mercoledì 27 febbraio 2019

VACCINI E ANALISI - SERIE - MAI PRESE IN CONSIDERAZIONE

A un certo punto uno la domanda se la fa: perché in tutta la faccenda "vaccini sporchi" mai è venuta fuori un'analisi fatta in modo cristiano? (A parte un caso, in cui l'analisi diceva "tutto bene" ma si faceva intendere il contrario, https://t.co/vN6tm49hZA ).
L'unica risposta che mi sono dato è che siccome la chimica è roba difficile e oscura, dire cose tipo "Un alto grado di deamidazione e diossidazione è stato ritrovato nel vaccino X, e probabilmente riflette un diverso grado di degradazione tra un batch e l'altro" non fa né caldo né freddo. Che vuol dire? Che significa? Invece "nanocose!" o "diserbanti nei vaccini!" lo capiscono tutti, ma proprio tutti. Quindi quel che si fa è sparare roba che possa somigliare a "ricerca" prodotta per chi "ricerca" non sa come sia fatta, per ottenere un effetto.
Quindi qualcosa che con la chimica e con reali tracce di qualcosa in una formulazione vaccinale non ha niente a che vedere. Pseudoanalisi a sentimento con molta scena e qualche fumogeno.

Eppure... eppure non è che nessuno si sia mai posto il problema del controllo qualità sui vaccini e sul controllo del loro ciclo produttivo. Per niente. Biologicals è "la rivista" per quanti si interessano di problemi di produzione controllo e analisi di biologici in genere e quindi anche di vaccini.

Oppure, appunto "A higher degree of deamidation and dioxidation was found in Pandemrix, probably reflecting differential degradation across batches", concludevano dopo un'indagine MALD-MS gli autori di "Comparison of Pandemrix and Arepanrix, two pH1N1 AS03-adjuvanted vaccines differentially associated with narcolepsy development", gente di Stanford (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0889159114005194?via%3Dihub).




Pure su Vaccine sono apparsi articoli che parlavano di analisi HPLC-SEC dei tossoidi dell'esavalente ed in genere dei vaccini acellulari (qua l'articolo).

Quindi ricerche bibliografiche, queste sconosciute. Oppure diventa tutto troppo tecnico, troppo serio, troppo poco comprensibile, e sopratutto poi alle analisi ci deve lavorare qualcuno che sa quello che fa. Ma se poi il pubblico confonde tra mele, pere, capre e ornitorinchi, a che pro? Perché darsi il pensiero? Meglio pensare ad ottenere il massimo effetto con quattro insulsi pezzi di carta che facciano un po' di scena.

lunedì 25 febbraio 2019

L'AMORE PER I PICCOLI NUMERI (E I CONIUGATI FARMACO-ANTICORPO)

La letteratura medica da anni mostra una notevole inclinazione, per i piccoli numeri. Studi su 5, 10, 20 pazienti.
Anche quelli "contro la medicina ufficiale" amano i piccoli numeri, i campioni eterogenei per patologia e trattamento etc. "Sono stati curati in tanti!" è l'argomento. Ma ammesso che sia vero, c'è un fatto. La rappresentatività di un campione non è "teoria", non sono "solo numeri":

Per l'ennesima volta Derek Lowe ne parla a proposito del fallimento dell' Antibody Drug Conjugate Rova-T (Abbvie) (https://blogs.sciencemag.org/pipeline/archives/2018/12/06/worse-than-useless):

"E' una costante dello sviluppo farmaceutico che le cose sembrino molto migliori nei primi trial che in quelli successivi. Questo perché i primi trial coinvolgono pazienti scelti con estrema cura, ma sopratutto perché i primi trial sono davvero piccoli. A meno che tu non abbia a che fare con un effect size epocale, la biologia umana è abbastanza complessa da rendere i piccoli trial indicatori estremamente imprecisi. Sono solo segni di successo - segni. Devi lavorare su più pazienti, di tipo più vario e in condizioni più diverse, e più volte. Ogni volta. Non ci sono sostituti per per i trial grandi, ben controllati e ben disegnati. A nessuno piace sentirlo, perché tutti lo hanno già sentito, e perché non è né eccitante né nuovo e non promette consistenti avanzamenti accelerati che riducono i costi. Ma è vero."

Rova-T ( Rovalpituzumab-Tesirine): la parte della formula in azzurro rappresenta il backbone peptidico di Rovalpituzumab



Ah, cosa sono gli ADC (Antibody Drug Conjugate)?
Gli ADC, coniugati farmaco anticorpo, secondo alcuni qualche anno fa erano la nuova frontiera della farmacologia oncologica: il primo farmaco di questa classe ad essere approvato da FDA (2011) è stato Trastuzumab emtansine, sviluppato da Seattle Genetics/Millennium Pharmaceuticals, il secondo è stato Brentuximab vedotin (Genentech/Roche, approvato nel 2013).
Il razionale è semplice: una piccola molecola antitumorale viene legata con un "ponticello" degradabile ad un anticorpo monoclonale diretto contro uno dei classici recettori sovraespressi in questo o in quel tumore (Her2, PD-L1, PD1, etc). L'anticorpo si lega al recettore della cellula tumorale, il bridge viene tagliato dagli enzimi e così la molecola antitumorale viene selettivamente rilasciata in prossimità della superficie della cellula da colpire, aggiungendo il suo effetto a quello dell'anticorpo. Quindi, sulla carta, farmaci targeted che più targeted non ce ne sono. Questa tecnologia stava rimettendo in pista molecole citotossiche scartate una ventina di anni fa per la loro eccessiva tossicità e finestre terapeutiche praticamente inesistenti. Poi c'è il lato strategico del business: qualsiasi molecola sviluppata per essere coniugata con un anticorpo perde la sua breve vita di copertura brevettuale per raggiungere lo status molto meno attaccabile dei biologici. Quindi, se approvata, il suo flusso di cassa non è destinato ad evaporare immediatamente alla scadenza del brevetto. Unico problema, i trabocchetti sulla strada dello sviluppo:  può essere l'anticorpo a non funzionare (e lo sviluppo degli anticorpi anti PD-L1 non si è dimostrato un terreno agevole, per esempio) o la molecola a mostrarsi inefficace. Oppure i problemi possono derivare dalla loro combinazione: chi ci lavora (cosa che io non ho fatto) dice che la parte critica è bridge, il "ponte molecolare" con cui si lega l'anticorpo al citotossico
Queste ultime notizie da Abbvie non sono la prima doccia fredda su questa classe di farmaci, ed arrivano in un contesto dove gli entusiasmi sono estremamente calati da ormai qualche anno.

Ma su questo fronte è per ora rimasto in laboratorio l'approccio Bertozzi, in cui l'anticorpo non veicola un citotossico ma una sialidasi per "tosare" i sialili sovraespressi dalle cellule tumorali in modo da renderle vulnerabili al sistema immunitario (https://www.pnas.org/content/113/37/10304).

giovedì 21 febbraio 2019

SMALL MOLECULES - LE APPROVAZIONI FDA 2018 - ANTIVIRALI


 
 
Il fatto forse più rilevante del 2018 è stata l'approvazione di bictegravir, l'inibitore dell'integrasi dell'HIV Gilead, che è stato approvato in una combinazione con emtricitabina e tenofovir alafenamide. Bictegravir è il secondo inibitore di integrasi triciclico ad essere approvato (il primo è stato dolutegravir, nel 2013). Come già detto il lavoro su nuovi scaffold è importante per affrontare il problema delle resistenze, che si pone qui come in altri campi.
 
 


Poi c'è stato un fatto abbastanza curioso. E' stato approvato tecovirimat, che è un antivirale attivo contro gli orthopoxvirus. Cioè vaiolo e vaiolo delle scimmie. Essendo una delle due infezioni eradicata e l'altra abbastanza rara, i trial clinici sono stati effettuati su soggetti sani (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2346641/) e quindi la reale efficacia su uomini infetti non è provata. Ma, notare bene, è efficace in modelli animali. E ripeto, notare bene.
Perché ci sono di mezzo agenzie federali americane, in primis BARDA (https://www.phe.gov/about/BARDA/Pages/default.aspx), e la molecola è stata individuata da USAMRIID , ovvero l' United States Army Medical Research Institute of Infectious Diseases. USAMRIID quindi ha il virus del vaiolo, e ci lavora, o perlomeno ci ha lavorato per tirare fuori tecovirimat. Ma che il Pentagono avesse conservato campioni si sapeva da trenta anni...
In breve è una cosa strategica e militare del governo americano, pensata in primis come difesa ad attacchi biologici e nell' US Strategic National Stockpile sono stati immagazzinati due milioni di dosi.




Da ultimo Baloxavir marboxil, che è un antivirale antiinfluenzale decisamente atipico sia per struttura che per bersaglio. Non si tratta di un inibitore di neuraminidasi, ma di un inibitore di endonucleasi cap-dipendente. A giudicare dai risultati dei trial non si tratta di un game changer: riduzione di un giorno del decorso della sindrome influenzale.

mercoledì 20 febbraio 2019

UNO PIU' UNO

(gennaio 2018)
By Starbuck

"Uno più uno fa sempre due: lo dice la matematica". "Ehh…." Faccio una smorfia, tiro il fiato, strabuzzo gli occhi e mi guardo in giro come una gallina ubriaca “eheh…no, non è detto. Dipende dall’algebra, da come la definisci. In un'algebra booleana non fa mica 2, ad esempio" Ecco l’ho fatto ancora, l’ho vomitato fuori. E’ più forte di me, sono un ingegnere chimico sfigato, senza l’apostrofo rosa tra le parole "un" ed "ingegnere". D’altro canto, l’intelligenza è asessuata. Anzi, meglio, l’intelligenza è anfotera. Sì, perché basta rompere i coglioni con queste "scienze perfette", basta riempirsi la bocca di certezze di cui non si comprende emerita fava. Basta, basta, basta. Che cazzo ne sai tu, che non riuscivi a scomporre neanche un binomio, di matematica (eppure una laurea in CTF te l’hanno data) ? Me la sai fare un topologia T4 non T3? No, perché io quando vedevo la gente che ci riusciva credevo di stare ad assistere ad un miracolo. Ed allora dai, avanti, che aspetti? Mostrami una T4 non T3, tanto tu di scienza, di matematica, di statistica, ne sai! O no? E adesso tu, tu che hai preso la laurea‐in‐qualcosa‐di scientifico ai saldi estivi, col 3 fisso in matematica-fisica‐chimica, tu, pluribocciato, che dopo un 36 stirato al liceo, hai passato l’esame di ammissione a medicina in via parentale, senza magari aver mai quagliato una beata fava, adesso tu ti riempi la bocca di concetti esatti? Ed io dovrei prostrarmi, defilarmi, subire e tacere? Anche oggi ho aperto Research Gate, dovevo cercare un nome tra i miei followers attuali, che sono comunque più di quelli che ho su fb. La tab degli score mi informa che il mio H‐index è 12 e che sono migliore del 70% della comunità di Research Gate, dove la comunità di Reasearch Gate non è costituita da semplici panettieri, ma bensì da gente che fa (o che si suppone faccia) una cosa chiamata Ricerca Scientifica. Qualcuno potrebbe esserne deluso, altri galvanizzati, a secondo dell’età ed elle energie investite nella "carriera accademica". Il mio sentimento invece oscilla tra lo sconforto e lo scoramento. Ed è così ogni volta che mi confronto con le "grandi realtà internazionali" che improvvisamente pendono dale mie labbra o aspettano un mio input: inevitabilmente mi cadono le palle a vedere come stan messi male gli altri che si affidano a me (a me, cazzo!). No, perché diciamocelo chiaro, non son cretina, ma da qui ad essere il genio della lampada ne corre, e ne corre parecchio. Ma se tutti gli altri riescono a fare anche peggio di me? Se riescono a scordarsi coefficenti moltiplicatori nelle tabelle dati dell’importantissimo report, se riescono a sbagliare la caratterizzazione dello standard stra‐certificato (!!!) che producono, se fanno le misure giuste montando la colonna sbagliata, se io che non sono mai riuscita a fare una T4 non T3 sono il top, se siamo messi così, tutta sta Scienza ‘ndo sta? E poi negli anni, a destra e a manca, ne ho viste di cose inimmaginabili per chiunque dotato di un briciolo di dignità, non necessariamente intellettuale: dati abilmente nascosti sotto il tappeto della statistica senza colpo ferire, e fuori con un altro paper; gente cazziata e congelata in grado per aver pubblicato misure che non piacevano alla gerarchia; dati presi da un articolo con un metodo, da un altro con un altro metodo e dieci anni di differenza, e buttati in pasto ad un modello black box e giù a pubblicare senza l’ombra di un dubbio; ed altre mirabolanti avventure. Poi la settimana scorsa incontro L. in giro nel mio edificio e gli offro un caffè facendogli i complimenti su un suo articolo che, voce di corridoio, ha fatto incazzare parecchio, tirando su un ginepraio. L. lo conosco da parecchio, 20 anni e so che lavora bene e difatti ha sempre trovato lungo. “Miiii taci" è all'incirca la sua risposta "se si sono incazzati! Ma noi abbiamo solo misurato, non abbiam mica detto niente. E che adesso non si può neanche più misurare?". La risposta? Allora, chiediamocelo, diciamolo, gridiamolo al mondo: 1+1, quanto fa? Ovvio che DEVE far due. Ma non per me e non per L. Non ancora. E se anche così fosse, non per tutti e non per sempre. Butto un occhio alla pila di articoli scientifici e non accumulati da giugno a questa parte in un angolo della scrivania. L’argomento è lontano dal quello su cui lavoro ma terribilmente vicino alla mia vita quotidiana. Talmente vicino che temo di ragionarci più di cuore che di testa, ed allora lo lascio lì a sedimentare ancora un po’. Di tutto quello che ho letto, però, un pezzo mi continua a tornare a galla. L’ha scritto uno che, se non erro, qualcosina di statistica ne dovrebbe capire. Me lo ripeto mentre passo una mano sui banconi del laboratorio di chimica analitica, mentre preparo gli strumenti alla pausa natalizia. “Ora la domanda fattela tu: qual è il premio per il rischio di un esavalente? E qual è, soprattutto, il valore a rischio? Cosa senti, quando prima di addormentarsi i suoi occhietti si perdono nei tuoi? Dubbi o certezze?” Buona pausa invernale, Chimico Scettico e grazie per la tua pagina, riaccende in me la Speranza. (NdCS : intelligenti pauca - gli altri, su questo specifico post, si regolino, o saranno regolati. E' un mio impegno preciso.)

Addendum 2019: Questo, che non era destinato ad essere un contributo, è stata la prima cosa di Starbuck che ho insistito per pubblicare, su fb. Giusto per inquadrare la cosa.


martedì 19 febbraio 2019

BAGH CHAL: TIGRI CONTRO CAPRE


By Starbuck

Prologo: “Dunque, cosa scegliete: le 4 tigri o le venti capre?” “Le quattro tigri” “Se anche solo una delle vostre tigri verra’ bloccata, avrete perso. Pronti per iniziare?”

Venerdi’ mi stavo impacchettando per il fine di settimana di svago_e_stacco (si sono anche un essere umano, ogni tanto) e “niente birra oggi, scappo via”. Ma alla fine sono scappata via lenta, inchiodata allo schermo dello smartphone da un ultimo messaggio che mi riassumeva gli eventi e commenti “vax” sparsi in chat e gruppi negli ultimi giorni, lasciato lì da chi frequenta ancora attivamente (io non più , giusto per sgombrare il campo dall’essere “infiltrata dove non sono gradita”). Ed alla richiesta di “tu come la vedi la situazione? Che possiamo fare?” al mio io reale, si è aggiunta una richiesta analoga arrivata lunedi’ al mio ego virtuale.
E bon, la risposta semplice è che personalmente a me sembra che siamo fuori tempo massimo provare a recuperare la “maionese impazzita” che si è creata negli ultimi mesi, nonché per provare a supportare qualcosa di credibile e ragionevole in vista dell’8 marzo, data fissata come termine di presentazione alle richieste di emendamento al DDL 770.
A dirla tutta (ed in realtà in questa pagina è già stata detta) ci sarebbero stati punti, punti critici seppur apparentemente secondari, del DDL 770 su cui si sarebbero potute avanzare e focalizzare proposte utili, accettabili e tutelative. Questo soprattuto in vista dell’adozione (ebbene si, è stata adottata in via definitive) da parte del Consiglio Europeo il 28 dicembre 2018 (https://ec.europa.eu/newsroom/sante/newsletter-specific-archive-issue.cfm?archtype=specific&newsletter_service_id=327&newsletter_issue_id=12156&page=1&fullDate=Thu%2012%20Jul%202018&lang=default ) delle raccomandazioni in materiala vaccinale già espresse dell’expert panel europeo: il testo, per una volta in comodo italiano, lo potete trovare qui https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018H1228(01)&from=IT e direi che se non lo avete ancora fatto merita una lettura.
In questa ottica, ad esempio, si sarebbe potuto chiedere ragione dell’ art. 4. comma 4 (DDL 770) dove si sancisce la cessione dei nostri dati sanitari a non meglio specificati “organismi europei ed enti internazionali” e su questo punto del DDL ci saremmo dovuti trincerare, a mio modesto avviso. 
 
L’Europa, con l’adozione del Consiglio, è già pronta a presentare il conto, come ben spiegato nei punti 14 e 15 dove vengono invocati lo scambio di dati e “specificamente il perfezionamento dei registri delle vaccinazioni e dei sistemi d’informazione, al fine di migliorare il monitoraggio dei programmi di vaccinazione e facilitare lo scambio di informazioni tra i fornitori dei servizi di vaccinazione.” Dove si ribadisce ”La comunicazione della Commissione sull’attuazione della strategia per il mercato unico digitale e la comunicazione sul piano d’azione «Sanità elettronica» 2012-2020 ricordano l’importanza dell’agenda in materia di sanità digitale e la necessità di dare priorità allo sviluppo di soluzioni di sanità elettronica e basate sui Big Data.”
 
E non vi preoccupate, il lavoro su come decidere i protocolli di scambio internazionali è già stato fatto ( https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/recommendation-european-electronic-health-record-exchange-format ). Come se ciò non bastasse, verrà istituito a breve il famigerato passaporto vaccinale. Nello stesso documento si valuta infatti la“ fattibilità dello sviluppo di una tessera/un passaporto delle vaccinazioni comune per i cittadini dell’UE […] compatibile con i sistemi informativi elettronici sulla vaccinazione e il cui uso sia riconosciuto a livello transfrontaliero, senza duplicare i lavori a livello nazionale”: lascio alla vostra immaginazione quali mirabolanti usi potranno essere fatti del passaporto vaccinale (io qualcuno lo avevo già anticipato qua https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2269780899907451&id=1971621999723344&__tn__=K-R ).
 
Siete già annoiati, da tutti questi discorsi su leggi e leggi e leggi? Beh spero vivamente di no, perché siamo ancora a metà strada: il famoso “bello che deve ancora venire”.
Sempre sul DDL 770 si poteva insistere su altri punti ragionevoli, quali ad esempio i limiti di immunità di gregge, aleatoriamente rimandati al piano vaccinale nazionale. Ed anche lì, attenzione, inviterei nuovamente a guardare la bandiera blu e tutte le sue stelle colorate: nel documento adottato in sede europea si dichiara di voler tendere ad un unico piano vaccinale trans-frontaliero,”che preveda un approccio alla vaccinazione sull’intero arco della vita, al di là degli anni dell’infanzia”.
Alzateli gli occhi al cielo, leggete queste amorevoli 7 pagine di raccomandazione, e coglierete riga dopo riga, tutto quello a cui prepara e spiana la strada il DDL 770.
Vi stona questa improvviso interesse per il morbillo per gli adulti? Strano, perché si mira appunto “a conseguire entro il 2020, in particolare per il morbillo, un tasso di copertura vaccinale del 95 %, con due dosi di vaccino per la popolazione in età pediatrica interessata, e di adoperarsi per colmare i divari nell’immunizzazione in tutte le altre fasce d’età, al fine di debellare il morbillo nell’UE”. Sottolineo “in particolare per il morbillo”, MA valido (il fantastico 95%) anche per tutti gli altri.
We want more? “Contrastare la diffusione online di informazioni inesatte sui vaccini […] per aiutare gli Stati membri ad affrontare l’esitazione vaccinale”.
Leggete, leggete, ci ritroverete tutti i vostri migliori incubi. Lo so, pallosissimo (pensate a me che ci faccio la nottata sopra a ste cose qua, prima di fare il riassuntino) ma vale la pena, altrimenti rischiate di perdervi tutte le sigle più amate: da GAVI (che centra GAVI in un documento ufficiale europeo???) a NITAG a OMS.
E poi cercate, cercate nel DDL 770, che c’è pure questo e quell’altro, nascosto bene.
E potrei andare avanti, ma potrei anche chiudere.
Magari con una bella frase ad effetto.
Peccato però che ormai abbia la sensazione, parafrasando un autore Milanese recentemente scomparso, che le frasi, o meglio, le mie frasi, non abbiano più un senso.

Epilogo: “Non avete giocato male, per essere la prima volta. Difficile capire la strategia delle capre d’altronde. La prossima volta, provate a giocare con le 20 capre” “Si’ [pausa] solo che non credo ci sara’ una seconda partita”
 
 
 

lunedì 18 febbraio 2019

GENE EDITING TERAPEUTICO? GLI ENTUSIASMI SI RAFFREDDANO

Sangamo Therapeutics ha una sua tecnica di editing genetico che non è CRISPR, una sua tecnologia di zinc finger gene editing. E qualche anno sta provando ad usarla in applicazioni terapeutiche, ma senza successo. All'ultimo giro (https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT03041324) pareva che avessero centrato il bersaglio con pazienti che soffrono di Mucopolisaccaridosi tipo II (nota anche come Sindrome di Hunter https://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_di_Hunter), inserendo nel loro fegato il gene dell'enzima la cui carenza provoca la patologia.
O meglio, il saggio proprietario di Sangamo ha detto che l'editing genetico ha funzionato, mentre altri saggi meno sensibili non hanno trovato traccia di modifiche.
Il problema è che a tutti i dosaggi non c'è stato effetto terapeutico, ovvero la produzione di I2S, l'enzima mancante, non è stata sufficiente.
In breve l'uptake del gene editato non è stato né sufficiente né significativo, e un paziente ha avuto un risposta immunitaria in seguito alla somministrazione della terapia. Crollo delle speranze per i pazienti, e delle azioni di Sangamo che hanno visto dimezzarsi il proprio valore.

Non sono i soli. Dopo i grandi entusiasmi di un anno e mezzo fa tutte le azioni del comparto editing genetico e terapie geniche sono crollate. La bolla azionaria CRISPR sembra essersi sostanzialmente sgonfiata, ed era ora. https://www.bloomberg.com/news/articles/2019-02-07/sangamo-mediciine-benefits-remain-to-be-seen-in-early-stage-data

giovedì 14 febbraio 2019

AIDS: VACCINO ITALIANO A RETI UNIFICATE MA...


...è il solito anti-TAT, c'è sempre di mezzo ISS e la Dr.ssa Ensoli, ed è sempre la stessa storia, da vent'anni.
Un vaccino anti AIDS, se pur terapeutico, che dà risultati insperati in uno studio dovrebbe riempire le pagine della stampa internazionale. Certo, se non è Nature ma una rivista di pessima fama le cose sono un po' diverse. Ma come è sempre successo, con questa storia, è tutto limitato allo stagno italiano che risuona della grande notizia, del resto è ISS il gruppo che annuncia i risultati e quindi il faro della della scienza in Italia (in ISS lavorano tanti ottimi professionisti, quel che ci si chiede è per quale motivo lì dentro i pessimi campino tranquillamente - o vengano pure arruolati, o messi a dirigere la struttura).
Comunque il lancio è di ANSA, Repubblica si accoda, Il Corriere è più cauto ma tutti "si comprano" l'annuncio : c'è il vaccino anti AIDS ed è italiano.
Peccato che il vaccino-vaccino non c'era quando venne annunciato alla fine dello scorso millennio, e non c'è nemmeno ora, quando si è lasciata perdere la prevenzione per provare a riciclare l'anti-TAT come terapia.
Per il commento più qualificato lascerei la parola a Dora di HIVForum: https://hivforum.info/forum/viewtopic.php?f=4&t=281&start=690#p103158

Passo a un paio di considerazioni sugli argomenti della campagna stampa. Il cardine è "quanto spende il mondo per gli antiretrovirali", come sempre, argomento fisso, quando si parla di vaccini. Ed è pura e semplice retorica ormai automaticamente associata al termine "vaccino".
E' ovvio, anche se dai tempi del nefasto AZT le cose sono immensamente migliorate (praticamente un altro mondo), le terapie antiretrovirali non sono l'optimum, e anche quelle attuali. Con l'ultima generazione di inibitori di integrasi (la seconda) il problema è lungi dall'essere risolto, perché stanno già emergendo ceppi resistenti, e ci si pone il problema di individuare nuovi scaffold con ridotta capacità di generare queste resistenze (https://pubs.acs.org/doi/10.1021/acs.jmedchem.5b00497).
Ma ricorderei che con un'altra bestia nera da trattare, cioè l'epatite C, la cura, alla fine, è stata raggiunta, con sofosbuvir e la seconda generazione di inibitori di NS3/4A (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/epatite-c-lo-sviluppo-degli-inibitori.html). Cura, ok? (E la cura ha anche portato infinite polemiche sui suoi costi).
Visto che da 40 anni con i vaccini anti-AIDS non si leva un ragno dal buco (e la storia della TAT non fa eccezione) non è detto che all'improvviso, tra 10 o 20 o 30 anni, magari per caso, venga fuori una cura per l'AIDS così come è successo per HepC.

Ma torniamo alla notizia: perché questo can can su tutti i grandi media? Il punto è che si sarebbe dovuta fare una fase IIa o qualcosa del genere in Africa. C'era un'investitore, che però si è defilato (mica scemo). E ora si cercano i 18 milioni necessari. Evidentemente si spera che con un battage pubblicitario i soldi possano arrivare. Soldi italiani, magari pubblici. Perché gli investori esteri la foglia l'hanno mangiata da quel dì.
 
 

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...