Perché se le narrazioni della storia sono frutto dei loro tempi, alle più recenti (M) preferisco le narrazioni del 1973.
La visione dovrebbe rinfrescare la memoria su quel che è richiesto da libere elezioni: la libertà dei candidati di parlare in pubblico e la liberta dei votanti di esercitare il proprio diritto senza minacce. Libertà di parlare non significa "libertà di parlare solo se si dice quello che conveniente". E chi perde contro chi usa la sua libertà per proclamare la propria post-verità deve lamentarsi solo delle politiche che ha appoggiato, alienandosi parte dell'elettorato. Ma quando si è orma geneticamente immuni all'autocritica...
Si noterà, nel film, Giovanni Brusatori che intepreta Emilio Lussu, critica all'Aventino inclusa. Notevolissimi i ruoli riservati dalla sceneggiatura al Gramsci interpretato da Riccarco Cucciolla e al Gobetti interpretato da Stefano Oppedisano. Una rilettura di qualche anno fa di Lessico Familiare della Ginzburg mi fece notare quello che mi era sfuggito a suo tempo: le candide coltellate sferrate dall'autrice contro Giustizia e Libertà e Partito d'Azione. Un film frutto di un'Italia che non esiste più da tempo, che ancora ricordava bene quegli eventi e per questo, nonostante tutto, era ancora fedele a una Costituzione che ripudiava la guerra. Ogni guerra.
Poco da fare, OMS durante la crisi COVID ha miseramente fallito: troppa politica nella sua politica sanitaria globale. Sorda davanti agli allarmi di Tawan all'inizio del 2020 (del resto Taiwan non è membro OMS e se non potete immaginarne il motivo...). Il CDC di Taiwan mandò un'e-mail a OMS dicendo che la trasmissione da uomo a uomo del virus era già un fatto. A gennaio 2020. OMS ha sempre negato che Taiwan abbia dato l'allarme. Quindi forse forse nella funzione di alert per i paesi occidentali in caso di rischi epidemici il suo ruolo va almeno un poco riconsiderato, anche guardano a certi allarmi più recenti.
Politica sanitaria globale, quella di OMS, che però alla bisogna diventava estremamente locale, vedasi l'endorsement dell'organizzazione alla gestione italiana della crisi nel 2020 e la sorte toccata a Francesco Zambon, ricercatore OMS, che ebbe il torto imperdonabile di non voler dichiarare il falso.
Se sulla faccenda del più recente trattato pandemico mondiale l'unica risposta sensata era quella che fu data dall'amministrazione Biden (un secco "no"), "uscire dall'OMS" è un facile slogan che sorvola sulle conseguenze. A cosa serve OMS al ricco occidente? I fatti degli ultimi anni dicono a poco o niente, a meno che per utilità dell'organizzazione non si intenda l'appoggio a un certo specifico tipo di politica sanitaria, quella dei crescenti tagli alla spesa farmaceutica. Ma resta il fatto che l'occidente non costituisce la maggioranza dell'umanità e ci sono molti paesi che dipendono da OMS per programmi sanitari e farmaci. E no, levare a quei paesi anche quel poco, indipendentemente dagli aspetti etici non mi sembra una buona idea.
Una riforma profondissima dell'organizzazione è necessaria e direi anche urgente. Ma una riforma non è all'ordine del giorno e non interessa a nessuno, si preferiscono gli slogan ("Uscire!" "Restare!") e basta. Come al solito.
Io giochi su Linkedin... Io non so perché Linkedin abbia sterzato verso il social media. Sono stato fermamente ancorato alla sua natura di network professionale e con buone ragioni: non conto i contatti, le interviste e le volte in cui sono finito in shortlist che erano davvero corte grazie alla piattaforma. E questo è uno dei motivi per cui ho usato linkedin solo ed esclusivamente in chiave professionale - vi garantisco che si può ancora fare tutt'oggi.
Ma io mi sono mosso fuori dai confini italiani. Se non lo avessi fatto le occasioni sarebbero andate a quasi zero. La visione che si può avere della piattaforma dall'Italia è infinitamente peggiore rispetto a quella che si ha all'estero, con buoni motivi.
Non gli si può dare torto. Ma consiglierei di andare a scorrere i commenti: io non ho alcuna difficoltà a credere che ci fosse una delle Risorse Umane in Italia che definiva quelli con #opentowork nel profilo dei poveri sfigati. Il mondo del lavoro in Italia è un disastro da anni e chi lavora o ha lavorato nelle risorse umane in Italia è spesso del tutto in tono (mi ricordo dei bei soggettoni apparteni alla categoria ai tempi di CS sui social).
L'Italia; si tratta dell'unico paese europeo di cui io so in cui ci sono agenzie di reclutamento che fanno pagare i candidati invece che le aziende etc etc. (io non ho mai pagato né un headhunter né una piattaforma o agenzia di reclutamento). Fenomeni resi possibili da un tasso di disoccupazione alto, una stagnazione salariale anche più alta e scarsissime opportunità attraenti per gli high skilled worker. Con ciò quelli che sulla piattafrma si comportano come fossero su fb io non li capisco: sfoghi su Linkedin la tua frustrazione per non aver avuto mezzo colloquio o mezza opportunità? Complimenti, le tue probabilità di avere un colloquio si sono istantaneamente ridotte dell'80%. L'attitudine allo sfogo e al trolling non sono considerate positivamente da nessun reclutatore che abbia mai conosciuto.
Una cosa però la posso capire: in Italia un candidato senza esperienza è nella peggiore delle posizioni possibili: senza esperienza e senza lavoro. Ma questi sono ottimi motivi per farsi furbi e non per fare gli idioti sventolando in giro la propria rabbia e le proprie frustrazioni. E ricordate che ci sono datori di lavoro che monitorano i social dei dipendenti e controllano quelli dei candidati. Poi non ci sono solo le risorse umane, nel caso di aziende di una certa dimensione ci sono anche gli Hiring Manager per la posizione, cioè quelli cointeressati nell'arruolamento in quanto il candidato è destinato a finire nel loro gruppo. E di solito non sapete chi sia l'Hiring Manager fino all'ultimo: potrebbe essere uno a cui avete dato del coglione su un social e in quel caso le prospettive di successo della vostra candidatura sarebbero molto vicine a 0.
Il consiglio finale resta sempre lo stesso: fatevi un minimo di inglese e cercate fuori, che così facendo scoprirete un mondo del tutto diverso da quello che avete sempre conosciuto e con molte più oppurtunità.
La J.P. Morgan Healthcare Conference ha compiuto 25 anni. Il che fa pensare.
Fa pensare perché ricorda che c'è stato un tempo in cui il settore farmaceutico non era particolarmente attraente, per la finanza. Poi tra la fine degli '80 e l'inizio dei '90 qualcuno si accorse che le farmaceutiche più grandi stavano viaggiando con profitti netti che arrivavano anche oltre il 20%, non come i noiosissimi colossi dell'agrochimica che facevano fatica a restare sopra il 5%. Il processo di finanziarizzazione totale dell'industria farmaceutica richiese una decina di anni. Non che la storia dell'industria pre 2000 mancasse di fusioni, acquisizioni e simili, ma il cambio di passo fu sensibile e devastante. L'acquisizione di Warner-Lambert da parte di Pfizer nel 2000 fu probabilmente il primo caso su grande scala di "compra e licenzia" nel settore. Nello stesso anno avvenne la fusione tra Glaxo Wellcome e Smithkline Beecham (anche quella con un saldo occupazionale negativo). Furono eventi che in un modo o nell'altro si verificarono all'inizio di quello che per i nomi coinvolti e altri grandi fu chiamato "il decennio perduto". La pipeline di uno sviluppatore di farmaci è l'insieme dei farmaci in sviluppo con il loro stato di avanzamento: quella di GSK nel 2010 offriva uno spettacolo penoso. Idealmente quel ciclo si può considerare esaurito con l'acquisizione di Wyeth da parte di Pfizer (2009), 67 miliardi di dollari ricavati da Pfizer principalmente tramite prestito obbligazionario. Per il settore farmaceutico italiano quell'acquisizione fu un Extinction Level Event. Tutto questo si verificò durante la crisi dei subprime seguita in Europa dalla crisi dei debiti sovrani (inutile dilungarsi sulle loro conseguenze globali). Degno finale di un decennio che, archiviato l'incubo del millennium bug, era partito con molte promesse e molte speranze.
A causa di tutto ciò in quel periodo attorno al 2010, appunto, si verificò una mostruosa ristrutturazione globale che portò alla perdita di decine di migliaia di posizioni nel settore. Dimostrazione che tutti i discorsi fatti al volgere del millennio sull'economia di scala, gran beneficio di fusioni e acquisizioni, erano leggermente infondati. Ma le dinamiche della farmaceutica finanziarizzata (1) garantiscono gli investitori o meglio così si continua a dire. La parte non detta è che il processo avviene a scapito dei lavoratori - cosa che non sentirete mai chiamare con il suo nome (licenziamenti, layoffs) da un amministratore delegato, che parlerà solo di taglio dei costi, downsizing, ottimizzazione, ristrutturazione. Ho passato i 4/5 della mia vita professionale in questo contesto e la frazione è la fregatura: perché grazie a quel quinto di vita lavorativa spesa nella fase precedente mi ricordo bene cosa era e come era prima.
J.P Morgan Healthcare Conference quindi è diventato l'evento in cui sia grandi multinazionali che piccole biotech si incontrano per fare fondamentalmente una cosa: parlare agli investitori e al mondo finanziario. E a questo giro non poteva mancare la questione del patent cliff prossimo venturo. Secondo i cronisti chi ne esce peggio è Merck (MSD)
Il maggior problema di Merck è la scadenza del brevetto sul pembrolizumab (Keytruda), che l'azienda si ritrovò per le mani per caso e nonostante il proprio management. Pembrolizumab ha costituito circa il 50% della cosiddetta
"rivoluzione immunooncologica" e la sua è una storia interamente
industriale. Non solo, è uno dei rarissimi farmaci degli ultimi 30 anni
la cui invenzione sia ricollegabile ad un singolo individuo. Questa storia cominciò a Organon.
Organon fu fondata nel 1923 come società tra un endocrinologo dell'Università di Amsterdam, il Prof. Ernst Laqueur, e Saal van Zwanenberg, proprietario di un macello a Oss (Brabante Settentrionale, Paesi Bassi). Il primo prodotto dell'azienda arrivò nel 1923: insulina, Nel decennio successivo l'azienda inizia a produrre estrogeni, in particolare l'estrone, commercializzato con il nome Menformon. Tra fine anni '40 e inizio '50 Organon sale tempestivamente sul carro del cortisone, avviandone la produzione nel 1953 in una struttura acquisita in Scozia. Nel 1962, Organon acquista le azioni di Nederlandsche Cocaïnefabriek e la nuova creatura prende il nome di Koninklijke Zwanenberg-Organon (KZO). Nel 1969, si fonde con il produttore di fibre AKU per diventare AKZO, in seguito Akzo Nobel. Organon divenne l'unità di business farmaceutica di Akzo Nobel. Oltreoceano Organon aveva sede a West Orange, New Jersey. Ed è lì che Greg Carven venne assunto.
Carven è un chimico che fin dalla sua tesi di laurea si era occupato di
biochimica e immunologia.
Quando viene assunto a Organon inizia a lavorare a un progetto in linea con la sua esperienza di ricerca:
cerca anticorpi agonisti di PD1, che si pensa possano essere utili nel
trattamento di patologie autoimmuni. La cosa andò male: il progetto non
fornì agonisti con una buona attività. Invece vennero ottenuti antagonisti molto potenti, per
cui si immaginò subito un possibile impiego in oncologia. Nel 2007 Carven e associati stavano iniziando ad umanizzare l'anticorpo
quando bang! Schoering Plugh si compra Organon. Il progetto riesce a
sopravvivere nel nuovo contesto aziendale ma due anni dopo, di nuovo,
bang!
Merck si compra Schoering Plugh.
A Merck è il periodo del funesto regno di Peter Kim raccontato come "tratta i ricercatori come funghi, lasciali all'oscuro e dagli merda da mangiare". Nella nuova situazione
pembrolizumab viene esaminato, pesato e retrocesso: lavori fermi,
farmaco nella lista degli asset da vendere se qualcuno lo vuole. E Kim
(o meglio, i suoi uomini) stavano per darlo via per un pugno di dollari quando
arrivò un contrordine. BMS stava ottenendo buoni risultati con il
proprio anticorpo anti PD1 (che diventerà nivolumab). La faccenda andava riconsiderata. E alla
fine pembrolizumab con la sua ventina di miliardi di fatturato rese Merck leader nel campo immunooncologico così, un po' per fortuna, un po' per scienza, un po' per caso
(https://www.forbes.com/sites/davidshaywitz/2017/07/26/the-startling-history-behind-mercks-new-cancer-blockbuster/#4428044948d8). Oggi Merck è in procinto di perdere l'esclusiva per pembrozulimab e non ha alcun vero backup o piano B.
Nota (1): Quando scrissi il post "Dinamiche della farmaceutica finanziarizzata" veramente Astra era alla canna del gas e c'erano voci insistenti secondo cui sarebbe stata mangiata da Pfizer in breve tempo. Poi con una vicenda di quelle improbabili e quasi miracolose in questo gioco, si ritrovò con il primo inibitore PARP approvato da FDA. E questo cambiò tutto.
E no, non mi sono letto i libri di Scurati perché ho letto e riletto Battaglia:
In più amo Rossellini, quindi sia quanto a storia che quanto a cinema ho standard forse un po' troppo alti, spiacente.
Comunque guardando quattro puntate di M ho notato un particolare significativo - c'è un M quasi petroliniano...
... poi ci sono gli squadristi, i socialisti, il re, la borghesia industriale... ma ho notato una mancanza sistematica: quella della raffigurazione dei comportamenti diffusi nella nazione che trasformarono quello che sarebbe potuto essere un breve episodio in un ventennio conclusosi solo con la fine della seconda guerra mondiale.
Tale raffigurazione dei comportamenti diffusi è invece ben presente in Emilio Lussu, autore perlopiù dimenticato, come Beppe Fenoglio. Autori con un merito intrinseco (merito che è anche di Roberto Battaglia): erano lì, hanno vissuto quei tempi e quelle vicende. Qualsiasi ulteriore loro lavoro, storico o narrativo, è permeato da questo essere, a loro modo, fonte primaria.
Lussu in particolare se viene qualche volta ricordato è per Un anno sull'altipiano (che ispirò Uomini Contro di Rosi). Ma c'è un suo testo che è stato quasi completamente dimenticato:
Uno spietato racconto che parte da cosa fosse il fascismo in provincia e visto dalla provincia per arrivare a cosa fosse in Parlamento e a Roma. E in Lussu quella nazione che ha reso possibile il ventennio è ben presente: opportunisti, leccapiedi, signor nessuno in cerca di uno scampolo di potere a cui attaccarsi, voltagabbana, soggetti interessati solo a garantire la propria posizione o ad accedere ad una più alta, conformisti e ignavi. Più la maggioranza, variamente silente, rassegnata e impaurita. E se devo ripetermi tutti questi caratteri e fattori li ho visti e rivisti negli ultimi cinque anni, cioè oggi. E non nei tre gatti della militanza neofascista, no: in tutto il resto del paese, che pesa infinitamente di più.
Ora va di moda H5N1, ma dovreste aver notato da tempo che la pandemiofilia è una sindrome ossessiva caratterizzata da coazione a ripetere - curiosamente molti degli affetti da questa sindrome a gennaio 2020 erano iscritti al club "involtino dal cinese o sei razzista". Quanto a Mpox uno di passaggio mentre si levavano le grida d'allarme aveva scritto questo. Ma altri, quelli seri per davvero, nell'estate del 2024 erano di altro avviso:
Ora occorre un'azione internazionale coordinata per evitare che diventi una nuova pandemia
L'azione internazionale non c'è stata e nemmeno la pademia. E tant'è.
C'è una differenza non da poco tra il trattare di situazioni che vanno monitorate e urlare alla pandemia prossima ventura. Ma evidentemente alcuni hanno vari motivi per non prenderla in considerazione.
E mi viene da citare un mio vecchio amico: per l'area "comunicazione della scienza" COVID19 è stata un'occasione unica che ha garantito una visibilità che non aveva mai sperimentato prima. E per molti appartenenti all'area la visibilità mediatica è pane di vita (la chiosa era: perché non hanno un altro mestiere e aggiungo che in alcuni succede perché la professione che hanno non garantisce la visibilità che vorrebbero). In fondo, in alcuni casi, il fenomeno è comprensibile: hai fatto il percorso, ti sei fatto la laurea e poi magari il PhD in "qualcosa di scientifico". Poi ti sei fatto forse uno o due post-doc e alla fine sei rimasto a piedi, perché non volevi lasciare la tua città dove mamma continua a stirarti le camice e quindi hai trovato lavoro alle poste, allo sportello, o perché l'industria non sapeva che farsene di uno col tuo curriculum, sia in Italia che all'estero. Ma la "comunicazione della scienza" in generale è quella cosa dove un perito chimico con master in didattica della scienza può provare a buttar giù un fisico con il dottorato anni di ricerca e tutto il resto dall'alto dei suoi milioni di visualizzazioni. Del resto me li ricordo bene i proscienza sui social, stessa intelligenza, stesse qualifiche dei tipi del fronte del delirio, loro bersaglio preferito. Si inalberavano subito quando qualcuno che sapeva quel che diceva commentava (indimenticabile uno che si era preso online una laurea breve in scienze dell'alimentazione che dava addosso sulla regolazione farmaceutica a un laureatissimo vecchio ordinamento che di mestiere faceva il Quality Assurance officer in una azienda pharma, appunto). Erano gli effetti dell'esplosione di popolarità mediatica di un noto soggetto che trovò emuli accademici in cerca di visibiità social. Tra i vari autocandidati a leader in seconda del frontismo proscienza (e quindi già nel Patto Trasversale per La Scienza), ci fu chi prima scriveva la prefazione al libro sui campi morfici di un suo amico e poi si faceva il selfie mentre si faceva vaccinare. Ma del resto nella ricerca di visibilità il ritegno è un inutile impiccio.
Per quel che riguarda il Bel Paese, l'Italia è da tempo la nuova frontiera dove un laureato in agraria (quindi 0 analisi matematica) può presiedere la Società Metereologica Italiana per meriti televisivi (alla faccia di Lorenz, che a differenza di lui sapeva cosa sia un sistema di equazioni differenziali non lineari). Ma mica vorrete criticare i vari fabifazi per la loro "selezione delle fonti"? E' lo spettacolo, baby.
Alla fin fine questo è il triviale motore di una certa fenomenologia ed tutto qui.
La comunità scientifica e i suoi organi, quando si parla di politica, di solito suscitano perplessità. Di questi tempi si va molto oltre le semplici perplessità.
In termini di efficacia nel convincere le persone che un'informazione è vera e affidabile, "il fact-checking funziona", afferma Sander van der Linden, psicologo sociale presso l'Università di Cambridge, Regno Unito, che ha agito come consulente non retribuito per il programma di fact-checking di Facebook nel 2022. "Gli studi forniscono prove molto coerenti che il fact-checking riduce almeno parzialmente le percezioni errate riguardo a dichiarazioni false." Ad esempio, una meta-analisi del 2019 sull'efficacia del fact-checking condotta su oltre 20.000 persone ha rilevato un "influenza complessivamente positiva in modo significativo sulle credenze politiche".
Perfetto: quindi lo scopo era influenzare gli orientamenti politici. Rei confessi e una conferma delle ultime dichiarazioni di Zuckerberg.
Perché scusate tanto, quando mai l'orientamento politico sarebbe mai stato l'obiettivo? Io ero rimasto all'obiettivo dichiarato "fatti verificati". A meno che il Professor Dave (un perito chimico con un master in didattica della scienza) non abbia fatto scuola.
Comunque non fidatevi di me: la psicologia è una scienza esatta e il fact checking è sicuro e efficace, lo dice la scienza.
Premetto che in questo post ci dovrebbe essere moltissima matematica e invece l'ho ridotta al minimo del minimo possibile, quasi niente. In ogni caso proviamo ad iniziare.
Un monocordo
Si può dire che in occidente tutto cominciò con un monocordo, probabilmente meno elaborato dello strumento nell'immagine che rende comunque l'idea. Si dice che Pitagora, nel IV secolo avanti Cristo, passando davanti alla bottega di un fabbro ne udì provenire suoni diversi e si rese conto che martelli di dimensioni diverse producevano suoni diversi. Si racconta che quindi si mise a sperimentare con un monocordo e così scoprì le armoniche e i rapporti numerici che le definivano.
La tabella è moderna e raccontata così la questione può sembrare astratta. Per un esempio efficace c'è uno strumento che rende possibile un uso selettivo
delle armoniche ed è l'organo (a canne) come è stato costruito dallinizio del '500 ai giorni nostri. In un organo i registri da 8 piedi
forniscono l'armonica fondamentale, quelli da 4 piedi la prima armonica
(l'ottava) e così via:
In realtà i pitagorici non usavano la notazione
attuale (che arriverà a diffondersi a partire dal X secolo con Guido
d´Arezzo) e neanche le nostre scale, però individuarono ottava, quarta e
quinta giuste (1/2, 3/4, 2/3 rispetto alla fondamentale) e terza
maggiore (4/5). Le frazioni si riferiscono alla lunghezza della corda
(se viene bloccata a metà della sua lunghezza e pizzicata si ottiene l´ottava, 1/2).
Nell'antica Grecia la descrizione moderna del suono non esisteva, ma fu
ai tempi dell´Impero Romano che Crisippo (III sec.), filosofo stoico,
logico, fisico e matematico, ipotizzò che il suono fosse provocato da
"onde di pressione". Il pitagorismo identificava di fatto musica e
matematica. E quando i pitagorici parlavano di "armonia delle sfere" di
fatto parlavano di rapporti numerici inerenti la loro reciproca
posizione e il loro moto.
Considerando l'identità pitagorica tra matematica e musica non siamo particolarmente lontani da Galileo:
La filosofia naturale è scritta in questo grandissimo libro che
continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo),
ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e
conoscer i caratteri, ne' quali è scritto.
Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli,
cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a
intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente
per un oscuro laberinto.
(Galileo Galilei, Il Saggiatore)
Se la natura del suono (onde meccaniche che si propagano in un mezzo) verrà sviscerata tra XVII e
XIX secolo assieme alla relativa matematica, quando oggi si parla di
armoniche (siano riferite a suoni o frequenze elettromagnetiche)
continuano a saltare fuori 1/2, 2/3, 3/4, 4/5, le frazioni di Pitagora e
della sua scuola.
Già, se oggi un armonica è una qualsiasi onda sinuisodale la cui
frequenza è un multiplo intero e positivo della frequenza di un segnale
periodico, guardate a destra sulla tabella: i primi quattro termini
continuano ad essere 1/2,2/3,3/4, 4/5. Noterete che si tratta dei primi
termini di questa successione:
Se il segnale periodico è un'onda elettromagnetica, le sue
armoniche sono i termini di una successione in cui ogni armonica corrisponde ad un n (numero
naturale) e la cui energia cresce con n, perché la sua frequenza cresce
con n. Se la cosa vi suona oscura ricordiamo che l'energia di un fotone può essere rappresentata come hν, dove h è la costante di Planck e ν è la frequenza della radiazione (Legge di Planck, appunto). E questo rimane nelle basi della meccanica quantistica.
ψ(x) è la funzione d'onda, quindi descrive una densità di probabilità inerente la posizione della particella in x. |ψ(x)|2 è invece la probabilita di trovare la particella (lo spazio del sistema ha una sola dimensione, x). n è il numero quantico per gli stati della particella. E quello che magari avrete già notato è che ψ è una sinusoide la cui frequanza continua a seguire la successione pitagorica, con i numeri quantici che definiscono l'ordine delle armoniche. n, numero naturale, è concettualmente alla base della meccanica quantistica in quanto rende conto della quantizzazione dell'energia del sistema. Perché è bene ricordare che la meccanica quantistica non prende il nome da qualcosa prodotto da Schroedinger o Dirac o Bohr. Alla fine del XIX secolo ci si rendeva conto che non esisteva una fisica in grado di spiegare le linee degli spettri di emissione. E ricordo che Natura non facit saltus continuava a permeare i paradigmi scientifici dell'epoca. Fu Max Planck a formalizzare il fatto che invece no, nel microscopico la natura i salti li faceva eccome ma non erano salti a casaccio: erano salti ad energia quantizzata.
Ma ritorniamo sulla particella nella scatola e su una sua fondamentale proprietà di ψ: passa da valori positivi a valori negativi, il che non avrebbe un significato particolare se non che passando da valori positivi a valori negativi giocoforza assume in alcuni punti intermedi valore 0. E se la densità di probabilità in quel punto è zero è zero anche la probabilità. Diamo un'occhiata a questi punti: 0 nello stato fondamentale, 1 per n=2, 2 per n=3... in generale questi punti sono in numero di n-1. Tenetelo presente perché è importante.
Ora consideriamo un elettrone in un atomo di idrogeno: dovreste sapere
(ma molti non ci arrivano) che non può essere descritto come una
particella, ma come un´onda con la sua funzione d´onda ψ. Ok, è una
questione di operatori e autovalori, ma a questo giro sorvoliamo e
sottolineiamo il fatto che i valori di energia che l'elettrone può assumere sono
quantizzati (come per la particella nella scatola) e determinati da n, numero quantico principale. Però, dirà qualcuno, l´elettrone in un atomo non è una corda che
vibra e neanche una particella in una scatola. Chiaro che non lo è. Nello stato fondamentale, quello
dell'orbitale 1s, è un´onda sferica (la distribuzione sferica della
carica attorno al nucleo, che è sia un centro di attrazione che un centro di simmetria, minimizza l'energia dello stato). L'elettrone è delocalizzato in accordo al principio di indeterminazione di Heisenberg, determinata la sua energia non possiamo conoscere la sua posizione: ci dobbiamo accontentare della densità di probabilità inerente la sua presenza nello spazio attorno al nucleo. Cosa succede se gli viene fornito un quanto di energia hν corrispondente alla differenza tra lo stato con n=1 e lo stato con n=2? Passerà nel primo orbitale disponibile per n=2, cioè 2s:
Sebbene continui ad essere sferico 2s possiede una superfice nodale (sferica) al suo interno, una superfice dove il valore di ψ è 0. Con i livelli energetici successivi le cose si complicano ma resta il fatto che il numero delle superfici nodali degli orbitali continua ad essere n-1, quindi la successione degli orbitali s è isomorfa alla successione delle ψ della particella nella scatola, cioè isomorfa ad una successione di armoniche.
Quando si parla di struttura atomica si parla di armoniche sferiche. La matematica delle armoniche sferiche entra in gioco con il numero quantico secondario l.. Per gli orbitali s I=0 (si tratta di oggetti con simmetria sferica senza direzioni angolari preferenziali). Per l≠0 le cose si complicano e la matematica pure, ma un colpo d'occhio alle immagini dovrebbe dare l'idea.
Questa è una rapprentazione grafica delle armoniche sferiche (da wikipedia en):
E questa è la raffigurazione degli orbitali atomici, sempre da wiki:
L'orientamento degli orbitali nello spazio è importante ed è importante che per le superfici nodali continui a valere la regola che abbiamo visto per la particella nella scatola: il loro numero cresce con n ed è n-1 per ogni valore di l. Queste non sono considerazioni puramente teoriche. Per esempio proprio per queste proprietà degli orbitali 1p nei composti aromatici il legame π, prodotto della combinazione di orbitali p dei singoli atomi di carbonio, forma due "nuvole di elettroni" sopra e sotto il piano della molecola. Le proprietà degli orbitali molecolari π determinano la reattività di questa classe di composti. Le stesse considerazioni possono essere estese per esempio agli alcheni, a aldeidi, chetoni, acidi carbossilici e al legame peptidico, che tiene insieme gli amminoacidi di cui sono fatte le proteine.
Abbiamo visto come la successione delle armoniche di Pitagora arrivi a persistere fin nella meccanica quantistica. E una domanda dovrebbe venire spontanea: tutto ciò è una proprietà intrinseca degli oggetti che osserviamo e misuriamo o della matematica che usiamo per descriverli? Perché alcuni fenomeni, come il rilassamento dello spin di un protone in un campo magnetico, possono essere descritti sia clasicamente che con la meccanica quantistica: stesso fenomeno, matematiche diverse. Pitagora, Cassiodoro e Galileo avevano ragione oppure no perché neanche si ponevano il problema? In fin dei conti la scoperta delle armoniche da parte di Pitagora ha come metro l'uomo: sono armoniche le frequenze che suonano bene assieme per l'orecchio umano. Un'intelligenza non umana concepirebbe la stessa meccanica quantistica che conosciamo?
La cosa veramente miracolosa è che, come con i composti aromatici, per molti oggetti questo modello, erede senz'altro di Galileo ma anche di Pitagora, costituisce un sistema coerente e assiomatico, con cui i fenomeni possono essere predetti e le cui predizioni trovano poi una conferma sperimentale - che magari arriva 100 anni dopo come nel caso del legame chimico con un solo elettrone. Questo non riguarda l'universo nella sua totalità, ma un sottoinsieme non piccolo di quanto possiamo osservare e misurare. L'esempio del benzene dovrebbe far capire perché per la chimica moderna l'orbitale atomico è fondante e fondamentale: senza orbitali atomici non si spiega il legame chimico e quindi tutto il resto.
Questo significa che tutto quanto in cielo e in terra risponde a leggi musicali (matematiche)? Non direi. Direi invece che è vero per la rappresentazione della natura come la noi la percepiamo dal nostro punto di osservazione con gli strumenti che abbiamo a disposizione, che non è esattamente la stessa cosa. Però funziona ugualmente quanto basta il più delle volte.
P.S.: Non posso che rigraziare Marco Casolino per due suoi video che sono stati il punto di partenza per questo post. Il primo è questo:
Chiaro che se il gigante multinazionale di cui fino a ieri sei stato outsourcing partner dice "scarichiamo i partner" non la prendi bene. Ma una cosa sacrosanta Zuckerberg l'ha detta (per convenienza politica, ovviamente):
I fact-checker sono stati semplicemente troppo schierati politicamente e hanno distrutto più fiducia di quanta ne abbiano creata
Difficile contestare questa affermazione.
In primo luogo perché il fact checking è rimasto silenzioso e in disparte quando c'era di mezzo la propaganda dei giusti.
In secondo luogo, visto che quello è sempre stato il bersaglio dichiarato, la quantità di informazione prodotta dal fronte del delirio è sempre rimasta più o meno costante, quindi l'azione è stata fondamentalmente inefficace.
Notare che in Italia il fact checker, mediamente soggetto senz'arte con parte, può diventare "il ricercatore": come dire "la scienza". Si recita a soggetto ma il canovaccio è sempre lo stesso.
Nel vecchio continente invece non cambia nulla, la volontà politica di controllo dell'informazione resta forte come hanno dimostrato gli arresti di Pavel Durov, fondatore di Telegram, e quello di Richard Medhurst in UK. In Italia è passato il DL 160 e il "terrorismo della parola" è reato che può includere qualsiasi cosa, alla bisogna. Quindi figuriamoci se c'è una volontà politica generalizzata di levare la museruola ai social media. Comunque ricordo simpatici episodi che coinvolgevano il fact checking all'italiana. Ricordo che quando su facebook il BMJ fu etichettato come fake news i fact checkers e il loro pubblico rimasero in silenzio, Quando l'etichetta "falso" fu attaccata a Sara Gandini in molti applaudirono. Nel frattempo il fronte del delirio operava come sempre, business as usual. Non si silenzia chi è funzionale, il vero bersaglio nei fatti sono sempre stati il dissenso e la critica razionali, più lo sbrigare faccende di politica spiccia per avere qualche titolo televisivo e simili. Perché è bene ricordare che se il fronte del delirio è periodicamente corteggiato da un parte politica che spera in un 0.9% in più nelle urne, il fronte scientista ha avuto padrini politici che hanno governato per anni rilanciando quello stesso catechismo. Di conseguenza ha per anni avuto una rappresentanza politica molto più rilevante nelle istituzioni dei folkloristici Cunial e Barillari. Da questo punto di vista fact checking, debunking e divulgazione sono sempre stati accomunati da una sostanziale omogeneità dei fini. Col cambiare del vento politico ovviamente tutta questa torma piange l'apocallisse della ragione a causa della nuova presidenza americana. Io magari mi sbaglio, ma continuo a ritenere che la faccenda avrà solo conseguenze mediatiche, ovvero propaandistiche, mentre nei fatti non ci sarà alcun cambiamento epocale, esattamente come è successo in passato. Staremo a vedere.
Oggi comunque i fact checkers provano a lavarsene le mani dicendo "fornivamo solo analisi". Certo, come no, e intanto qualcuno fatturava il servizio e sui dividendi della censura non ci sputava nessuno.
PS: Sì, la presenza CS sui social e questo blog di quella censura hanno avuto esperienza diretta. E notare bene, allo stesso tempo il fronte del delirio andava avanti come nulla fosse, con malcelata soddisfazione per quel che era successo, esattamente la stessa soddisfazione espressa dai caporioni del fronte scientista.
Quasi il 65% degli executive intervistati ha detto che sta considerando una priorità il ripensamento del proprio modello operativo per il prossimo anno, cosa che può suggerire misure di taglio dei costi come ristrutturazioni, offshoring, outsourcing e licenziamenti.
Non c'è da stupirsi e probabilmente entro la fine del primo trimestre del 2025 si vedrà più di un annuncio in questo senso da parte di qualche farmaceutica globale. Del resto basta dare un'occhiata alla panoramica delle approvazioni FDA nel 2024:
In primo luogo nell'elenco non sembra esserci il prossimo blockbuster (farmaco capace di vendere per più di un miliardo di dollari all'anno). Poi se ci fate caso i farmaci che vengono da grandi farmaceutiche globali si contano sulle dita di una mano, mentre sono le piccole e le biotech a dominare il panorama. Il che non è esattamente il miglior modo per affrontare il patent cliff al rallentatore in arrivo. Le approvazioni saranno per le biotech una fonte di proventi in grado di salvarle dalla stretta sui finanziamenti e proiettarle verso la crescita? Non posso dare una risposta generalizzata, ma in tre casi che conosco direttamente non è così: avendo ottenuto l'approvazione ci si prepara a sopravvivere tagliando i costi (la ricerca) e ci si concentra sullo sviluppo commerciale del prodotto approvato, con tutte le difficoltà di chi non ha le idee molto chiare riguardo a quel che serve e quel che non serve per avviare la produzione industriale di un principio attivo farmaceutico.
In un paio di recenti chiacchierate oziose con gente che si occupa di talent acquisition i miei interlocutori esprimevano frustrazione per una situazione che si mantiene deprimente: l'offerta di lavoro supera largamente la richiesta,le farmaceutiche globali offrono troppo spesso solo contratti a tempo e nel pool dell'offerta la popolazione dei seniores disoccupati in cerca di una nuova posizione compete con quella dei PhD o dei master appena sfornati dai sistemi universitari, il che non rende la vita facile a chi ha sulle spalle un prestito studentesco, per usare un eufemismo. Del resto anche dove sono attualmente ci sarebbe da assumere per almeno due posizioni ma si procede con i piedi di piombo e non si considerano neolaureati perché ci sono già contatti con candidati con cinque anni di esperienza e più.
Per il 2025 il mio consiglio a neolaureati e neodottorati italiani interessati a posizioni nell'industria è di cercare un parcheggio accademico /fuori dall'Italia), postdoc e simili, e continuare a guardarsi intorno. Se per l'industria il 2025 sarà quasi sicuramente un altro anno a chinghia stretta una miriade di differenti fattori sono all'opera (tra cui il Biosecure Act) e chissà, forse entro un paio di anni se ne vedranno gli effetti.
PS: Quanto agli interventi politici nell'economia, l'unica industria che festeggia è quella degli armamenti: il 2% del PIL in spese militari in Europa promette una montagna di soldi.
Perché non vorrei mai fare parte d'un club che accetti tra i suoi iscritti un tipo come me.
Dopo la tardiva istallazione di una VPN mi sono reso conto che mi ha esposto a quel che perlopiù non mi mancava: la RAI attuale. E ho notato un certo qual fervore di fiction risorgimentale: Mameli prima, Leopardi poi. Ma la voce risorgimentale a cui sono più attaccato è la voce di Giuseppe Giusti,
una voce che a differenza di Mameli e del suo brano più classico nessun
governo italiano ha mai potuto piegare ai suoi fini. Dopo anni e anni
continuo a riconoscervi il miglior spirito toscano. Mi permisi di semicitarlo, volendo riproporne l'attitudine, e di citarlo in toto, rendendomi conto nella rilettura di quanto più le cose cambiano e più rimangono le stesse.
Guardando indietro, ancora una volta faccio mie le sue parole.
Io non son della solita vacchetta, né sono uno stival da contadino; e se pajo tagliato coll'accetta, chi lavorò non era un ciabattino: mi fece a doppie suola e alla scudiera, e per servir da bosco e da riviera.
Dalla coscia giù giù sino al tallone sempre all'umido sto senza marcire; son buono a caccia e per menar di sprone, e molti ciuchi ve lo posson dire: tacconato di solida impuntura, ho l'orlo in cima, e in mezzo la costura.
Ma l'infilarmi poi non è sì facile, né portar mi potrebbe ogni arfasatto; anzi affatico e stroppio un piede gracile, e alla gamba dei più son disadatto; portarmi molto non potè nessuno, m'hanno sempre portato a un po' per uno.
Il giorno del mio ritorno a nord dopo le vacanze di Natale era freddo e limpido, molto limpido. Da fuori dell'aeroporto il profilo dei monti era estremamente nitido. Mi sono ricordato di quando, in moto, salivo fino alla cima, in estate. Mi sono ricordato di quanto l'aria diventava fresca quando arrivavo al livello dei castagneti. Più in alto mi fermavo a guardare, da nord a sud: le Apuane, il lago di Massaciuccoli, la piana e più a sud le gru del porto di Livorno. Al largo, sul mare, Capraia, Gorgona, la Corsica e nelle giornate giuste anche, in lontananza a sud, l'Elba. E mi ricordo che guardando il panorama pensavo: "Il mondo della mia vita".
Beh, il mondo della mia vita si è dilatato non poco ed è un mondo diverso, più di trent'anni dopo, Non avrei mai potuto immaginarlo, ma mi sono mosso verso l'aeroporto dalla stessa fermata del bus dove arrivai, più di trenta anni fa, zaino in spalla, di ritorno da quello che fu il mio ultimo Interrail. Di quel viaggio tra l'altro mi ricordo Kirkwall, il suo porto con il mercato del pesce e velieri che erano arrivati lì da tutto il nord, incluso uno che veniva da Nantucket, Massachusetts: si erano fatti a vela il nord Atlantico.
Il porto di Kirkwall, Isole Orcadi, 1991
Fu l'occasione in cui incontrai per la prima volta l'Highland Park, fatto usando torba di erica (la torba di Hobbister Hill). A quei tempi non era un marchio ma il prodotto di una distilleria locale che aveva ancora solo piccole quote di esportazione. Veniva venduto negli spacci locali in bottigliette piatte da mezzo litro, cask strenght (56-60°, la quota da esportazione era in pezzi da 750 cc di solito con una più moderata gradazione di 40°), e il modo in cui andava giù liscio era piuttosto pericoloso. La sua versione attuale più vicina al prodotto di allora secondo me è la 10 y.o. Ambassador's Choice.
The snotgreen sea. The scrotumtightening sea. Epi oinopa ponton. Ah, Dedalus, the Greeks! I must teach you. You must read them in the original. Thalatta! Thalatta! She is our great sweet mother. Come and look.
E su un mare non color del vino ma del piombo traghettammo di ritorno verso Thurso...
Al di là di vecchie familiarità con il nord Europa, al di là di un inevitabile attaccamento alle mie radici, c'è tutto il resto, cioè la banale realtà del fatti.
Nel movimento di giovani persone tra i Paesi europei l’Italia partecipa
da grande fornitrice di persone ed è quindi fuori dalla circolazione di
talenti perché è ultima per attrattività. È pericoloso continuare a
cullarsi nella favola bella che facciamo parte di quella circolazione,
perché vuol dire fingere che la bassa attrattività non esista.
L’emigrazione dei giovani italiani non solo rende più difficile per le
imprese la ricerca di persone da assumere ma accentua enormemente il
mis-match tra domanda e offerta di competenze
That's it, e che in Italia si sia maestri nel distruggere valore non è certo una novità, ormai. L'articolo evidentemente attinge a voci e fonti assai diverse tra loro, infatti a un certo punto si scrive: "L’Italia affronta una forte carenza di profili tecnici. Eppure, il 58,2%
di chi è andato a lavorare all’estero svolge ruoli che nel nostro Paese
le aziende faticano a ricoprire: professioni qualificate nei servizi,
operai specializzati e semi-specializzati, personale senza qualifica."
E' del tutto chiaro che il punto è esattamente questo: è il ritratto di un sistema, quello italiano, che oggi ha bisogno di low skilled workers (un bisogno facile da soddisfare, se si offrissero stipendi dignitosi e se l'Italia non fosse il campione occidentale di stagnazione salariale). E a questo punto si è arrivati con un apparentemente irrefrenabile declino industriale. Intendiamoxi, esistono (o esistevano) in Europa esempi di grandi importatori di lavoratori low skilled: lo era il Regno Unito in era pre Brexit, continua ad esserlo la Germania, almeno fino all'altroieri. La capacità di attrazione di lavoratori low skilled è/era strettamente correlata all'offerta salariale: quale addetto alle pulizie in Italia può contare su un contrattto a tempo indeterminato e 1.700 eur di stipendio? Per quanto riguarda la Germania non dovrebbe essere dimenticata la "genialata" del nazismo di importare lavoratori low skilled ridotti in condizioni di schiavitù, non semplicemente un episodio di un periodo orribile del XX secolo ma anche un indizio significativo sulla natura profonda di un sistema al di là delle sue vicende politiche. Perché la Germania è grande, produce(va) laureati sufficenti al suo fabbisogno di lavoro high skilled, quindi si è sempre potuta permettere di importare solo lavoratori altamente qualificati che rispondevano al suo requisito primario: tedesco almeno B2 (una classica attitudine imperiale non estranea anche alla Francia). Nel settore farmaceutico se c'è l'esempio di Biontech a sparigliare le carte, Bayer, in tempi remoti all'avanguardia, fornisce un caso tipico: unica statina revocata dal mercato per effetti collaterali, cosviluppa con Onyx Sorafenib (il farmaco antitumorale targeted con il peggior profilo di effetti collaterali della sua classe) e alla fine compra da Pfizer Monsanto, giusto in tempo per perdere una causa miliardaria negli USA a carico del suo nuovo acquisto. In generale poi resta il problema di dove vada la lealtà dei lavoratori low skilled importati: quando non molto tempo fa il governo tedesco presentò l'opzione per la cittadinanza buona parte dei 3.5 milioni di turchi in Germania scelse passaporto e cittadinanza turca (per quel che mi riguarda per la determinazione della mia lealtà nei confronti dell'attuale stato italiano, indipendentemente da chi governi, serve uno strumento capace di apprezzare 10-4).
Tornando all'Italia i vari piani per il "rientro dei cervelli" non mi hanno mai interessato per il più terra terra dei motivi: non mi convenivano. Le condizioni che hanno determinato il mio espatrio (alcuni dei miei cari dicono che avrei dovuto espatriare almeno dieci anni prima e non hanno torto) sono ancora tutte lì, niente si vede che prometta un'inversione di tendenza. Parlando da non giovane, quel che mi ha consentito di ricollocarmi all'estero non è stata pure fortuna (ma anche la fortuna serve): è stato il mio curriculum, o meglio la parte del mio curriculum che ho accumulato in Italia. Ovvero: in Italia esisteva un contesto che permetteva di costruire curriculum del genere, semplicemente quel contesto è stato quasi in buona parte cancellato, non dal destino cinico e baro ma da scelte (o non scelte) politiche. Quel che andrebbe recuperato è quel 30% di produzione industriale nel segmento a tecnologia medio alta, quello perso una quindicina di anni fa, quando al governo arrivò il garzone di bottega mandato dal droghiere a incassare i debiti sospesi. E pensare che qualche servo dei servi dei servi acclamò quel garzone di bottega come "salvatore della patria"...
Ringrazio il collega per lo spunto, ma i pandemiofili sui social non sono certo una novità. Nonostante il loro pessimo track record (ne avessero mai indovinata una) non mi stupisce che insistano, nella speranza di poter scrivere "Ecco, lo avevo detto io!". E no, tutto questo non ha a che fare con "l'essere pronti nel caso che" (preparedness).
Ad oggi l'influenza aviaria resta da un punto di vista umano una zoonosi: infezione trasmessa dal contatto con animali infetti o loro carcasse etc ( è così da decenni e in Cina ne sanno più che qualcosa). E' la ragione per cui, per esempio, in Europa i pollai anche privati a cielo aperto sono spariti da una trentina d'anni e passa. Ed è anche la ragione per cui tutti i ceppi influenzali in circolazione da decenni sono resistenti alle amantadine (la prima classe di antivirali antiinfluenzali): in Cina furono usatissime sui polli, in via preventiva, per evitare le morie da influenza con il conseguente danno per gli allevamenti di pollame (dai cui le resistenze). I vaccini veterinari per il pollame sono in giro da anni ma il vantaggio del loro uso è solo per gli allevatori in quanto non bloccano la circolazione del virus. Vaccini per i bovini al momento non ce ne sono, ma se ci fossero è largamente probabile che la situazione sarebbe la stessa. E sì, la California ha dichiarato lo stato di emergenza per H5N1 per la sua diffusione nei bovini (650 mandrie infette, con coseguente presenza del virus nella generalità del latte crudo prodotto in in quello stato) ma, citando l'articolo:
Officials with the Centers for Disease Control and Prevention stressed
again this week that the virus poses low risk to the general public.
"Stressed again": di nuovo da CDC hanno sentito di nuovo il bisogno di dichiarare che il virus costituisce un rischio molto basso per la popolazione in genere (faccio notare che le nomine di Trump non sono ancora in essere). E se CDC ne sente il bisogno significa che anche oltreoceano nei media le cassandre non mancano - ma queste toppano sistematicamente, a differenza dell'originale. Per citare una situazione analoga, nonostante tutte le differenze trai i due patogeni, la TBC è stata endemica per decenni nei bovini in America Latina, con relativa contaminazione del latte. Ma i casi di TBC da consumo di latte o formaggi sono stati rarissimi e collegati al consumo di latte crudo, senza conseguenze epidemiche rilevanti (mi ricordo conoscenti sudamericani che ritenevano inconcepibile
consumare latte senza prima bollirlo comunque, anche se già pastorizzato). In giro poi si legge che essendo la velocità di mutazione del virus molto alta, la trasmissione uomo-uomo è solo questione di tempo. Ok, se vogliamo parlare di tempo, essendo H5N1 in giro da decenni e non essendo mancate le zoonosi, se è questione di tempo l'evento ha una probabilità che appare piuttosto bassa, nonostante le mandrie infette (che non rimarranno infette per sempre). Da ultimo i casi di zoonosi negli USA fino ad ora perlopiù non sono stati gravi.
Quanto a "solo vaccini" in teoria mi dovrei chiedere il motivo di certe amnesie, ma francamente dopo sei anni di blog, cinque di pagina facebook e quattro di presenza twitter in realtà non me lo chiedo più. Le cose stanno così e basta. E' piuttosto chiaro che in presenza reale, potenziale o immaginaria di agenti capaci di scatenare un'epidemia c'è un solo copione: vaccino. Il punto è sempre stato che, vaccino o non vaccino, se ti prendi il virus del vaccino stesso te ne fai ben poco, specialmente se, vaccino o non vaccino, finisci in terapia intensiva con una polmonite interstiziale. E questa è semplice logica. Quello che sappiamo degli attuali vaccini antiinfluenzali è che non conferiscono immunità sterilizzante, cioè quello che impedisce la trasmissione del virus (stessa identica cosa per i vaccini antiCOVID), e questo è estendibile agli esistenti vaccini H5N1, tutti tradizionali, compresi i più nuovi (Sequirus, approvato sulla base dei titoli anticorpali). Moderna ha iniziato lo sviluppo di un vaccino mRNA pochi mesi fa mentre Arcturus Therapeutics ha iniziato una fase I, quindi servirebbero anni (ma EMA ha messo in conto l'approvazione ultraveloce in caso di pandemia), ma anche in questi casi, visti i precedenti, ben difficilmente si arriverà a prodotti conferenti immunità sterilizzante.
Quindi fondamentalmente se H5N1 provocherà un'epidemia e se finirai in terapia intensiva l'attenzione sarà ancora puntata sul vaccino: vaccinato? Con richiamo? Il che è un eccellente modo per evadere IL problema, cioè che, vaccino o non vaccino, se ti ammali in teoria dovresti avere il diritto ricevere terapie efficaci o in grado di limitare efficamente il danno (almeno dove esistono sistemi sanitari publici).
Ma poiché tutti hanno studiato su Contagion (2011), è scritto nella pietra che se parli di cure (la Forsithya) poi se ne vaccinano di meno. Il collaterale di questo santo comandamento sono, vaccino o no, i morti in terapia intensiva. Con buona pace di chi ha parlato e straparlato di infezioni autolimitanti, scordandosi con nonchalance che in certi casi non si autolimitano abbastanza e poi va a finire male. Ma GUAI a parlare di cure e quindi anche di terapie o riduzione del danno. Ne ha saputo qualcosa De Donno e troppa gente fu perfettamente a suo agio con l'esito della sua vicenda terrena (sì, la pandemia ci ha fornito un abbondante campionario di splendidi esseri umani). Quanto al discorso terapie, meglio lasciarlo al fronte del delirio, così non si parla della tragica assenza e insipienza della medicina di base.
I grandi assenti sono gli antivirali, se qualcuno non ci fosse arrivato, con il contingentamento della spesa protagonista della scena fino dai
tempi di sofosbuvir, la prima cura per l'epatite C (la cosa finì pure al Parlamento Europeo). Quindi sarebbe del tutto inutile ricordare Peramivir IV, anche perché, per motivi commerciali è stato ritirato dall'Europa (quasi nessuno se lo comprava). Ai tempi Peramivir IV si guadagnò il titolo di "antiinfluezale salvavita", quindi catturò la mia attenzione (perché per esperienza personale so che l'influenza può essere roba molto seria). Guarda caso resta l'agente in media più attivo anche contro H5N1, con un brillante IC50 di 0.1 uM.
Ma ancora sono considerazioni del tutto inutili perché al prossimo giro, se e quando sarà, in Italia vedremo proiettare lo stesso identico film, pari pari.
PS: Quanto a rischio epidemico l'aviaria preoccupa da decenni, ma mentre si guardava in quella direzione negli ultimi 25 anni sono stati due coronavirus a fregarci con SARS e COVID19, a distanza di venti anni l'uno dall'altro.