Neanche
dieci anni fa un carcinoma ovarico non lasciava tutte queste speranze. La
prima linea contro questo tumore è tuttora costituita dal cisplatino, e
se c'è una cosa che le cellule di carcinoma ovarico sanno fare molto
bene e molto velocemente è diventare resistenti al cisplatino.
Per i tumori BRCA+ però già da un paio d'anni il vento sembrava decisamente cambiato con gli inibitori di PARP
PARP sarebbe Poli ADP-ribosio polimerasi (https://it.wikipedia.org/wiki/Poli_ADP-ribosio_polimerasi), enzima coinvolto nei processi di riparazione del DNA.
(Nota: le cellule riparano il proprio DNA con diversi meccanismi, ma noi NON lo sappiamo riparare, come credeva la crema dell'informazione italiana quando annunciò il Nobel per la chimica 2015 a Tomas Lindhal, Paul Modrich e Aziz Sancar chiamandoli "i meccanici del DNA" , " i ricercatori che hanno messo a punto tecniche per riparare la molecola alla base della vita": invece avevano indagato alcuni dei più importanti meccasmi con cui le cellule riparano gli errori del DNA, non proprio la stessa cosa, per usare un eufemismo - da Rainews24 all'Huffington via Corriere e Repubblica, quasi tutti pubblicarono questa idiozia, con la lodevole eccezione de La Stampa).
Ritorniamo a PARP e al suo ruolo di riparatore. Inibire PARP provoca la comparsa di interruzioni nella catena del DNA. BRCA è un'altro dei riparatori che controllano l'integrità della catena prima della replicazione cellulare. Alcuni tumori esprimono una mutazione di BRCA che rende la proteina incapace di riparare i danni presentati dalla inibizione di PARP, e questo porta all'apoptosi (il "suicidio" della cellula). Nelle cellule sane, che non hanno BRCA mutata, esistono meccanismi ridondanti di riparazione della catena che permettono loro di dividersi normalmente (cosa che fanno con frequenza assai minore rispetto alle cellule tumorali) anche se PARP non funziona. Perciò l'inibizione di PARP è inseribile nel novero delle terapie antitumorali "targeted".
La storia di questa nuova classe terapeutica è stata a dir poco travagliata, e non per problemi intrinseci alla classe stessa, bensì per meccanismi decisionali delle aziende che hanno generato un quadro al limite del ridicolo.
Tutto cominciò, male, con Iniparib. Sviluppato da Sanofi fallì miseramente (anche perché in realtà NON era un vero inibitore di PARP - bella figura escremenziale per le ricerche Sanofi e sopratutto per i loro vertici).
Astrazeneca di inibitori ne aveva uno vero, che aveva rilevato da Kudos, e nel dicembre 2014 Olaparib era stato approvato come monoterapia in pazienti con carcinoma ovarico avanzato con mutazione BRCA che avessero ricevuto in precedenza tre o più chemioterapie. Il che sembra una gran cosa, ma in realtà è una vittoria di Pirro.
E infatti cosa succede? Tutti iniziano a cedere i propri asset in materia di inibitori di PARP al miglior offerente.
Comportamento tipico della finanza: era scattato uno stop loss.
Quindi Merck dà via il suo a una piccola azienda di nome Tesaro. Pfizer cede il suo a Clovis, e probabilmente altrove altri programmi sono stati scaricati nel cesso o messi in hold a tempo indeterminato.
Poi, sorpresa. Tesaro annuncia che Niraparib sta andando bene in tutti i trial che ha messo su e arriva la prima autorizzazione FDA.
E in un paio di mesi quelli che avevano stracciato, sospeso, svenduto erano tutti a recuperare gli asset tecnologici di cui si erano frettolosamente liberati quattro anni prima, perché gli inibitori di PARP funzionano e le loro potenzialità devono ancora essere pienamente sfruttate.
Olaparib, trade name Lynparza, dopo la prima approvazione per il carcinoma ovarico refrattario al cisplatino, BRCA positivo, ne ha ottenuta un'altra per il tumore del seno BRCA positivo.
E le ultime notizie sembrano ancora migliori.
C'è stato l'ESMO, ovvero il meeting dell'European Society for Medical Oncology, praticamente la versione europea dell'ASCO. Come sempre in questi casi le comunicazioni sull'esito di nuovi trial su questo o quell'altro farmaco oncologico, approvato o in via di sviluppo, abbondano. E abbonda l'hype. Leggendo tra le righe, direi che a questo giro le notizie più importanti riguardano propro gli inibitori di PARP.
Oggi un'altro trial, SOLO-1, dà il 60% delle pazienti che hanno ricevuto la terapia senza ricadute dopo tre anni. Il che, rispetto alle prospettive di pochi anni fa ha dell'incredibile.
Certo, ci sono margini di miglioramento (e arriveranno, ora che la porta è stata aperta). Ma intanto sono già belle notizie. Anche per chi lavora per Astrazeneca. Olaparib è il motore di un'accordo da 8 miliardi con
Merck, che praticamente mette AZ in condizione di non annegare,cosa che sembrava inevitabile solo un anno fa.
https://www.fiercepharma.com/pharma/esmo-mammoth-lynparza-survival-win-puts-az-merck-line-for-1b-launch
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