Come passa il tempo. Quando sono espatriato in Italia si lavorava al green pass, che sarebbe velocemente diventato green pass rafforzato, mentre dal'altra parte della Manica il Freedom Day era una cosa fresca fresca e chi sperava in decine di migliaia di morti per quella decisione aspettava, aspettava, aspettava (invano).
Tutto questo intorno a me è alle spalle, completamente dimenticato.
Ormai alle volte non mi ricordo se un film l'ho visto in versione originale o doppiato in italiano. A un certo punto mi sono accorto di aver cominciato a sognare in inglese. Uno dei miei principali sforzi è, la sera, è pensare al pranzo del giorno dopo. Non riesco a rassegnarmi al panino e non è una cosa solo da italiani: all'ora del prazo dal microonde della caffeteria escono odori inglesi, polacchi, cinesi, russi, indiani. Sono gli odori che gli scientist (qui siamo definiti così), sia che lavorino in laboratorio sia che gestiscano quelli che ci lavorano, si portano da casa loro, vicina o lontana che sia.
Dopo lunghe ricerche alla fine mesi fa mi sono piazzato in un appartamentino in un centro storico. Esco di casa e a destra vedo l'alta guglia di una chiesa, a sinistra la via tra due file di case, perlopiù di fondazione medievale, che si allunga verso sud. Già solo questo vale l'oretta e qualcosa passata dal lunedì al venerdì sui mezzi del trasporto pubblico. Faccio la vita del lavoratore pendolare, indipendentemente dai numeri sulla mia busta paga. Una o due volte al mese mi ritrovo davanti a una pinta nel pub dell'aeroporto prima di un volo verso l'Italia. Ebbene, se per me esiste una nuova normalità è questa, in cui quello che all'inizio era nuovo e inesplorato è diventato noto e familiare. E in cui io sono diventato noto e familiare a molti che incrocio ogni giorno fuori dal lavoro, altri pendolari che prendono gli stessi mezzi, il commesso del minimarket che mi saluta con un "Buongiorno!".
L'Italia mi pare sempre più una causa persa (Fallitaly, come ho sentito da qualcuno, e non si riferiva a virtù amatorie). Arriveranno le pioggie d'autunno, qualche inondazione, e sarà ancora solo e soltanto climate change (e non anche ultradecennale mancata cura del territorio https://www.wumingfoundation.com/giap/2023/07/lemilia-romagna-hotspot-caos-climatico/). Ma questa estate mi sono fatto qualche giorno di vacanza dove niente bruciava né cadevano chicchi di grandine gigante. E devo dire che "la gente" non mi pareva particolarmente impressionata da telegiornali e titoloni. Invece quando sono tornato a quella che ormai è "casa" me lo hanno chiesto: "Ma c'erano quasi 50 gradi?" "Ma eri nelle zone devastate dal fuoco?" "Ma eri nelle zone devastate dalle tempeste?". Beh, si sa, all'estero tra chi non viaggis regolarmente nel Belpaese la cognizione della geografia italiana è piuttosto labile. Ma... la stampa italiana pare che se ne strafreghi dell'effetto che provoca fuori dai confini. Anni e anni a dire "il turismo è il nostro petrolio" e poi note di agenzia che al di là delle alpi fanno decidere di scegliere un'altra destinazione per le proprie vacanze. Un capolavoro della demenza cronica nei gangli critici dello stivale che non dovrebbe sorprendere, perché da quanti anni questo è l'andazzo? E chi se ne ricorda.
Tornando a qua si va tra 12 e 18 gradi, nel momento in cui scrivo. Queste temperature record (delle minime) saranno anche attribuibili dalla scienza al climate change ma di fatto il tutto si risolve in un classicone: "non so cosa mettermi oggi"- perché, come diceva quello, l'abito fa il monaco. Dopo aver sentito fin troppe idiozie sul "nuovo normale" questo vecchio normale per me non è più nuovo, ormai. Pensando all'ultimo post di Starbuck, anche questa sarebbe una chiusura, ma... switchblades keep stinging in one tenth of a moment. Corporate life, you know...
https://www.youtube.com/watch?v=eLlmbCkb3As |
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