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mercoledì 19 aprile 2023

IN POCHE PAROLE (PERCHE' QUANDO CI VUOLE...)

 



Cioè gli antivirali e gli antiretrovirali funzionano su proteine che boh e quindi non servono. E' un bel mondo in cui si è liberi di sparare cazzate (ma se ci campi sopra poi mi viene qualche dubbio sulla finalità). 

Però, francamente, che avete da dire di quelli che comportandosi di conseguenza per esempio non si sono presi gli antiretrovirali e poi ci sono rimasti secchi? Ah, lo so che tizio non ne ha mai presi ed è ancora in piedi, ma gli altri 4, 10, 40? Affar loro?Tante buone cose, vi auguro di cuore di schivarli, 'sti virus inesistenti. Non pensate ai poveri cristi con l'epatite C che quando sofusbuvir non veniva passato dalla mutua in Italia se ne andavano in Egitto o Nepal e sborsavano 400 euro a scatola per farsi il ciclo. Ah non tornarono morti, ma guariti. Ovviamente un puro caso, oppure erano nati con giove nel saggittario o chissà, resta sempre la fortuna - una strana fortuna sistematica.

Ciccini, ho capito che per voi credere è esistere come un qualcuno e non vivere come un nulla. Però ci potrebbero essere modi più creativi o soddisfacenti. Ma anche roba terra terra, tipo avere ogni tanto un rapporto. Sì, un rapporto di quelli, consensuale e non pagato.

In realtà è tutto immensamente triste. L'infinita tristezza di tutto questo fu riassunta in poche parole di vita vissuta da un lettore della pagina fb, saranno ormai 4 o 5 anni

Ora io mi immagino che gli ispiratori di questi comportamenti letali, se capitasse a loro, rifiutino trattamenti o cure. Altrimenti farebbero la stessa figura di tal Magrini, che remdesivir nel 2020 non funzionava ma quando sua moglie si ammalò per puro caso fu curata proprio con quel farmaco. Eh già, ci sono negazionismi di tutte le razze, ma se non si bara l'esito il più delle volte è irreversibile.


mercoledì 28 dicembre 2022

LENACAPAVIR

 

La struttura di GS-CA1 (https://commons.wikimedia.org/wiki/File:GS-CA1.png) fu resa pubblica cinque anni fa, quando ben pochi credevano nella possibilità di riuscita di uno stabilizzatore del capside di HIV. E gli skilled in the art, aiutati dal fatto che lo stesso originatore, Gilead, lo definisse un "tool compound", pensarono che la fase di sviluppo del primo stabilizzatore di capside di HIV fosse ancora in alto mare. La struttura di GS-CA1 riempiva gli occhi, per così dire: una complessità degna di un composto naturale. Ma, sorpresa, a qualcuno veniva l'idea di sostituire una ciclopropilsolfonammide con una metansolfonammide e tac: con poco o niente si passava da tool compound a Investigational New Drug con lenacapavir. La struttura cambiava di poco. Pretty impressive structure, e non invidio chi ha dovuto provvedere allo sviluppo della chimica scalabile e robusta necessaria a produrre i batch per la fase III e la produzione commerciale dell'Active Pharmaceutical Ingredient (API). Ma ci sono riusciti, quindi tanto di cappello: complimenti.

Non so come sia lavorare a Gilead o per Gilead (nonostante le "leggere imprecisioni" che sono state scritte a questo proposito su isocial negli ultimi due anni). L' azienda è ben nota a chi lotta contro l'HIV ed è diventata estremente nota in tempi di COVID19 (remdesivir). Cresciuta tramite acquisizioni di altre realtà piccole e parimenti basate sulla ricerca, iniziatrice del lavoro sugli oligonucleotidi antisense, poi mollati e ceduti a Isis Pharmaceuticals, il Tamiflu è nato a casa loro e poi è stato venduto a Roche - in anni non lontani sul Tamiflu sono venute fuori controversie riguardo la sua reale utilità, frettolosamente estese a tutti gli inibitori di neuraminidasi. Competenza "core" di Gilead, gli antivirali. Nel mirino di ogni politico del globo per i prezzi alti dei suoi farmaci di punta (ma hanno una politica di prezzi estremamente diversi tra paesi occidentali e Low Income Countries), Gilead si distingue per ora da altre aziende dalla storia simile (per esempio Vertex) perché ancora non è inciampata in crisi con le conseguenti ristrutturazioni e licenziamenti. I loro contractors sembrano contenti, i loro dipendenti un po' meno, si parla di un turnover elevato, dell'ordine del 25%.  Gli stipendi da ricercatore a Gilead non sono particolarmente alti, 155.000 $ (and change) di base più 33,575 $ di extra all'anno, il che è comunque il doppio di quanto incassa oltreoceano la media degli accademici con tenure track (https://www.glassdoor.com/Salary/Gilead-Sciences-Research-Scientist-I-Salaries-E2016_D_KO16,36.htm). Ah, per chi non lo sapesse gli USA sono un po' come la Svizzera: considerare il doppio di uno stipendio europeo è un buon metro di paragone.

Tenere strutture "a casa" è cosa inconsueta, per chi ha attraversato tutta l'epoca delle stripped down biotechs, che compravano il grosso della chimica e buona parte della biologia da service providers, perlopiù offshore, Gilead mantiene varie unità nella Bay Area, chimica di processo e produzione comprese. E ora concedetemi uno scivolone professionale: tenofovir a parte, quando guardo un antivirale Gilead continuo a vedere "state of the art medicinal chemistry", quella che i più hanno mollato, e che pare indispensabile nell'area degli antivirali. E' stata mollata perché richiede competenza, fatica, tempo e costi, è quella che non puoi dare da fare a un contractor asiatico, a regola. Certo, Tamiflu a fine 90 è stata al momento l'unica volta in cui hanno lavorato ad un "primo della sua classe", ma nel caso dell'epatite C con gli inibitori NS5A il passaggio dal daclatasvir di BMS al ledipasvir Gilead è eclatante (e non è un caso che sia stata questa molecola, assieme a sofosbuvir - ottenuto con l'acquisizione di Pharmasset - a proiettarla nella lista delle blockbuster drugs). Quindi, stranamente, nonostante un evidente e forte legame con la finanza (inevitabile se si nasce biotech), resta una compagnia "research based", e nel 2022 ottiene la storica approvazione del primo stabilizzatore di capside di HIV: prima di Natale l'ultima e più importante, quella di FDA (https://www.fiercepharma.com/pharma/gileads-lenacapivir-approved-first-class-long-acting-hiv-injectable).

Perché lenacapavir è importante? Perché offre una soluzione ai pazienti sieropositivi con virus resistenti agli altri antiretrovirali. La lotta alle resistenze richiede ricerca continuativa: farmaci a meccanismo già noto basati su scaffold (strutture di base) differenti o alternativi a quelli dei composti per cui si sono sviluppate resistenze. Un farmaco che agisce con un meccanismo nuovo è qualcosa di raro e importante: l'ultima volta successe con il primo inibitore dell'integrasi di HIV (che fu sviluppato a IRBM, Pomezia).

martedì 28 gennaio 2020

UN PASSO AVANTI (AIDS)




Perché oggi l'Epatite C si cura ma l'AIDS no?
Perché l'HIV, essendo un retrovirus, integra il proprio genoma nel DNA dell'ospite. Con gli antiretrovirali riusciamo ad abbattere (e azzerare) la carica virale in circolo, ma ci sono cellule che rimangono a fare da "serbatoio" del virus.
Da anni si tenta una risoluzione del problema, ma i tentativivi (per esempio con inibitori di HDAC) non hanno avuto esiti significativi, per ora. Il punto non è far fuori un po' di cellule serbatoio, il punto è farle fuori tutte o la maggior parte (lasciando il paziente vivo e in buone condizioni).
In questi due lavori il gruppo di Guido Silvestri dimostra il ruolo di CD4 e prova che con un mimetico SMAC si possono eliminare i CD8 serbatoio a livelli mai visti prima (https://www.nih.gov/news-events/news-releases/nih-supported-scientists-reverse-hiv-siv-latency-two-animal-models).

La cosa più interessante per il sottoscritto è il lavoro su CD8.
Cosa è SMAC (altresì noto come DIABLO)? Uno dei tanti regolatori cellulari. L'apoptosi è il processo con cui una cellula si suicida quando "qualcosa non va" (quando c'è un problema nella replicazione del DNA, o quando il proteasoma è inceppato, per esempio). E' un processo regolato da un vasto armamentario di fattori pro apoptotici e antiapoptotici (questi ultimi, magari ci siete arrivati da soli, prevalenti nelle cellule tumorali).
Tra i vari pezzi dell'armamentario di regolazione dell'apoptosi ci sono le proteine della famiglia IAP (Inhibitors of Apoptosis Protein), che l'apoptosi la inibiscono, e SMAC, che inibisce IAP (favorendo quindi l'apoptosi). Quindi un inbitore di IAP (che mimi SMAC) è un oggetto interessante in campo oncologico (https://www.ddw-online.com/therapeutics/p149034-smac-mimetics:-a-new-class-of-targeted-agents-that-activate-apoptotic-cell-death-and-block-pro-survival-signalling-in-cancer-cells.html) e ormai da una decina d'anni ci si lavora sopra.
Ora, seguitemi: per quello che riguarda lo specifico tema non ci interessa che gli SMAC mimetici funzionino o meno come antitumorali targeted nell'uomo. Ci interessa invece il fatto che lo sviluppo sia abbastanza avanzato, che ci siano trial clinici in corso da un po', in breve che questa classe di composti sia abbastanza ben caratterizzata nell'uomo. (https://clincancerres.aacrjournals.org/content/21/22/5030).
Il gruppo di Silvestri ha usato AZD5582, uno SMAC mimetico nato ad AstraZeneca e diventato candidato clinico, e non un tool compound qualsiasi - un attrezzo per la ricerca biologica senza pretese di farmaco sperimentale.
Quindi si va un poco oltre la proof of concept: inibendo IAK si elimina una quantità di CD8 "serbatoio" mai vista prima, e lo si fa con un farmaco sperimentale già qualificato come pronto per i trial clinici da gente del mestiere.
Pare che lo sviluppo clinico di AZD5582 non sia mai iniziato e il prodotto non figura nella pipeline di AZ ma, dato il discreto numero di SMAC mimetici in sviluppo clinico, può essere che in giro (e in sperimentazione clinica) ci siano composti con un profilo anche migliore per l'approccio "shock and kill" . Quindi questo articolo può aprire all'avvio dello svilluppo clinico di SMAC mimetici in campo AIDS.

lunedì 5 agosto 2019

HIV, ALLARME RESISTENZA A DUE ANTIRETROVIRALI



Il problema riguarda efavirenz (a destra) e nevirapina.(a sinistra), largamente usati nei cocktail antiretrovirali (https://www.nature.com/articles/d41586-019-02316-x)
Sono inibitori della trascrittasi inversa del virus, che sarebbe la proteina con cui un retrovirus costruisce il proprio DNA a partire da RNA - di solito la trascrizione avviene in senso opposto, a chi volesse approfondire il tema consiglio "Il virus buono" di Guido Silvestri,
L'inibizione della trascrizione inversa è stato il primo meccanismo preso a bersaglio dallo sviluppo farmaceutico di antiretrovirali. Il razionale, che vale anche per altri antivirali, è fornire al virus un mattone "sbagliato" che la trascrittasi inversa prende per buono, ma che in realtà blocca la sua attività. La replicazione del DNA virale viene fermata, il meccanismo viene "inceppato".
Detta così sembra facile ma c'è un problema enorme: i mattoni di cui si parla sono mattoni di acidi nucleici, esattamente gli stessi che le nostre cellule usano per costruire DNA durante la replicazione cellulare (nucleosidi). Se il mattone "sbagliato" viene usato anche dai nostri enzimi, si ottiene un'azione citotossica e antiproliferativa e quindi anche immunosoppressiva. Era quel che succedeva col famigerato AZT.
Ci abbiamo messo molto ad imparare a costruire nel modo migliore i mattoni "sbagliati" (un processo niente affatto lineare che ha portato a tenofovir, approvato nel 2001) . Per dire, hanno fatto prima ad arrivare i frutti di altri approcci, come gli inibitori della proteasi retrovirale o gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa, cioè ottenuti senza seguire la strada del "mattone sbagliato". Di questa classe fanno parte efavirenz e nevirapina, per cui è scattato l'allarme resistenza.
Com'è che abbiamo l'affermarsi di ceppi resistenti? Più un farmaco di questo genere viene usato (e questi sono stati usati moltissimo) più "lasci in vita" virus mutati che hanno una struttura leggermente diversa della trascrittasi inversa. Può bastare un diverso amminoacido nelle vicinanze del sito catalitico della proteina che impedisce all'inibitore di legarsi. Potete pensare al sito catalitico della proteina come a una serratura e all'inibitore come a una chiave: basta un piccolo cambiamento nella serratura e la chiave non funziona più.

In pratica con l'uso esteso di un antivirale eserciti una pressione evolutiva sul virus, tanto più efficace quanto più il virus è capace di mutare (la stessa cosa succede, più o meno, con gli antibiotici).
Fortunatamente l'arsenale messo a punto contro HIV è decisamente vasto, e quindi il problema sarà risolto con l'uso di un inibitore di integrasi (dolutegravir) al posto di questi due principi attivi (ricordo che il primo inibitore di integrasi è venuto fuori in Italia da italiani, e questo per quelli che per anni ci hanno dipinto come una nazione di trogloditi con un settore industriale fatto da ciabattai e camiciai, e continuano a farlo).
Per essere pronti alle resistenze che insorgeranno tra 20 anni occorre lavorare ora. Curiosamente, a differenza che con altri agenti infettivi, con HIV lo si sta facendo.

venerdì 22 giugno 2018

HIV: LO SVILUPPO DEGLI INIBITORI DI INTEGRASI

Non so se sia più tragico o ridicolo trovare in giro per la rete gente che parla di virus fantasma perché nessuno lo ha mai visto. E pensare che quando iniziavo a lavorare, a metà anni 90, venivano approvati i primi inibitori di proteasi dell'HIV, e di lì a poco Organic Process Research And Development aveva articoli sullo sviluppo di processo produttivo per candidati clinici di quella classe.  Già, isolare e caratterizzare le proteine proprie del virus è stato uno dei processi essenziali nell'approccio farmacologico all'AIDS.

"La storia dello sviluppo delle terapie anti HIV è un buon esempio di sviluppo farmaceutico rapido e di come trasformare una malattia terribile in un'infezione cronica gestibile. Ci sono stati sei fattori principali che hanno portato a terapie anti-HIV efficaci: primo, il riconoscimento precoce dei gravi problemi sanitari posti dall'AIDS; secondo, adeguati prioritarizzazione e finanziamento della ricerca di base da parte dei governi; terzo, elucidazione della genetica e del ciclo vitale di HIV; quarto, identificazione di bersagli farmacologici specifici del virus e sviluppo di saggi per lo screening nella drug discovery; quinto, lo sviluppo di test clinici per la misurazione della carica virale, e quindi per la valutazione dell'efficacia terapeutica; sesto, combinazione di farmaci per sopraffare la resistenza farmacologica innata e acquisita risultante dal fenotipo altamente mutabile del retrovirus."

I primi inibitori di trascrittasi (non particolarmente efficienti e con effetti collaterali rilevanti) trovarono il loro capostipite in AZT. AZT venne individuato dallo screening di vecchi template nucleosidici, ripescando una molecola sintetizzata come potenziale antitumorale negli anni 60. E si capirà per quale motivo questa classe dei primi inibitori di trascrittasi gode di cattiva reputazione: parente strutturale della vecchia classe di chemioterapici detta degli antimetaboliti, e questa è una carattestica che la rende completamente differente dalle altre classi che sono arrivate dopo.
Poi fu il turno degli inibitori di proteasi virale, e fu un gran passo avanti. Ma anche l'ospite del virus, cioè l'uomo, ha il suo set di proteasi, quindi l'effetto off target era insito nel design dei farmaci.
Quindi è stato il turno degli inibitori di integrasi. Leggerete in giro che il primo inibitore di integrasi approvato fu sviluppato da Merck. Non esattamente. Fu sviluppato da IRBM, che era un consorzio tra Merck e Sigma Tau. Il primo inibitore di integrasi fu un'invenzione italianissima, raltegravir.
Perché l'industria farmaceutica non è mai precisamente entusiasta del farmaco "primo della sua classe"? Perché di rado l'originatore ne raccoglie i benefici maggiori. Chi ha aperto la pista di solito viene sorpassato dai competitor, che sulla base del suo lavoro riescono ad ottenere prodotti migliori e più avanzati. E infatti oggi raltegravir perde terreno davanti  a dolutegravir (GSK) e bictegravir (Gilead).
Ah, gli antiretrovirali non sono questo incredibile business, per l'industria farmaceutica. Nessun antiretrovirale, tra quelli di sviluppo più recente, è mai stato un blockbuster. E quelli più vecchi sono tutti generici.

https://www.researchgate.net/profile/Christophe_Marchand/publication/8005002_Integrase_Inhibotors_to_treat_HIVAids/links/0912f50b37dfc3d0f8000000.pdf

lunedì 16 aprile 2018

LA SFIDUCIA SUDAFRICANA SUGLI ANTIRETROVIRALI? MOTIVATA

Negli anni 80 un titanico sforzo di ricerca congiunto tra pubblico e privato portò allo sviluppo dei primi antiretrovirali. Erano inibitori delle trascrittasi inverse del virus  ed erano il primo strumento disponibile contro quella che fu definita "la peste di fine secolo": AZT fu approvato da FDA nell'87. Nel decennio successivo, mentre arrivavano sul mercato altre molecole di questa classe, come la lamivudina, fu il turno dei primi inibitori di proteasi, e circa dieci anni dopo il primo inibitore dell'integrasi, raltegravir, fu sviluppato nei laboratori di IRBM, a due passi da Roma (come ricompensa per il lavoro svolto Merck chiuse la struttura, immagino con caloroso "non expedit" di Peter Kim). La storia non è finita, perché ora sono allo studio stabilizzatori/destabilizzatori del capside dell'HIV (https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2006730379545839&id=1971621999723344) Ed è una storia con pochi eguali, e come ogni storia di questo genere è una collaborazione tra biologia, chimica medicinale, medicina, chimica di processo.

Ma...

Ricordo bene negli anni 90 le polemiche per il costo dei farmaci, le filippiche contro Big Pharma che rendeva inaccessibili le cure alle popolazioni degli stati africani in ragione del loro costo. Ricordo in seguito un'azienda indiana che venne ritenuta un eroe contro i cattivi capitalisti occidentali quando firmò un accordo col Sud Africa per la fornitura di antiretrovirali generici. Il caso non fu isolato. La Clinton Foundation si adoperò molto per rendere disponibili in africa antiretrovirali a prezzi abbordabili (http://www.who.int/workforcealliance/members_partners/member_list/clinton/en/). E la cosa fu possibile solo grazie ai genericisti indiani, Ranbaxy in primis.

E così i sudafricani ed altri ebbero accesso ad antiretrovirali generici e tutti avrebbero dovuto essere contenti, tranne i cattivoni detentori dei brevetti. E gli antiretrovirali generici in seguito arrivarono su tutti gli altri mercati.

Allora, come diavolo è possibile che anni dopo ci sia stato un presidente sudafricano negatore dell'esistenza dell'HIV, e gente come Mathias Ratt che ha fatto i soldi tra l'altro dicendo ai sudafricani di buttare nel cesso gli antiretrovirali e prendere vitamine?
Colpa di loschi figuri che adescano i malati su internet raccontando favole per vendere olio di serpente?

No. E' stato possibile perché gli antiretrovirali generici di Ranbaxy erano IMMONDIZIA, con profili delle impurezze allucinanti, bioequivalenze false, analisi presentate al regolatore fatte su campioni di farmaci branded. Ecco come è stato possibile.

http://fortune.com/2013/05/15/dirty-medicine/

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...