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domenica 26 gennaio 2025

ANCORA SU LINKEDIN, SEMPRE PIU' SOCIAL NETWORK

 

Io giochi su Linkedin... Io non so perché Linkedin abbia sterzato verso il social media. Sono stato fermamente ancorato alla sua natura di network professionale e con buone ragioni: non conto i contatti, le interviste e le volte in cui sono finito in shortlist che erano davvero corte grazie alla piattaforma. E questo è uno dei motivi per cui ho usato linkedin solo ed esclusivamente in chiave professionale - vi garantisco che si può ancora fare tutt'oggi.

Ma io mi sono mosso fuori dai confini italiani. Se non lo avessi fatto le occasioni sarebbero andate a quasi zero. La visione che si può avere della piattaforma dall'Italia è infinitamente peggiore rispetto a quella che si ha all'estero, con buoni motivi.


Non gli si può dare torto. Ma consiglierei di andare a scorrere i commenti: io non ho alcuna difficoltà a credere che ci fosse una delle Risorse Umane in Italia che definiva quelli con #opentowork nel profilo dei poveri sfigati. Il mondo del lavoro in Italia è un disastro da anni e chi lavora o ha lavorato nelle risorse umane in Italia è spesso del tutto in tono (mi ricordo dei bei soggettoni apparteni alla categoria ai tempi di CS sui social).

L'Italia; si tratta dell'unico paese europeo di cui io so in cui ci sono agenzie di reclutamento che fanno pagare i candidati invece che le aziende etc etc. (io non ho mai pagato né un headhunter né una piattaforma o agenzia di reclutamento). Fenomeni resi possibili da un tasso di disoccupazione alto, una stagnazione salariale anche più alta e scarsissime opportunità attraenti per gli high skilled worker. Con ciò quelli che sulla piattafrma si comportano come fossero su fb io non li capisco: sfoghi su Linkedin la tua frustrazione per non aver avuto mezzo colloquio o mezza opportunità? Complimenti, le tue probabilità di avere un colloquio si sono istantaneamente ridotte dell'80%. L'attitudine allo sfogo e al trolling non sono considerate positivamente da nessun reclutatore che abbia mai conosciuto. 

Una cosa però la posso capire: in Italia un candidato senza esperienza è nella peggiore delle posizioni possibili: senza esperienza e senza lavoro. Ma questi sono ottimi motivi per farsi furbi e non per fare gli idioti sventolando in giro la propria rabbia e le proprie frustrazioni. E ricordate che ci sono datori di lavoro che monitorano i social dei dipendenti e controllano quelli dei candidati. Poi non ci sono solo le risorse umane, nel caso di aziende di una certa dimensione ci sono anche gli Hiring Manager per la posizione, cioè quelli cointeressati nell'arruolamento in quanto il candidato è destinato a finire nel loro gruppo. E di solito non sapete chi sia l'Hiring Manager fino all'ultimo: potrebbe essere uno a cui avete dato del coglione su un social e in quel caso le prospettive di successo della vostra candidatura sarebbero molto vicine a 0.

Il consiglio finale resta sempre lo stesso: fatevi un minimo di inglese e cercate fuori, che così facendo scoprirete un mondo del tutto diverso da quello che avete sempre conosciuto e con molte più oppurtunità.

domenica 8 settembre 2024

SALVARE VITE: UNO SLOGAN POLITICO E PUBBLICITARIO

https://www.bizjournals.com/boston/news/2024/08/28/biosecure-act-boston-chinese-biotech-firms-ban.html

Il Biosecure Act va avanti e il CEO di Wuxi AppTec USA continua a fare campagna contro. Lo screenshot è da Linkedin, ed è intriso della retorica piuttosto stantia del "salvare vite". A regola la maggioranza di chi legge non dovrebbe avere idea di cosa sia WuXi e cosa faccia. Il suo business non è lo sviluppo e la realizzazione di trattamenti salvavita, come dice lui. E' uno dei tanti service provider della farmaceutica globale, e in particolare la sua casa madre cinese è nota per essere lo sweatshop  globale del settore (molto economica, se non si guarda alla qualità del lavoro). Perché questa uscita ora? Perché la legge potrebbe finire alla House of Representatives questa settimana. E pare che la la Camera sia intenzionata a farlo passare velocemente, perché il progetto di legge gode di un solido supporto bipartisan.

Chiaramente questo è un caso di Cicero pro domo sua e l'impatto del Biosecure Act è già in corso perché le grandi farmaceutiche mondiali hanno già iniziato a ristrutturare la loro rete di terzisti (cfr  Novartis). Se qualcuno pensa che tutto questo avrà una conseguenza sul prezzo finale dei nuovi farmaci vorrei ricordare che WuXi opera principalmente nel preclinico e che i costi dello sviluppo preclinico si misurano in milioni, mentre quelli dello sviluppo clinico sono centinaia di milioni (per le grandi tipicamente più di un miliardo). Quello che pare abbastanza sicuro è che sia iniziato il corso di una ristrutturazione globale della fornitura di servizi allo sviluppo farmaceutico, ma quanto andrà avanti non si sa e i suoi effetti sono mascherati dalla masiccia ondata di licenziamenti di inizio 2024. Non resta che stare a vedere come la situazione si evolve.

Resta un fatto: per un ventennio la globalizzazione è stata venduta da molti, e venduta come una legge di natura. Quel che sta succedendo oltreoceano dimostra che pezzi di globalizzazione possono essere cancellati con un tratto di penna del legislatore. Quindi addio alla definizione di "fenomeno naturale". Venti anni di globalizzazione hanno in primo luogo gonfiato i profitti del comparto finanziario occidentale e a spese dei soliti, cioè delle classi lavoratrici, in primis europee ed americane- sarebbe da ricordare, 20 anni fa, l'indegno vociare a vuoto sul futuro dello stivale nell'economia dei servizi, teso a coprire queste dinamiche e a far apparire quei pochi operai che protestavano contro la chiusura di uno stabilimento causa delocalizzazione i relitti obsoleti di una stagione conclusa e da dimenticare.

martedì 27 febbraio 2024

PHARMA: PER I SOLITI LE VACCHE MAGRE ERANO LI' PER RESTARE MA...

 

Mi ricordo i tempi in cui Pfizer acquistò Wyeth e in Italia fu una strage quanto a posti di lavoro. Per acquistare Wyeth Pfizer aveva emesso obbligazioni per una mole cospicua di denaro 13,5 miliardi di dollari, a fronte di un fatturato di 50 miliardi per quell'anno. Ai tempi certi analisti finanziari scrivevano che in realtà ne avevano emesse troppo poche, di obbligazioni. Cinque anni dopo gli stessi analisti dubitavano della sostenibilità del debito Pfizer a causa dell'evidente ridotta capacità di sviluppare nuovi farmaci. Quando si parla di intelligenza dei mercati e di chi li analizza...

Sempre parlando di Pfizer il periodo pandemico l'ha spinta verso fatturati incredibili (con l'aiuto del corposo finanziamento pubblico dell'operazione Warp Speed):


Poi l'azienda ha concluso il 2022 con un fatturato di circa 100 miliardi e questo ha fatto sì che l'asticella per il 2023 fosse stata settata piuttosto alta (gli analisti finanziari quando vedono crescite rapide perdono il lume della ragione). E invece il 2023 si è concluso con 58,5 miliardi di dollari, cioè 4 miliardi in meno delle attese (ma sempre molto di più del fatturato 2019). E quindi sono partiti i tagli. Tanto ormai alle carenze di ricerca interna suppliscono le biotech, pronte a vendere nuovi asset destinati allo sviluppo clinico. Piccolo particolare: il 2023 è stato l'annus horribilis delle biotech, stremate dalla carenza di fondi. All'inizio del 2024 molti parlavano di anno di ripresa, ma in capo ad un paio di mesi si è capito che almeno per il primo quadrimestre del nuovo anno non ci sarebbero state novità.

Questa è una crisi in slow motion. In larga parte quel che l'ha provocata è ancora lì. I tassi fissati dalle banche centrali per fronteggiare l'inflazione sono ancora alti. Le tensioni geopolitiche che hanno provocato l'inflazione (innescate chissà da chi...)  provocano anche shortage di farmaci, semplicemente perché si faceva conto sugli attivi farmaceutici asiatici, la capacità produttiva per quei prodotti in occidente si è ridotta al lumicino e da una parte i processi di reshoring iniziati durante la crisi COVID sono piuttosto lenti, dall'altra i pagatori (assicurazioni sanitarie e sistemi sanitari pubblici) non sono disposti a pagare i prezzi più alti che ne conseguono. Uno di quei cortocircuiti di cui questo inizio di nuovo millennio non è per niente avaro. La cosa notevole è che la quadratura del cerchio (industria pubblica appoggiata a banche pubbliche) continua ad essere una bestemmia nella maggior parte dell'Occidente e specialmente negli USA.

Dal grande al meno grande oggi ho orecchiato per caso uno del Work Council in teleconferenza con i suoi pari negli altri quattro siti nazionali. "La situazione è brutta qua, ogni mese se ne vanno tre o quattro persone, o perché il loro contratto è scaduto o perché hanno trovato altro". Alla macchinetta del caffé infatti il gruppo è diventato più piccolo. Quelli che rimangono hanno tutti almeno un piede fuori dall'uscio. L'ingegnere chimico spagnolo è al suo ultimo mese di pushing papers: lei ha già firmato un contratto con una grande e notificato che molla il posto (prima che decidessero che il posto mollava lei).

"Ti ricordi quel che dicevo un anno fa? E guarda la situazione ora." aveva detto "Anyway we from PIGS must stick together." (storie simili nelle rispettive nazioni, a distanza di 15 anni da quando venne fuori quell'acronimo).

"Questa credo che sia la quarta crisi che attraverso. Ma in Italia nel 2010 era infinitamente peggio".

"Voi allora avete avuto la troika?" (ci separa una generazione) "Io nel 2010 ero alle scuole medie".

"No, niente troika. Monti il macellaio. Potevi attraversare una zona industriale con più della metà delle attività chiuse e ogni tanto sui portoni delle case vedevi gli avvisi di pignoramento attaccati"

Lei rabbrividisce.

Il greco interviene: "Io ai tempi della troika ero un ragazzino. Le cose vanno ancora malissimo ma per fortuna non devo tornare là". Lui è un altro in uscita, altro contratto firmato con una grande.

Siamo tutti sopravvissuti. E in un modo o nell'altro sopravviveremo un'altra volta, sopprimendo un ghigno quando qualcuno parla di fedeltà aziendale. E quanto a fedeltà alle nazioni di cui siamo cittadini potete facilmente immaginare. Perché fedeli e lavorativamente morti no, grazie.



martedì 11 luglio 2023

AI E TUTTO IL RESTO

https://www.youtube.com/watch?v=fxiHM11w-rk

 

Beh, era facile capirlo. Mi ricordo quello che faceva addestrare l'AI da chimici medicinali per ottenere AI che avrebbe sostituito i chimici medicinali. questa cosa era di fatto la ragione sociale di Benevolent AI e quel che ne è venito fuori NON è stato un successone (https://www.fiercebiotech.com/biotech/benevolentai-makes-deep-cuts-after-midphase-flop-laying-180-and-shrinking-lab-footprint). Già scritto, è la sottile linea che divide gli attrezzi utili dalle black box magiche  Ma del resto il sogno del capitale di avere mano d'opera non conflittuale e a basso costo (i robot) è stato sostituito dalla realtà in cui si ha mano d'opera non robotica e non conflittuale a basso costo - e il capitale non ha abbastanza ringraziato i sindacati, del resto la natura del capitale non è dare, ma prendere. Prendere? Rapinare, in effetti, mi ricordo qualcosa del genere scritto da Pierluigi Sullo una ventina e passa di anni fa su Il Manifesto. Poi si è arrivati alla Rangieri. Tristissima parabola. I quotidiani comunisti, in Italia, di fatto sono morti da qualche parte negli anni 90. Un capitolo chiuso, in teoria, che è sopravvissuto a sé stesso, in ginocchio. E vorrei far notare che la posizione "in ginocchio" non si addice gran che a un quotidiano che insiste a definirsi comunista.

Comunque ritorniamo a AI e dintorni, riprendo ancora una volta Sara Gandini:

È indubbio che siano strumenti utili ma i rischi che vedo sono vari. Ne elenco alcuni per poi approfondire alcuni aspetti.

Un primo aspetto importante da ricordare è che per usare questi strumenti la realtà deve essere trasformata in un dato binario. Ogni informazione deve essere codificabile, e le persone, le malattie, le cure, tutto quello che accade nella relazione tra medico e paziente, la storia dei pazienti… tutto deve essere riducibile ad un dato bidimensionale immagazzinabile per poter essere codificato e analizzato e questo ovviamente porta ad una riduzione della realtà che lascia fuori l’imprevisto dell’umano, la soggettività, l’inconscio, l’eros, la magia delle relazioni.

Si perde qualcosa quindi ma accelerano i calcoli e questo attira molti ricercatori che a mio parere si affidano alle macchine come scorciatoia per pensare, come se bastasse schiacciare un bottone per comprendere il significato nascosto di grandi quantità di dati, senza bisogno di studiare criticamente la letteratura scientifica. Con l’AI ci si affida alle macchine per dare risultati che spesso ad esempio sono semplici correlazioni scambiate per legami causali, di causa ed effetto, perché non c’è tempo per ragionare sui disegni di studio, sulle fonti di bias e confondimento e capire cosa affettivamente quel singolo studio è in grado di dire e cosa no.

Si chiede alle macchine di pensare al nostro posto, perché chi usa senso critico rallenta il processo e non è funzionale.

L’abbiamo visto anche durante la pandemia in cui i dati scientifici venivano portati come verità assolute. Abbiamo sentito dire frasi come “qui parlano i dati”, ma i dati non parlano da soli, si tratta sempre di interpretazioni di risultati che dipendono dalle conoscenze e dall’esperienza dei ricercatori e delle ricercatrici.

E così sempre più ci si affida all’intelligenza artificiale come un qualcosa di magico, di salvifico, di oggettivo, con l’illusione che le macchine potenti e infallibili, ci portino verso verità neutre e imparziali.

Ma se si parla così tanto dell’AI in questo momento è anche dovuto al fatto che attira enormi capitali in ogni ambito, dagli psicologi ai biologi, ai medici, tutti stanno investendo su queste tecnologie. Ora ad esempio sempre più spesso si sente parlare di ospedale virtuale come di una realtà che si avvicinerebbe al paziente, visto che non ci sono finanziamenti per i servizi territoriali. La telemedicina viene in soccorso, senza bisogno di spostarsi, di vedersi in presenza, di toccare i corpi dei pazienti.

(https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/25852-sara-gandini-intelligenza-artificiale-implicazioni-etiche-e-politiche.html?highlight=WyJnYW5kaW5pIl0=)

Sullla libidine per la black box software, Deus Ex Machina, neanche a farlo apposta, avevo scritto due scemenze qualche giorno fa (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/07/software-chimica-e-molto-altro.html). Ma del resto viviamo in un mondo in cui nel 98% dei casi il pensiero critico (secondo alcuni l'unico pensiero) ha abdicato all'hype - e da sempre le ragioni dell'hype sono solo due: soldi o potere o tutte e due.


domenica 27 novembre 2022

DIFFERENZE

 


Questo è l'aspetto tipico di un reparto di produzione di principi attivi farmaceutici di sintesi (occidentale). A gestirlo con la massima probabilità ci saranno ingegneri chimici. Ma nel trasferire qua una sintesi non può mancare il chimico di processo, che è la figura con le maggiori informazioni su cosa succede dentro questi reattori. E spesso è stato lui quello che ha effettuato i primi scale up della sintesi, portandola in un kilolab o su un impianto pilota. E non lo ha fatto da solo: senza chi sviluppa e valida metodi analitici non si fa molta strada. Chimica organica, termodinamica, dinamica dei fluidi (e quindi ingegneri chimici), chimica analitica: serve tutto questo. 

Poi c'è chi, siccome è "scienziato", pensa di poter discettare di costi di produzione di principi attivi farmaceutici di sintesi semplicemente perché ha per le mani qualche prezzo bulk indiano o cinese, ma senza avere pratica o adeguata conoscenza della materia. Sul rapporto "complicato", diciamo, tra produttori asiatici e current Good Manufacturing Practice qua sopra negli anni è stato scritto molto. E alcuni produttori non hanno avuto alcun problema ad esprimere il loro punto di vista riguardo al sistema occidentale della regolazione farmaceutica

https://finshots.in/markets/an-overview-of-cipla-and-the-pharma-industry/

"spendiamo milioni di dollari per costruire fabbriche, vogliamo esportare in USA, e FDA arriva, ispeziona e può bloccare le esportazioni in USA di interi impianti" (Cattiva FDA, cattiva).

Qualcosa è stato anche scritto riguardo il difficile rapporto con la disciplina stessa di alcune aziende che spesso sono state portate ad esempio da certe ONG quanto a "reale costo dei farmaci" (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2019/06/indiani-generici-paper-e-risse.html). Il primo contatto di un chimico di processo occidentale con le realtà produttive asiatiche di fascia medio-bassa può essere abbastanza scioccante. "Certi popo' di serpenti!" disse un mio collega, e qualcun altro passando dalle espressioni figurate alla lettera davvero trovò dei cobra nel sistema dell'acqua purificata (Vero JDB?). Personalmente mi ricordo di uno che mi spiegava come aveva ridotto il tempo di isolamento per centrifugazione di un prodotto... applicando il vuoto in uscita alla centrifuga ("Lucky you!" avevo commentato "About speeding the process?" aveva chiesto "About being still alive" avevo risposto).

Tutto questo dovrebbe dare una qualche idea dell'incredibile complessità di questo tema. Ma ho perso il conto delle volte in cui qualcuno ha voluto cancellare tutto questo con un tratto di penna, una direttiva comunitaria (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2019/10/report-principi-cattivi-leuropa.html), un articolo di giornale o un post su isocial parlando in nome de "La Scienza" (prima o poi qualcuno dovrà darmi il numero di cell de "La Scienza", avrei due o tre cosette da dirgli in privato). 

(I could write all this in a way less polite manner...)

martedì 18 maggio 2021

CRONISTORIA DELL' APOCALISSE DELLA CHIMICA FARMACEUTICA ITALIANA

 

Visto che altrove mi è stato chiesto di riepilogare la crisi della farmaceutica italiana, mi sembra il caso di procedere ad un riassunto. Sono fatti ormai lontani, nel tempo, ma le loro conseguenze permangono, e soprattutto alcuni dei fattori che li hanno determinati sono ancora in opera.

In Italia c'erano multinazionali con centri ricerche e realtà produttive perché il mercato era significativo e i costi in USD giustificavano l'impegno (Glaxo, SmithKline & Beecham, Wyeth, BMS, Parke Davis, Pharmacia etc ).
Non è inutile sottolinearlo: le aziende italiane che facevano ricerca (cioè avevano pipeline che andavano avanti) si finanziavano con i proventi di farmaci a brevetto scaduto, OTC, presidii medico-chirurgici, eventualmente royalties etc (mentre invece l'attività di ricerca delle strutture di multinazionali - GSK, Pharmacia - era strettamente collegata al costo in dollari e ai volumi di acquisti da parte del Sistema Sanitario Nazionale).
Pre 2005 la tipica "grande" farmaceutica italiana aveva fatturati tra uno e due miliardi (di un ordine di grandezza inferiori a quelli tipici delle grandi multinazionali del farmaco): con turnover del genere mandare avanti lo sviluppo clinico (costi mediamente dal miliardo in su) non è semplice, ma comunque più di un'azienda riusciva a farlo.

Al di là degli eventi congiunturali, il settore nel nuovo millennio fu dominato da un'insana attività di M&A (fusioni e acquisizioni). In particolare il più grande centro ricerche italiano, quello di Pharmacia, a Nerviano (già Carlo Erba) vide l'inizio del suo inesorabile declino con l'acquisizione da parte di Pfizer di Pharmacia, nel 2003 (e conseguente massiccia ristrutturazione). Anche il centro ricerche Lepetit di Gerenzano, specializzato in antiinfettivi, poi diventato Vicuron, rimane vittima di una crisi a cui segue un'acquisizione Pfizer nel 2005 (e pesante ristrutturazione anche lì). Il primo decennio di questo secolo per alcune multinazionali del farmaco è stato un "decennio perduto". Il patent cliff del 2012 incombeva, e alcune pipeline (insieme dei farmaci in via di sviluppo) offrivano uno spettacolo imbarazzante. Qualcuno decise di affrontare il problema con un cambio di paradigma (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../2009-houston...).
Su questo panorama inquieto si innestano i grandi eventi congiunturali.
Nel 2004 arriva la direttiva 2004/27/CE, che apre il mercato europeo a produttori di attivi farmaceutici non approvati o ispezionati da EMA; nel 2005, l'euro arriva a 1.35 sul dollaro e lo supera (botta alle esportazioni di prodotti e servizi, visto che il principale mercato di sbocco del settore sono sempre stati gli USA).
Poi entra in scena la crisi dei subprime, seguita da quella dei debiti sovrani europei. Si innesca un processo che porterà a un folle deleveraging (tradotto, molte banche riducono gli affidamenti e chiedono alle aziende clienti di rientrare velocemente). In questo quadro esce la direttiva 2011/62/UE che ribadisce la precedente e viene varato il Salvaitalia (principio attivo in ricetta, tagli programmati alla spesa sanitaria e farmaceutica), due fattori che danno il colpo di grazia.
Su tutto questo si inserisce un ulteriore evento che non ha origini politiche, ma i cui effetti la politica avrebbe potuto temperare (e non lo ha fatto): Pfizer nel gennaio 2009 acquista Wyeth. Alcuni analisti, col senno di poi, hanno scritto che quell'acquisizione ha distrutto valore per gli azionisti (https://www.ukessays.com/.../acquisition-of-wyeth-by...). Lasciando perdere gli azionisti, fu una strage dal punto di vista occupazionale, e nel panorama italiano poi fu un Extinction Level Event, perché Wyeth aveva programmi e contratti con molte realtà italiane, contratti che evaporarono con il relativo cash flow da mattina a sera o giù di lì.
Combinare il tutto con due o tre ulteriori round di credit crunch e il piatto è servito: nel 2005 il solo polo farmaceutico laziale fatturava 7 miliardi all'anno (https://drive.google.com/file/d/1ztYPJeFoSWBjxb22RKWVHxPgDqwIARoS/view?usp=sharing), due anni fa gli iscritti ad Aschifarma collettivamente faticavano ad arrivare a 4 miliardi. Il centro ricerche GSK di Verona, secondo solo a quello Pharmacia, per dimensioni, viene ceduto nel 2010 (e anche qua ristrutturazione), BMS smette di produrre betalattamici in Italia, Sigma Tau viene comprata da Alfa Wasserman e la nuova azienda Alfasigma fatica ad arrivare al 50% di quelli che erano stati i fatturati Sigma Tau prima della crisi, Rottapharm-Madaus, che aveva un fatturato consolidato sui 2 miliardi, viene svenduta e smembrata, etc etc etc.
Questa può sembrare una fredda analisi. Ma sono vicende che hanno stritolato vite e famiglie, tra esuberi, esodati e quant'altro. Migliaia di persone, di cui nessuno ha parlato, come nessuno ha parlato delle migliaia di persone colpite da vicende simili in altri settori industriali, se non per piangere poche lacrime di coccodrillo.

lunedì 10 maggio 2021

FARMACI, BREVETTI, HIV: NEL 2001 SI CANTAVA VITTORIA, NEL 2005 INIZIAVA LO SCANDALO RANBAXY

 

"Le immagini che il 19 aprile sono rimbalzate dall'Alta Corte
di Pretoria sugli schermi televisivi di tutto il mondo sono destinate a restare impresse a lungo nella memoria collettiva. Le 39 industrie farmaceutiche che avevano contestato la legge sudafricana volta a facilitare l'ingresso sul mercato nazionale di farmaci a prezzi ridotti avevano gettato la spugna di fronte all'intensa mobilitazione internazionale. "(https://www.facebook.com/LeScienze/posts/4302302656515157)
19 aprile 2001: una grande vittoria umanitaria contro l'avidità delle multinazionali del farmaco che detenevano i brevetti degli antiretrovirali, vitali per non far passare a AIDS conclamata e morte i pazienti infetti da HIV. Una vittoria che aveva il volto di Nelson Mandela. Che dire? Una combinazione invincibile dal punto di vista dell'immagine.
Ma...
"Thakur sapeva che i farmaci non erano buoni. Avevano alti livelli di impurezze, si degradavano facilmente, e sarebbero stati nella migliore ipotesi inutili in condizioni di caldo umido. Sarebbero stati assunti dai pazienti più poveri del mondo nell'africa subsahariana, che non avevano infrastrutture mediche né possibilità di presentare reclami... Ai dirigenti di Ranbaxy non importava... In una teleconferenza tra dodici dirigenti dell'azienda uno liquidò i timori sulla qualità dei farmaci che Ranbaxy stava fornendo all'Africa "Chi se ne frega? Sono solo neri che muoiono" " (https://fortune.com/2013/05/15/dirty-medicine/)
Questo succedeva nel 2005. I farmaci in questione erano antiretrovirali generici low cost, e Ranbaxy una delle aziende indiane che li stavano producendo per i paesi poveri.
E' chiaro che gli antiretrovirali spazzatura giocarono a favore di Thabo Mbeki, il presidente sudafricano negazionista dell'AIDS. In quattro anni la bella immagine di Mandela contro i capitalisti occidentali si era dissolta, sul campo.
All'inizio del 2009 FDA cominciò a fare a pezzi Ranbaxy. EMA seguì, al rallentatore. Nel maggio 2013 Ranbaxy fu condannata a 500 milioni di multa (un'enormità, per un'azienda indiana) e nel 2014 fu comprata da Daichy Sanjo e da Sun Pharmaceuticals (India). Negli anni seguenti continuarono azioni FDA contro strutture Ranbaxy.
Post Scriptum tecnico: nell'articolo di Le Scienze, che comunque parla di problemi diversi da questi, si cita Cipla, che offrì i farmaci a 350 USD/anno per paziente a Medici Senza Frontiere. Cipla è un collezionista seriale di warning letter FDA, ma di quelli top della classifica anche per l'India. Affezionato acquirente di bioequivalenze taroccate da GVK Biosciences, come altri, era solita aggirare i brevetti su particolari forme cristalline di un principio attivo farmaceutico... brevettando l'amorfo ottenuto per spray drying. Tanto amorfo, forma X o Y è lo stesso, ai fini della bioequivalenza, no? Loro dicevano di sì, entro i limiti di tolleranza...

martedì 21 luglio 2020

LA CONTESSA BATHORY E' VIVA E LOTTA INSIEME A AMBROSIA (INC)

https://nypost.com/2018/09/10/young-blood-could-be-the-secret-to-long-lasting-health-study/?utm_source=NYPTwitter&utm_medium=SocialFlow&utm_campaign=SocialFlow

Possiamo tranquillamente dire che dall'inizio del millennio tutto quello che è stato fatto nel campo dell'indagine su prolungamento della vita e dintorni è stata ricerca forzata dall'hype e dai finanziamenti che è sfociata in vendita o tentativi di vendita di "olio di serpente", spesso dalle pagine di grandi giornali o da quelle patinate di riviste alla moda (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/06/fior-di-giglio-intascare-700-milioni.html).

Questo del NYP è un articolo che dimostra che fine ha fatto quello che una quindicina di anni fa era ancora travestibile da attivazione di SIRT 1 e 2 e dintorni, quindi "roba scientifica". Al di là degli articoli citati un po' a casaccio è abbastanza facile risalire alla fonte di questo rumore sensazionalistico: Ambrosia (https://www.ambrosiaplasma.com/).
Ambrosia (scelta del nome tuttaltro che casuale, per la società) da quattro anni vende un tipo particolare di servizi medici: la trasfusione di plasma di soggetti giovani (tra i 16 e i 25 anni).
Da quattro anni dice che "ci sono trial in corso", e ogni anno che passa continuano ad essere in corso.
Se vi sembra eclatante, beh, è sembrato eclatante anche a FDA, che nell'estate dello scorso anno ha chiuso le operazioni di Ambrosia (https://www.businessinsider.com/young-blood-transfusions-ambrosia-shut-down-2019-6?IR=T). Ma dopo poco il business, sopravvissuto per qualche mese con un'altra ragione sociale, è tornato al brand originale e a oggi è ancora lì.
Ambrosia non è l'unica società nel ramo (https://en.wikipedia.org/wiki/Young_blood_transfusion), e praticamente queste startup hanno origine da... No, non nascono da squali stile "Wolf of Wall Street", ma la loro origine è nel lavoro di un gruppo di ricerca dell'università di Stanford (https://www.nature.com/news/ageing-research-blood-to-blood-1.16762).
E così, dopo la riapertura delle operazioni di Ambrosia nello scorso autunno, si arriva ad un articolo da clickbait del New York Post, dove ancora una volta entrano in gioco gli scienziati dell'allungamento della vita e dell'eterna gioventù: ci sono ancora investitori da gabbare, e ricchi anziani a cui vendere plasma di giovani - fino al prossimo intervento di FDA.


mercoledì 27 giugno 2018

I MAGHI DI TRPV1 E IL PEPERONCINO

Tra le vicende che hanno mescolato hype, borsa e ricerca, quella di Qutenza merita di esser ricordata.
Qua siamo ben lontani dalla luce dei riflettori che toccò a Sirtris, e a differenza di Sirtris NeurogesX uscì sul mercato con un prodotto. Ma cominciamo dall'inizio.
I'area degli antidolorifici (che non sono anestetici) è fondamentalmente ferma dai tempi della "golden age" e siamo sempre lì, tra oppioidi e NSAID. Quindi il dolore cronico continua ad essere "unmet medical need".
Dagli anni 90 gli sforzi per ottenere nuovi antidolorifici si erano concentrati sui recettori dei vanilloidi, e in particolare su TRPV1, che ha un antagonista naturale ben noto e largamente consumato: la capsaicina, o capsicina che dir si voglia, notoriamente contenuta nei peperoncini piccanti.
Novartis fu tra i primi ad esplorare l'area, e tutto ciò che ottenero fu la capsazepina, un analogo sintetico della capsaicina, che mai venne sviluppato ulteriormente e rimase un tool per ricerca biologica.
Dei grandi si attivarono sul tema GSK, Abbot, Merck, Eli Lilly e Astrazeneca, con risultati non diversi da quelli ottenuti da Novartis.
Tra i piccoli che lavoravano sul tema sul tema c'era NeurogesX, una  biotech californiana il cui asset principale era "una piattaforma unica per lo sviluppo di antagonisti TRPV1", da cui era stato ricavato NGX-4010. NeurogesX, come Sirtris, si quota in borsa nel 2007, ma i suoi numeri sono di un ordine di grandezza inferiore (mica lavoravano sull'elisir di lunga vita, loro) e raccolgono 44 milioni. Dopodiché lo sviluppo di NGX-4010 presenta qualche difficoltà.
NGX-4010 dovrebbe essere una capsicina sintetica modificata, ma quando si arriva al dunque si scopre di che si tratta: è un cerotto transdermico con una formulazione di capsicina all'8%.
La cosa mi fece sorridere, perché da qualche tempo da noi erano in vendita nei supermercati, in farmacia e parafarmacia i cerotti al peperoncino  di una nota azienda erboristica nazionale.
NGX-4010 è stato approvato da FDA e anche da EMA, e il suo nome commerciale è Qutenza.

lunedì 28 maggio 2018

DUE SCEMENZE SU ECONOMIA E POLITICA INDUSTRIALE, CON UN OCCHIO AL CHIMICO FARMACEUTICO

Non sono un economista, ma... cercherò di replicare quello che un medico dichiaratamente comunista ha fatto con il programma sanitario gialloverde, prendendo alcuni punti di una visione (non inserita nel famoso contratto, a quanto ne so) presentata dall'huffington come un'incubo: Banca Centrale nazionalizzata prestatore di ultima istanza, IRI, etc: gli anni 70. Ok.
Ci fu la crisi petrolifera che si tramutò in crisi economica internazionale (shock esterno) etc. Ma vi presento queste tre brevi storie, comprendenti episodi di ieri e di oggi.

1) Recordati costruisce lo stabilimento di Campo Verde nel 61, negli anni 70 è una delle più grosse facility di chimica farmaceutica di tutta l'Europa. Nel 77 - la crisi petrolifera, lo shock esterno, appunto - ENI entra nel capitale sociale col 50%. Ne uscirà agli inizi degli anni 80 e Recordati sarà quotata in borsa. Oggi, dopo livelli occupazionali con una storia di montagne russe (in Italia), con il motore di una produzione chimico farmaceutica (sviluppo chimico + impianto pilota) che si svuotava, dopo che Campo Verde ha avuto sopra per molto tempo il cartello "Vendesi", Recordati cresce, principalmente all'estero, e a debito (finché dura...)

2) Sigma Tau, fondata nel 1957 da Claudio Cavazza, chimico, nel 64 installa la sede di Pomezia, con una 60ina di dipendenti. Nel 2004 la sola palazzina delle ricerche chimiche ospitava una 70ina di persone. Nel 2011 si arriva al capitolo più duro di una crisi non solo aziendale, ma dell'intero comparto. Nel 2012 il governo (Monti) si volta dall'altra parte, la palazzina di cui sopra si è svuotata, così come buona parte dello stabilimento, il centro ricerche di Milano viene chiuso (https://www.facebook.com/Sigma-tau-chiude-il-centro-ricerche-Prassis-165185343580151/?hc_ref=ARRw4_LnaVdnnSlGgbKZwM-25AdDIsBLOGStKYC8gBaEDTkFrpEVeJUvBvTmmmkSwd0&fref=nf), pure gli informatori scientifici del farmaco finiscono sotto (legge sul principio attivo in ricetta), e a più di un migliaio tra ST e altre viene mostrata l'uscita. (https://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/22/sigma-tau-che-brutto-affare/179247/ , chi gli ha dato dello schifoso fascio forse non aveva tutti i torti - c'è poco di peggio di un fascio economico con la bocca piena di buzzword). Cosa avrebbe potuto fare l'intevento chiesto dai lavoratori all'epoca?
Va a finire che Alfa Wasserman si fonde con ST moribonda, e Alfa Sigma fattura meno del 60% di quel che fatturava ST nel 2005. E si parla a lungo di alcune centinaia di licenziamenti ulteriori.

3) Rottapharm nasce a Monza nel 1961, con la creazione da parte di Luigi Rovati, docente presso la facoltà di Farmacologia dell'Università di Pavia, di un laboratorio di ricerca indipendente, il Rotta Research Laboratorium.
Negli anni, oltre 300 brevetti e 19 farmaci originali. Nel 2007 acquisisce la tedesca Madaus, e il fatturato consolidato del gruppo supera i 2 miliardi. Nel 2009 ha in fase III un antiasmatico e un farmaco gastroenterologico: tratta con Wyeth che arriva a un soffio dall'acquisirlo (centinaia di milioni), ma Pfizer si fonde con Wyeth e sgancia la gastroenterologia. Crisi. La proprietà sostiene con risorse proprie, poi cerca investitori che le lascino il controllo e non ne trova, poi cerca la quotazione in borsa, ma il momento non è favorevole. Alla fine nel 2014 (mia ipotesi: su insistenza delle banche creditrici) vende agli svedesi di Meda per circa un miliardo (spiccioli, rispetto al fatturato consolidato di pochi anni prima), di cui solo parte è cash: crollo occupazionale, chiusura di Rotta Reasearch. Nel 2016 arriva Mylan (il genericista "gentiluomo" - si fa per dire - a stelle e strisce) e compra tutto.

Probabilmente storie del genere possono essere trovate in altri settori, dall'energia all'acciaio. Sicuramente nell'ultimo decennio ha influito la stretta creditizia, collegata alla crisi crescente del settore bancario. Sicuramente i tagli alla spesa sanitaria (e quindi a quella farmaceutica) hanno influito, così come alcune leggi volute per consolidarli. Ma cosa sarebbe successo se lo stato avesse potuto offrire anche solo temporaneamente una sponda finanziaria (quello che viene visto come apocalittico nell'articolo dell'huff ne costituisce una delle possibili premesse)?

1) Sarebbero stati mantenuti livelli di occupazione estremamente qualificata
2) Non sarebbero stati bruciati asset con un valore potenziale complessivo di miliardi (moltissimi brevetti sono stati lasciati decadere per cessato pagamento delle quote annuali)
3) Sarebbe ulteriormente migliorata la bilancia commerciale - visto che quel che rimane del settore va avanti ad export.
4) Il gettito IVA e fiscale in genere nonché contributivo ne avrebbe beneficiato, visto che il polo farmaceutico laziale era arrivato ai 7 miliardi di fatturato complessivo (il crollo lo aveva visto scendere ben sotto i due miliardi, e oggi si viaggia sui 3).

Invece lo stato ha figurato in tutto ciò solo come il grande assente. La storia di Rottapharm dipinge chiaramente quanto sia salvifico il capitale estero che tutta la politica italiana vuole ed invoca come soluzione delle crisi industriali. Non so se un intervento diretto dello stato nell'economia (situazione pre 1992) sia da etichettarsi come "sovranista", di sicuro prevede deroghe o ricontrattazione dei vincoli europei. Qualcosa dell'epoca con intervento pubblico nell'economia me lo ricordo. E non c'erano disoccupazione a due cifre, inflazione a due cifre, disoccupazione giovanile al 50% etc etc. Se qualche ministro creativo ha parlato dei beni culturali come del petrolio della nazione, la vocazione nazionale dal dopoguerra in poi è stata l'industria della trasformazione. Abbiamo lasciato per strada il 25% della produzione industriale, con la crisi e non è che le nostre prime quote per export fossero il famoso "made in italy" (abbigliamento, vino, cibo usati per certificare un gap tecnologico): faccio notare che prima della crisi del 2008 i nostri settori più consistenti di export riguardavano raffinati del petrolio, meccanica, farmaceutici (un po' diversa da come ve l'hanno raccontata, giusto?). 
Il mondo è cambiato, rispetto al pre 92?
Sembra ovvio, ma leggendo Arthur M. Schlesinger, "L'età di Roosevelt", si colgono incredibili somiglianze con la situazione presente. Sì, poi ci fu la seconda guerra mondiale, ma l'amministrazione Roosevelt ebbe un atteggiamento non dogmatico su Gold Standard e inflazione (vista come meccanismo redistributivo, e non come tassa sui poveri).
Il "New Deal" ce l'avevo nella sezione di storia del sussidiario, in quinta elementare, negli anni 70. Oggi credo che nessuno studente della scuola dell'obbligo sappia cosa sia. I paradigmi culturali cambiano, Arthur M. Schlesinger in Italia fu pubblicato e tradotto da Il Mulino, che al giorno d'oggi ha in catalogo questo https://www.mulino.it/isbn/9788815126269 . Chi avrà pagato il prezzo di questo paradigm shift culturale?

(Come si sarà capito per il mio settore il governo Monti fu un incubo: 2 miliardi/anno di tagli alla sanità e principio attivo in ricetta due colpi alla nuca, e il resto non aiutò - l'idea di una riedizione di quell'esperienza mi mette i brividi più di qualsiasi altra cosa)

https://www.huffingtonpost.it/2018/05/26/la-nuova-economia-sovranista-con-savona_a_23444141/

martedì 24 aprile 2018

INFLAZIONE MEDICA E COSTO DEI FARMACI



"Turns out the problem prob isn't "picking of the low hanging fruit" or the "Evil MBA". Most of the decline in Pharmaceutical R&D cost efficiency is due to medical care inflation driving up the cost of doing trials. Hospitalization costs are our core problem."

Così John Tucker ha iniziato su twitter il suo esame del principale fattore di costo dello sviluppo farmaceutico: i trial clinici, il cui costo è aumentato perché di base è aumentato costantemente il costo dei servizi ospedalieri (parliamo di USA).
Sul low hanging fruit posso essere d'accordo, ma devo dire che gli evil MBAs hanno fatto la loro parte, e di solito pieni di entusiasmo.
Bernard Munos, che non è una penna particolarmente gentile, con l'industria farmaceutica, risponde che visto che i trial costano così tanto, è meglio alzare l'asticella di ingresso.
Gli fanno notare che la struttura degli incentivi nell'industria porta a spingere avanti i progetti comunque (perché è così che funzionano i bonus dei manager della ricerca). E Munos conclude con un lapidario: "Yep. Designed to reward by promoting underperformance".

Comunque, ritornando all'analisi dei costi, verrebbe da pensare che in molti casi tutto il mondo stia ripagando sotto forma di spesa farmaceutica i costi del sistema sanitario privato più grande dell'occidente. A cui, da questo punto di vista, potrebbe anche star bene che le barriere di accesso ai trial clinici non siano così alte, visto che il costo di uno è il guadagno di qualcun altro. E quando si parla di spesa farmaceutica si tende a generalizzare, non andando a vedere chi guadagna su cosa, e come. Tra l'altro tutto questo dovrebbe costituire materia di riflessione per quelli che discutono di delinking.

Il commento lungo lo trovate su "In the pipeline", qua http://blogs.sciencemag.org/pipeline/archives/2018/02/22/cost-of-trials

lunedì 16 aprile 2018

2009: HOUSTON, WE HAVE A PROBLEM

*I semi della crescita del fatturato vaccini come area terapeutica sono stati gettati tempo fa e il "paradigm shift" nel modello di business ha riguardato prevalentemente le aziende quasi sparite dalle aree terapeutiche economicamente più importanti.*

Nel 2009 il Pharmaceutical Journal, organo della Royal Society of Pharmacology raccoglieva pareri in merito al paradigm shift prossimo venturo del bussiness farmaceutico mondiale

Premetto che per il settore in generale non tirava una buona aria, e che in Europa il vento era pure peggiore. L'outsourcing e l'offshoring verso l'Asia erano diventati intensivi appena l'euro aveva raggiunto 1.35 sul dollaro. Bang. Tutte le multinazionali grandi e piccole impegnatissime a ristrutturare le proprie filiere. Nel 2008 anche le piccole CRO e CMO (ricerca e produzione conto terzi) avevano iniziato a cercarsi partner indiani o cinesi. Tough business climate, per i piccoli.

Il Pharmaceutical Journal neanche faceva finta di scoprire l'acqua calda. Tutti lo sapevano, tutti ne parlavano (beh, quasi tutti). Il patent cliff del 2012 incombeva. Tra 2011 e 2012 i brevetti di molti blockbuster (farmaci con fatturato maggiore o uguale al miliardo di dollari) sarebbero scaduti. Primo tra tutti il Lipitor, la statina Pfizer, qualcosa tipo 14 miliardi di dollari all'anno.

La truppa, regolare e mercenaria, si chiedeva cosa sarebbe successo. Il Pharmaceutical Journal faceva i conti: 140 miliardi di vuoto finanziario, flusso di cassa che sarebbe evaporato dall'oggi al domani.

Chi lesse quell'articolo, o altri simili (ce ne furono parecchi), capì l'antifona. "Derischificare e diversificare", avrebbe detto in altra sede Sir Andrew Witty, a lungo CEO di GSK. Tradotto, per un chimico o un biologo con una posizione nel settore: munitevi di vasellina, sta arrivando di nuovo.

GSK: un nome, una garanzia. Non ricordo quando fu la prima ristrutturazione della sua rete mondiale di centri di ricerca. Mi ricordo la fusione tra Glaxo e Smithkline and Beecham e quando le strutture si chiamavano CEDD (centri di eccellenza nello sviluppo farmaceutico). Moncef Slaoui, il loro direttore mondiale delle ricerche dell'epoca, ne aprì uno a Shangai, dedicato formalmente alle malattie neurodegenerative, promettendo grandi passi in avanti entro cinque anni (dieci anni dopo siamo ancora in attesa di un qualche schifo di candidato clinico). Il management di GSK pagò 700 milioni di dollari e spiccioli per Sirtris, i supposti maghi delle sirtuine, per un asset che non aveva neanche una molecola pronta per la sperimentazione umana, sperando di avere nelle mani l'elisir di lunga vita. Si ritrovarono col resveratrolo a cui qualcuno, forse per non perdere del tutto la faccia, fece fare una fase IIa sul carcinoma del fegato, con risultati vergognosi. Oggi il CEDD di Verona non esiste più, è stato ceduto, e ci lavora forse la metà di quelli che ci lavoravano prima, spesso con contratti peggiori.

Ma torniamo al Pharmaceutical Journal. Il punto è questo:

"A further change that is set to transform future pharmaceutical activities and operations irrevocably is the increased emphasis on preventive rather than curative healthcare. As the population ages and demand on healthcare budgets increases, pre-empting rather than reacting to illness and disease constitutes the prevailing aspirational mission statement driving the direction of modern healthcare policy"

"Un ulteriore cambiamento destinato a trasformare le future attività ed operazioni farmaceutiche è l'aumentata enfasi sulla sanità preventiva anziché curativa. Man man che la popolazione invecchia e aumenta la richesta per i budget sanitari, anticipare invece che reagire alle malattie costituisce la dichiarazione di intenti prevalenti che guida la rotta delle moderne politiche sanitarie"

Comincia ad essere chiaro il punto? E' la politica sanitaria che stabilisce la direzione, su indirizzo della politica economica (da cui l'enfasi dalle nostre parti sulla sostenibilità del sistema). La medicina preventiva promette risparmio sanitario. Con la prevenzione, ovvero col maggior numero possibile di vaccini. Quindi GSK ha acquisito da Novartis il ramo vaccini, cedendogli la propria oncologia. Non ha fatto altro che seguire l'indirizzo delle politiche sanitarie. Visto che nel 2017 in Italia ci saranno 300 milioni in meno per la spesa farmaceutica ma trecento milioni in più per i vaccini, se voi foste un fornitore del sistema sanitario provereste a vendergli antivirali o vaccini? Gilead Sciences coi suoi antivirali anti epatite C in Italia ha avuto tonnellate di problemi e pessima stampa (legati solo e soltanto ai costi del farmaco). Avete mai sentito qualcuno lamentarsi sui costi della vaccinazioni? Non credo.  http://www.pharmaceutical-journal.com/opinion/comment/goodbye-blockbuster-medicines-hello-new-pharmaceutical-business-models/10966185.article2009: 66185.article

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...