(gennaio 2018)
By Starbuck
"Uno più uno fa sempre due: lo dice la matematica".
"Ehh…." Faccio una smorfia, tiro il fiato, strabuzzo gli occhi e mi
guardo in giro come una gallina ubriaca “eheh…no, non è detto. Dipende
dall’algebra, da come la definisci. In un'algebra booleana non fa mica
2, ad esempio"
Ecco l’ho fatto ancora, l’ho vomitato fuori. E’ più forte di me, sono un
ingegnere chimico sfigato, senza l’apostrofo rosa tra le parole "un" ed
"ingegnere". D’altro canto, l’intelligenza è asessuata. Anzi, meglio,
l’intelligenza è anfotera.
Sì, perché basta rompere i coglioni con queste "scienze perfette", basta
riempirsi la bocca di certezze di cui non si comprende emerita fava.
Basta, basta, basta.
Che cazzo ne sai tu, che non riuscivi a scomporre neanche un binomio, di
matematica (eppure una laurea in CTF te l’hanno data) ? Me la sai fare
un topologia T4 non T3? No, perché io quando vedevo la gente che ci
riusciva credevo di stare ad assistere ad un miracolo. Ed allora dai,
avanti, che aspetti?
Mostrami una T4 non T3, tanto tu di scienza, di matematica, di
statistica, ne sai! O no?
E adesso tu, tu che hai preso la laurea‐in‐qualcosa‐di scientifico ai
saldi estivi, col 3 fisso in matematica-fisica‐chimica, tu,
pluribocciato, che dopo un 36 stirato al liceo, hai passato l’esame di
ammissione a medicina in via parentale, senza magari aver mai quagliato
una beata fava, adesso tu ti riempi la bocca di concetti esatti? Ed io
dovrei prostrarmi, defilarmi, subire e tacere?
Anche oggi ho aperto Research Gate, dovevo cercare un nome tra i miei
followers attuali, che sono comunque più di quelli che ho su fb. La tab
degli score mi informa che il mio H‐index è 12 e che sono migliore del
70% della comunità di Research Gate, dove la comunità di Reasearch Gate
non è costituita da semplici panettieri, ma bensì da gente che fa (o che
si suppone faccia) una cosa chiamata Ricerca Scientifica. Qualcuno
potrebbe esserne deluso, altri galvanizzati, a secondo dell’età ed elle
energie investite nella "carriera accademica". Il mio sentimento invece
oscilla tra lo sconforto e lo scoramento.
Ed è così ogni volta che mi confronto con le "grandi realtà
internazionali" che improvvisamente pendono dale mie labbra o aspettano
un mio input: inevitabilmente mi cadono le palle a vedere come stan
messi male gli altri che si affidano a me (a me, cazzo!).
No, perché diciamocelo chiaro, non son cretina, ma da qui ad essere il
genio della lampada ne corre, e ne corre parecchio. Ma se tutti gli
altri riescono a fare anche peggio di me? Se riescono a scordarsi
coefficenti moltiplicatori nelle tabelle dati dell’importantissimo
report, se riescono a sbagliare la caratterizzazione dello standard
stra‐certificato (!!!) che producono, se fanno le misure giuste montando
la colonna sbagliata, se io che non sono mai riuscita a fare una T4 non
T3 sono il top, se siamo messi così, tutta sta Scienza ‘ndo sta?
E poi negli anni, a destra e a manca, ne ho viste di cose inimmaginabili
per chiunque dotato di un briciolo di dignità, non necessariamente
intellettuale: dati abilmente nascosti sotto il tappeto della statistica
senza colpo ferire, e fuori con un altro paper; gente cazziata e
congelata in grado per aver pubblicato
misure che non piacevano alla gerarchia; dati presi da un articolo con
un metodo, da un altro con un altro metodo e dieci anni di differenza, e
buttati in pasto ad un modello black box e giù a pubblicare senza
l’ombra di un dubbio; ed altre mirabolanti avventure.
Poi la settimana scorsa incontro L. in giro nel mio edificio e gli offro
un caffè facendogli i complimenti su un suo articolo che, voce di
corridoio, ha fatto incazzare parecchio, tirando su un ginepraio. L. lo
conosco da parecchio, 20 anni e so che lavora bene e difatti ha sempre
trovato lungo. “Miiii taci" è all'incirca la sua risposta "se si sono
incazzati! Ma noi abbiamo solo misurato, non abbiam mica detto niente. E
che adesso non si può neanche più misurare?".
La risposta?
Allora, chiediamocelo, diciamolo, gridiamolo al mondo: 1+1, quanto fa?
Ovvio che DEVE far due.
Ma non per me e non per L. Non ancora. E se anche così fosse, non per
tutti e non per sempre.
Butto un occhio alla pila di articoli scientifici e non accumulati da
giugno a questa parte in un angolo della scrivania. L’argomento è
lontano dal quello su cui lavoro ma terribilmente vicino alla mia vita
quotidiana.
Talmente vicino che temo di ragionarci più di cuore che di testa, ed
allora lo lascio lì a sedimentare ancora un po’. Di tutto quello che ho
letto, però, un pezzo mi continua a tornare a galla. L’ha scritto uno
che, se non erro, qualcosina di statistica ne dovrebbe capire. Me lo
ripeto mentre passo una mano sui banconi del laboratorio di chimica
analitica, mentre preparo gli strumenti alla pausa natalizia.
“Ora la domanda fattela tu: qual è il premio per il rischio di un
esavalente? E qual è, soprattutto, il valore a rischio? Cosa senti,
quando prima di addormentarsi i suoi occhietti si perdono nei tuoi?
Dubbi o certezze?”
Buona pausa invernale, Chimico Scettico e grazie per la tua pagina,
riaccende in me la Speranza.
(NdCS : intelligenti pauca - gli altri, su questo specifico post, si
regolino, o saranno regolati. E' un mio impegno preciso.)
Addendum 2019: Questo, che non era destinato ad essere un contributo, è stata la prima cosa di Starbuck che ho insistito per pubblicare, su fb. Giusto per inquadrare la cosa.
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