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giovedì 28 gennaio 2021

LA LETTERATURA SCIENTIFICA, LA POLITICA, LA PANDEMIA

https://science.sciencemag.org/content/371/6527/331...
 
Non mi ricordo chi ebbe a dire che un'epidemia è un fatto politico con risvolti sanitari, ma COVID19 gli dà ragione.
Non mi ricordo di un'occasione in cui si siano politicizzati farmaci il cui uso non avesse risvolti etici (classico esempio RU-486, la "pillola abortiva).
Per i tanti che ormai Contagion lo conoscono a memoria, non è questione di Forsythia (la "cura" sponsorizzata dal blogger complottista). A questo giro siamo andati un pezzo in là, fino a leggere di remdesivir, anticorpi regeneron "trumpiani" o "sovranisti".
Ma il farmaco "sovranista" per eccellenza continua ad essere l'idrossiclorochina.
Alla domanda "l'idrossiclorochina funziona?" la risposta è: no. Perché "no" lo ha detto ogni trial serio che sia stato svolto - e per trial serio si intende trial randomizzato, con braccio di controllo, in doppio cieco, per cui SOLIDARITY OMS è escluso dalla categoria.
Ma a un certo punto molti si sono sentiti in dovere di dare addosso ad HCQ non per questo motivo, ma in quanto "trumpiana" o "sovranista". E finché si parla di chiacchere da social vabbè, ma quando la cosa finisce una delle riviste mediche più importanti del globo...
Lancet pubblicò una metaanalisi su base di dati fornita da tale Surgisphere, e i dati di Surgisphere erano tarocchi. Ma talmente tarocchi che lo scandalo è scoppiato a stretto giro.
Però evidentemente per gli editors di Lancet l'articolo era troppo ghiotto per non essere pubblicato: inchiodava HCQ "trumpiana". A nessuno è passato per la mente di chiedere "Who the hell are these guys at Surgisphere?", o se gli è passato per la mente ha deciso che comunque andava bene così. E così facendo ha collezionato ad ora il più grosso scandalo della pandemia 2020, ottenendo esattamente l'effetto opposto, perché i fedeli dell'idrossiclorochina da allora hanno cominciato a dire "Lo studio che diceva che non funziona è stato taroccato". Ovviamente l'articolo è stato ritirato, ma... Continua ad essere citato (e in senso "positivo", non come retracted paper). Che dire...


domenica 2 febbraio 2020

CORONAVIRUS: L'HAIL MARY PROTOCOL




Oseltamivir: cioè Tamiflu. Inibitore di neuroaminidasi dei virus influenzali (avete presente N nelle sigle?). Si sa che non funziona in pazienti ospedalizzati con infezione progredita (vedi review Cochrane) ma soprattutto 2019-nCoV ha delle neuroaminidasi? (unica possibile ratio: evitare che i pazienti prendessero anche l'influenza - mentre erano in isolamento? - e sperando che non ci fossero in giro ceppi resistenti)

Ganciclovir: vecchio antivirale approvato negli anni 80 per DNA virus. 2019-nCoV è un RNA virus. Ma hai visto mai...

Ritonavir e Lopinavir: due inibitori di proteasi dell'HIV. 2019-nCoV non è neanche un lontano parente di HIV, e con le sue proteasi ad ora siamo ancora indietro. Strutturalmente neanche affini al miglior hit esistente per le proteasi di 2019-nCoV . Uno sparo nel buio.

Non cercate un razionale in questo protocollo perché non esiste (e infatti il 10% dei trattati ci ha lasciato le penne).

Ah, sto parlando nel protocollo dell'ormai citatissimo articolo di Lancet (https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)30211-7/fulltext ) "Epidemiological and clinical characteristics of 99 cases of 2019 novel coronavirus pneumonia in Wuhan, China: a descriptive study"

(Ringrazio Stefano Cervigni che avendo qualche dubbio al riguardo me l'ha fatto notare)

lunedì 16 dicembre 2019

FERMARE L'HYPE SULLA RICERCA SCIENTIFICA


E il discorso sull'hype nella ricerca finisce su Angewandte Chemie. Il discorso è vecchio, strettamente legato al "publish or perish" ed è una distorsione permanente del "processo scientifico".
Cos'è l'hype nelle scienze?
Tipo quando scopri che l'estratto di una pianta uccide delle specifiche cellule tumorali su una piastra e vai a dire ai giornali che hai in mano la cura per il cancro.
Oppure quando individui una proteina coinvolta nel meccanismo di una qualche patol
ogia X , e dichiari a un giornalista "Individuato il gene della malattia X, in cinque anni la cura". Oppure hype è questo:  https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2019/11/ma-basta-alzheimer-e-annunci.html?fbclid=IwAR0J91R0-HdXbaPOjp8sQYYiwR0lDTPc1k-2RQYZf59YLBg7SGKZeK5jxRE .
Nell'articolo si fa notare come l'hype induca comportamenti ipocriti (tutti lo condannano, nessuno dibatte il problema, tutti però giocano a quel gioco) e come alla fin fine la cosa pesi nell'incoraggiare la falsificazione dei dati. A guardar bene non sono pochi gli articoli scientifici che hanno guadagnato le pagine dei giornali (o comunque una certa popolarità per esempio online) per poi essere ritrattati.
"Nella chimica e in altre scienze l'hype è divenuta comune, disposta dall'ipocrisia di quanti la tollerano o incoraggiano mentre ne disapprovano le conseguenze. Questo riduce la credibilità e la fiducia da cui dipende il supporto alle scienze. L'hype e l'ipocrisia sono i primi passi lungo una discesa scivolosa verso la falsificazione dei risultati e la diffusione di scienza fasulla. Spinte sistemiche nella struttura dell'establishment scientifico contemporaneo incoraggiano l'esagerazione e possono spingere l'individuo a fare ulteriori passi sul sentiero hype-ipocrisia-falsificazione-fake. Un intervento continuo e concertato è richiesto per scoraggiare efficacemente l'imbocco di questo pericoloso sentiero e proteggere l'integrità e la reputazione del sistema delle scienze. I chimici devono giocare un ruolo attivo in questo sforzo".
Io la mia parte provo a farla.

martedì 2 luglio 2019

COME NEGLI USA





Che ci fa la foto di un Carousel Radleys di accompagnamento a questo articolo?
E' un sistema per reazioni in parallelo, e sono sicuro che nessuno nei gruppi di ricerca degli accademici citati ne ha mai fatto uso.
Vabbè, scusate la divagazione, deformazione professionale. L'articolo con i sistemi in parallelo c'entra poco, pochissimo. C'entra molto invece con un brutto vizio: quello di photoshoppare immagini da inserire nei propri articoli per mostrare risultati che non ci sono: possono essere immagini della microscopia, western blot, PCR. E' una pratica tristemente diffusa, che ha preso piede assieme al publish or perish (e questo non vuol essere una giustificazione, affatto). Ma qua non c'è di mezzo una figura di seccondo o terzo piano con la tenure a rischio che presa dalla disperazione si dà al fotoritocco. Qua ci sono alcuni grandi nomi della ricerca meneghina e italiana, quelli "di fama internazionale" (http://www.giannibarbacetto.it/2019/06/30/ricerca-sul-cancro-fondi-milionari-e-risultati-manipolati/?fbclid=IwAR2xvtx_6-BgSItVcWPPfQ_0p1-t9M_JCkuudm1hUh59w3YhY-ii5J7vtfg)
"Pier Paolo Di Fiore (dell’Ifom, il centro di ricerca dedicato allo studio della formazione e dello sviluppo dei tumori a livello molecolare), Alberto Mantovani (dell’Humanitas, l’istituto di ricerca e cura della famiglia Rocca), Pier Giuseppe Pelicci (dello Ieo, l’Istituto europeo di oncologia fondato da Umberto Veronesi), Marco Pierotti, Maria Angela Greco, Elena Tamburini e Silvana Pilotti (dell’Istituto nazionale dei tumori)"
L'indagine si chiude dopo tre anni e ha acquisito le prove delle frodi scientifiche, che però non costituiscono per ora fatto penalmente perseguibile, da noi. Anche se c'erano di mezzo milioni di finanziamenti.
A costo di sembrare ovvio, se hai risultati buoni, anche se non rilevanti, non hai alcun bisogno della frode col fotoritocco. Se è stata usata vuol dire che i risultati non c'erano. Capita. La ricerca oncologica può essere frustrante come poche, e per tenere diritta la rotta devi mettere in opera una serie di pratiche che spesso la ricerca accademica trascura con nonchalance (sequenziare periodicamente le linee cellulari per essere sicuro di quello su cui lavori, validare anticorpi, validare molecular probes etc etc etc),
Chiariamo un punto: questo significa che il prof. Mantovani si è dato al fotoritocco? No, affatto. Probabilmente in più di un caso la sua firma è finita su lavori del suo gruppo che nella migliore delle ipotesi si era limitato a coordinare. A quei livelli si è manager, di fatto, ormai lontani dai banchi e dalle cappe del laboratorio. Ma proprio questa funzione dovrebbe garantire la qualità del lavoro svolto dal tuo gruppo. Avallare o farsi sfuggire frodi piccole o grandi equivale ad esserne direttamente responsabili (cosa che molti tendono a schivare dando la colpa all'assegnista/post doc/ ricercatore a contratto disonesto e infedele).
Poi ad essere molto perfido verrebbe da dire che se comunque ritieni il tuo lavoro irrilevante potresti essere propenso a correre il rischio della falsificazione, perché nessuno andrà a guardarci dentro. Ma se qualcuno poi trova il tuo articolo interessante e ci mette le mani per tirarne fuori qualcosa, beh, il discorso è tutto diverso e le conseguenze non tardano ad arrivare...

PS: "evidenti conflitti d’interesse all’interno di Airc, la cui commissione consultiva scientifica decide sulla destinazione dei finanziamenti (raccolti in prevalenza con il meccanismo del 5 per mille) a favore di studi scientifici condotti dagli stessi componenti": vabbè, un conflitto di interesse in più o in meno... consiglio vivamente di aver a che fare almeno una volta con il comitato scientifico di una di queste associazioni o fondazioni, è un'esperienza edificante.

lunedì 1 ottobre 2018

FINDING DORA

By Starbuck

“Agli scienziati che si sono votati e hanno prevalso sulla loro gerarchia”
Acknowledgement


Leggo raramente i ringraziamenti in fondo agli articoli ed i miei sono sempre piuttosto asciutti (si ringrazia chi proprio devo e stop). Ma questa volta sarà che rileggevo l’articolo in teoria mentre ero in ferie, sarà che gli autori li conosco tutti molto bene (mangiato più e più volte la minestra assieme, come si suol dire) mi sono concessa questa leziosita’. Sarà anche il periodo, sarà anche il contesto attuale sui social, quel “hanno prevalso sulla loro gerarchia” non mi è passato inosservato. Ed oggi mentro provo a raccattare le idee per una roba che dovrebbe titolarsi, FINDING DORA, mi si insinua tra i pensieri.
FINDING DORA dovrebbe essere “una roba complottara”, un pezzo di quelli che invitano ad unire i puntini, puntini che vedono solo quelli col cappellino di carta stagnola, apparentemente. Dovrei spiegare cosa sono Impact factor ed h-index, una di quelle discussioni al limite del sesso degli angeli già per chi fa ricerca, figuriamoci per tutti gli altri. E poi dire di DORA. Già, che è DORA? DORA (San Francisco Declaration on Research Assessment) è ciò che dovrebbe sostituire l’impact factor, croce e delizia di ogni scientifico, con qualcosa di migliore e più corretto. Ne aveva parlato tra l’altro su Nature (https://www.nature.com/articles/d41586-018-05467-5) John Tregoning (l’avevamo già incrociato, uno dell’Imperial college of London, che ricerca in campi di vaccini antiinfluenzali e che nel tempo libero scrive articoli su “frontiers for young minds”). Ovviamente non se ne parla solo su Nature, se ne parla un po’ dappertutto, anche in corridoio da me: firma anche tu per DORA! Qualche giorno fa apro di sfuggita il sito di DORA…e vado a guardare la steering committee, ovvero chi c’à dentro. Oltre a rilevare che sono rappresentate quasi solo le life sciences ma non tutto-il-resto, non posso non fare a meno di vedere invece chi già c’è in prima fila. Fate un salto sul link e ditemi se anche a voi salta all’occhio qualcosa. Vi do un aiutino, magari se pensate al rinnovato boarding panel della Cochrane foundation troverete gli stessi finanziatori alle spalle. Si lo so che c’è gente entusiasta, che commenta da altre parti che il trombamento di Gøtzsche alla Cochrane non smuoverà di una virgola la sua fiducia nella istituzione: ma bella lì fratello/a (gender balance, vuoi mai), ammiro la gente con tante certezze. Scusa, correggo, che so che ci tieni, ammiro gli scienziati che dispensano certezze: li ammiro perché io proprio non ce la faccio.
Quando si parla di pubblicazioni, il discorso si fa difficoltoso e si entra in gineprai vagamente assortiti. Ho sentito gente scagliarsi su Frontiers, mentre da altre parti veniva fuori che anche su Elsivier certi editori chiedevano ad astrofisici di fare review di articoli medici. Potrei andare avanti per molto (ed ho ampia casistica toccata con mano) ma non lo farò. Non lo farò perché su questo ne aveva già scritto ampiamente e bene qui https://solounaltropostdoc.wordpress.com/ un coraggioso fanciullo che meriterebbe una standing ovation solo per questa frase riassuntiva e vera come non mai: “I risultati te li porteranno, con gli istogrammi del colore giusto, le barre dell’errore piccole piccole come piace a te, i western blot croppati, invertiti e capovolti, le identificazioni negli spettri di massa che miracolosamente sono attendibili anche se l’analita è sotto la soglia di quantificazione e la misura balla come John Travolta in Grease.”
Si loro glieli porteranno quei grafici lì, anche perché alle volte c’é un discorso di pagnotta e di bollette da pagare dietro. Non considereranno la ricerca un privilegio ed una missione: sarà il loro lavoro. Non si alzeranno dalla sedia dicendogli “facciamo che da domani io sono in ferie e che lunedì ridiscutiamo del mio contratto”, no.
Non continueranno a tenere un piede in laboratorio perché senza hai la sensazione che alla (tua) ricerca manchi l’ossigeno. Faranno “carriera”. Si sposteranno dietro ad una scrivania a seguire progetti ed ad aggiungere il nome alla fine di un paper che hanno letto con mezzo occhio. Parteciperanno ai panel expert e alle steering committee e nelle giornate di buona manderanno i phd student ai congressi.
Apro Research gate, ed addocchio il mio h-idex, sorrido al fatto che abbia ben 2 cifre. Sorrido alla pagina delle stats. Sorrido perche’ nella breve lista degli “scienziati” che “hanno prevalso sulla loro gerarchia”, c’era ovviamente anche il mio nome.

venerdì 20 aprile 2018

CREDIBILITA' E RIPRODUCIBILITA'

(Sunto di un anno di post fb)

Da tempo sui media digitali e non dilaga l'hype su nuove "scoperte" biologiche. In materia di CRISPR, geni collegati a questo o a quello e ad altri temi che sanno di "futuro" pullulano comunicazioni e articoli. Ed è curioso che questa proliferazione avvenga nel corso di una conclamata crisi di riproducibilità, riconosciuta dal 52% degli addetti ai lavori. Nel 70% dei casi i risultati conclamati non sono riproducibili. E quindi se, come dovrebbe essere, la credibilità di un risultato è uguale alla sua riproducibilità, si può rapidamente calcolare il tasso di credibilità del materiale di attualità veicolato dalla cosiddetta divulgazione scientifica massificata: 30%. Scarsino. La retorica del progresso scientifico da quotidiano o tg  si ciba al 70% di fuffa (http://www.nature.com/news/1-500-scientists-lift-the-lid-on-reproducibility-1.19970).
Quando l'articolo di Nature è uscito è stata pioggia sul bagnato. Già,  nel 2012 un gigante biotech aveva guadagnato i titoli di testa con una comunicazione importante.

Diciamolo, quando pigli a riferimento un articolo per impostare un progetto in ambito industriale e il contenuto si rivela non riproducibile girano i cabbasisi a diversa gente.
"In 2012, Amgen researchers made headlines when they declared that they had been unable to reproduce the findings  in 47 of 53 'landmark' cancer papers"
Articoli "landmark", ok? Rutilanti scoperte di nuovi geni o pathway o altro nel campo della biologia del cancro. Non riproducibili 47 articoli su 53. Immagino che nelle sale riunioni della direzione ricerche Amgen si sentisse l'eco del vorticare anche qualche giorno dopo aver fatto il punto della situazione.
Eppure questa prolungata crisi di riproducibilità non corrisponde nel mainstream culturale a una simmetrica crisi di credibilità. Anzi, si persiste in una (quasi) illimitata apertura di credito, moltiplicata dai media tradizionali e digitali, che per quel che riguarda la divulgazione scientifica di questo si alimentano. Arriverà la resa dei conti, con le promesse non mantenute, o l'articolo ritirato, o un negative finding pubblicato. Tutto ciò non avrà eco, e si continuerà a dar voce alla solita percentuale di scoperte a basso tasso di riproducibilità (e quindi di credibilità) (http://www.nature.com/news/biotech-giant-publishes-failures-to-confirm-high-profile-science-1.19269)
E questi sintomi preoccupanti di una situazione globale da noi del tutto ignorati. Anzi, per tipo due anni non si è sentito che dire "peer reviewed", "impact factor" e non da ricercatori universitari (che sarebbe normale), ma da politici, ministri, giornalisti generalisti, attivisti e utenti dei social network.
Del tutto incuranti o ignari che la mitologica "comunità scientifica" da tempo si è resa conto che il sistema dell'editoria scientifica presenta disfunzionalità crescenti.
In una crisi generale delle riviste scientifiche (secondo me in larga parte dovuta al modello "publish or perish" che ormai governa buona parte della ricerca accademica), quella delle riviste biomediche ha suoi tratti peculiari. Se l'allarme di Randy Schekman aveva un carattere generale (https://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/francesco-aiello/randy-schekman-e-tirannia-di-nature/dicembre-2013), come del resto quelli più sopra citati, alcune denuncie riguardano nello specifico  ricerca biomedica e conflitto di interessi (http://www.bmj.com/content/359/bmj.j4619).
In questo quadro compromesso ora anche gli editori ci mettono del proprio (o meglio, ora viene fuori come ce lo mettono, e da un po').
In due parole un fisico americano si è rotto le scatole di avere continue richieste di reviewing da Elsevier su materie che non gli competono, e l'ultima richiesta, che riguardava un'articolo di diabetologia, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Guarda un po', il caso riguarda una rivista medica
Come può succedere che si incappi in articoli evidentemente risibili, che so, in materia di attivazione di legami CH? Forse i peer reviewers erano un biologo, un economista e un filologo antico... (parafrasando la conclusione dell'articolo del link)

https://forbetterscience.com/2018/01/15/how-elsevier-finds-its-peer-reviewers/

E tutto ciò mentre sui nostri media nazionali (compresi quelli sociali) e nella websfera italiana tutta si andava consolidando l'equazione medicina=Scienza (e vorrei sapere quanti tra matematici fisici e chimici in camera caritatis si sono piegati in due dalle risa), e più grave quella Scienza=Verità. Contraibile in medicina=Verità, che è un autentico abominio. E mentre la struttura di questo credo veniva cementata e consolidata, Il MIUR bocciava senza appello una serie di scuole di specializzazione in medicina (e quindi bocciava i docenti - medici - delle dette scuole, non certo gli studenti).
Non sono un fan delle valutazioni del MIUR, spesso centrate su metriche progettate con criteri discutibili e in fin dei conti funzionali ad un unico scopo (il taglio di spesa).
Ma tra amici avevamo rilevato come le dispense di un certo corso di statistica a Pavia manifestassero un allarmante livello di incuria (per non dire incompetenza). E guarda caso "Statistica sanitaria e Biometria" a Pavia è tra le specializzazioni bocciate. Anche dalle parti del S.Raffaele non erano messi così bene, a quanto pareva. E pure all'Humanitas le cose andavano maluccio (habitat di Mantovani,in vena di rilanciare il vaccino BCG per la TBC dalle nostre parti,stando a quel che scriveva sul Sole).
A proposito del famoso virologo e dei suoi emuli, da notare che più si aggravava la crisi delle discipline biomediche (mettete assime scarsa riproducibilità dei risultati, queste valutazioni ministeriali, il crescente numero di cause per malasanità) più si strepitava per affermare il principio di autorità. In quest'ottica l'invocata non democraticità della "Scienza" acquistava un significato più interessante, perché la supposta congiura degli ignoranti è poca cosa al confronto con i danni procurabili dagli asini in cattedra o col camice, o col bisturi in mano, specie se vicini alle leve del potere politico (riguardo a questo aspetto il risultato elettorale ha cambiato molto tutta la situazione).

http://www.corriere.it/scuola/17_agosto_20/scuole-formazione-medici-una-10-non-regola-b68e0224-85cb-11e7-a4e4-940a5da24d3a.shtml

http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/17_ottobre_09/milano-medicina-bocciata-scuola-7-tagliati-33-corsi-privi-qualita-3a2df836-acb0-11e7-a5d5-6f9da1d87929.shtml



CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...