italiani in materia costituisce un benchmark negativo senza concorrenti.

E fin qui le "leggere esagerazioni". Parlando di realtà invece chi guidò lo sviluppo di Isentress, il primo inibitore di integrasi di HIV approvato da FDA, resta un emerito sconosciuto, anche se italiano. Se negli ultimi 15 anni c'è stato un farmaco molto importante ad avere davvero un' "autore" principale è stato pembrozulimab (Keytruda). Eppure Greg Carven resta un signor nessuno, almeno in Italia e su tutta wikipedia. Ma del resto in Italia (e altrove) chi al tempo si aspettava le acclamazioni fu trattato come un farabutto profittatore. Non da ultimo non il Nobel alla Kariko, ma come è stato raccontato: nella vicenda dei vaccini mRNA sono stati i lipidi cationici a fare la differenza. E' inutile girarci attorno. Per questo C&EN titolava così:

https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/10/nobel-al-mrna-una-serie-di-fortunati.html
 

Nel frattempo dal fantastico mondo de lascienzaquellavera, della comunitàscientificainternazionale, mi arriva un messaggio: "Congresso con italiani che si presentano in pessimo inglese". Poi magari si fanno i selfie e li postano su un social per far vedere quanto sono internescional. And that's all, folks.

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...