martedì 25 luglio 2023

SCALE TEMPORALI

Ve la ricordate la Professoressa Bignumska? (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/05/la-narrativa-dei-numeri-e-due-cose.html) Mi veniva da pensare che le scale temporali sono un po' come le scale di energie: c'è solo un ristretto intervallo (finora) per cui esiste la vita come la conosciamo, cioè anche la vita umana. 

Ma una particolarità degli umani è quella che chiamiamo storia. Se pensate in termini di vite umane (specialmente di vite umane del tempo) l'Egitto dinastico durò un'eternità (ed ebbe le sue terribili crisi).

In tempi più recenti anche i Re di Roma durano molto. Ci fu un bel po' di gente che visse in una Roma governata da re, ben più di una generazione. 

Alessandro Barbero (https://www.youtube.com/watch?v=6RLa0Lxk37A) ci ricorda che in una delle pagine meno considerate della storia italiana, il periodo longobardo, bastò poco, iniziò con "gente" che si considerava "cives romanus" e finì con gente del tutto simile, i loro discendenti, che si consideravano "lumbard". L'Impero Carolingio (che mise fine all'Italia Longobarda) durò anche di più. E quello degli Ottoni?

Il Regno crociato di Gerusalemme durò quasi due secoli, e quasi un secolo nella sua pienezza (dal 1099 alla battaglia dei corni di Hattin (https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Hattin): in molti vissero l'intera vita sotto quel regno, e i loro figli fecero altrettanto. Prima e Seconda Guerra Mondiale, se per intensità non sono paragonabili, durarono niente rispetto alla Guerra dei Cento Anni e alla Guerra dei Trent'anni. In realtà, mutatis mutandis, la devastazione e lo spopolamento conseguenza delle Guerre Gotiche (20 anni) e della Guerra dei Trent'anni non hanno rivali, nemmeno tra le guerre del 900. Qualcuno di recente mi ha fatto notare che la densità di popolazione di certe regioni dell'Italia adriatica è decisamente inferiore a quella dell'Italia tirrenica, e forse per queste differenze ci sono ragioni millenarie.

Eh, già, la storia - e la storiografia - sono un bel problema. Per epoche preistoriche abbiamo dati su temperature e concentrazioni di anidride carbonica nell'atmosfera e altro da fossili, carotaggi di ghiaccio artico, sezioni di alberi secolari etc etc. Ma non abbiamo la storia, che è cosa eminentemente umana e inerente l'uomo, quella historia magistra vitae che avrebbe dovuto insegnare a tutti, ma i più erano variamente giustificati o semplicemente assenti senza giustificazione. Già, l'uomo. Di questi tempi perlopiù ci si scorda che quello che un po' troppa umanità pone fuori e sopra di sé, "la scienza", è fatto umanissimo perché praticato da umani. Oggi troppi pongono "la scienza" sopra l'uomo esattamente come qualche secolo fa (e da alcune parti tutt'ora) si poneva sopra l'uomo un dio. Pare che viga una legge di "conservazione delle fedi": se i più non credono più a una, allora credono ad un'altra cosa, come disse Chateaubriand, poi riecheggiato da Chesterton.

Ma torniamo alle scale di grandezza. Se per catturare per l'occhio umano fenomeni che avvengono in brevissimi lassi di tempo si richiede una fotografia ultraveloce, per catturare per lo stesso occhio fenomeni che richiedono decenni, secoli, o milioni di anni servirebbe una fotografia più che ultralenta, e si porrebbe molto seriamente il problema della durata in funzione dell'apparato che rileva o, più in generale, della durata dell'osservatore. Perché tra alta energia e tempi molto lunghi ci sono alcune differenze: un osservatore nel presente può osservare tempi molto lontani solo se molto lontani nello spazio, ma non può osservare per tempi più lunghi della sua vita. Un sistema di successione degli osservatori può durare di più, ma i sistemi umani non hanno durata molto lunga (di questi tempi, per esempio, basta un taglio di fondi a farli finire). Ma ancora, parlando di umani, grazie a Dio abbiamo la storia.

Parlando di storia quanto al passaggio delle Alpi da parte di Annibale abbiamo uno storico contemporaneo, che scriveva in greco di faccende romane. Eh già. Ricevo una mail indignata in cui mi si racconta che il direttore di Focus, ops, pardon, Le Scienze, avrebbe sostenuto che quando Annibale passò le Alpi passò sui ghiacciai e per questo perse molti uomini. "E Polibio???" si chiede nella mail. Ah, beh, Polibio che io sappia non ha H-Index e i 40 libri delle sue storie non sono pirreviued. Infatti Polibio, negazionista ante litteram, non parla di ghiacciai ma di neve che inizia cadere (e prima della neve di Allobrogi http://www.maggiofilosofico.it/1247/). Ma sono appunto dettagli insignificanti: Polibio non ha alcuna validità scientifica (ma c'è proprio bisogno, per il ben della causa, di prodursi in cazzate così facilmente sputtanabili dal primo che si ricorda quel che ha studiato al liceo?).

Di questi tempi ho pensato spesso a meteo e clima e a epidemie. Meteo, veloce. Clima, lento, epidemie, veloci, ma in ogni caso si tratta di fenomeni non lineari. Di prima verrebbe da dire che è più facile sbagliare le previsioni su fenomeni veloci (si è visto molto bene in tempi di morbillo prima, di COVID poi) che su fenomeni lenti (clima). Però quanto a clima globale i duecento anni di dati sono la replica in scala di una settimana di dati COVID. Il senso di questa osservazione è che in questo caso "l'esponenziale" dei tempi di COVID, che reggeva sì e no un paio di settimane, potrebbe reggere una decina d'anni o più (lo sapremo quando lo vedremo).

La scala dei tempi dei fenomeni ci garantisce rispetto a COVID tempi più lunghi per le possibili azioni correttive, globali e locali (vedere Kyoto e Parigi, peccato siano partite male e continuate peggio). Riguardo le azioni globali non ho speranze: il modello economico globale non si tocca, e questo è il peccato originale di Kyoto e Parigi (ah, non scordiamoci quella genialata che è stata la finanziarizzazione delle quote CO2) . 

Se considerate che l'aumento degli ultimi 30 anni di concentrazioni di gas serra è dovuto in primis agli sweat shop asiatici e del sud del mondo creati dalla globalizzazione, si dovrebbe deglobalizzare. E al di là di discorsi fighetti sul "chilometro zero" (che supporto per ragioni del tutto differenti), deglobalizzazione e accorciamento delle distanze fisiche tra i punti delle filiere è una bestemmia in chiesa, il più delle volte. 

Le soluzioni locali, che sarebbero mitigazione più che soluzione, guarda caso, negli ultimi tempi sono roba da negazionisti e terrapiattisti. Se si prevede una maggiore frequenza di eventi metereologici estremi da subito dovresti mettere mano al dissesto idrogeologico del territorio. Ma questo per la solita banda di animebelle (cioè sepolcri imbiancati) è roba da negazionisti. Del resto da chi continua  votare per quelli che per vent'anni hanno pensato che fosse una figata la "valorizzazione del waterfront" che ti vuoi aspettare? I benefici di quella valorizzazione e della copertura di canali e corsi d'acqua non si discutono. Soluzioni moderne, mobilità elettrica etc, ci sia o no l'infrastruttura necessaria, e basta, non si discute. Chissà che insegna chi insegna ai corsi universitari di "Scienza della mitigazione dei danni da cambiamento climatico". Tutto bene, qualsiasi cosa insegni è comunque scienza.



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