"I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli".
Queste stranote parole di Umberto Eco, del 2015, erano un assunto imperfetto. In primo luogo perché Nobel rimbecilliti non mancano. In secondo luogo perché tra gli imbecilli sui social sono facilmente rilevabili figure con incarichi istituzionali, cattedratici e professionisti. E sono quelli che offrono lo spettacolo più penoso. Quindi imbecille da bar contrapposto a non imbecille titolato oggi non regge, e direi che non reggeva neanche nel 2015. Già, 2015: quando il nemico erano gli antiscientifici grillini e tra i caporioni della milizia proscienza sui social italiani c'erano pasticcere, gioiellieri, ragioniere. E rilevare in tutto ciò una profonda contraddizione era sommamente cafone.
Anni e anni fa iniziai a sentire i due opposti mantra "Gli italiani sono
migliori di chi li governa" e "gli italiani non sono migliori di chi li
governa". Ovviamente usati a seconda di chi governava e spesso dalle
stesse persone al cambiare dei governi. Questo per dire che in nuce la polemica è vecchia e molto plasmabile o flessibile.
Fermo restando il fatto che i social media sono la finestra definitiva sull'idiozia umana il tema, al contrario di quel che i più credono, non si ferma al riduzionismo che fu praticato da Eco. Ammetto di aver saputo dell'esistenza di Idiocracy, il film, sui social, perlappunto. Col tempo ho constatato che chi lo citava e si poneva il problema della dilagante idiozia era idiota quanto lo erano i suoi bersagli.
Nel quadro prevalente della "critica all'idiozia" (che include la critica al suffragio universale e tante altre belle cose del genere) si rilevava uno schema fisso: ovvero il presupposto che il tasso di idiozia non fosse omogeneo tra popolazioni italiane diverse. Per esempio, la popolazione di chi vota per x ha un tasso di idiozia del 100%, mentre quella che vota per -x ha un tasso di idiozia irrilevante. Iricercatori e i professori universitari poi hanno un tasso di idiozia nullo. Beh, quasi nullo, perché quando il professor X o il dottor Y o il ricercatore Z andavano contro la parola d'ordine corrente (o il rosario del giorno, se preferite) beh, allora immediatamente venivano collocati nel campo dell'idiozia. Cosa che è successa ad Alessandro Barbero e a Carlo Rovelli, per fare due esempi a caso. Ma comunque si tratterebbe di eccezioni trascurabili.
A seguito dell'esperienza CS sarei portato a ipotizzare che queste metriche dell'idiozia siano buone unicamente per lo smaltimento come rifiuto indifferenziato.
Cominciamo prima a definire idiozia. Vediamo la Treccani
idiozìa s. f. [dal fr. idiotie, der. di idiot «idiota»]. – 1. a. Nel linguaggio com., condizione da idiota, stupidità, scarsa intelligenza: rivelare la propria i.; anche di cose fatte o dette stupidamente: i. di una domanda, di una risposta, di un comportamento. b. Con sign. concr., azione, comportamento, pensiero, frase da idiota: fare, dire, scrivere una i., delle idiozie; sarebbe un’i. rinunciare all’offerta; che i., andarglielo a dire! 2. In medicina...
Lasciamo perdere la definizione medica, che non è pertinente, e approfondiamo o meglio estendiamo:
An Educated Idiot is a person that went to college, but is dumber than a rock. The Educated Idiot feels like he/she is smart, but they screw up everything they get involved in. They have a hard time getting dressed, driving a car, or eating. Only the parents are proud of their Educated Idiot children mainly because they themselvs are also Educated Idiots.
(una terminologia simile è stata usata anche da Nassib Taleb, per dirne uno https://www.shortform.com/blog/intellectual-yet-idiot/)
Se si ridifinisce idiozia con educated idiocy ho il forte sospetto che il suo tasso si conservi tra una popolazione e l'altra, pari pari. Il campione CS non è di sicuro rappresentativo, ma in cinque anni gli educated idiots sono stati forse la presenza più rilevante, per tacere degli ineducated idiots che si credevano educated grazie a un diploma o una triennale, a volte presa online. Quindi Idiocracy è stato letto e citato con un certo pregiudizio, quello che vedeva il conflitto tra idioti classici e educated idiots (o chi si riteneva tale, anche se nella vita faceva, che ne so, il grafico, l'OSS, la donna delle pulizie etc).
Il principale problema è "la scienza", anche parlando di formazione:
Scienze della produzione alimentare (anvedi)
Scienze della produzione animale (stica...)
Scienze della comunicazione (stica^3)
Scienze del turismo (stica^5)
Scienze economiche (Economia e Commercio non era abbastanza figo, evidentemente)
Scienze della Pubblica Amministrazione (che dire..)
Scienze per la Pace (loss for words)
Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale (!)
Scienze della comunicazione grafica e multimediale (e qua ogni commento possibile è censurabile)
Direi che qualcosa è sfuggito pesantemente di mano qualche tempo fa, sia al ministero che nelle università. Davanti a un panorama del genere è quasi compresinsibile che qualche laureato in medicina si sia ritenuto depositario del pensiero scientifico (in realtà il pesiero scientifico di del solito paio etc).
Io vengo da una facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali del tempo, in cui la posizione nella catena alimentare dei vari corsi di laurea era ben chiara. E bene o male, dati i tempi, ci dovevamo confrontare anche con Heidegger, che aveva scritto: la scienza non pensa. Heidegger non distingueva tra scienza e tecnologia (come quasi tutti al giorno di oggi) ma probabilmente aveva ragione. La scienza non pensa, ma qualche scienziato si e qualcuno educato in una disciplina scientifica pure.
I partigiani della scienza che danno dell'idiota agli altri sono perfetti adepti dello scientismo pop odierno, la compiuta ipostasi della scienza che non pensa. Decenni fa mi ricordo un certo attivismo riguardo a una "scienza responsabile". Oggi la scienza oltre a non pensare declina ogni responsabilità. In cinque anni di attività su isocial una cosa la posso affermare: al 98% i rappresentati dell'accademia presenti su quelle piattaforme erano scienza che non pensa (ma obbedisce).
Chi vende o pratica o vorrebbe praticare "comunicazione della scienza" ovviamente è iscritto alla scienza che non pensa (ma obbedisce), però ha centrato un punto, e il punto è la propaganda, o meglio la guerra per la narrativa. Dopo alcuni anni sono sempre più convinto che, riconoscendo la guerra in corso, non si debba lasciare al nemico la scelta del campo di battaglia.