lunedì 28 maggio 2018

DUE SCEMENZE SU ECONOMIA E POLITICA INDUSTRIALE, CON UN OCCHIO AL CHIMICO FARMACEUTICO

Non sono un economista, ma... cercherò di replicare quello che un medico dichiaratamente comunista ha fatto con il programma sanitario gialloverde, prendendo alcuni punti di una visione (non inserita nel famoso contratto, a quanto ne so) presentata dall'huffington come un'incubo: Banca Centrale nazionalizzata prestatore di ultima istanza, IRI, etc: gli anni 70. Ok.
Ci fu la crisi petrolifera che si tramutò in crisi economica internazionale (shock esterno) etc. Ma vi presento queste tre brevi storie, comprendenti episodi di ieri e di oggi.

1) Recordati costruisce lo stabilimento di Campo Verde nel 61, negli anni 70 è una delle più grosse facility di chimica farmaceutica di tutta l'Europa. Nel 77 - la crisi petrolifera, lo shock esterno, appunto - ENI entra nel capitale sociale col 50%. Ne uscirà agli inizi degli anni 80 e Recordati sarà quotata in borsa. Oggi, dopo livelli occupazionali con una storia di montagne russe (in Italia), con il motore di una produzione chimico farmaceutica (sviluppo chimico + impianto pilota) che si svuotava, dopo che Campo Verde ha avuto sopra per molto tempo il cartello "Vendesi", Recordati cresce, principalmente all'estero, e a debito (finché dura...)

2) Sigma Tau, fondata nel 1957 da Claudio Cavazza, chimico, nel 64 installa la sede di Pomezia, con una 60ina di dipendenti. Nel 2004 la sola palazzina delle ricerche chimiche ospitava una 70ina di persone. Nel 2011 si arriva al capitolo più duro di una crisi non solo aziendale, ma dell'intero comparto. Nel 2012 il governo (Monti) si volta dall'altra parte, la palazzina di cui sopra si è svuotata, così come buona parte dello stabilimento, il centro ricerche di Milano viene chiuso (https://www.facebook.com/Sigma-tau-chiude-il-centro-ricerche-Prassis-165185343580151/?hc_ref=ARRw4_LnaVdnnSlGgbKZwM-25AdDIsBLOGStKYC8gBaEDTkFrpEVeJUvBvTmmmkSwd0&fref=nf), pure gli informatori scientifici del farmaco finiscono sotto (legge sul principio attivo in ricetta), e a più di un migliaio tra ST e altre viene mostrata l'uscita. (https://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/22/sigma-tau-che-brutto-affare/179247/ , chi gli ha dato dello schifoso fascio forse non aveva tutti i torti - c'è poco di peggio di un fascio economico con la bocca piena di buzzword). Cosa avrebbe potuto fare l'intevento chiesto dai lavoratori all'epoca?
Va a finire che Alfa Wasserman si fonde con ST moribonda, e Alfa Sigma fattura meno del 60% di quel che fatturava ST nel 2005. E si parla a lungo di alcune centinaia di licenziamenti ulteriori.

3) Rottapharm nasce a Monza nel 1961, con la creazione da parte di Luigi Rovati, docente presso la facoltà di Farmacologia dell'Università di Pavia, di un laboratorio di ricerca indipendente, il Rotta Research Laboratorium.
Negli anni, oltre 300 brevetti e 19 farmaci originali. Nel 2007 acquisisce la tedesca Madaus, e il fatturato consolidato del gruppo supera i 2 miliardi. Nel 2009 ha in fase III un antiasmatico e un farmaco gastroenterologico: tratta con Wyeth che arriva a un soffio dall'acquisirlo (centinaia di milioni), ma Pfizer si fonde con Wyeth e sgancia la gastroenterologia. Crisi. La proprietà sostiene con risorse proprie, poi cerca investitori che le lascino il controllo e non ne trova, poi cerca la quotazione in borsa, ma il momento non è favorevole. Alla fine nel 2014 (mia ipotesi: su insistenza delle banche creditrici) vende agli svedesi di Meda per circa un miliardo (spiccioli, rispetto al fatturato consolidato di pochi anni prima), di cui solo parte è cash: crollo occupazionale, chiusura di Rotta Reasearch. Nel 2016 arriva Mylan (il genericista "gentiluomo" - si fa per dire - a stelle e strisce) e compra tutto.

Probabilmente storie del genere possono essere trovate in altri settori, dall'energia all'acciaio. Sicuramente nell'ultimo decennio ha influito la stretta creditizia, collegata alla crisi crescente del settore bancario. Sicuramente i tagli alla spesa sanitaria (e quindi a quella farmaceutica) hanno influito, così come alcune leggi volute per consolidarli. Ma cosa sarebbe successo se lo stato avesse potuto offrire anche solo temporaneamente una sponda finanziaria (quello che viene visto come apocalittico nell'articolo dell'huff ne costituisce una delle possibili premesse)?

1) Sarebbero stati mantenuti livelli di occupazione estremamente qualificata
2) Non sarebbero stati bruciati asset con un valore potenziale complessivo di miliardi (moltissimi brevetti sono stati lasciati decadere per cessato pagamento delle quote annuali)
3) Sarebbe ulteriormente migliorata la bilancia commerciale - visto che quel che rimane del settore va avanti ad export.
4) Il gettito IVA e fiscale in genere nonché contributivo ne avrebbe beneficiato, visto che il polo farmaceutico laziale era arrivato ai 7 miliardi di fatturato complessivo (il crollo lo aveva visto scendere ben sotto i due miliardi, e oggi si viaggia sui 3).

Invece lo stato ha figurato in tutto ciò solo come il grande assente. La storia di Rottapharm dipinge chiaramente quanto sia salvifico il capitale estero che tutta la politica italiana vuole ed invoca come soluzione delle crisi industriali. Non so se un intervento diretto dello stato nell'economia (situazione pre 1992) sia da etichettarsi come "sovranista", di sicuro prevede deroghe o ricontrattazione dei vincoli europei. Qualcosa dell'epoca con intervento pubblico nell'economia me lo ricordo. E non c'erano disoccupazione a due cifre, inflazione a due cifre, disoccupazione giovanile al 50% etc etc. Se qualche ministro creativo ha parlato dei beni culturali come del petrolio della nazione, la vocazione nazionale dal dopoguerra in poi è stata l'industria della trasformazione. Abbiamo lasciato per strada il 25% della produzione industriale, con la crisi e non è che le nostre prime quote per export fossero il famoso "made in italy" (abbigliamento, vino, cibo usati per certificare un gap tecnologico): faccio notare che prima della crisi del 2008 i nostri settori più consistenti di export riguardavano raffinati del petrolio, meccanica, farmaceutici (un po' diversa da come ve l'hanno raccontata, giusto?). 
Il mondo è cambiato, rispetto al pre 92?
Sembra ovvio, ma leggendo Arthur M. Schlesinger, "L'età di Roosevelt", si colgono incredibili somiglianze con la situazione presente. Sì, poi ci fu la seconda guerra mondiale, ma l'amministrazione Roosevelt ebbe un atteggiamento non dogmatico su Gold Standard e inflazione (vista come meccanismo redistributivo, e non come tassa sui poveri).
Il "New Deal" ce l'avevo nella sezione di storia del sussidiario, in quinta elementare, negli anni 70. Oggi credo che nessuno studente della scuola dell'obbligo sappia cosa sia. I paradigmi culturali cambiano, Arthur M. Schlesinger in Italia fu pubblicato e tradotto da Il Mulino, che al giorno d'oggi ha in catalogo questo https://www.mulino.it/isbn/9788815126269 . Chi avrà pagato il prezzo di questo paradigm shift culturale?

(Come si sarà capito per il mio settore il governo Monti fu un incubo: 2 miliardi/anno di tagli alla sanità e principio attivo in ricetta due colpi alla nuca, e il resto non aiutò - l'idea di una riedizione di quell'esperienza mi mette i brividi più di qualsiasi altra cosa)

https://www.huffingtonpost.it/2018/05/26/la-nuova-economia-sovranista-con-savona_a_23444141/

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