Gli ultimi tre confronti che ho avuto su “la strutura delle rivoluzioni scientifiche” e su Kuhn in generale,
evidenziamo come secondo me l’autore avesse colto bene alcuni aspetti del funzionamento dell’odierno
mondo scientifico. Sottolineavo – e rielaboravo – che per come la osservo e la vivo io, nella “comuntità
scientifica” (o meglio, nelle tante piccolo sotto-comunità scientifiche) si tende a spolpare l’osso della
ricerca principale senza aggiungere nulla di veramente significativo: se si hanno idee divergenti o i conti
non tornano meglio in caso tacere (quantomeno fino ad avere il prossimo postdoc-barra-progetto in
mano). Curioso però come i miei interlocutori mi chiedessero se coglievo l’aspetto di influenza della
società nelle rivoluzioni scientifiche.
Il libro in questione può essere letto in molti modi. La prima e andarci in mezzo in maniera spontanea.
La seconda è chiedersi chi era Kuhn e notare a questo punto che ha coperto due distinte cattedre: di
Storia della Scienza e di Filosofia della Scienza. La terza (e qui siamo già un passo avanti)
contestualizzare in che dibattito si situava Kuhn: Popper, Lakatos, Feyenman. Ho un simpatico libro
(curato da Giorello) che raccoglie gli atti di un congresso dove facevano allegramente a sportellate. Su
cose tipo “esiste una storia della scienza” o c’è solo una “filosofia della scienza”. Si perché dalla
cattedra in epistemiologia di Mach passando dal circolo di Vienna, bisognerebbe un attimo gettare uno
sguardo su tutto il dibattito che si sviluppava a inizio secolo sulla epistemiologia. Ora io non entro in
dettagli (perché sarebbero discussioni e le discussioni preferisco affrontarle in flesh and bone e non in
versione virtuale) però Kuhn va letto nel contesto di questo dibattito. Leggerlo dal punto di vista di
quello che erano le scoperte che si agitavano attorno agli anni 60, secondo me è forzato, così come la
prospettiva delle “rivoluzioni scientifiche” è di prospettiva più lunga, molto più lunga di un secolo.
E l’aspetto sociale. Perché se lo chiedete a uno che di mestiere fa qualcosa-di-filosofico, la domanda
sarà sul peso che Kuhn dà all’influenza della società e al contesto sociale sull’avvenire della
rivoluzione. “Leggiti Lakatos” mi dirà uno, “è più equilibrato, una posizione intermedia tra lui e
Popper”. E al di là che poi a uno piaccia o meno Lakatos, riconosco che Kuhn va anche situato (forse
primariamente
contestualizzato) nel dibattito filosofico sulle scienze del suo
periodo ( ... e dovrei mettere filosofico tra virgolette perché ad un
certo punto della storia si giunge a fare il funerale alla filosofia ).
Insomma, difficile capirlo fino in fondo senza essere passati da Popper e da un po’ di epistemiologia del
periodo.
Quindi il mio “leggiti Kuhn”, è stato seguito poi da qualche scambio sul tema ed un “ma guarda CS che
bisogna che te lo leggi contestualizzato nel suo terreno” da parte mia, perché altrimenti si rischia
comunque di ridurre un tema complesso, e questa che avete tra le mani è una risposta un po’ più
estesa
riuardo a come secondo me andrebbe letto Kuhn (o almeno la via da
percorrere per chi ne avesse tempo e mezzi). Ah, dimenticavo: Kuhn è un
piacione, scrive bene e vi convince altrettanto, se vi addentrate nella
lettura, tenetelo a mente.
Chiudo a cerchio sulla citazione iniziale, che si ritrova anche ne “ la struttura delle Rivoluzioni
Scientiticihe” di Kuhn, e che è di Francesco Bacone da Novum Organum. Se avete presente la Royal
Society,
sappiate che l'opera di Francesco Bacone è una influenza massiccia
nella sua genesi, ed è il metodo di Bacone quello che Boyle recupera
come fondante della famosa società. Uno di quelli che vengono dalla
filosofia mi faceva notare che “il puparo” (Boyle, affettuosamente
appellato “il puparo della Royal Society”, N.d.A.) “recupera Bacone e il
Novum Organum, ma solo la prima parte, quella che gli serviva...
leggiti la seconda parte e poi ne riparliamo”. Ovviamente sto
leggendo.
NdCS: Il primo post è qua https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/09/leggiti-kuhn-1-di-x.html
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