... mi disse Starbuck, e io l'ho fatto. E ne abbiamo parlato. Perché
le nostre intepretazioni de
La
struttura delle rivoluzioni scientifiche (LSRS, da qui in poi) sono un po' diverse. Con una precisazione: l'assenza del contesto, cioè di come Kuhn con il suo lavoro si inseriva nella fisolofia della scienza e nella sua storia. Ma LSRS è stato spesso citato fuori contesto (come Feyerabend) sui social media, quindi è in questa chiave che mi interessa parlarne - cioè in funzione del suo rapporto con la cultura pop e con quella pop-similscienza che da anni imperversa in rete.
Centrale in LSRS è il concetto di paradigma, l'insieme di principi, cognizioni e metodi consolidati costruito da una disciplina scientifica nel suo processo di maturazione. In breve quello che finisce cristallizato nei manuali universitari. E la "scienza normale", secondo Kuhn, è quella che si muove esclusivamente nel territorio del paradigma, andando a caccia di fenomeni spiegabili con detto paradigma ed escludendo gli altri.
Per Kuhn le rivoluzioni scientifiche avvengono quando un
paradigma scientifico diventa completamente inadeguato davanti
all'emergere di qualcosa che per natura ha escluso: fenomeni non
spiegabili dal paradigma stesso e nuovi modi per descriverli e trovare
soluzioni ai problemi che pongono. Si noti bene che Kuhn distingue tra "scienza" e "tecnologia". Questa
distinzione nella attuale cultura pop è sparita. Nel contesto pop
medicina è scienza quanto è scienza un rover che atterra su Marte che è
scienza come la Relatività Generale. E non si fa differenza tra ricerca
tecnologica e ricerca scientifica.
Starbuck, essendo nella ricerca
scientifica che produce carta (quella carta che poi viene usata spesso come base
fondante dell'ideologia del momento o peggio, come base per indirizzi politici) si focalizza sui paradigmi della
"scienza normale" che tralasciano o negano quello che dai paradigmi stessi
non è contemplato o spiegato.
Io, per quanto qualificato come scientist, sono nella ricerca tecnologica che produce
(o dovrebbe produrre) Return On Investment, EBDITA etc.. ovvero in
parole povere soldi. E non ho mai potuto fare a meno di pensare che la mia
capacità di produrre risultati concreti e materiali deriva dal mio
essere stato formato in un paradigma (l'ultimo paradigma della mia
disciplina, a quanto ne so). In più lavoro in un contesto in cui se qualcosa
per i più "makes no sense" ma alla fine funziona ed è l'unica cosa che
funziona, va tutto bene.
Una doverosa premessa: Kuhn
pubblica il suo lavoro negli anni 60 dello scorso secolo. Le rivoluzioni scientifiche dei primi 40 anni del secolo hanno costituito nuovi paradigmi - relatività, meccanica quantistica, etc. Ma di discipline
scientifiche veramente "mature" non ce ne erano molte ai tempi in cui Kuhn scriveva il suo libro,
nonostante quello che si potesse pensare allora.
Anni 60. A braccio, l'elettrodinamica quantistica, dopo 40 anni di
esistenza problematica, è stata risolta da Dyson e Feynman, che
ottengono il Nobel, e l'edificio del modello standard è in fase avanzata
di costruzione. Sono gli anni in cui Penrose e Prigogine stanno
producendo le fondamenta del loro lavoro. In chimica organica Woodward e
Corey hanno dimostrato la potenza concettuale della retrosintesi, tra
l'altro, e la determinazione della struttura dei composti naturali per
sintesi totale è uno dei grandi risultati dell'epoca. Poi mi verrebbe da
dire che di lì a poco May, poi assieme con Anderson, riprende Kermack e
MacCarthy e il suo lavoro di rielaborazione finirà per renderlo uno dei
nomi delle cosiddette "teorie del caos". E questo è un tassello
ulteriore di cui Kuhn al tempo non poteva essere al corrente perché
ancora non era "storia".
In breve Kuhn scrive e pubblica in
tempi in cui cambiamenti o sostanziali upgrade di molti paradigmi sono in
fieri: un tempo, il 1962, infinitamente diverso dall'attuale . Perché?
Perché
i paradigmi delle discipline scientifiche hard non cambiano da quasi 50
anni. Qualsiasi avanzamento, scoperta o innovazione è avvenuto
all'interno dei "paradigmi maggiori" (che tra l'altro sono quelli in cui
sono stato educato e cresciuto). Ma...
Ma ci sono un paio di
problemi. Il primo è costituito dal mainstream scientifico del momento
da 40 anni a questa parte. Se Feynman e Dyson e il modello standard sono
stati incorporati di fatto nel corrente paradigma della fisica, con
Prigogine, May e Anderson le cose sono andate un po' diversamente.
Perché? Perché strutture dissipative e termodinamica del non equilibrio
sono state incorporate in unico manuale, di uso limitato. Quanto a May e
Anderson, beh... il primo è stato a lungo presidente della Royal
Society, il secondo è stato a lungo advisor scientifico del governo
britannico, ma per il resto? Per il resto non sono stati incorporati in
nessun paradigma, nella prospettiva di Kuhn. Hanno ritrovato attenzione
nei primi anni 90, ma è stata una stagione breve, per quanto abbia
lasciato impronte durature nella produzione mediatica (si pensi a
Jurassic Park, se non si vuole ricordare la fantascienza cyberpunk). Il
meccanismo delle rivoluzioni scientifiche di cui Kuhn parla si è inceppato
in qualche punto tra la seconda metà dei 90 e l'inizio del nuovo
millennio, periodo che segna l'ascesa permanente delle scienze soft (troppe
volte delle scienze molli). Forse vi ricorderete la stagione, Crichton,
da grande osservatore dei tempi, già l'aveva inscritta in Jurassic Park.
Il progetto Human Genome, Craig Venter, gene=proteina e tutto il resto.
Da lì a medicina/scienza ci sono voluti una decina di anni o poco più.
Parlare di un "paradigma delle scienze della vita" non so se sia possibile. Si ok, DNA e RNA, che sono cose del secolo scorso. Ma poi? Non vorrei essere nei panni di per lavoro scrive manuali universitari nell'area life sciences. Perché l'hype del momento, da almeno 20 anni, si esaurisce in una fiammata. Esistono ancora manuali che riguardo l'alzheimer declinano l'ipotesi amiloide? Ce ne è qualcuno che racconta ancora la storia del junk DNA? E i siRNA?
Le "rivoluzioni" degli ultimi 40 anni sono state dipinte come tali ma non lo erano: non implicavano un vero cambio di paradigma. Pernsiamo solo a uno dei santini più venerati dai fedeli de lascienza, Rita Levi Montalcini, laureata Nobel assieme a Stanley Cohen per la scoperta dei fattori di crescita. Il lavoro (separato) di Montalcini e Cohen usciva dallo schema di un qualche paradigma? Non direi proprio. Quel lavoro (solo quello di Cohen, in realtà) è stato la radice della successiva esplorazione dell'albero delle chinasi, che ha avuto conseguenze applicative estremamente importanti (farmaci antitumorali targeted). Ma non ha cambiato alcun paradigma, è solo stata una delle tante estensioni di paradigmi già esistenti. Negli ultimi dieci anni al riguardo ci sono stati due fatti degni di nota, al riguardo.
Il primo riguarda i ricercatori di Amgen che verificarono trovandoli non riproducibili i risultati dei paper definiti "rivoluzionari" in oncologia (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/credibilita-e-riproducibilita.html). Il secondo riguarda il "minimo genoma funzionante". In tempi di enfasi sulla biologia sintetica. Un gruppo esteso guidato da Craig Venter nel 2016 sintetizzò lo "smallest viable genome", quello di un mycoplasma (https://it.wikipedia.org/wiki/Mycoplasma). E di 473 geni, 149 avevano funzione ignota (https://www.science.org/content/blog-post/smallest-viable-genome-very-weird). Che vuol dire, in parole povere: "c'è un 31.5% di cui non sappiamo niente", e questo parlando di un mycoplasma che è il più semplice dei batteri. Il che non testimonia a favore della solidità del "paradigma" delle scienze della vita. Di momento in momento il paradigma delle life sciences è percepibile, ma è sfocato, estremamente instabile.
Immunooncologia, CRISPR, terapie geniche etc hanno messo poco a
dimostrare una loro natura: nell'ordine niente di nuovo, bolla speculativa e genialata
applicativa, pochi risultati e tanti
fallimenti. In effetti credo si possa parlare di paradigma nelle life sciences solo in termini empirici: Credo che il suo principale aspetto critico sia l'essere legato a doppio filo con la medicina, che scienza non è (e non sto dicendo che non ci siano medici che fanno ricerca). La cosa è complicata dal fatto che siano esistiti medici che hanno infranto il paradigma della medicina dei loro tempi (Simmelweis, per citare un esempio tipico), e che la cosa ha avuto ricadute in campo scientifico. Con ciò i medici esercitanti la professione usano (o dovrebbero usare) i risultati delle discipline scientifiche, ma non ne praticano una. Questo è stato fatto notare ripetutamente, ma il concetto soccombe davanti alla massa di medici praticanti che oggi dicono di fare scienza o che la scienza (quale?) la vogliono "divulgare".
Servirebbe un nuovo e aggiornato lavoro di Kuhn oggi, perché
la "scienza normale" che descrive ha lasciato il passo a una "scienza
anormale". La scienza anormale, incapace di costruire nuovi paradigmi o consolidare quelli presenti, ma
troppo spesso sprezzante nei confronti dell'ultimo paradigma affermato e solido. Una "scienza anormale" praticata da quanti
sputano sui libri su cui hanno studiato per far numero (di articoli) o
fare audience sui media sociali e non. Il rigetto della classicità, che è una
cifra dei tempi attuali, non è senza conseguenze per quel che riguarda
la fenomenologia delle scienze.
Nel panorama accademico attuale
devi lavorare su qualcosa di figo e vendibile, se ci riesci, o
altrimenti attinente ai temi correnti nel mainstream e per la più semplice delle ragioni: se non lo fai non ti finanziano il progetto. Quanto al lavorare
su qualcosa di figo, in una prospettiva ormai storica,
non è possibile non citare il campo del lifespan, in breve gli "elisir di lunga vita" (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/06/fior-di-giglio-intascare-700-milioni.html e https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/07/la-contessa-bathory-e-viva-e-lotta.html). Fallimenti che non hanno avuto la triste sorte del campo della fusione fredda, diventato qualcosa davvero simile a una setta iniziatica, una minoranza esoterica. Tutta sta' roba, che ai suoi tempi di casino ne ha fatto un bel po', non è finita né finirà in nessun paradigma, in nessun manuale - sarebbe bello se ci finissero come "cose da evitare", ma non succederà.
La scienza anormale è incapace di produrre o consolidare nuovi paradigmi e ha un difficile rapporto con gli stessi. La scienza anormale è centrata su regole e sono regole effimere, che possono essere cambiate a seconda del bisogno. Basta guardare ai due anni di pandemia COVID: gente come Ioannidis e Tom Jefferson non si pronunciava al di fuori di nessun paradigma. Si pronuciava contro e al di fuori delle regole del momento, un group thinking più politico che scientifico. Nel contesto della scienza anormale, che è il contesto della scienza "terzo ladro" (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/12/il-terzo-ladro.html), l'incapacità di elaborare nuovi paradigmi è un'incapacità concettuale, e quando si prova a forzare un paradigma consolidato a supporto del set di regole del momento i risultati sono grotteschi (vedere alla voce "pandemia e modelli"). La scienza anormale, in ottemperanza al "publish or perish", garantisce la prolificazione di articoli che presentano ricerche un tasso di riproducibilità sempre più basso, e sopravvive anche alle ritrattazioni come niente fosse (alla voce puttanate sparate ed eseguite su COVID, farmaci e vaccini durante la pandemia). Nessuno di quelli che ha pubblicato aberrazioni e artifici sperimentali tra 2020 e 2022 è mai stato discreditato per aver pubblicato puttanate - se ne pubblicano tante, ed è nell'interesse di tutti che siano pubblicate. Il sistema della scienza anormale è identico a quel che è stato il sistema della scienza normale solo in apparenza. Sull'etichetta "metodo scientifico", nella sostanza "come ci pare, anche a cazzo di cane se serve". La lotta al "scientific misconduct", che da Retraction Watch a Elizabeth Blik si è guadagnata una sua nicchia, per quanto praticata da espulsi dal sistema o fuori dal sistema, alla fin fine finisce per legittimarlo: denunciamo le mele marce perché il sistema si emendi. Ma il sistema non intende emendarsi, è sempre lì e il dubbio che sia fondato su una maggioranza connivente è piuttosto fondato. Connivenza per convenienza.
(To be continued)