Così Longanesi traduceva nel 1965 il titolo di The Discovery of Nature di Albert Bettex (1906-1996), filologo e umanista svizzero di cui resta poca traccia nel mondo dell'informazione online. Bettex nella sua lunga attività accademica insegnò a Basilea, a Cambridge, negli USA. Oggi ogni sua traccia biografica è sparita dal web (è il decadimento digitale). Ma le sue opere sono ancora disponibili, in alcuni casi nel commercio di libri rari o "antichi".
Ho già accennato alla perdita (non obsolescenza) di certi formati middlebrow come gli Atlanti ScientificiGiunti. I libri di Bettex erano una cosa completamente diversa, plasmata da un fortissimo senso estetico per le testimonianze iconografiche della storia delle scienze e dell'esplorazione, Credo che l'ultima iniziativa editoriale con un'impostazione del genere sia stata Kos di Franco Maria Ricci, a metà anni '80. Nessuna voce Wikipedia anche in questo caso, ma stessa presenza nel mercato dei libri usati o rari.
Perché nella storia delle scienze e della medicina l'arte è presente, da dipinti dei teatri anatomici del seicento, con cartigli che recitavano Homo Bulla, a quel che c'è nel seminterrato della Cappella Sansevero o alle sculture anatomiche del Susini.
Ma torniamo a Bettex. La filosofia della natura è un raffinato testo divulgativo illustrato che racconta la storia delle scienze dall'antichità classica e preclassica fino ai grandi avanzamenti del XIX secolo, e lo fa in un'ottica umanistica, ovvero raccontando il cambiamento nella cultura della visione del mondo naturale. Racconta la chimica partendo dall'alchimia, la zoologia partendo dai bestiari antichi (Il Fisiologo) e medievali. Nella medesima narrazione figurano Empedocle, Alberto Magno, Paracelso, Newton, Dalton, Faraday, Darwin, componendo nel testo una discreta mole di iconografia coeva agli eventi. Il tutto con la semplicità e la profondità di sguardo di un grande umanista.
Le ultime parole di questo vecchio testo, bello (e demodé), sono quelle della didascalia ad un dipinto di Ma Yuan Kung:
"A chi ama contemplare ed osservare la natura sarebbe anche oggi di grande utilità soffermarsi meditando dinanzi alle illustrazioni di antichi paesaggi cinesi, prima di prestare la propria attenzione al microscopio, all'erbario, alle provette... Ciò che queste immagini comunicano non è scienza, sibbene il sentimento intimo, reverente sodalizio dell'uomo con la natura. L'Occidente, che spesso ha sminuito la natura fino a farne oggetto di avido sfruttamento, ha con ciò stesso contribuito a che quel sentimento vitale si atrofizzasse, mentre nell'Oriente esso si è conservato più a lungo intatto. Alberi e montagne e acque ci appaiono sotto il pennello di Yuan Kung come entità misteriosamente animate e l'uomo è inserito sensatamente nella natura come essa stessa a sua volta è coordinata all'uomo. L'uno senza l'altra non sarebbero un tutto, poiché ambedue riposano nello stesso Tao, ossia nelle stessa profondità dell'essere. Come dice il taoista Ciuang Dsi: "Riconosco la gioia dei pesci dal sentimento di allegrezza che provo quando passeggio lungo il fiume" ".
L'Oriente contemplativo a cui faceva riferimento Bettex era, ahimè, un costrutto culturale occidentale, specialmente all'epoca in cui pubblicava (senza nulla togliere per questo al valore di quello che scriveva o citava). La Cina era in piena rivoluzione culturale e il Giappone viveva il boom industriale. Ma, per esempio, all'inizio del XX secolo in Giappone il legame con la storia (o la tradizione, se vogliamo) era tale da permettere ad Eugen Herrigel, negli anni '20, di venire istruito nel kyudo e poi scrivere Lo Zen e il tiro con l'arco.
In ogni caso non è senza significato che figure come Bettex, che rappresentavano una sintesi raffinata tra cultura umanistica e scientifica, vengano gradualmente cancellate dall'orizzonte culturale contemporaneo. Questo "decadimento digitale" non riguarda solo l'obsolescenza tecnologica, ma la perdita di una forma mentis, di un approccio alla conoscenza. Un approccio sostituito con uno più specialistico e deumanizzato da una parte, e dall'altra con uno grottescamente fideistico, triviale, di una miseria intellettuale devastante. Per questo il decadimento digitale non viene vissuto come un problema nel dibattito
pubblico prevalente. In fin dei conti si confà alla cifra di questo momento
storico in cui l'occidente vive un problema esistenziale confrontandosi con il
proprio passato e preferisce riscriverlo o cancellarlo.
NB: Una prima versione di questo post era stata pubblicata nel 2018 e allora quelle brevi note biografiche su Bettex erano reperibili. Ad oggi questo post è l'unico documento a contenerne una traccia.
La J.P. Morgan Healthcare Conference ha compiuto 25 anni. Il che fa pensare.
Fa pensare perché ricorda che c'è stato un tempo in cui il settore farmaceutico non era particolarmente attraente, per la finanza. Poi tra la fine degli '80 e l'inizio dei '90 qualcuno si accorse che le farmaceutiche più grandi stavano viaggiando con profitti netti che arrivavano anche oltre il 20%, non come i noiosissimi colossi dell'agrochimica che facevano fatica a restare sopra il 5%. Il processo di finanziarizzazione totale dell'industria farmaceutica richiese una decina di anni. Non che la storia dell'industria pre 2000 mancasse di fusioni, acquisizioni e simili, ma il cambio di passo fu sensibile e devastante. L'acquisizione di Warner-Lambert da parte di Pfizer nel 2000 fu probabilmente il primo caso su grande scala di "compra e licenzia" nel settore. Nello stesso anno avvenne la fusione tra Glaxo Wellcome e Smithkline Beecham (anche quella con un saldo occupazionale negativo). Furono eventi che in un modo o nell'altro si verificarono all'inizio di quello che per i nomi coinvolti e altri grandi fu chiamato "il decennio perduto". La pipeline di uno sviluppatore di farmaci è l'insieme dei farmaci in sviluppo con il loro stato di avanzamento: quella di GSK nel 2010 offriva uno spettacolo penoso. Idealmente quel ciclo si può considerare esaurito con l'acquisizione di Wyeth da parte di Pfizer (2009), 67 miliardi di dollari ricavati da Pfizer principalmente tramite prestito obbligazionario. Per il settore farmaceutico italiano quell'acquisizione fu un Extinction Level Event. Tutto questo si verificò durante la crisi dei subprime seguita in Europa dalla crisi dei debiti sovrani (inutile dilungarsi sulle loro conseguenze globali). Degno finale di un decennio che, archiviato l'incubo del millennium bug, era partito con molte promesse e molte speranze.
A causa di tutto ciò in quel periodo attorno al 2010, appunto, si verificò una mostruosa ristrutturazione globale che portò alla perdita di decine di migliaia di posizioni nel settore. Dimostrazione che tutti i discorsi fatti al volgere del millennio sull'economia di scala, gran beneficio di fusioni e acquisizioni, erano leggermente infondati. Ma le dinamiche della farmaceutica finanziarizzata (1) garantiscono gli investitori o meglio così si continua a dire. La parte non detta è che il processo avviene a scapito dei lavoratori - cosa che non sentirete mai chiamare con il suo nome (licenziamenti, layoffs) da un amministratore delegato, che parlerà solo di taglio dei costi, downsizing, ottimizzazione, ristrutturazione. Ho passato i 4/5 della mia vita professionale in questo contesto e la frazione è la fregatura: perché grazie a quel quinto di vita lavorativa spesa nella fase precedente mi ricordo bene cosa era e come era prima.
J.P Morgan Healthcare Conference quindi è diventato l'evento in cui sia grandi multinazionali che piccole biotech si incontrano per fare fondamentalmente una cosa: parlare agli investitori e al mondo finanziario. E a questo giro non poteva mancare la questione del patent cliff prossimo venturo. Secondo i cronisti chi ne esce peggio è Merck (MSD)
Il maggior problema di Merck è la scadenza del brevetto sul pembrolizumab (Keytruda), che l'azienda si ritrovò per le mani per caso e nonostante il proprio management. Pembrolizumab ha costituito circa il 50% della cosiddetta
"rivoluzione immunooncologica" e la sua è una storia interamente
industriale. Non solo, è uno dei rarissimi farmaci degli ultimi 30 anni
la cui invenzione sia ricollegabile ad un singolo individuo. Questa storia cominciò a Organon.
Organon fu fondata nel 1923 come società tra un endocrinologo dell'Università di Amsterdam, il Prof. Ernst Laqueur, e Saal van Zwanenberg, proprietario di un macello a Oss (Brabante Settentrionale, Paesi Bassi). Il primo prodotto dell'azienda arrivò nel 1923: insulina, Nel decennio successivo l'azienda inizia a produrre estrogeni, in particolare l'estrone, commercializzato con il nome Menformon. Tra fine anni '40 e inizio '50 Organon sale tempestivamente sul carro del cortisone, avviandone la produzione nel 1953 in una struttura acquisita in Scozia. Nel 1962, Organon acquista le azioni di Nederlandsche Cocaïnefabriek e la nuova creatura prende il nome di Koninklijke Zwanenberg-Organon (KZO). Nel 1969, si fonde con il produttore di fibre AKU per diventare AKZO, in seguito Akzo Nobel. Organon divenne l'unità di business farmaceutica di Akzo Nobel. Oltreoceano Organon aveva sede a West Orange, New Jersey. Ed è lì che Greg Carven venne assunto.
Carven è un chimico che fin dalla sua tesi di laurea si era occupato di
biochimica e immunologia.
Quando viene assunto a Organon inizia a lavorare a un progetto in linea con la sua esperienza di ricerca:
cerca anticorpi agonisti di PD1, che si pensa possano essere utili nel
trattamento di patologie autoimmuni. La cosa andò male: il progetto non
fornì agonisti con una buona attività. Invece vennero ottenuti antagonisti molto potenti, per
cui si immaginò subito un possibile impiego in oncologia. Nel 2007 Carven e associati stavano iniziando ad umanizzare l'anticorpo
quando bang! Schoering Plugh si compra Organon. Il progetto riesce a
sopravvivere nel nuovo contesto aziendale ma due anni dopo, di nuovo,
bang!
Merck si compra Schoering Plugh.
A Merck è il periodo del funesto regno di Peter Kim raccontato come "tratta i ricercatori come funghi, lasciali all'oscuro e dagli merda da mangiare". Nella nuova situazione
pembrolizumab viene esaminato, pesato e retrocesso: lavori fermi,
farmaco nella lista degli asset da vendere se qualcuno lo vuole. E Kim
(o meglio, i suoi uomini) stavano per darlo via per un pugno di dollari quando
arrivò un contrordine. BMS stava ottenendo buoni risultati con il
proprio anticorpo anti PD1 (che diventerà nivolumab). La faccenda andava riconsiderata. E alla
fine pembrolizumab con la sua ventina di miliardi di fatturato rese Merck leader nel campo immunooncologico così, un po' per fortuna, un po' per scienza, un po' per caso
(https://www.forbes.com/sites/davidshaywitz/2017/07/26/the-startling-history-behind-mercks-new-cancer-blockbuster/#4428044948d8). Oggi Merck è in procinto di perdere l'esclusiva per pembrozulimab e non ha alcun vero backup o piano B.
Nota (1): Quando scrissi il post "Dinamiche della farmaceutica finanziarizzata" veramente Astra era alla canna del gas e c'erano voci insistenti secondo cui sarebbe stata mangiata da Pfizer in breve tempo. Poi con una vicenda di quelle improbabili e quasi miracolose in questo gioco, si ritrovò con il primo inibitore PARP approvato da FDA. E questo cambiò tutto.
Premetto che in questo post ci dovrebbe essere moltissima matematica e invece l'ho ridotta al minimo del minimo possibile, quasi niente. In ogni caso proviamo ad iniziare.
Un monocordo
Si può dire che in occidente tutto cominciò con un monocordo, probabilmente meno elaborato dello strumento nell'immagine che rende comunque l'idea. Si dice che Pitagora, nel IV secolo avanti Cristo, passando davanti alla bottega di un fabbro ne udì provenire suoni diversi e si rese conto che martelli di dimensioni diverse producevano suoni diversi. Si racconta che quindi si mise a sperimentare con un monocordo e così scoprì le armoniche e i rapporti numerici che le definivano.
La tabella è moderna e raccontata così la questione può sembrare astratta. Per un esempio efficace c'è uno strumento che rende possibile un uso selettivo
delle armoniche ed è l'organo (a canne) come è stato costruito dallinizio del '500 ai giorni nostri. In un organo i registri da 8 piedi
forniscono l'armonica fondamentale, quelli da 4 piedi la prima armonica
(l'ottava) e così via:
In realtà i pitagorici non usavano la notazione
attuale (che arriverà a diffondersi a partire dal X secolo con Guido
d´Arezzo) e neanche le nostre scale, però individuarono ottava, quarta e
quinta giuste (1/2, 3/4, 2/3 rispetto alla fondamentale) e terza
maggiore (4/5). Le frazioni si riferiscono alla lunghezza della corda
(se viene bloccata a metà della sua lunghezza e pizzicata si ottiene l´ottava, 1/2).
Nell'antica Grecia la descrizione moderna del suono non esisteva, ma fu
ai tempi dell´Impero Romano che Crisippo (III sec.), filosofo stoico,
logico, fisico e matematico, ipotizzò che il suono fosse provocato da
"onde di pressione". Il pitagorismo identificava di fatto musica e
matematica. E quando i pitagorici parlavano di "armonia delle sfere" di
fatto parlavano di rapporti numerici inerenti la loro reciproca
posizione e il loro moto.
Considerando l'identità pitagorica tra matematica e musica non siamo particolarmente lontani da Galileo:
La filosofia naturale è scritta in questo grandissimo libro che
continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo),
ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e
conoscer i caratteri, ne' quali è scritto.
Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli,
cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a
intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente
per un oscuro laberinto.
(Galileo Galilei, Il Saggiatore)
Se la natura del suono (onde meccaniche che si propagano in un mezzo) verrà sviscerata tra XVII e
XIX secolo assieme alla relativa matematica, quando oggi si parla di
armoniche (siano riferite a suoni o frequenze elettromagnetiche)
continuano a saltare fuori 1/2, 2/3, 3/4, 4/5, le frazioni di Pitagora e
della sua scuola.
Già, se oggi un armonica è una qualsiasi onda sinuisodale la cui
frequenza è un multiplo intero e positivo della frequenza di un segnale
periodico, guardate a destra sulla tabella: i primi quattro termini
continuano ad essere 1/2,2/3,3/4, 4/5. Noterete che si tratta dei primi
termini di questa successione:
Se il segnale periodico è un'onda elettromagnetica, le sue
armoniche sono i termini di una successione in cui ogni armonica corrisponde ad un n (numero
naturale) e la cui energia cresce con n, perché la sua frequenza cresce
con n. Se la cosa vi suona oscura ricordiamo che l'energia di un fotone può essere rappresentata come hν, dove h è la costante di Planck e ν è la frequenza della radiazione (Legge di Planck, appunto). E questo rimane nelle basi della meccanica quantistica.
ψ(x) è la funzione d'onda, quindi descrive una densità di probabilità inerente la posizione della particella in x. |ψ(x)|2 è invece la probabilita di trovare la particella (lo spazio del sistema ha una sola dimensione, x). n è il numero quantico per gli stati della particella. E quello che magari avrete già notato è che ψ è una sinusoide la cui frequanza continua a seguire la successione pitagorica, con i numeri quantici che definiscono l'ordine delle armoniche. n, numero naturale, è concettualmente alla base della meccanica quantistica in quanto rende conto della quantizzazione dell'energia del sistema. Perché è bene ricordare che la meccanica quantistica non prende il nome da qualcosa prodotto da Schroedinger o Dirac o Bohr. Alla fine del XIX secolo ci si rendeva conto che non esisteva una fisica in grado di spiegare le linee degli spettri di emissione. E ricordo che Natura non facit saltus continuava a permeare i paradigmi scientifici dell'epoca. Fu Max Planck a formalizzare il fatto che invece no, nel microscopico la natura i salti li faceva eccome ma non erano salti a casaccio: erano salti ad energia quantizzata.
Ma ritorniamo sulla particella nella scatola e su una sua fondamentale proprietà di ψ: passa da valori positivi a valori negativi, il che non avrebbe un significato particolare se non che passando da valori positivi a valori negativi giocoforza assume in alcuni punti intermedi valore 0. E se la densità di probabilità in quel punto è zero è zero anche la probabilità. Diamo un'occhiata a questi punti: 0 nello stato fondamentale, 1 per n=2, 2 per n=3... in generale questi punti sono in numero di n-1. Tenetelo presente perché è importante.
Ora consideriamo un elettrone in un atomo di idrogeno: dovreste sapere
(ma molti non ci arrivano) che non può essere descritto come una
particella, ma come un´onda con la sua funzione d´onda ψ. Ok, è una
questione di operatori e autovalori, ma a questo giro sorvoliamo e
sottolineiamo il fatto che i valori di energia che l'elettrone può assumere sono
quantizzati (come per la particella nella scatola) e determinati da n, numero quantico principale. Però, dirà qualcuno, l´elettrone in un atomo non è una corda che
vibra e neanche una particella in una scatola. Chiaro che non lo è. Nello stato fondamentale, quello
dell'orbitale 1s, è un´onda sferica (la distribuzione sferica della
carica attorno al nucleo, che è sia un centro di attrazione che un centro di simmetria, minimizza l'energia dello stato). L'elettrone è delocalizzato in accordo al principio di indeterminazione di Heisenberg, determinata la sua energia non possiamo conoscere la sua posizione: ci dobbiamo accontentare della densità di probabilità inerente la sua presenza nello spazio attorno al nucleo. Cosa succede se gli viene fornito un quanto di energia hν corrispondente alla differenza tra lo stato con n=1 e lo stato con n=2? Passerà nel primo orbitale disponibile per n=2, cioè 2s:
Sebbene continui ad essere sferico 2s possiede una superfice nodale (sferica) al suo interno, una superfice dove il valore di ψ è 0. Con i livelli energetici successivi le cose si complicano ma resta il fatto che il numero delle superfici nodali degli orbitali continua ad essere n-1, quindi la successione degli orbitali s è isomorfa alla successione delle ψ della particella nella scatola, cioè isomorfa ad una successione di armoniche.
Quando si parla di struttura atomica si parla di armoniche sferiche. La matematica delle armoniche sferiche entra in gioco con il numero quantico secondario l.. Per gli orbitali s I=0 (si tratta di oggetti con simmetria sferica senza direzioni angolari preferenziali). Per l≠0 le cose si complicano e la matematica pure, ma un colpo d'occhio alle immagini dovrebbe dare l'idea.
Questa è una rapprentazione grafica delle armoniche sferiche (da wikipedia en):
E questa è la raffigurazione degli orbitali atomici, sempre da wiki:
L'orientamento degli orbitali nello spazio è importante ed è importante che per le superfici nodali continui a valere la regola che abbiamo visto per la particella nella scatola: il loro numero cresce con n ed è n-1 per ogni valore di l. Queste non sono considerazioni puramente teoriche. Per esempio proprio per queste proprietà degli orbitali 1p nei composti aromatici il legame π, prodotto della combinazione di orbitali p dei singoli atomi di carbonio, forma due "nuvole di elettroni" sopra e sotto il piano della molecola. Le proprietà degli orbitali molecolari π determinano la reattività di questa classe di composti. Le stesse considerazioni possono essere estese per esempio agli alcheni, a aldeidi, chetoni, acidi carbossilici e al legame peptidico, che tiene insieme gli amminoacidi di cui sono fatte le proteine.
Abbiamo visto come la successione delle armoniche di Pitagora arrivi a persistere fin nella meccanica quantistica. E una domanda dovrebbe venire spontanea: tutto ciò è una proprietà intrinseca degli oggetti che osserviamo e misuriamo o della matematica che usiamo per descriverli? Perché alcuni fenomeni, come il rilassamento dello spin di un protone in un campo magnetico, possono essere descritti sia clasicamente che con la meccanica quantistica: stesso fenomeno, matematiche diverse. Pitagora, Cassiodoro e Galileo avevano ragione oppure no perché neanche si ponevano il problema? In fin dei conti la scoperta delle armoniche da parte di Pitagora ha come metro l'uomo: sono armoniche le frequenze che suonano bene assieme per l'orecchio umano. Un'intelligenza non umana concepirebbe la stessa meccanica quantistica che conosciamo?
La cosa veramente miracolosa è che, come con i composti aromatici, per molti oggetti questo modello, erede senz'altro di Galileo ma anche di Pitagora, costituisce un sistema coerente e assiomatico, con cui i fenomeni possono essere predetti e le cui predizioni trovano poi una conferma sperimentale - che magari arriva 100 anni dopo come nel caso del legame chimico con un solo elettrone. Questo non riguarda l'universo nella sua totalità, ma un sottoinsieme non piccolo di quanto possiamo osservare e misurare. L'esempio del benzene dovrebbe far capire perché per la chimica moderna l'orbitale atomico è fondante e fondamentale: senza orbitali atomici non si spiega il legame chimico e quindi tutto il resto.
Questo significa che tutto quanto in cielo e in terra risponde a leggi musicali (matematiche)? Non direi. Direi invece che è vero per la rappresentazione della natura come la noi la percepiamo dal nostro punto di osservazione con gli strumenti che abbiamo a disposizione, che non è esattamente la stessa cosa. Però funziona ugualmente quanto basta il più delle volte.
P.S.: Non posso che rigraziare Marco Casolino per due suoi video che sono stati il punto di partenza per questo post. Il primo è questo:
Il fenomeno di risonanza della meccanica quantistica, che fornisce l'energia del legame chimico a elettroni condivisi, si verifica anche tra due atomi diversi quando si forma un legame a coppia di elettroni, grazie all'identità dei due elettroni. Tuttavia, se è disponibile solo un elettrone, in generale non ci si aspetta la risonanza. Le applicazioni della teoria delle perturbazioni del primo ordine della meccanica quantistica a un sistema di due nuclei e un elettrone, sebbene non portino a risultati numerici accurati, sono illuminanti. Si scopre che, con due nuclei di carica diversa, si verificano nella maggior parte dei casi solo stati repulsivi, così che Li + H + o Li+ + H non formerebbero una molecola stabile LiH+. Solo quando il sistema non perturbato è degenere o quasi degenere, come in H₂⁺ dove i due nuclei hanno la stessa carica, esiste un'energia di risonanza che porta alla formazione di una molecola. Il criterio per la stabilizzazione di un legame a singolo elettrone mediante energia di risonanza è il seguente: un legame stabile a singolo elettrone può essere formato solo quando esistono due stati elettronici concepibili del sistema con essenzialmente la stessa energia, in cui gli stati differiscono per il fatto che in uno c'è un elettrone non accoppiato legato a un atomo, e nell'altro lo stesso elettrone non accoppiato è legato al secondo atomo.
Non so se cogliete il dettaglio: Pauling dice che si è fatto i conti (secondo la Teoria delle Pertubazioni, con le correzioni del primo ordine) e che dai conti esistono le condizioni per cui un legame covalente con un singolo elettrone può essere stabile. Si è fatto i conti nel 1931, trovando le soluzioni numeriche delle equazioni di Schoedinger approssimate senza computer - regolo calcolatore, tavole dei logaritmi e via (la Teoria delle Perturbazioni è la zia della DFT, Density Functional Theory, cioè di roba che da decenni si fa solo e unicamente grazie ai computer).
93 anni dopo cosa succede? All'Università di Hokkaido riescono a sintetizzare un composto in cui si realizzano le condizioni per un legame con un singolo elettrone.
E non solo lo sintetizzano, riescono pure a cristallizzarlo (quindi a isolarlo come composto puro). Come aveva calcolato Pauling, a mano, quando ci sono le condizioni il legame con un singolo elettrone è stabile.
PS: Generalmente e fino ad oggi, quando si tratta di legame chimico sperimentato, ogni legame è caratterizzato da una coppia di elettroni - con spin antiparalleli, etc etc. E diffidate di chi dice che c'è da cambiare il libri di chimica, è la solita "leggera imprecisione".