“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti": così l'articolo 32 della nostra costituzione.
Ma quando si parla di farmaci questo diritto viene garantito? Da anni la risposta è semplice: no.
Nel 2017 sofusbuvir e ledipasvir erano stati approvati ormai da 3 anni, cioè da tre anni esisteva la cura per l'epatite C. Non una nuova terapia, proprio la cura, una vera, autentica cura. E la situazione da noi quale era?
"L'epatite C è un'infiammazione del fegato causata dall'hepacivirus (Hcv) che nel lungo periodo porta a cirrosi e carcinoma epatico e in Europa questa patologia è la causa principale di ricorso al trapianto di fegato. Dal 2014 in Italia è disponibile il farmaco antivirale Sofosbuvir, noto come Sovaldi, che con un breve trattamento debella la malattia, ma viene venduto al prezzo di 45 000 euro. Questo farmaco viene prescritto gratuitamente ai pazienti in gravi condizioni, 63 000 in questi 2 anni, mentre gli altri 300 000 italiani malati sono costretti a scegliere se aspettare in lista d'attesa l'accesso alle cure gratuite del sistema sanitario nazionale, oppure se procurarsi il farmaco anti-epatite all'estero, in particolare in India e in Egitto, dove viene venduto per 700 EUR."(https://www.europarl.europa.eu/.../E-8-2017-000296_IT.html)
Fu una situazione del tutto inedita, e frutto di una precisa scelta politica (prima i gravi,e un po' alla volta , anche se sui gravi con il fegato ormai compromesso i benefici erano relativi). Le cifre sembravano folli (45.000 eur a trattamento), ma in realtà AIFA aveva spuntato uno dei prezzi più bassi, "15.000 euro a trattamento, poco più di quanto costava un trattamento con interferone pegilato e ribavirina solo 3-4 anni fa. Con differenze abissali: con Interferone si riusciva a curare a malapena circa il 50% dei pazienti, (quindi uno spreco di denaro enorme), con i nuovi farmaci ne curiamo quasi il 100%" (https://www.quotidianosanita.it/scienza-e.../articolo.php...). Ma le polemiche furono lunghe e accese e il mito della pillola che costava più del platino prese piede, mescolando a casaccio vicende USA (chi non aveva assicurazione sanitaria non aveva accesso) con quelle europee, dove in teoria il problema dell'accesso non sarebbe dovuto esistere.
Si è trattato di uno snodo storico, nella politica farmaceutica italiana, che portò alla creazione obtorto collo del Fondo Farmaci Innovativi. Nulla sarebbe più stato come prima.
Perché si verificò?
Perché l'innovazione costituita dalla cura andava contro una politica di segno preciso (taglio della spesa farmaceutica pubblica) che aveva dato risultati spettacolari (e esiziali per i cittadini): in 11 anni tra 2005 e 2016 la spesa farmaceutica dello stato era stata ridotta del 70% ((https://forward.recentiprogressi.it/.../il-valore-del.../).
(Uno degli effetti collaterali invisibili di questo processo è stato un profondo impatto negativo sulla realtà industriale del paese, ma è una cosa a cui nessuno pensa e che in fin dei conti ha riguardato pochi soggetti, peggio per loro).
Lo ripeto chiaramente: questa è l'UNICA vera chiave di lettura per il tema COVID e farmaci in Italia.
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