giovedì 20 settembre 2018

ANILINA, LETTURE ESTIVE E CASI DI ORDINARIA CARCEROGENICITA’


(By Starbuck)

“Ma… l’Anilina?” qualcuno esordisce la domanda da sotto la calura agostana. “Ammina aromatica, tossica e carcerogena” rispondo d’istinto “la trovi nei coloranti per pellami, di solito. Perché t’interessa?”
Scopro che interessa perché nel “il Giornalino di Gian Burrasca” -libello del correva l’anno 1907 e rediviva  lettura estiva - qualcuno pensa bene di colorare di rosso la “minestra del  risciacquo”. E come lo fa? “Ci vorrebbe dell’anilina-ha detto del Ponte”. E dove se la prendono dei bimbetti delle elementari (Gian Burrasca ha 9 anni) dell’anilina? “Ci penso io a procurarla-ha aggiunto Carlo Pezzi- ne ho vista nel gabinetto di chimica”. Facile no? Da che si deduce che un secolo fa alle elementari si sapeva dell’esistenza della chimica, mentre oggi conosco liceali (di licei scientifici) che misurano il volume di soluzione in un cilindro in mm (miliimetri, avete letto bene, e no, non sono cubi, neanche per sbaglio). Di più, i bimbetti dell’inizio 900 sapevano anche che non era una cosa con cui scherzare, l’anilina. Infatti nel libro, dopo essere riusciti nell’intento di colorare di rosso la minestra, uno dei fautori del sabotaggio si mette a gridare “Ragazzi, nessuno mangi questa minestra rossa…essa è avvelenata! […]non son le barbe che tingono di rosso la minestra, ma l’anilina che c’ho messo io”.
Al che mi chiedo: ma scusa ma già nel 1907 sapevano che l’anilina era un “toccasana”? No, in realtà lo sapevano già da un po’, più precisamente dal 1895. Da quando un chirurgo (tale Rehn) individua la prima correlazione tra anilna e tumori  (https://www.bioscience.org/2012/v4e/af/375/fulltext.htm ) espressa come una “ incidence of bladder tumors in the manufacture of fucsine”. Dagli studi degli anni successivi (diciamo conclusivi a partire dal 1953) emergerà poi che non à tanto l’anilina quanto altri composti coinvolti nel processo di produzione della fucsina (e del magenta) ad essere carcerogeni, e che lo sono sicuramente Benzidina e beta-Naftilammina (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1037533/pdf/brjindmed00230-0003.pdf ). L’anilina, seppur classificata dallo IARC nel gruppo 3 delle sostanze carcerogene, rimane comunque altamente tossica (https://www.sigmaaldrich.com/catalog/product/sial/242284?lang=it&region=IT  ) soprattutto per come viene metabolizzata. Per chi si riesce a cimentare con la SDS, vedra’ che l’organo target e’ infatti il sangue mentre per la benzodiazina, ad esempio,  l’SDS e’ un po’ diversa (https://www.sigmaaldrich.com/catalog/product/sigma/b3503?lang=it&region=IT) e si parla espressamente di carcerogenicità e tumore alla vescica.
A me invece a sentir parlare di aniline ed ammine aromatiche torna sempre in mente il racconto di un amico che per qualche anno se l’à spassata all’ACNA di Cengio. Mi diceva che in laboratorio uno verificava la pulizia della vetreria passando un dito e poi assaggiando. Concludeva infine il racconto con “tumore all’esofago”.
L’ACNA (in cui si produceva anche beta-naftilammina) ed il Bormida ed altra letteratura. Stavolta degli anni sessanta “Hai mai visto Bormida?” scriveva nel suo “Un giorno di fuoco” Fenoglio, “ Ha l'acqua color del sangue raggrumato, perché porta via i rifiuti delle fabbriche di Cengio e sulle rive non cresce più un filo d'erba. Un'acqua più porca e avvelenata”. Già, avvelenata.
Per chi ha interesse può andare a leggersi le famigerate storie dell’ACNA ma anche dell’IPCA, Industria Piemontese di Colori dell’Anilina, fabbriche che chiusero ben dopo la legge Merli, ben dopo gli anni 70.  Anche se già nel 1956, la camera del lavoro di Torino sull’IPCA dichiarò che  “L´ambiente è altamente nocivo, i reparti di lavorazione sono in pessime condizioni e rendono estremamente gravose le condizione stesse del lavoro. I lavoratori vengono trasformati in autentiche maschere irriconoscibili. Sui loro volti si posa una pasta multicolore, vischiosa, con colori nauseabondi e, a lungo andare, la stessa epidermide assume disgustose colorazioni dove si aggiungono irritazioni esterne”, si dovrà arrivare all inchieste del 1975 e 1977, le sole in grado di portare alla fine ad una condanna da parte del tribunale Civile e Penale di Torino. Condannati proprietari, dirigenti e medico del lavoro quest’ultimo reo di non aver fatto valere le consocenze a sua disposizione sulla tossicità delle sostanze lavorate (e dimentico di quanto un suo stesso collega, il medico Rehn, aveva scoperto più di un secolo prima…ma questo può essere motivo di condanna solo morale).
Insomma …storie di ordinaria carcerogenicità, in cui mi stupisce forse il fatto che già in un libro del 1907, anche un bimbo delle elementari avrebbe preferito l’espulsione da scuola piuttosto che far mangiare ai compagni la minestra avvelenata dall’anilina, che in alcune nazioni le produzioni di bezodiazina e beta-Naftilammina venissero sospese già dagli anni 30 e 40  e che tutto fosse piuttosto chiaro già nel 1953.
Non aggiungo conte dei morti né retoriche: credo che ognuno sarà bravo a formularle da sé.
Nel frattempo che studiavo “storia delle aniline”, la lettura estiva à già cambiata. Ora siamo passati a “La Guerra dei bottoni” , 1912. Qualche giorno fa ho orecchiato un “ In medicina come in religione quel che conta è la fede”, e mi è quasi venuta voglia di approfondire anche questa frase qui…

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