mercoledì 18 aprile 2018

ANTIBIOTICI - 1 - PASTA SUL CONIGLIO

L'allevamento intensivo non può fare a meno degli antibiotici, perché nelle condizioni di produzione l'infezione di un soggetto significa avere in un amen un capannone, una vasca, o una zona marina recintata con gli individui infettati dal primo all'ultimo. E quindi, chemoprevenzione: sulfamidici con i conigli, chinolonici col pesce,direttamente nel mangime, ogni giorno (e aggiungerei cloramfenicolo coi crostacei, mentre col pollame si sono usati anche antivirali - secondo qualcuno l'amantadina come antiinfluenzale è durata poco perché specie in Asia veniva usata senza ritegno). Inutile precisare che gli Istituti Zooprofilattici fanno controlli a campione sui residui di questi farmaci negli animali destinati al commercio.
Ma, se poi si finirà per parlare di resistenza, voglio cominciare questa miniserie di post in modo più frivolo, cioè con la pasta sul coniglio.

L'uso caratteristico era con pappardelle, ma pasta corta (tortiglioni o penne) e anche tagliatelle potevano andare. Abbondante battuto di cipolla, sedano, carota, uno spicchio d'aglio anch'esso tritato. Meglio i pelati che la passata di pomodoro, e non doveva essere troppo rosso. E poi chiaramente il coniglio. Fatto a pezzi, per la corretta riuscita del sugo andava usata anche la testa, intera (poi scartata) e soprattutto il fegato. Il fegato, tritato e buttato in pentola assieme al soffritto. Un piatto unico di tradizione campagnola, in un colpo solo hai il sugo per la pasta e la carne per secondo. Aggiungi il contorno e sei a posto. Ho il ricordo vivissimo dell'odore del sugo di coniglio in via di preparazione.
Perché ho parlato al passato? Perché l'ultima volta che ho cucinato questo piatto è stato con un coniglio allevato in casa, artigianale, di chi teneva anche pollaio e orto. Il suo fegato era scuro (color fegato, appunto), sodo, compatto - in una parola, sano.
Mi era capitato tempo prima di provarci con un coniglio preso al supermercato. Era stato confezionato senza testa, e vabbè. Ma il fegato era lì: beige chiaro, di un colore malato. Un fegato spappolato: odore "sbagliato", consistenza molle, si sbriciolava a toccarlo: inutilizzabile.
Un effetto collaterale delle condizioni di allevamento industriale.
Un effetto collaterale frivolo, perché come dicevo l'uso di antibiotici negli allevamenti industriali è indicato tra le cause dell'insorgere di ceppi batterici resistenti agli antibiotici.


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