Parlavo con un vicepresidente di una multinazionale del farmaco europea. Mi ha chiesto come vedevo l'outlook del settore e gli ho risposto che con i presenti dazi USA su API (principi attivi farmaceutici) sotto brevetto e farmaci branded la situazione non è facile e se per qualche motivo di qua all'anno prossimo questi dazi dovessero aumentare diventerebbe durissima. Una risposta di una ovvietà disarmante, devo aggiungere.
Perché per il settore gli USA sono sempre stato il mercato di riferimento, specialmente da quando l'EU, una ventina di anni fa, decise che per i farmaci si doveva spendere il meno possibile e quindi divenne "Un mercato per nulla interessante" (nelle parole di un alto dirigente all'epoca). E Trump lo sa benissimo.
"[le aziende farmaceutiche] abbandoneranno gli altri paesi perché devono vendere—la maggior parte dei loro prodotti viene venduta qui e quindi apriranno stabilimenti ovunque [negli USA]."
Questo aveva dichiarato. Semplicistico, brutale.
Ma in qualche modo efficace, dal suo punto di vista, infatti oggi che succede? Che Novartis comunica la dismissione di un suo sito svizzero - e questa è una prima volta assoluta.
A Stein (non lontano da Basilea) Novartis non solo produce(va) pasticche: API (radioligands, agenti antitumorali), terapie cellulari e farmaci iniettabili confezionati. Sito chiuso e 550 licenziamenti tra oggi e il 2027. Ma nel frattempo l'azienda ha allocato pesanti investimenti negli USA. Effetti dei dazi: in North Carolina Novartis creerà 700 posti di lavoro, ma non solo. L'azienda sta trasferendo in USA anche le produzioni a più alto valore aggiunto, Un travaso di tecnologia e posti di lavoro dalla Svizzera agli Stati Uniti.
La guerra di Trump contro l'Europa non è semplicemente commerciale: è industriale. Quando qualcuno a Bruxelles ha cantato vittoria per aver "strappato" a Trump "solo il 15%" di dazi in realtà aveva firmato una resa. Una resa commerciale e industriale, appunto, firmata senza far pesare, per esempio, il fatto che comunque e nonostante tutto oggi l'Europa supplisce al fabbisogno USA di principi attivi farmaceutici quasi quanto la Cina (circa 14%). Con la differenza che la Cina fornisce esclusivamente API generici, mentre nella fornitura europea c'è una quota non irrilevante di API sotto brevetto (e farmaci branded), soggetti quindi al 15% di dazi.
A parte la propaganda, quanto Trump tenga ai lavoratori USA in genere si è ben visto, con i massicci licenziamenti che continuano ad andare avanti nell'amministrazione federale. Figuratevi quanto gli può interessare dei lavoratori europei. Al che viene da considerare che l'Italia è guidata da una coalizione che vede in Trump la luce del mondo, anche se fa guerra ai lavoratori europei, inclusi quelli italiani. Ma questo no, non si può dire.
Resta il fatto che quanto a ristrutturazioni delle supply chain globali negli ultimi 20 anni abbiamo assistito a brutalità di ogni genere. Ma i farmaci non sono esattamente come l'acciaio o la plastica, e un 14% di fabbisogno non si risolve con il reshoring né in uno né in quattro né in cinque anni. E sarebbe il caso che a qualcuno questo entrasse in testa.
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