sabato 19 maggio 2018

IL LABORATORIO DI CHIMICA ORGANICA

Agli inizi del novecento l'impostazione del laboratorio era ancora quella nata in Germania mezzo secolo prima.
Notare l'onnipresenza del legno. Ho conosciuto gente che ha svolto il lavoro per la propria tesi in laboratori del genere. In un caso cappe e banchi erano realizzati in massello di ciliegio e ospitavano tra l'altro attrezzi che ho avuto la fortuna di non usare mai, tipo la trafila per il sodio. Il filo di sodio metallico non è/era solo usato nella purificazione di solventi, ma anche per reazioni. Nel tardo dopoguerra in Italia e nel mondo si continuava a preparare sabbia di sodio: in una procedura classica il sodio metallico (preferibilmente in pezzi piccoli, fettine o filo) veniva riscaldato a riflusso in xylene con agitazione energica per poi raffreddare mantenendo l'agitazione. Le gocce di sodio fuso, tanto più piccole quanto più efficace e veloce l'agitazione, in questo modo tornano solide senza coalescere. La procedura prevede in seguito la decantazione dello xylene e ripetuti lavaggi con etere etilico, parimenti decantati (Ralph Mozingo, "2-ethylchromone", 1941, DOI: 10.15227/orgsyn.021.0042). Agghiacciante (la fine suddivisione  rende il sodio metallico tendenzialmente piroforico, unite ad un solvente con flash point a -45 °C, tirate le vostre conclusioni).

(Immagine tratta da "The Matter Factory", Peter J.T. Morris, 2015)

FOSFORO E LUCE

E' curioso che la scoperta del fosforo sia associata da un punto di vista iconografico ad un dipinto realizzato un secolo dopo. Eppure è così.
Il fosforo, "portatore di luce" (dal greco φῶς, luce, e φέρω, porto),dà il suo nome alla fosforescenza, fenomeno di emissione luminosa caratterizzato da una certa persistenza che per essere spiegato ha bisogno dei concetti della spettroscopia atomica, e quindi della meccanica quantistica - e invece questo è un post che parla di iconografia. Ma è bene precisare che la luce ritratta nel quadro non è fosforescenza, ma è provocata dalla lenta combustione del fosforo bianco a contatto con l'ossigeno presente nel pallone.
L'autore di questo quadro di ispirazione caravaggesca è Joseph Wright of Derby (https://it.wikipedia.org/wiki/Joseph_Wright_of_Derby), di fatto il pittore ufficiale della rivoluzione industriale - e uno dei padri dell'illustrazione scientifica moderna. Notare l'attenzione nella riproduzione della luminosità (trattamento pittorico esattamente agli antipodi della luce "mistica" di William Turner, parlando di pittori inglesi di quel periodo). Altro punto chiave, la documentazione storico iconografica. Per ricostruire l'attrezzatura dell'alchimista senza dubbio Wright è andato a documentarsi su testi alchemici, e sulla base delle incisioni di quei testi ha prodotto la sua ricostruzione della storta nella fornace in una specie di rendering, completo di dettagli principalmente ricavabili dai testi originali (la giunzione tra storta e pallone di raccolta sigillata con il luto, un tipo di mastice usato in tempi antichi).
Questa attenzione alla fedeltà del dettaglio naturalistico dovrebbe essere propria dell'illustrazione scientifica, che ha radici italiane e rinascimentali (si pensi a Leonardo). Mentre Wright cantava sulle sue tele la nuova epica della rivoluzione industriale con ammirevole accuratezza iconografica, in Italia Clemente Susini produceva le sue cere anatomiche...

https://it.wikipedia.org/wiki/Alchimista_che_scopre_il_fosforo

MALPIGHI VS SBARAGLIA

"Replica il solito intercalare. 'aliud est philosophari, aliud mederi'. Et io replico la sentenza data da Ippocrate a sua Istanza "Necessarium esse videtur, ut omnis medicus de natura sciat, et omni studio annitatur, ut cognoscat, si modo aliquid eorum, quae fieri debent, recte praestare velit". (...) La medicina ha avuto il suo nascimento dall'esperienza, ma con tal rozzezza et oscurità che vi è stato bisogno dell'arte, che, trovando altra strada, ha ridotto le cose osservate a metodo e regole, con le quali compone e divide la materia medica."

Da "Risposta del dottor Marcello Malpighi alla lettera intitolata 'De recentium medicorum studio dissertatio epistolaris ad amicum' ", pubblicata con autore anomino, che era in realtà Giovanni Gerolamo Sbaraglia, medico galenista e professore all'Università di Bologna.

Marcello Malpighi, che in un trienno di insegnamento all'Università di Pisa entrò in contatto con esponenti della scuola galileiana, assorbendone la filosofia e le opinioni sul metodo scientifico, scoprì gli alveoli polmonari ed il reticolo di capillari che li circonda grazie alla microscopia, attirandosi le ire dei medici galenisti che ritenevano i polmoni fatti di sangue e fornitori di pneuma al cuore.

Di Giovanni Gerolamo Sbaraglia resta poca memoria, testimoniata da una sua statua nell'università dove insegnò, da qualche conio commemorativo e da qualche ritratto nell'iconografia dell'epoca. Della sua opera non resta alcun ricordo.

TORRICELLI VS DON FAMIANO MICHELINI

Evangelista Torricelli non fu uomo da niente. Fisico e matematico "di professione e di setta galileista" (lettera a Galileo dell'11 settembre 1632) costruì il primo barometro. Un'unità di misura della pressione, il Torr, prende da lui il nome. Più spesso citata come mmHg, è l'unità di misura standard in una serie di circostanze, dai valori di pressione ridotta (chimica) alla misura della pressione arteriosa.
Il nome di Don Famiano Michelini, matematico e fisico, invece lo conosciamo perlopiù perché con Torricelli si "azzuffò" in merito ad un problema posto dal potere politico. Leopoldo de' Medici si era proposto di bonificare la Chiana, e aveva richiesto relazioni e progetti destinati a risolvere il problema. Alcuni avevan proposto la costruzione di un canale di scolo a fondovalle che convogliasse le acque in Arno o l'abbassamento del livello della Chiusa dei Monaci, per aumentarne la portata. Torricelli era contrario a queste soluzioni, Michelini ne era un accanito sostenitore (nihil sub sole novum).
Torricelli aveva prodotto una "Scrittura sopra la bonificazione della Chiana", Michelini un sua risposta. Torricelli, che immaginiamo dalle sue parole eminentemente scocciato, cominciava così la propria replica:

"Se, in cambio del negozio importantissimo del rasciugare le Chiane, si trattasse di qualsivoglia controversia privata, o per esercizio di filosofia o per gara d'ingegno intrapresa, io confesso che senza procedere più innanzi, vorrei desistere affatto dalla fatica, e forse anco chiamarmi convinto..."

Ma alla fine gli eventi diedero ragione a Michelini, e la Chiana fu bonificata grazie al progressivo abbassamento della Chiusa dei Monaci, che collega il Canale Maestro della Chiana all'Arno.

Nota: la Chiana era uno palude creata involontariamente dall'uomo, anzi dagli Orvietani, che avevano voluto allagare la valle per isolare Chiusi tra il 1052 e il 1055.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/a8/Torricelli-Mercury-Tube.png

venerdì 18 maggio 2018

SMALL MOLECULE COUNTER

Dopo le analisi quantitative al microscopio, è stato introdotto un rivoluzionario strumento per la conta di molecole. Mai più senza.

Ma partiamo dall'inizio. Cos'è una molecola? Una concatenazione di atomi legati da legame covalente. La più piccola H2, peso molecolare 2 (2 Unità di Massa Atomica Unificata, o da, dalton). E quanto può essere grande la più grande molecola? Molto. La più grande molecola sintetizzata, PG5, ha il diametro di un nanometro, quindi è visibile al microscopio elettronico a scansione (https://www.newscientist.com/article/dn19931-tree-like-giant-is-largest-molecule-ever-made/). Poi ci sono i polimeri, classica materia di studio della chimica macromolecolare, anche loro con pesi molecolari (medi) molto grandi, componenti di materiali che ci circondano, come plastiche, gomme. per esempio.
E le macromolecole biologiche? Proteine, filamenti di DNA etc sono a tutti gli effetti singole molecole, ma la loro massa arriva fino a migliaia di Kilodalton: da decine di migliaia ad un milione di volte più massive (e grandi) di una molecola di idrogeno.
Queste grandi molecole,hanno un comportamento fisico abbastanza diverso da quelle piccole, e molte proteine possono essere contate sperimentalmente (cosa che viene fatta in biologia, con tecniche immunochimiche e laser).
Ma le molecole più abbondanti, in natura, sono piccole, con pesi molecolari che vanno da 2 a 500 (basti pensare ad acqua, anidride carbonica, ossigeno, azoto, zucchero, metano, acido acetico, etanolo, fino a serotonina, colesterolo, dopamina, vitamina E etc etc).  E queste non si contano.
Chi lavora sulle piccole molecole e su altra chimica non biologica, fin da quando il famoso conte tirò fuori il suo famoso numero, non le ha mai contate.
Usa le moli. E le concentrazioni molari, che sono usate in buona parte delle leggi della chimica. Una mole è la quantità di una sostanza pura il cui peso è uguale numericamente al suo peso molecolare (definizione non conforme, ma efficace). Esempio: H2O, peso molecolare 18. 18 grammi di acqua sono una mole di acqua (e contengono quel numero lì di molecole di acqua, quello del conte).
Un paio di  note sulla concentrazione molare: è una grandezza intensiva, non estensiva. Quindi solo una incomprensione può far confondere questo aspetto col fatto che derivi da un rapporto tra volume di solvente e peso del soluto (e quindi suo numero di moli). E se prelevo un ml da un litro di una soluzione 1M di qualcosa, il titolo del millilitro continuerà ad essere 1M di qualcosa.
Inoltre avere una grandezza continua, cioè la concentrazione, proporzionale al numero di moli (e quindi al numero di molecole, che sono enti discreti) ha permesso l'elaborazione della cinetica chimica ( che non può fare a meno del calcolo differenziale). Nessuno si è mai chiesto quante molecole ci fossero in d[A], e questo differenziale è stato usato molto, ed in modo intensivo, anche da qualcuno non esattamente privo di qualifiche (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/ordine-entropia-caos-la-lezione-di-un.html).
La mole torna comoda, perchè se A reagisce con B per dare C significa che una mole di A reagisce con una mole di B per dare una mole di C. Se conosco le formule di A e di B posso calcolare il loro peso molecolare, e quindi sapere quanto A devo pesare e quanto B devo pesare per ottenere una mole di C (la cui massa sarà uguale a massa di A + massa di B, ma sempre una mole sarà).
E se devo analizzare? Come faccio a sapere quanto di un componente è presente in un campione? Da tempo immemore sono stati elaborati metodi che non contano molecole che non abbiamo modo di contare, ma che ritornano grandezze proporzionali al numero di moli o alla concentrazione molare. In breve, se aprite un libro di chimica per le superiori, il numero famoso lo trovate in un paragrafo e poi non lo vedete più. Non si usa, da nessuna parte (mentre pesi molecolari e un vasto assortimento di grandezze molari, dal coefficiente di estinzione all'entalpia di formazione quelle sì, si usano).
Poi, per carità: c'è chi non crede alla chimica, chi non crede alla medicina, chi non crede alla statistica e alla matematica (molti di quelli che non credono alla matematica o che la ritengono poco utile sono quelli che hanno difficoltà con la materia). E lo dice, ed è affar suo finché non va a stressare in giro.
Ma ci sono anche quelli che si sono presi una laurea in biologia, medicina, scienze politiche, legge, lettere antiche: tutte materie a contenuto basso o nullo di analisi matematica, e non c'è niente di male, finché non si sentono obbligati a sparare la qualunque (tipo dire che se f(x) tende a M per x che tende a infinito vuol dire che da un certo punto in poi f(x)=M - classica uscita che in sede d'esame costa cara). Quando lo fanno, fanno la figura che si può immaginare davanti agli occhi di quanti qualcosina del genere se la sono ritrovata, che so, nel programma di V scientifico e ancora si ricordano (con matematici, fisici e ingegneri ca va sans dire...) - magari poi però vanno a ciarlare in giro di metodo scientifico.
In conclusione, se proprio proprio volete contare, c'è sempre il nuovo, rivoluzionario strumento...


giovedì 17 maggio 2018

ANTIBIOTICI - 6 - LO STATO DELLE COSE



L'ultima volta che ho sentito parlare di una nuova catena laterale per un betalattamico, sul lavoro, è stato 15 anni fa. Ed era coinvolta una piccola azienda. La prima volta che ho lavorato sul tema fu per lo scale up della catena laterale di un ketolide, ed era coinvolta una grande multinazionale: era la metà degli anni novanta, e gli investimenti in ricerca e sviluppo per antibiotici erano ancora rilevanti (lo scale up andò malissimo, ma quel ketolide non passò mai la fase II, a quel che ne so).
Per quale motivo il nuovo millennio ha visto di fatto evaporare gli investimenti in ricerca e sviluppo su nuovi antibiotici?
Prabhavathi Fernandes e Evan Martens su Biochemical Pharmacology, Volume 133, 1 June 2017, 152-163 hanno compilato un'eccellente review della situazione, che si merita almeno un paio di post.

Cominciamo dal punto principale: il crollo degli investimenti. Le ragioni del crollo risaltano nella loro tragica evidenza dall'immagine. Se riesce ad essere approvato un nuovo antibiotico non è redditizio. Uno dei motivi è costituito dalla stewardship. Se per i vaccini si fa advocacy, per gli antibiotici si fa stewardship, ovvero gestione mirata alla minimizzazione del consumo. Il che è un'ottima cosa, per via del problema delle resistenze e della tendenza alla sovraprescrizione che è durata per anni. Ma il fatto ha conseguenze. In più per le infezioni sempici (che sono quelle per cui c'è maggior uso di antibiotici) FDA richiede una manifesta superiorità del nuovo principio attivo rispetto agli standard esistenti. E questo potrebbe non essere un problema, se mettere insieme trial per le infezioni di bassa gravità non fosse cosa esageratamente complicata. In più è richiesto un largo spettro di azione (preferibilmente esteso ai batteri gram positivi), il che scoraggia lo sviluppo di farmaci destinati a specifiche specie batteriche responsabili di specifiche infezioni. Da ultimo c'è il problema dei costi. Un nuovo antibiotico non può costare molto, perché anche in presenza di provati vantaggi gli verrebbe preferito il più economico generico.
I risultati li vedete nell'Immagine. Se a due anni dal lancio Januvia, antidiabetico, arrivava a un miliardo e mezzo di vendite, Avycaz (ceftazidima-avibactam), approvato nel 2015, nel 2017 non arrivava ai 100 milioni. Ho già accennato ad avibactam, primo inibitore non betalattamico di betalattamasi. E come "premio" per il suo sostanziale passo in avanti 100 milioni scarsi di vendite è un po' poco (vuol dire pareggiare le spese di sviluppo in circa dieci anni, se si ha fortuna, e se va bene avere tra i cinque e i dieci anni per i profitti prima che scada il brevetto e arrivino i generici). Questo è il motivo per cui la poca ricerca e sviluppo nel campo viene fatta sopratutto da piccole aziende, che possono ancora sperare di tenere i costi di sviluppo ben al di sotto del miliardo di dollari. Comunque i quasi 100 milioni di fatturato annuo sono poca cosa  specie se guardando ad altri antiinfettivi, gli antivirali, li confrontate non dico con il fatturato di sofosbuvir ma con quello di glecaprevir. Possibili soluzioni? Estendere la durata della copertura brevettuale dei nuovi antibiotici? Un impegno massiccio del pubblico nello specifico campo?

sabato 12 maggio 2018

ANTIBIOTICI - 5 - LA GOLDEN AGE

Gli antibiotici sono stati la scoperta più incredibile della storia della farmacologia. Lo stesso termine "magic bullet", parlando di farmaci, è nato con loro.
Nell' "età dell'oro" degli antibiotici (all'incirca 1935-1985) abbiamo imparato in primo luogo a sfruttare l'arsenale chimico che batteri e funghi, in centìnaia di milioni di anni di evoluzione, hanno elaborato per farsi la guerra. Il primo passo è stato la pennicillina.
All'incirca contemporaneamente venivano prodotti i primi antibiotici sintetici. Ma rispetto alla pennicillina fu una storia meno lineare, e più oscura.
La sulfanilamide era stata sintetizzata per la prima volta nel 1908, ma la scoperta dei sulfamidici viene di solito attribuita ai convolti nello sviluppo del Prontosil, un profarmaco della sulfanilamide, nel 1935. E i problemi cominciarono quasi subito. Negli USA una formulazione di sulfanilamide in glicol etilenico venne immessa sul mercato, e l'Elixir Sulfanilamide uccise in pochi mesi più di 100 persone, gettando le basi della fondazione di FDA con il  Federal Food, Drug, and Cosmetic Act (1938).
La Ig Farben nella Germania hitleriana lavorò anche essa sui sulfamidici, La solfonamide venne testata come antiinfettivo contro Clostridium perfringens, Streptococco e Clostridium Tetani, dal luglio 1942 al settembre 43, nel campo di concentramento di Ravensbrück, sui prigionieri. Le ferite venivano provocate e infettate ad arte, e per simulare le ferite ricevute in battaglia vi venivano conficcate schegge di legno e frammenti di vetro.

Conteporaneamente, alla Rutgers University un programma finanziato da Merck isolava tra gli altri actinomicina, clavacina, neomicina e streptomicina (primo antibiotico rivelatosi efficace contro la TBC), Giuseppe Brotzu dell'Università di Cagliari scopriva la cefalosporina (1945).
La resistenza ai betalattamici (penicilline, cefalosporine etc) all'inizio degli anni 50 era diventata un fenomeno significativo e fu sintetizzata e approvava la meticillina (1959). La meticillina è la prima penicillina con catena laterale modificata in modo tale da non renderla "masticabile" dalla beta lattamasi batterica. Usata contro lo Stafilococco Aureo, provocò alla fine degli anni 60 l'emergere di MRSA, dove MR non sta per Multi Resistant ma per Methicillin Resistant.
Alla fine degli anni 60 venne fuori il capostipite dei chinolonici, di cui abbiamo ampiamente parlato, mentre durante gli anni 70 (oltre al continuo lavoro sulle catene laterali, ovvero cambiamenti di quella R che vedete nella formula) vennero individuati inibitori di beta lattamasi (per annullare il principale meccanismo di resistenza ai beta lattamici), carbapenemici (classe stabile alla beta lattamasi), macrolidi.

E questo per citare solo alcune delle maggiori classi di antibiotici. Il problema della lotta alle resistenze si è posto subito, e la guerra alle resistenze dura da settanta anni. Solo ora stiamo cominciando a perdere battaglie. Ma le perdiamo perché in primo luogo non c'è nessuno disposto a combatterle seriamente.

(Nel video di ieri l'altro  CR Bertozzi faceva vedere un titolo di giornale USA che, parlando di anticorpi anti PD-1, diceva che l'oncologia stava vivendo un "Momento pennicillina": la disponibilità di antibiotici fece immediatamente la differenza tra la vita e la morte, da subito)

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...