Quando iniziai ero un ragazzino, ancora negli "enti". Mi ricordo benissimo il culture clash, dall'università all'industria, e un collega più anziano di una decina d'anni quando mi disse: "Devi guardare il gradiente". "Il gradiente di che? Quale gradiente?", pensai. Lo avessi detto ad alta voce la risposta sarebbe stata "Il gradiente tra temperatura di camicia e temperatura del batch, bischero!". E comunque sarei stato fortunato, perché in altri contesti c'erano periti di lungo corso che avevano tra le loro missioni principali dimostrare che una laurea non serviva a niente, e quindi non servivano a niente neanche i laureati. Triste ma vero, spesso ci riuscivano pure. Mettetelo pure sul piatto della bilancia a favore di chi ha lungamente parlato dell'arretratezza tecnologica della piccola-media impresa dei tempi. In alcuni casi i responsabili di produzione erano veri serpenti, con la mitologia del caporeparto eroico che aveva chiuso la perdita dalla valvola di fondo di un reattore a mani nude, e il reattore era pieno di fosforo ossicloruro. Gente che se gli avessi letto le moderne linee guida HSE (Health, Safety, Environment) ti avrebbe preso per scemo. In breve la "cultura" industriale che aveva prodotto l'incidente di Seveso e quello della Farmoplant era ancora ben presente. E spesso remava contro, cioè contro le nuove generazioni, mentre di solito erano prostrati per terra davanti al nuovo direttore ex questo e quello (e c'erano stabilimenti in cui il turn over dei direttori era piuttosto frequente). Però...
Però devo dire che al tempo uscire da un corso di laurea "pesante" le basi te le dava tutte, e in qualche misura anche la capacità di usarle. E la differenza tra un chimico organico e un chimico industriale stava nel fatto che il secondo di chimica fisica (e matematica) applicata qualcosa aveva fatto.
Com'è che dal lavoro per un processo di estrazione di un prodotto naturale (un caso strano e non banale) si fosse arrivati allo
studio di un equilibrio liquido vapore non me lo ricordo.
Ma ad un certo punto il responsabile del laboratorio mi chiese: "Tu che
sei industriale, si può ricavare la curva di equilibrio di vapore per questa miscela di
solventi?"
"Sperimentale o calcolata?" Chiesi a mia volta.
Il responsabile fece una telefonata e lo sentii girare la mia domanda.
"Quanto tempo per la curva calcolate?"
"Due giorni".
Il responsabile salutò il suo interlocutore e mise giù il telefono. Al
che ci fu una veloce riunione con lui e il senior chemist. Il boss mi disse:
"Come no."
"Come pensi di tirarla fuori? Che ti serve"
"Mi servono temperatura e pressione operativa degli effetti. E la curva per ogni effetto la tiro fuori con l'equazione di Antoine." Risposi.
"Ah, Antoine! Se sei buono ti tirano le pietre..." Commentò il senior chemist.
L'uscita era giustificata dal fatto che l'equazione di Antoine è roba da
chimici industriali e ingegneri chimici, per l'appunto. E'
un'equazione empirica derivata dalla equazione di Clausius Clapeyron
dove R è la costante dei gas , P la pressione, T la temperatura, L il
calore latente di evaporazione per la sostanza pura in esame (so sorry,
non è colpa mia se le equazioni differenziali sono così pervasive nelle
scienze)..
Integrando si ottiene la sua forma più usata:
(dove c è una costante)
A questo punto qualcuno si starà chiedendo di cosa diavolo sto parlando.
Beh, sto parlando di evaporazione (e condensazione), fenomeni appena
rilevanti nel mondo che ci circonda (pensate al ciclo dell'acqua tra
superficie terrestre ed atmosfera). E piuttosto rilevanti in chimica,
visto che hanno a che fare con la distillazione. E quindi con il
recupero di un solvente costoso in un processo chimico, per esempio.
Forse qualcuno non avrà fatto caso a quella R. Costante dei gas :
Clausius Clapeyron tratta il vapore di un equilibrio liquido-vapore come
un gas perfetto.
Piccolo problema: i vapori della maggior parte dei liquidi nelle
condizioni più tipiche non è affatto detto che si comportino da gas
perfetti. E quindi nel 1888 Louis Charles Antoine, che era un ingegnere
chimico (e dunque abbastanza poco interessato a teorizzare su gas
ideali, di base) propose la sua equazione:
dove P è la tensione di vapore (la pressione dei vapori in equilibrio
con la relativa fase liquida), T la temperatura, A,B,C costanti da
determinare sperimentalmente.
In pratica si trattava di un'equazione con cui fittare dati
sperimentali. Come ci si poteva aspettare venne fuori che l'equazione
fittava bene con gli stessi coefficienti ricavati solo in determinati
intervalli di T e P per una sostanza pura.
Ma comunque da allora si cominciarono a tirar fuori i coefficienti di
Antoine per svariati intervalli di T e P per la maggior parte dei
composti chimici.
Ai tempi dell'episodio che ho citato la fonte primaria per questi dati
era International Critical Data Tables, rigidamente cartaceo,
accessibile come una vasta collezione di volumi nella biblioteca di
ingegneria. Ormai da anni i dati dell'equazione di Antoine si trovano su
NIST Chemistry WebBook
Nell'immagine (da NIST) il plot dell'equazione di Antoine per n-esano sulla base di due set di valori dei coefficienti determinati per due diversi intervalli di temperatura. (Nell'episodio che ho citato non avevo a che fare con una sostanza pura, ma con una miscela binaria di solventi, utilizzai l'approccio "miscela ideale di componenti non ideali" e funzionò benissimo).
Erano altri tempi... in due anni il mio stipendio sarebbe più che raddoppiato. Oggi, a prezzi costanti, il mio salario è circa quattro volte il mio salario in ingresso quando iniziai. Ma è così perché non lavoro né vivo in Italia, la patria della stagnazione salariale.
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